Agatone e la tragedia attica di fine V sec. a.C.

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La testimonianza raccoglie le fonti delle relazioni erotiche e dell’effeminatezza di Agatone. Se la situazione dipinta dalla test. 3, dove Agatone – ancora nella fascia d’età del μειράκιον – è definito il παιδικά di Pausania, rientra in un tipo di rapporti omoerotici codificati nel comportamento degli ateniesi di fine V sec. a.C., diverso è il caso dell’assunzione da parte di un cittadino di un ruolo sessuale passivo entro una coppia di uomini adulti. Gli autori antichi evidenziano una deviazione del comportamento erotico e sessuale del poeta rispetto alle aspettative della cultura a lui contemporanea nei confronti di un cittadino adulto di sesso maschile.17 Il legame omoerotico tra due pari, entrambi cittadini adulti, non è infatti contemplato tra i comportamenti virtuosi codificati dalla polis ateniese, e la condanna investe in particolare il partner passivo.18 La satira aristofanea contro politici, poeti e in generale cittadini definiti con irriverenza καταπύγονες nasce da questa condanna sociale dell’omosessualità passiva.

a) Pausania e Agatone: Confrontando la probabile età di Agatone nel periodo in cui Platone ambienta il Protagora (poco prima del 430 a.C., vd. test. 3) e il Simposio (416 a.C., vd. testt. 1–3) si conclude che nel 416 il poeta sia ormai un uomo sui trent’anni; il trasferimento in Macedonia avviene ancora più tardi (vd. test. 15). Ciononostante, i termini che descrivono la relazione del tragico con Pausania all’epoca del Simposio e del soggiorno macedone restano nell’ambito lessicale dei rapporti pederastici: Agatone παιδικά […] Παυσανίου (vd. test. 5); Ἀγάθωνος ἤρα […] Παυσανίας […] ὅ τε ἐραστὴς καὶ ὁ ἐρώμενος e simili (vd. test. 16); Παυσανίας […] Ἀγάθωνος […] ἐραστής (Xen. Symp. 8, 32, con riferimento al discorso attribuito da Platone a Pausania in Symp. 180c 1–185c 3); προσκνήσασθαι ἐρᾷ […] Ἀγάθωνι Παυσανίας (Max. Tyr. 20, 8 l. 5 Trapp). Platone (Symp. 177d–e. 193 b–c) non utilizza i termini ἐραστής e ἐρώμενος/παιδικά in riferimento rispettivamente a Pausania e Agatone, ma rende comunque chiara la relazione erotica tra i due.

b) Euripide e Agatone: Sul rapporto tra Agatone ed Euripide, entrambi residenti negli ultimi anni del V sec. presso la corte di Archelao, diverse fonti (vd. test. 15 = Ael. VH XIII 4; [Plut.] apophth. reg. 177a; am. 24, 770c) tramandano un aneddoto relativo alla bellezza di Agatone anche da uomo maturo, tanto bello da suscitare ancora i desideri che un ἐραστής (in questo caso Euripide) può provare nei confronti di un ἐρώμενος.

c) Platone e Agatone. L’epigramma attribuito a Platone e contenente l’allusione a un rapporto omoerotico tra quest’ultimo e Agatone non può essere considerato una testimonianza storicamente attendibile, senza contare che la stessa attribuzione dell’epigramma al filosofo non è sicura.19 Il componimento affida al poeta tragico il ruolo di ἐρώμενος, e ciò non si concilia con la maggior età di Agatone rispetto a Platone.20 Meglio pensare a un gioco letterario costruito proprio sulla figura di un personaggio divenuto simbolo della tradizione letteraria di carattere omoerotico. Il motivo del bacio è inoltre ricorrente nell’aneddotica cresciuta intorno alla vita di Agatone (vd. test. 15) e avvalora l’interpretazione del nome di Agatone in questo epigramma quale stereotipo dell’amato in una relazione omoerotica.

d) Agatone effeminato: L’omosessualità passiva di Agatone costituisce uno degli aspetti su cui Aristofane costruisce la parodia del tragediografo nelle Tesmoforiazuse. Nella Commedia Antica, queste forme di attacco personale relative alla sfera sessuale sfruttano di norma il lessico che si riferisce al ruolo passivo entro un rapporto, ma non vogliono sempre colpire una reale preferenza sessuale, bensì più spesso mirano ad accusare il bersaglio d’inettitudine, inferiorità, passività e simili. Il ricorso a determinati termini sulla scena non implicava che le pratiche sessuali di cui erano accusati i κωμῳδούμενοι fossero poi da essi effettivamente realizzate.21 Nel caso di Agatone, tuttavia, le consuete formule di attacco personale a carattere sessuale dovevano essere pensate entro un quadro comico più complesso rispetto a una generica accusa d’inettitudine o passività. Le testimonianze attestano con chiarezza la reale omosessualità di Agatone anche da adulto.22

Ai vv. 35. 50. 206 compare il verbo βινέω in forma attiva (v. 35, il soggetto è il Parente) e passiva (vv. 50. 206, il soggetto è Agatone), in uso per indicare in termini volgari il rapporto sessuale quando il soggetto ricopre ruolo attivo o passivo.23 Al v. 57 λαικάζει è termine offensivo e volgare per indicare la pratica della fellatio,24 eseguita dal partner passivo. Ai vv. 60–62, κατὰ τοῦ θριγκοῦ […] χοανεῦσαι, il vecchio Parente riprende le parole pronunciate dal servitore di Agatone, ma le stravolge in doppi sensi; di nuovo, l’attacco al poeta si gioca sulle allusioni al suo ruolo sessuale passivo.25 Poco dopo, Agatone entra in scena sbarbato e abbigliato con indumenti di uso tradizionalmente femminile, tanto che il Parente esclama ai vv. 97s. di non vedere l’uomo di cui è stato annunciato l’arrivo, bensì ‘Cirene’. Questo nome, oltre che nel passo qui in esame, compare anche nelle Rane al v. 1328, ed è identificato da diversi scolî (schol. R Aristoph. Th. 98 Regtuit; schol. vet. RVMEΘBarb(Ald) Aristoph. Ra. 1328a Chantry; schol. rec. FVenTrVatLvMt[CantChisRegVinAld] Aristoph. Ra. 1328 Chantry) con il nome di una famosa etera che, secondo lo schol. R Aristoph. Th. 98 Regtuit, sarebbe stata accostata ad Agatone anche da altri comici (fr. adesp. 854 K.–A.).26 Austin–Olson spiegano l’associazione del poeta tragico con la famosa etera – le cui multiformi prestazioni erano proverbiali (Ra. 1327s.: ἀνὰ τὸ δωδεκαμήχανον Κυρήνης) – in chiave sessuale, come un’esagerazione comica allusiva alla sessualità del poeta tragico. Prato, seguendo Restani, propende invece per un’interpretazione musicale del passo: Cirene, con le sue dodici posizioni (ossia innumerevoli, per iperbole) evocate nelle Rane, sarebbe metafora delle modulazioni musicali adottate dal tragico.27 Entrambi gli aspetti, sessuale e musicale, potrebbero essere contemplati nelle battute del Parente, così come l’intera scena di Agatone si gioca sulla derisione di caratteristiche sessuali da una parte e poetico–musicali dall’altra. Sulla scia del paragone con Cirene, al v. 134 il Parente domanda ἥτις εἶ, ricorrendo al pronome femminile per riferirsi ad Agatone. Al v. 136 troviamo una citazione eschilea (ποδαπὸς ὁ γύννις; fr. 61, 1 Radt) pronunciata a proposito di Dioniso negli Edoni, dramma della perduta tetralogia di Eschilo intitolata Lykourgeia.28 Dai frammenti superstiti di questa tragedia (Aeschyl. frr. 57–67 Radt) si riconoscono delle affinità tra il Dioniso eschileo e l’Agatone aristofaneo a livello di abbigliamento e di dotazione in fatto di strumenti musicali.29 Il termine con cui sono apostrofati Dioniso e Agatone è γύννις, sostantivo derivato da γυνή, attestato per la prima volta nei frammenti eschilei. Il suo uso si registra per indicare uomini dotati di caratteristiche attribuite nella tradizione greca antica alle donne – la debolezza, la delicatezza, l’amore per il lusso – e dediti in generale a stili di vita (per esempio nell’abbigliamento o nei gusti musicali) considerati dalla cultura greca come femminili. Dioniso è infatti divinità connotata da un carattere sessualmente ambiguo in parte della tradizione mitologica.30 Sempre in un frammento attribuito a Eschilo e assegnato da Radt a un dramma satiresco (fr. 78a, 68 Radt) il sostantivo è caratterizzato dall’attributo ἄναλκις, dal significato etimologico ‘incapace di difendersi’, e dunque ‘senza forza’, ‘debole’.31 Ancora, nell’idillio 22 di Teocrito γύννις è usato in antitesi a πύκτης, pugile, e nei lessici antichi ricorrono spiegazioni del termine con aggettivi come δεῖλος, ἄνανδρος, γυναικώδης, ἀνδρόγυνος e μαλακός (Hesych. γ 115 Latte; Suda γ 504 Adler; EM s.v. γύνις p. 243 l. 9), per limitarsi ad alcuni esempi. Il Parente, che in un primo momento aveva notato soprattutto i tratti femminei di Agatone, e aveva assimilato questi all’etera Cirene, ora si accorge della confusione tra maschile e femminile che investe l’abbigliamento e l’equipaggiamento del poeta (v. 137: τὶς ἡ τάραξις τοῦ βίου;), il suo modo di cantare (per il timbro di voce e/o la tonalità della melodia, vv. 130–133; vd. anche testt. 23s.) e forse anche di danzare (ma non abbiamo argomenti sufficienti per confermarlo). Adeguandosi al registro tragico del canto del poeta e attingendo all’opera eschilea, il vecchio si rivolge ad Agatone inquadrandolo come un ragazzo dai tratti femminili, ὁ γύννις, una sorta di ‘femminello’.

Ai vv. 200ss. il Parente torna ad attaccare Agatone. εὐρύπρωκτος rimanda etimologicamente (εὐρύς, πρωκτός) a qualcuno che è solito svolgere un ruolo passivo in un rapporto omosessuale. Su καταπύγων la critica non è unanime, ma il contesto della scena di Agatone nelle Tesmoforiazuse conferma l’uso del termine per indicare il partner passivo.32 Anche se nella pratica letteraria questi aggettivi sono spesso usati ai fini di un generico attacco verbale, senza corrispondere per forza a una reale accusa di omosessualità,33 l’uso che il Parente ne fa non può non avere anche dei risvolti sessuali (testt. 3. 5. 16; Plat. Symp. 177d. 193 b–c). Il v. 201, οὐ τοῖς λόγοισιν ἀλλὰ τοῖς παθήμασι, insiste sulla passività di Agatone attraverso la sostituzione dell’atteso ἔργοις (azioni che si compiono) con παθήμασι (azioni che si subiscono), con sfruttamento del termine tragico πάθημα per un doppio gioco comico, ossia da un lato la ripresa parodica del τοῖς παθήμασι di Agatone al v. 199 e dall’altro, nuovamente, l’accusa mossa al poeta di attitudine sessuale passiva. Ritorna inoltre il verbo in forma passiva βινεῖσθαι (v. 206), diretto di nuovo dal Parente contro Agatone.

 

La scena aristofanea è caratterizzata anche dalla descrizione di indumenti e oggetti appartenenti al tragediografo (vv. 136–140) ed elencati dal Parente. Agatone entra in scena con un’accozzaglia di accessori, alcuni propri della sfera femminile, altri caratteristici di quella maschile: indossa una στολή femminile (v. 136),34 un κροκωτός (vestitino color zafferano, v. 138),35 un κεκρύφαλος (retina per capelli, v. 138), uno στρόφιον (fascia per il seno, v. 139),36 un κάτοπτρον (specchio, v. 140), ma possiede anche elementi propri delle professioni maschili di poeti (βάρβιτος, λύρα, vv. 137–138), atleti (λήκυθος, v. 139) e soldati (ξίφος, v. 140).37 E il Parente incalza ai vv. 141–143 ribadendo la propria confusione circa l’identità sessuale del suo interlocutore.

La descrizione dell’equipaggiamento femminile di Agatone continua nel passaggio in cui Euripide, non essendo riuscito a convincere il collega poeta a perorare la sua causa, chiede a questi almeno il prestito di accessori e vestiti, al fine di camuffare da donna il Parente e inviarlo in missione durante la celebrazione delle Tesmoforie. Ritorna la menzione della veste color zafferano (v. 253), di una fascia per il seno (v. 255) e della retina per capelli (v. 257). La presenza di un copricapo (μίτρα, v. 255)38 era già implicita al v. 163 (ἐμιτροφόρουν, il cui soggetto sono i poeti citati da Agatone come esempio di bellezza, nel corpo e nel canto), mentre si aggiunge la menzione di una parrucca (κεφαλὴ περίθετος, v. 259),39 di un mantellino tipicamente femminile (ἔγκυκλος, v. 262) e delle scarpe (ὑποδήματα, v. 263).40 A proposito dell’auto–accostamento di Agatone ai poeti ionici Ibico, Alceo e Anacreonte (vv. 159–163, vd. testt. 21. 23. 27), la descrizione del poeta tragico in Aristofane ha paralleli con rappresentazioni vascolari di citarodi indicati dalle iscrizioni sui vasi con il nome di Anacreonte.41 Tali rappresentazioni risalgono per la maggior parte alla prima metà del V sec. a.C.; la datazione più bassa non scende oltre il 425 a.C.42 Aristofane, nel portare sulla scena Agatone, potrebbe essersi ispirato alla tradizionale rappresentazione dei poeti ionici, associati nell’immaginario dell’epoca a uno stile musicale e di vita delicato e lussuoso.43 La parodia gioca evidentemente su più livelli, sotto l’aspetto sia sessuale che poetico–musicale.

L’immagine di effeminato delicato e rasato che Aristofane crea per Agatone persiste nella tradizione letteraria e retorica. Un passo tormentato di Plutarco (qu.conv. II 1, 12, 634d) può essere emendato in modo piuttosto soddisfacente grazie al contesto fornito dalle Tesmoforiazuse: il senso del testo richiede l’integrazione delle cinque lettere mancanti e un’eventuale correzione delle lettere pervenute in modo da rispristinare un termine che si riferisca alla depilazione di Agatone, un aspetto su cui Aristofane insiste perché, nell’originario piano del suo Euripide, il rasato Agatone sarebbe stato perfetto per camuffarsi da donna. Ai vv. 190s. Euripide contrappone il proprio πώγων, la barba, all’aspetto del collega, λευκὸς ἐξυρημένος, candido rasato,44 e Agatone stesso conferma la presenza di un rasoio tra i suoi oggetti personali (vv. 218–220). Tornando a Plutarco, questi sta discutendo del fatto che l’ironia diventa accettabile nel momento in cui il motteggiatore presenti lui stesso la caratteristica da lui messa in ridicolo: gli scherzi sull’assenza di peli di Agatone sarebbero accettabili in quanto Aristofane stesso ammetteva di essere calvo. È convincente l’argomentazione di Borthwick per la correzione di [lac., 5 litt.]λιψιν in ἀποψίλωσιν ο ψίλωσιν (‘rasatura’).45

Nel IV sec. d.C. ancora il retore Libanio (or. 64, 83 [IV 474, 1 Foerster]) annovera il tragediografo nell’elenco dei θηλυδρίαι, termine attestato per la prima volta in Erodoto per indicare un uomo effeminato (VII 153s.: θηλυδρίης καὶ μαλακώτερος ἀνήρ). Tra gli uomini citati da Libanio, si trovano nomi associati nelle commedie di Aristofane a pratiche di omosessualità passiva, per esempio Clistene, ripetutamente tacciato di effeminatezza,46 Filosseno e Aminia, definiti οὐκ ἄρρενα nelle Nuvole, vv. 686s., e simili.

Per riassumere e concludere: le numerosi fonti che confluiscono in questa testimonianza mostrano l’affermarsi dell’immagine di Agatone come omosessuale passivo. Il testo che cronologicamente e idealmente precede tutti gli altri è la commedia Tesmoforiazuse, dove Aristofane crea un personaggio a partire da precisi stereotipi che interessano l’aspetto fisico (l’assenza di barba, la bellezza) e l’abbigliamento (il vestitino giallo, gli accessori femminili; si riconosce il legame ideale con la tradizione citarodica ionica attestata dalla pittura vascolare), e al tempo stesso sancisce il passaggio del suo personaggio Agatone a possibile prototipo per l’amore omosessuale maschile. La scelta di Platone di conferire ad Agatone un ruolo preminente nel Simposio – opera incentrata sul tema erotico – dà continuità e rafforza l’associazione tra Agatone e il ruolo di amato entro la coppia omosessuale. I nomi di amanti associati al poeta tragico dalla tradizione sono in primo luogo quello di Pausania (Platone nel Protagora e nel Simposio, Eliano, scolî), suo partner per eccellenza, quindi Euripide (Eliano) e, solo entro la convenzione letteraria, Platone (epigrammi platonici). L’immagine effeminata di Agatone persiste a distanza di secoli, come attestano le opere di Plutarco, Eliano, Libanio. In particolare, il nome di Agatone si accompagna al motivo del bacio ricevuto, sia nell’epigramma 1 Diehl attribuito a Platone che nell’aneddotica tramandata da Eliano (test. 15).

La permanenza della figura di Agatone nella tradizione ha dunque un duplice carattere. Il poeta diventa da un lato un emblema moralmente condannabile di effeminatezza e atteggiamenti sconvenienti per un uomo; questa immagine trova le sue radici nella commedia aristofanea e riemerge nel giudizio di autori come Diogene di Babilonia (fr. 76 von Arnim = test. 23), Luciano (rh.pr. 11 = test. 13f) e Libanio. Dall’altro lato tuttavia abbiamo un filone che ripropone Agatone come campione positivo di eros e di bellezza; questa visione nasce dall’opera di Platone e si esprime nell’epigramma attribuito al filosofo e nell’aneddotica confluita nella Varia historia di Eliano.

Test. 15 (22 S.–K.)

a) Ael. VH XIII 4

Ἀρχέλαος ὁ βασιλεὺς ἑστίασιν παρεσκεύασε πολυτελῆ τοῖς ἑταίροις. προϊόντος δὲ τοῦ πότου ζωρότερον πιὼν Εὐριπίδης ὑπήχθη πως κατ’ ὀλίγον ἐς μέθην· εἶτα συγκλιθέντα αὐτῷ Ἀγάθωνα τὸν τῆς τραγῳδίας ποιητὴν περιλαβὼν κατεφίλει, τετταράκοντα ἐτῶν που γεγονότα. τοῦ δὲ Ἀρχελάου πυθομένου εἰ καὶ νῦν ἔτι ἐρώμενος αὐτῷ δοκεῖ εἶναι, ἀπεκρίνατο ‘ναὶ μὰ Δία· οὐ γὰρ μόνον τὸ ἔαρ τῶν καλῶν κάλλιστον, ἀλλὰ καὶ τὸ μετόπωρον’.

Il re Archelao fece preparare per i compagni un banchetto fastoso. E con il procedere del simposio, Euripide, che stava bevendo vino quasi puro, si ridusse poco a poco a uno stato di ubriachezza; e quindi baciava, dopo averlo abbracciato, Agatone, il poeta tragico, che era steso sullo stesso lettino con lui, nonostante [Agatone] avesse a qual tempo circa quarant’anni. E quando Archelao domandò se gli sembrasse che [Agatone] fosse ancora un erōmenos anche in quel momento, [Euripide] rispose: «Certo, per Zeus; infatti dei belli non soltanto la primavera è bellissima, ma anche l’autunno inoltrato».

b) [Plut.] apophth. reg. 177a–b (cf. fr. adesp. 216 Kock; non accip. Kassel–Austin )

Τοῦ δ’ Εὐριπίδου τὸν καλὸν Ἀγάθωνα περιλαμβάνοντος ἐν τῷ συμποσίῳ καὶ καταφιλοῦντος ἤδη γενειῶντα, πρὸς τοὺς φίλους εἶπε (Archelaus)· ‘μὴ θαυμάσητε· τῶν γὰρ καλῶν καὶ τὸ μετόπωρον καλόν ἐστιν’.

Poiché Euripide abbracciava e baciava durante il simposio il bell’Agatone, benché questi avesse ormai la barba, agli amici disse [Archelao]: «Non meravigliatevi; dei belli, infatti, anche il tardo autunno è bello».

∽ Apostol. XVII 42 Leutsch (= Arsenios p. 453 Walz)

Τῶν καλῶν καὶ τὸ μετόπωρον καλὸν ἐστίν: Εὐριπίδης τὸν καλὸν Ἀγάθωνα περιλαμβάνων ἐν τῷ συμποσίῳ καὶ καταφιλῶν ἤδη γενειῶντα πρὸς τοὺς φίλους εἶπε, Μὴ θαυμάζητε, τὸ παροιμιῶδες τοῦτ’ εἰπών.

Dei belli anche il tardo autunno è bello. Euripide, abbracciando durante un simposio e baciando il bell’Agatone, che aveva ormai la barba, agli amici disse: Non meravigliatevi – pronunciando questo detto proverbiale.

∽ Plut. amat. 24, 770c

τὰ δ’ ὑπ’ Εὐριπίδου ῥηθέντ’ ἐστὶ κομψά· ἔφη γὰρ Ἀγάθωνα τὸν καλὸν ἤδη γενειῶντα περιβάλλων καὶ κατασπαζόμενος, ὅτι τῶν καλῶν καὶ τὸ μετόπωρον <καλόν>.

Argute parole sono poi quelle pronunciate da Euripide: diceva infatti, abbracciando e baciando il bell’Agatone che ormai aveva la barba, che dei belli anche il tardo autunno <è bello>.

Cf. Plut. vit. Alc. 1, 4–6, 192a

περὶ μὲν οὖν τοῦ κάλλους τοῦ σώματος οὐδὲν ἴσως δεῖ λέγειν, πλὴν ὅτι καὶ παῖδα καὶ μειράκιον καὶ ἄνδρα πάσῃ συνανθῆσαν τῇ ἡλικίᾳ καὶ ὥρᾳ τοῦ σώματος ἐράσμιον καὶ ἡδὺν παρέσχεν. οὐ γάρ, ὡς Εὐριπίδης ἔλεγε, πάντων τῶν καλῶν καὶ τὸ μετόπωρον καλόν ἐστιν, ἀλλὰ τοῦτ’ Ἀλκιβιάδῃ μετ’ ὀλίγων ἄλλων δι’ εὐφυΐαν καὶ ἀρετὴν τοῦ σώματος ὑπῆρξε.

Per quanto riguarda la bellezza del corpo probabilmente non è necessario dire nulla, se non che, fiorendo di pari passo con ogni sua età e con il tempo, lo rese amabile e piacevole da ragazzo e da adolescente e da uomo. Infatti, come diceva Euripide, non è bello anche il tardo autunno di tutti i belli, ma questo fu possibile per Alcibiade insieme a pochi altri grazie alle doti naturali e alla virtù del corpo.

Interpretazione

La testimonianza si compone delle varianti di un medesimo aneddoto che vede protagonisti Euripide e Agatone.

a) La versione più dettagliata è riportata nella Ποικίλη ἱστορία (Varia historia, una raccolta di aneddoti corredati di osservazioni moraleggianti) dell’atticista Claudio Eliano (fine II–inizi III sec. d.C.). L’ambientazione è la corte macedone di Archelao in occasione di uno dei famosi banchetti offerti dal re ai suoi ἑταῖροι, gli ospiti che risiedevano presso la sua corte (vd. testt. 5. 7–11. 25). Protagonista dell’aneddoto è Euripide, la cui permanenza in Macedonia presso la corte di Archelao è attestata per gli anni 408–406 a.C.47 Durante un banchetto offerto da Archelao, il famoso tragediografo – che in questo periodo doveva avere circa settant’anni48 – si trova sdraiato sullo stesso lettino dove giace anche il collega più giovane Agatone, giunto ormai ai quarant’anni (τετταράκοντα ἐτῶν). Nel contesto festoso, Euripide beve fino al punto di ubriacarsi (Εὐριπίδης ὑπήχθη πως κατ’ ὀλίγον ἐς μέθην), una condizione particolarmente favorevole all’espressione della verità, in assenza delle consuete inibizioni (cfr. p. es. in Plat. Symp. 213e 9–a 1). Euripide abbraccia e bacia Agatone (περιλαβὼν κατεφίλει), adottando un comportamento inusuale tra uomini adulti e provocando così la domanda di Archelao, che fa implicitamente notare come l’atteggiamento dell’anziano poeta sia lo stesso che gli amanti hanno nei confronti dei loro ἐρώμενοι, di norma adolescenti (vd. ad testt. 3. 14). La risposta, di carattere sentenzioso (ναὶ μὰ Δία· οὐ γὰρ μόνον τὸ ἔαρ τῶν καλῶν κάλλιστον, ἀλλὰ καὶ τὸ μετόπωρον), conclude l’aneddoto con un messaggio universale.

Si tratta di una testimonianza preziosa per la cronologia della vita di Agatone. La permanenza di Euripide presso la corte macedone occupa gli anni 408–406 a.C., e in particolare si restringe tra le Grandi Dionisie del 408 – anno della messa in scena dell’Oreste (DID C 19 S.–K.) – e quelle del 406 a.C., quando Sofocle si presentò in lutto al proagone della competizione drammatica piangendo il decesso di Euripide (DID C 20 S.–K.; Soph. test. 54 Radt; Eurip. test. IA ll. 39–41 Kannicht) avvenuto presso la corte di Archelao (vd. ad test. 10). Agatone doveva aver lasciato Atene almeno nel 405 a.C. (testt. 8s.), anno di rappresentazione delle Rane; l’aneddoto euripideo anticipa il terminus ante quem della partenza di Agatone per la Macedonia all’inizio del 406 a.C., ossia prima della morte di Euripide. Se potessimo fissare con certezza la data del Gerytades, commedia interpretata come terminus post quem per il trasferimento in Macedonia (vd. ad test. 5), al 407 a.C., potremmo restringere il periodo entro cui Agatone lasciò Atene al periodo compreso tra gli agoni drammatici del 407 (ma non sappiamo se lenaici o dionisiaci) e le Grandi Dionisie del 406 a.C. Questa ricostruzione, impossibile da accertare a causa della difficoltà di datare con sicurezza il Gerytades, si troverebbe in accordo con la test. 10 (= [Eur.] epist. 5, 2 p. 278 Herch), che colloca l’allontanamento di Agatone da Atene in un momento successivo rispetto al trasferimento di Euripide presso la corte macedone; bisogna tuttavia considerare che le lettere euripidee non sono autentiche.

 

Per quanto riguarda l’età di Agatone, apprendiamo da Eliano che il poeta aveva circa quarant’anni (τετταράκοντα ἐτῶν που γεγονότα) negli anni 408–406 a.C. Considerando che nel 411 a.C., anno della messa in scena delle Tesmoforiazuse, Aristofane giocava sull’età di un Agatone ancora giovane (v. 134, vd. anche ad test. 2; vv. 173s.) possiamo ipotizzare che il poeta tragico fosse ancora nei suoi trent’anni nel 411 a.C., e che al momento dell’aneddoto macedone avesse appena raggiunto i quaranta. La testimonianza si accorda anche con i dati che ricaviamo dai testi platonici (Protagora, vd. test. 3, Simposio, vd. test. 2) e dai Deipnosofisti di Ateneo (vd. test. 1), e conferma la nascita di Agatone negli anni immediatamente successivi al 450 a.C.

b) Simile episodio è raccolto nei Βασιλέων ἀποφθέγματα καὶ στρατηγῶν (Sentenze di re e generali), opera di discussa paternità tramandata nel corpus plutarcheo. Al passo 177a–b, nella sezione dedicata alle sentenze memorabili del re Archelao, si racconta di come Euripide abbracci e baci durante un simposio il maturo Agatone.49 Qui è il re Archelao a invitare gli altri compagni a non meravigliarsi, ricordando che gli uomini belli restano tali anche nell’autunno della vita (τὸ μετόπωρον), una volta passata la stagione della giovinezza. L’aneddoto – in forma più concisa e con variatio nell’attribuzione della sentenza finale – fornisce le stesse informazioni cronologiche e geografiche del passo di Eliano. In forma simile, ma senza menzionare l’ambientazione macedone e attribuendo la sentenza a Euripide, l’aneddoto è entrato anche in raccolte paremiografiche (Apostolio, XV sec. d.C.; Arsenio, XV–XVI sec. d.C.).

Più concisa è la versione riportata da Plutarco nell’Ἐρωτικός (Amatorio), che rientra nella tradizione dei dialoghi a tema erotico e che s’ispira in particolare alle opere platoniche riconducibili a questo genere, Fedro e Simposio.50 Qui manca l’ambientazione macedone e l’episodio si riduce alla citazione delle parole di Euripide in riferimento alla bellezza di un Agatone ormai maturo. Così formulato, l’aneddoto non consente di trarre le considerazioni di carattere temporale e geografico che possiamo invece ricavare da Eliano e dagli ἀποφθέγματα di attribuzione plutarchea. La sentenza πάντων τῶν καλῶν καὶ τὸ μετόπωρον καλόν ἐστιν, attribuita a Euripide senza contestualizzazione e senza fare menzione di Agatone, ritorna ancora nella Vita di Alcibiade di Plutarco.

Per riassumere: vi sono diverse fonti che riportano la medesima affermazione proverbiale τῶν γὰρ καλῶν καὶ τὸ μετόπωρον καλόν ἐστιν, in alcuni casi associandola a un aneddoto ambientato alla corte macedone. Le versioni più esaustive che abbiamo (Plutarco nelle Quaestiones convivales, poi Eliano) concordano nel collocare l’aneddoto presso la corte di Archelao di Macedonia e nel coinvolgere sia Euripide che Agatone, permettendo così una datazione agli anni 408–406 a.C. e assegnando ad Agatone in questa occasione quarant’anni. Per quanto riguarda la relazione tra Plutarco ed Eliano, la critica tende a escludere la dipendenza diretta del secondo dal primo; si ritiene più probabile il ricorso a materiali comuni provenienti dalla letteratura simposiale greca, il cui successo in età imperiale è esemplarmente attestato dai Deipnosofisti di Ateneo.51 La sentenza non ha inizialmente un’attribuzione univoca ma è messa in bocca ora a Euripide (Ael. VH XIII 4; Plut. amat. 24, 770c; Plut. vit. Alc. 1, 5, 192a) ora ad Archelao ([Plut.] apophth. reg. 177a–b), e si afferma nel tempo come motto euripideo (Apostol. XVII 42 [= Arsenios p. 453 Walz]).

Test. 16 (25 S.–K.)

Ael. VH II 21

Ἀγάθωνος ἤρα τοῦ ποιητοῦ Παυσανίας ὁ ἐκ Κεραμέων. καὶ τοῦτο μὲν διατεθρύληται· ὃ δὲ μὴ ἐς πάντας πεφοίτηκεν, ἀλλ’ ἐγὼ ἐρῶ. ἐς Ἀρχελάου ποτὲ ἀφίκοντο ὅ τε ἐραστὴς καὶ ὁ ἐρώμενος οὗτοι. ἦν δὲ ἄρα ὁ Ἀρχέλαος ἐρωτικὸς οὐχ ἧττον ἢ φιλόμουσος. ἐπεὶ τοίνυν ἑώρα διαφερομένους πρὸς ἀλλήλους τόν τε Παυσανίαν καὶ τὸν Ἀγάθωνα πολλάκις, οἰόμενος τὸν ἐραστὴν ὑπὸ τῶν παιδικῶν παρορᾶσθαι, ἤρετο ἄρα τὸν Ἀγάθωνα ὁ Ἀρχέλαος τί βουλόμενος οὕτω πυκνὰ ἀπεχθάνεται τῷ πάντων μάλιστα φιλοῦντι αὐτόν; ὃ δὲ ‘ἐγώ σοι’ ἔφη ‘φράσω, βασιλεῦ. οὔτε γάρ εἰμι πρὸς αὐτὸν δύσερις, οὔτε ἀγροικίᾳ πράττω τοῦτο· εἰ δέ τι καὶ ἐγὼ ἠθῶν ἐπαΐω τῇ τε ἄλλῃ καὶ ἐκ ποιητικῆς, ἥδιστον εὑρίσκω εἶναι τοῖς ἐρῶσι πρὸς τὰ παιδικὰ ἐκ διαφορᾶς καταλλάττεσθαι, καὶ πεπίστευκα οὐδὲν αὐτοῖς οὕτως ἀπαντᾶν τερπνόν. τούτου γοῦν τοῦ ἡδέος πολλάκις αὐτῷ μεταδίδωμι, ἐρίζων πρὸς αὐτὸν πλεονάκις· εὐφραίνεται γὰρ καταλυομένου μου τὴν πρὸς αὐτὸν ἔριν συνεχῶς, ὁμαλῶς δὲ καὶ συνήθως προσιόντος οὐκ εἴσεται τὴν διαφορότητα’. ἐπῄνεσε ταῦτα ὁ Ἀρχέλαος, ὡς λόγος. ἤρα δέ φασι τοῦ αὐτοῦ Ἀγάθωνος τούτου καὶ Εὐριπίδης ὁ ποιητής (test. 15), καὶ τὸν Χρύσιππον τὸ δρᾶμα αὐτῷ χαριζόμενος λέγεται διαφροντίσαι. καὶ εἰ μὲν σαφὲς τοῦτο, ἀποφήνασθαι οὐκ οἶδα, λεγόμενον δ’ οὖν αὐτὸ οἶδα ἐν τοῖς μάλιστα.

Del poeta Agatone era amante Pausania di Ceramei. E questa cosa è nota; ciò che invece non è a conoscenza di tutti, lo dirò io. Un giorno l’amato e l’amante, questi qui, arrivarono da Archelao. E Archelao amava l’eros non meno delle muse. Perciò, quando vide che Pausania e Agatone litigavano spesso l’uno con l’altro, Archelao, ritenendo che l’amante fosse trascurato dal suo amato, domandava ad Agatone con quale proposito provocasse così spesso l’odio in colui che più di tutti lo amava. E quello disse: «Te lo dirò, re. Io infatti non voglio essere litigioso con lui, né faccio questo per villania; ma se grazie alla poetica io ho una qualche conoscenza del carattere umano anche in altri ambiti, trovo che la cosa più dolce per chi ama sia riconciliarsi con l’amato dopo un disaccordo, e sono persuaso che a loro non capiti nulla di più piacevole. Quindi spesso lo rendo partecipe di questa dolcezza, litigando frequentemente con lui; gioisce infatti non appena io metto fine alla lite con lui, invece trovandosi costantemente in accordo non vedrà la differenza.» Approvò queste parole Archelao, secondo quanto si racconta. E dicono che anche il poeta Euripide amasse questo Agatone, e si dice che, per compiacerlo, ideò il dramma Crisippo. E se questo è sicuro, non sono in grado di provarlo, ma so che lo si dice tra i più.

Interpretazione

Nella Varia historia di Eliano è riportato un altro aneddoto che vede protagonista Agatone presso la corte macedone, dove questi si era trasferito insieme al proprio amante Pausania di Ceramei (vd. testt. 3. 5. 14). Il tema del passo è il rapporto tra ἐρώμενος ed ἐραστής.

In conformità alla tradizione biografica relativa al re macedone, Archelao è definito ἐρωτικός, amante dell’eros, non meno che φιλόμουσος, amante delle arti.52 L’interesse di Archelao per le questioni amorose lo porta a notare le continue liti della coppia di ospiti. Dalla valutazione fatta dal re sulla dinamica della coppia (οἰόμενος τὸν ἐραστὴν ὑπὸ τῶν παιδικῶν παρορᾶσθαι) e dalla domanda che il re rivolge ad Agatone (τί βουλόμενος οὕτω πυκνὰ ἀπεχθάνεται τῷ πάντων μάλιστα φιλοῦντι αὐτόν;) si delineano due τόποι della letteratura erotica: in primo luogo, la sofferenza dell’amante causata dalla negligenza del suo amato, giovane e bello e solitamente conteso, e il τόπος del litigio tra innamorati. Il primo, il τόπος dell’amato crudele o freddo, in grado di esercitare un potere (anche inconsapevole) sull’amante, è attestato anche in epoca arcaica. Si trovano esempi nel Corpus Theognideum (vv. 1263s. 1295–1297), in Saffo (fr. 31 V. in riferimento a una figura femminile) e Anacreonte (fr. 15 Gentili = 360 PMG). Il motivo dei litigi tra innamorati costituisce il secondo τόπος amoroso toccato dall’aneddoto; analogo discorso è attestato da Senofonte nell’opera Ierone, dove è il poeta Simonide ad affermare di fronte al tiranno Ierone l’insuperabile dolcezza della riappacificazione di due innamorati dopo una lite (Xen. Hier. 1, 35s.). La stessa idea in forma di sentenza è attestata anche in ambito latino nell’Andria di Terenzio (v. 555).