Night Light

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Z serii: Legami Di Sangue #2
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Kat vide Quinn arrivare e si mosse rapidamente lungo il bancone in modo che Trevor non potesse sentire e Quinn non facesse saltare la sua copertura. Allungandosi per prendere una bottiglia, si girò per poi trovare Quinn in piedi tra lei e il bancone.

“Come posso aiutarla, signore?” chiese Kat con un sopracciglio sarcasticamente alzato. “Sa che i clienti non sono ammessi dietro il bancone.”

Quinn fece un passo verso di lei, anche se era già abbastanza vicino. Poggiando una mano sullo scaffale accanto al braccio di lei, la bloccò adeguatamente nel punto in cui si trovava. Vedendo i suoi occhi vagare dietro le proprie spalle verso l’uomo con cui stava parlando... Quinn ringhiò, “Non distrarti stasera, Kat. Ti avverto. Solo perché non vieni a caccia con noi non significa che un vampiro non possa mettere piede in questo bar.”

Kat sospirò sapendo che era il trucco più vecchio del mondo. Far credere a qualcuno di essere importante, affidandogli un innocuo compito secondario. “Me la caverò.” lo informò lei mentre passava sotto il suo braccio e si diresse di nuovo verso Trevor. “E se avrò bisogno di qualunque cosa, ho già qualcuno disposto a darmela.” Le ultime parole furono dette con un accenno di malizia nella sua voce. Era una bugia, ma Quinn l’aveva fatta incazzare.

Lei sorrise tra sé sapendo che Quinn pensava che si riferisse al sesso e Trevor pensava si riferisse alla caccia di vampiri. Warren scelse quel momento per finire la conversazione e fare cenno a Quinn di essere pronto.

Le labbra di Quinn si assottigliarono quando indietreggiò da Kat e si chinò, quasi strofinando le labbra sul suo orecchio. “Buona serata.” Osservò con soddisfazione la pelle d’oca sul collo di lei e sulla spalla.

Kat si aggrappò al bordo del bancone quando le ginocchia divennero deboli. Raddrizzandosi sussultò quando sentì la voce di Michael da dietro.

“Attenta a come tiri la coda di quel gatto, tesoro.” le ricordò Michael poi fece un cenno a Trevor prima di raggiungere Kane sul tetto.

Trevor aggrottò la fronte allo sguardo stupito sul volto di Kat. “Non era un vampiro, quello?”

“No, era un gentiluomo che ci sta aiutando a trovare i veri mostri.” disse Kat fiduciosa mentre aggiunse in silenzio ‘Ed è l’unico che non ha fatto storie sul fatto che io andassi a caccia stasera.’ “Comunque, sembra che siamo rimasti indietro. Sei pronto a partire?”

*****

Kane camminava avanti e indietro sul tetto, fumando una sigaretta e agitando le braccia di tanto in tanto. Stava cominciando ad innervosirsi aspettando Michael.

“Giaguari e puma.” borbottò. “Sono peggio dei gatti domestici. Ognuno vuole prevalere sugli altri. Preferirei collaborare con i Coyote piuttosto.”

Michael arrivò sul tetto proprio dietro Kane, sorprendendolo nel suo sproloquio agitato. Si accigliò quando Kane subito tacque e guardò di lato avvertendo la sua presenza.

“Dannazione Kane, vogliamo parlare di quello che ti preoccupa o no?” chiese Michael mentre gli si avvicinava.

“No.” rispose Kane.

“Bene.” Michael aspettò, sapendo che Kane odiava il silenzio più dei litigi. Adorava avere ragione.

Kane camminò verso il bordo dell’edificio, aumentando di nuovo la distanza tra loro. Aveva dimenticato che Michael fosse capace di avvicinarsi di soppiatto... non succedeva da così tanto tempo. “Raven sembrava un po’ deluso dal fatto che il suo esercito fosse scarso giù al magazzino... alcuni dei suoi squilibrati mancavano all’appello. La mia ipotesi è che i vampiri assenti alla nostra piccola festa mortale probabilmente avevano bisogno di un posto in cui passare la giornata, quindi andrò a dare un’occhiata.”

Michael non disse una parola quando Kane saltò ancora una volta dal tetto ed atterrò sul marciapiede sottostante. Proprio mentre fece un passo verso il bordo, pronto a saltare come Kane, qualcosa sul tetto dall’altra parte della strada attirò la sua attenzione.

Girandosi a guardare di scatto, Michael intravide un’ombra che sparì. Qualcosa di quell’ombra gli era sembrato familiare, ma non riuscì ad indentificarla.

Kane aveva uno stalker o era un bersaglio? Cercando di sopprimere quel sentimento per il momento, abbassò lo sguardo e sorrise mentre saltava. Anche se non riusciva più a vedere Kane, e sapeva che era diretto al magazzino, invece di seguire la strada seguì la scia del proprio sangue nelle vene di Kane. Quando arrivò al deposito, poteva sentire le urla dei vampiri che Kane aveva preso alla sprovvista.

Si fermò sulla soglia usando la sua vista potenziata per vedere nel buio dell’enorme stanza. Kane aveva già due vampiri su di sé e molti altri pensavano che il gioco di squadra fosse una grande idea. Facendo un passo all’interno, chiuse la porta alle sue spalle e avanzò quando la voce di Kane echeggiò.

“Lascia fare a me. Basta che nessuno di loro ti oltrepassi.” disse Kane un po’ affannato, mentre torceva il collo del vampiro che stava cercando di strappargli la gola. Sobbalzò quando delle zanne si affondarono nella sua spalla, facendogli mollare la presa.

Entrambe le sopracciglia di Michael sparirono sotto i capelli spettinati, ma rimase fermo sulla porta. “Beh, se lo dici tu.” Incrociò le braccia sul petto e si appoggiò contro la porta.

“Beh… Mi annoio.” disse poco dopo e guardò verso i vampiri senz’anima che non combattevano ancora. “Immagino che nessuno di voi mi farebbe l’onore di farsi inseguire.”

Quando Kane riuscì a decapitare il primo vampiro, uno che stava in disparte fece proprio quello che Michael aveva suggerito, ma il braccio di Kane si allungò e lo afferrò per la giacca di pelle che indossava. “Non credo proprio.” ringhiò mentre lo gettava nella mischia.

“La mamma non ti ha insegnato a condividere le cose?” Michael sorrise mentre guardava Kane colpire di santa ragione. Aveva la sensazione che ora Kane avesse bisogno del dolore per sentirsi vivo. Non aveva dubbi che Kane sarebbe stato l’ultimo vampiro rimasto e questo sfogo di rabbia e violenza avrebbe anche potuto aiutare il suo amico ad aprirsi di nuovo... Una terapia bella e buona.

“Mia madre era una ladra.” rispose Kane, saltando e spingendo i piedi sul petto di un vampiro che correva verso di lui. Il vampiro volò e Kane atterrò sulla schiena. Scalciando, fu di nuovo in piedi in un istante. “Lei non credeva nella condivisione.”

“Sappiamo entrambi che tua madre non era una ladra.” lo rimproverò Michael. “Era una donna di buona famiglia.”

Kane ricevette un pugno in faccia e volò all’indietro. Michael seguì il movimento mentre Kane gli sfrecciava accanto e finì nello stesso mucchio di detriti in cui lo aveva gettato Kriss. Sospirò quando prese atto che Kane era sudicio di sangue. Kane si lanciò di nuovo nella lotta, facendo a pezzi i bastardi lungo il cammino.

“Sicuro che non ti serve aiuto?” urlò Michael al di sopra dei rumori di ossa rotte e piedi che saltavano in pozzanghere, che aumentavano di minuto in minuto. In realtà si mise a ridere quando Kane iniziò a mormorare un incantesimo di Syn, ma ricevette un pugno in bocca prima che potesse finire.

“No.” ringhiò Kane mentre sputava sangue in faccia a colui che lo aveva colpito così forte da fargli vedere le stelle. Afferrando un pezzo di legno da una sedia che avevano rotto durante la lotta, lo spinse così forte nella bocca del vampiro che fuoriuscì da dietro il collo.

Michael fece una smorfia, ma non interferì. Guardava attentamente, contando tre vampiri a terra e quattro ancora da eliminare. Kane era un combattente senza paura, adesso più di prima che fosse sepolto vivo. Il che ricordò a Michael la domanda che non aveva ancora chiesto: come aveva fatto Kane a spezzare l’incantesimo senza il sangue della propria anima gemella?

Meno di venti minuti dopo, Kane crollò in ginocchio. Guardò attraverso la foschia rossa dei propri occhi in direzione del rumore di un applauso che si avvicinava. Si asciugò il sangue dalla bocca e cercò di alzarsi dal pavimento. Rise quando non ci riuscì perché il pavimento era scivoloso per tutto quel sangue.

“E il vincitore avrà un centinaio di cerotti e un buon riposo notturno a casa di Michael.” Si abbassò e avvolse il suo braccio intorno alla vita di Kane per aiutarlo a rialzarsi. Entrambi barcollarono prima di trovare un equilibrio.

“Tu hai una casa?” chiese Kane sperando che se continuava a parlare non sarebbe svenuto prima di arrivarci. Sapeva dove viveva Michael, ma non voleva ammetterlo perché avrebbe solo ricordato a Michael di essere arrabbiato con lui per la sua lontananza. Non era molto felice a riguardo, ma aveva sentito il bisogno di mantenere le distanze.

“Già, sono grande adesso. E poi, le bare sono superate ormai.” Rabbrividì dentro di sé realizzando che Kane potesse non trovare molto divertente quella battuta. “È un posto enorme. Era una sorta di museo d’arte in stile vittoriano finché non ne hanno costruito un altro a Beverly Hills. Forse, se ti trasferissi da me, somiglierebbe di più ad una casa.”

“Voglio un cucciolo.” dichiarò Kane di punto in bianco, mentre si concentrava a mettere un piede davanti all’altro, prassi che di solito impedisce di cadere.

“Vuoi un cosa?” chiese Michael.

“Se dobbiamo vivere insieme, allora voglio un cucciolo.”

Michael dovette sorridere al suo vecchio amico. A quanto pare l’amore di Kane per i cani non era diminuito nel corso dei decenni.

Capitolo 3

 

“Allora, cosa succede con Micah?” chiese Nick a Steven mentre entravano nel parcheggio accanto alla chiesa e parcheggiavano tra due bus.

“Come al solito Micah e Quinn hanno litigato su chi detta le regole e Micah se n’è andato per staccare la spina.” rispose Steven uscendo dalla macchina. Trovava ancora divertente che tutti i giaguari guidassero... esatto... giaguari. “Diamine, hanno imparato a combattere l’uno dall’altro, quindi non è un grosso problema se si mettono al tappeto a vicenda.”

“E allora perché non è tornato?” sottolineò Nick.

“È questo il punto, no.” sospirò Steven. “Quinn pensa che Micah sia scappato, ma io dico che c’è dell’altro.”

“Come fai ad esserne sicuro?” chiese Nick con curiosità.

“Perché Alicia era tornata a casa solo da un paio di settimane, prima che lui scomparisse. Micah aveva contato i giorni che mancavano al suo ritorno. Anche quando Nathaniel era vivo, era Micah a farle da padre. Non se ne sarebbe mai andato all’improvviso ora che lei è a casa.” Strinse le spalle e aggiunse “Se invece avesse deciso di abbandonare la famiglia l’avrebbe almeno portata con sé.”

Nick annuì chiedendosi se i vampiri fossero responsabili della sparizione di Micah. In un modo o nell’altro non era affatto un buon segno, quindi per il bene di Micah Nick sperava che avesse soltanto perso la ragione e non l’avesse ancora ritrovata. Domani avrebbe fatto altre domande ad Alicia.

Steven alzò lo sguardo verso l’enorme chiesa con tutti i suoi intagli intricati e le statue. Il fatto che sembrasse importata da Roma la diceva tutta sul denaro che dovevano avere gli umani peccatori che avevano abbellito il portone. I più ricchi erano i più peccaminosi, è per questo che ostentavano in tal modo la propria religione.

La verità era che il sindaco della città veniva in questo luogo per stringere mani e poi scambiare soldi con la mafia ogni Domenica dopo la messa. Quindi la domanda che si poneva era... perché quella ragazza era qui da sola nel cuore della notte?

La chiesa era quasi buia tranne che per un paio di finestre da cui si vedeva ancora una luce al secondo piano. Da come ricordava, probabilmente quella era la zona degli uffici. Si chiese se il sacerdote che aveva lasciato al sicuro nell’armadio in realtà vivesse qui. Era qualcosa a cui non aveva pensato fino ad ora. I cattolici erano molto riservati, lo ammetteva.

Aveva già detto a Nick tutto quello che era accaduto l’altra notte... beh, quasi tutto comunque. Non gli avrebbe detto neanche per sogno dell’episodio della tunica da corista. Scuotendo la testa, Steven spinse la porta d’ingresso aspettandosi di trovarla chiusa a chiave ma, purtroppo, essa si spalancò.

“Non è una mossa intelligente.” Nick aggrottò la fronte mentre estraeva dalla manica il coltello con il manico d’osso ed entrò. “Dopo quello che è successo l’altra sera, pensavo che avessero iniziato a chiudere le porte a chiave.”

“Forse, come dice il proverbio... la porta è sempre aperta.” Steven strinse le spalle, ma entrò con cautela. “O forse il vecchio prete aspetta visite.”

“Ripeto, non ha molto senso.” Nick scattò sapendo che loro non erano le uniche creature paranormali all’interno dell’edificio. “Sento odore di esseri umani al piano di sopra, ma c’è qualcos’altro qui e dubito che sia venuto a confessarsi.”

“Vado ad assicurarmi che il prete stia bene. Se trovi dei vampiri, sii astuto e lasciali stare finché non chiamiamo rinforzi.” Steven si avviò su per le scale lasciando Nick a prendere la propria decisione.

Nick annuì e cominciò ad ispezionare il seminterrato della chiesa. Di solito peggiori erano i mostri…più in profondità si trovavano. Non si preoccupò di nascondersi mentre indagava perché il nemico riusciva a vedere al buio come lui.

Trovando la porta con la scritta ‘Seminterrato’, Nick la aprì e scese subito le scale. Arricciò il naso per il tanfo malsano e umido, e starnutì. Aveva sempre odiato gli scantinati.

Steven stava facendo la stessa cosa al piano di sopra, apriva le porte e sbirciava mentre proseguiva. Vedendo la luce filtrare da sotto la porta dello stesso ufficio dell’altra sera, questa volta bussò. Poteva sentire l’odore al di là della porta e capì che il vecchio era solo.

“Sei tu, Jewel?” disse la vecchia voce.

Steven fece un passo indietro quando la porta si aprì... lui e il prete si trovarono faccia a faccia. Il vecchio viso gentile dall’espressione pacata cambiò lentamente, i suoi occhi si spalancarono e le labbra si aprirono. Steven alzò la mano sapendo cosa sarebbe successo dopo, e non rimase deluso quando il prete cercò di chiudergli la porta in faccia.

Spingendo contro la porta, Steven entrò nella stanza lasciando che il peso del vecchio sulla porta la facesse chiudere dietro di sé. Girandosi intorno, afferrò la prima arma che trovò e la lanciò attraverso la stanza infastidito. “Te l’ho già detto, non sono un vampiro.”

“Mi sono svegliato nell’armadio.” gli ricordò il prete mentre andava dietro la sua scrivania. Steven sospirò mentre guardava le mani del vecchio rovistare nella scrivania, ovviamente in cerca di un’altra arma. Alzò un sopracciglio vedendo le dita stringere una robusta spillatrice.

“Non voglio farti del male.” lo informò Steven. “Ma se non lasci andare la spillatrice, ti sveglierai di nuovo in quell’armadio.” Annuì con gratitudine quando l’uomo la posò lentamente e si drizzò in tutta la propria altezza, che era scarsa rispetto alla sua.

“Ho la sensazione che tu non sia venuto qui per confessarti.” Si percepiva ancora paura nella voce del vecchio.

“Oh padre, so che ho peccato.” Steven sorrise ma vedendo che la battuta non fu capita afferrò una sedia e la girò, notando che l’uomo trasalì a quel rapido movimento. Si trattenne dal roteare gli occhi e si mise a cavalcioni sulla sedia, abbassando le braccia sullo schienale. “Non conta niente che io sia in parte il motivo per cui sei ancora vivo? Se non ti avessi tenuto alla larga, ora forse non saresti più dalla parte degli angeli.”

“Come hai fatto...” il prete sembrò improvvisamente più vecchio mentre andava dietro la scrivania e si sedette pesantemente. “Quando sono venuto, sono andato al piano di sotto e ho trovato degli estranei che mettevano a posto. Il disordine… Sono rimasto nascosto. Erano così rapidi e silenziosi. Tu saresti capace di tutto questo?”

“Mi crederesti se dicessi che avevamo un angelo dalla nostra parte?” Quando l’uomo alzò il mento e gli lanciò uno sguardo duro, Steven continuò “Il mio amico ed io siamo qui per assicurarci che la chiesa sia ancora pulita.”

“Pensi che ce ne siano altri?” il prete si strofinò il viso.

“So che ce ne sono altri. La domanda è, sono qui?” Steven si alzò sapendo di aver lasciato Nick da solo per troppo tempo. Il suo amico era noto per essere impavido e questo lo rendeva nervoso. “Non vogliamo che si ripetano gli eventi dell’altra sera.”

Il prete lo guardò attentamente come se fosse alla ricerca di una bugia. Infine, l’anziano sospirò e annuì con la testa “Va bene, per qualche motivo ti credo. Talvolta le strade del Signore sono infinite. Fate ciò che è necessario.”

“Speriamo di non trovare nessun demone stavolta... e tu puoi rimanere sveglio se prometti di restare qui.” Ricordò ciò che il sacerdote aveva detto quando aveva aperto la porta. “Aspettavi qualcuno?”

“Sì, lei doveva venire l’altra sera, ma...” indicò con il pollice verso l’armadio. “Ha chiamato un’ora fa dicendo che stava arrivando.”

Steven sentì il battito cardiaco aumentare. “C’era una ragazza qui l’altra notte e ho bisogno di parlare con lei... ha i capelli biondi, è bella. La conosci?”

“Jewel?” chiese il prete. “Certo, dovrei sposarla.”

“Cosa?” disse Steve a voce un po’ troppo alta, poi ringhiò “Da quando in qua i vecchi preti sposano giovani donne?”

“Sei un tipo sveglio.” il prete scosse la testa poi rafforzò la propria determinazione. “Non sposa me... e comunque non sono affari tuoi. Lascia stare quella bambina. Ha già abbastanza problemi con i mostri che già conosce. Non trascinarla in una guerra tra demoni.”

Steven aggrottò la fronte, non gli piaceva come suonava la cosa.

Avrebbe scommesso che il prete stesse per dire mafiosi, non mostri. Non gli importava di nessuna delle due specie, aveva già la propria dose di mafiosi da affrontare. A loro piaceva starsene al Night Light perché era uno dei locali più eleganti della città. È rilassante quando la gente di classe inferiore non può permettersi di entrare da quelle porte.

Li aveva cacciati via lentamente negli anni e quando c’era un problema, spuntava sempre qualcosa e si allontanavano o sparivano. Mafia irlandese, italiana, russa, membri dell’IRA, ex KGB, Yakuza, e addirittura chiacchierati membri dei leggendari Illuminati... Steven se ne sbatteva. Erano fatti tutti dalla stessa pasta, per quanto lo riguardava. Ma a volte non fa male averne un paio dalla propria parte.

“Chiamala e dille di non venire stasera.” Spinse il telefono verso il vecchio ed incrociò le braccia in attesa, per assicurarsi che il prete facesse come gli aveva chiesto.

Le labbra del vecchio si assottigliarono. Se avesse chiamato a casa sua e avesse risposto suo padre, Jewel sarebbe finita in guai seri e magari stesa in qualche vicolo. Essere un prete probabilmente non lo avrebbe salvato. “Lei non verrà.” disse esitando, poi ripeté più deciso mentre guardava l’orologio appeso al muro. “Altrimenti sarebbe già qui.”

Steven sentiva che la delusione nel non vederla e il sollievo nel sapere che fosse al sicuro da qualche parte si scontravano nel suo petto. Avendo bisogno di una distrazione, si alzò e rimise la sedia nel modo in cui l’aveva trovata. “Tornerò per avvisarti quando avremo finito.”

“Aspetta!” disse il sacerdote quando Steven aprì la porta. “Se dovessi vederla...”

“La manderò dritta da te.” promise Steven e se ne andò.

Chiudendo la porta, Steven scosse la testa e si avviò lungo il corridoio. Questo piano era pulito e doveva recuperare Nick prima che qualcosa andasse storto. Scendendo al piano di sotto, si guardò intorno ma non vedeva Nick da nessuna parte.

“D’accordo, dove diavolo sei finito?” mormorò Steven e cominciò a guardare dietro le porte chiuse.

Vide la porta del seminterrato socchiusa e si sarebbe preso a schiaffi quando si rese conto delle intenzioni di Nick. “Luoghi bui, sotterraneo... Bah!”

Assicurandosi di fare parecchio rumore, Steven scese le scale e arricciò il naso per l’umidità. “Cavolo, che puzza qua sotto.”

Si avvicinò ad un’altra porta aperta ed entrò. Nick era in piedi davanti alla caldaia con il portello spalancato e rimestava qualcosa nel fuoco con una spranga di ferro.

“Trovato qualcosa?” chiese Steven.

In risposta, Nick estrasse il ferro dal fuoco infilato nella cavità oculare dei resti bruciati di un teschio. “Possiamo dire con certezza che alcuni umani sulla lista degli scomparsi non verranno ritrovati presto.”

“Penso che questa chiesa sia il luogo in cui di solito alcuni mafiosi locali sbrigano i loro affari.” dichiarò Steven.

“In una chiesa cattolica?” chiese Nick. “Non è rimasto niente di sacro?”

Steven strinse le spalle. “Un po’ come il detto, non c’è niente di sicuro, tranne la morte e le tasse.”

Nick lasciò cadere il teschio di nuovo nella caldaia e chiuse il portello. “O nel nostro caso, tranne la pelliccia e i gatti.”

I due uomini sorrisero divertiti prima che Steven tornasse lucido. “Okay, siamo seri.”

Si separarono, ognuno ispezionando un lato diverso della grande sala, finché Steven non vide qualcosa dietro uno dei cassonetti della spazzatura pieni di assi di legno. “Ehi Nick, dammi una mano.”

Nick si avvicinò ed aiutò Steven a spostare il cassonetto quel tanto che bastava per dare un’occhiata, il che non fu difficile. Una piccola, angusta galleria era stata scavata nella pietra direttamente nel terreno. Era buio pesto e i due felini facevano difficoltà a vedere all’interno.

“Tanto vale controllare.” dichiarò Nick e fece per infilarsi nell’apertura.

 

Steven allungò la mano, afferrò il braccio di Nick e scosse la testa. “No, torniamo indietro e diciamo a Warren e Quinn cosa abbiamo trovato. Un puma è scomparso e, a mio parere, è un puma di troppo. Non voglio aggiungere anche un giaguaro alla lista.”

“Ah però.” Nick sorrise e avvolse le braccia attorno ad uno scioccato Steven. “Tu...” tirò su col naso in modo esagerato e continuò con voce esitante. “Ci tieni davvero.”

Steven allontanò freneticamente Nick, mandando il giaguaro contro il muro. “Deficiente.” mormorò mentre Nick rideva. “Andiamocene di qua.”

Arrivando in cima alle scale, Steven era convinto che Nick avesse perso la testa da qualche parte lungo il tragitto. Nella chiesa c’era un silenzio di tomba e Steven guardò verso il corridoio che portava nell’ufficio al piano di sopra, dove il prete stava aspettando.

“Aspetta un attimo qui.” disse Steven. “Devo parlare con il prete.”

Nick strinse le spalle e si appoggiò ad uno dei banchi in attesa.

“Ciao, Steven.” Una voce spuntò dal nulla.

Nick saltò e Steven gridò sorpreso prima di inciampare nei suoi stessi passi e cadere. Nick sbatté le palpebre quando un uomo con i capelli scuri uscì dalle ombre ridendo all’impazzata verso Steven.

“Dannazione, Dean!” urlò Steven mentre si alzava da terra. “Piantala di cercare di spaventarmi a morte.”

Dean sorrise e si appoggiò ad uno dei pilastri accanto ai banchi e incrociò le braccia sul petto. “Per tua sfortuna non ho bisogno di fare tentativi.”

“Fanculo!” ringhiò Steven. “Vado parlare con il prete, torno subito.”

“Assicurati di restituire la tunica da corista che hai preso in prestito.” Dean lo prese in giro. “Mi dispiacerebbe vedere un povero ragazzo che non può vestirsi per andare in chiesa.”

Steven si bloccò quando Dean pronunciò quelle parole e si voltò per fissare il caduto.

“Tunica da corista?” chiese Nick e sollevò le sopracciglia quasi fino all’attaccatura dei capelli. “Tu hai indossato una tunica da corista?”

“Mi ero trasformato, era un’emergenza. Ho dovuto farlo per evitare che la ragazza venisse dissanguata da una maledetto vampiro.” si difese Steven.

“Già.” cinguettò Dean. “La stessa ragazza che ti ha visto mentre ti facevano il culo.”

“Come se qualcuno non ti avesse mai fatto il culo.” ribatté Steven.

Dean si fermò e pensò per un attimo. “No, mai successo, però mi hanno inculato.”

“Daaah.” ruggì Steven, alzando le braccia e dirigendosi verso un’altra stanza.

Nick guardò Dean. “Hai idea di dove sia nascosta la tunica?”

“Sotto il suo letto.” rispose Dean.

Nick sorrise. “Materiale perfetto per un ricatto, grazie.”

“Figurati! Mi piace vederlo agitato... e poi è convinto che voglio costantemente prenderlo a calci in culo o una roba del genere.”

“Sadico.” disse Nick con una risatina.

“Sono un caduto.” disse Dean. “Non abbiamo granché per divertirci.”

Steven si avvicinò alla porta dell’ufficio del prete e alzò la mano per bussare quando sentì delle voci dall’altro lato. Riconobbe che una apparteneva al prete, l’altra era di una donna. Abbassando la mano, premette l’orecchio sulla porta per ascoltare.

Jewel camminava avanti e indietro cercando di restare concentrata, ma era difficile. La prima cosa che le era venuta in mente entrando nell’ufficio fu quando era stata attaccata dai vampiri e aveva visto un uomo nudo o un mutante... o qualunque cosa fosse. Aveva passato gli ultimi cinque minuti a rispondere alle domande del prete riguardo l’altra sera, ma in questo momento aveva problemi peggiori.

“Non dovresti girare di nascosto di notte.” disse il prete. “È pericoloso. E se tuo padre o il tuo fidanzato ti scoprono?”

Jewel andò dritta alla scrivania e praticamente sbatté il palmo su di essa. “No, sono loro che lo rendono pericoloso... costringendomi a sgattaiolare fuori dalla mia finestra, a sfuggire alle guardie armate che mi tengono prigioniera e a cercare di sgattaiolare di nuovo dentro senza essere scoperta.”

“Tuo padre sta solo cercando di proteggerti.” Lui cercò di calmarla, ma sapeva che quello che lei diceva era vero. Suo padre andava a confessarsi ogni settimana... per lavare via il sangue dalle sue mani e dalla sua coscienza.

“No, sta cercando di costringermi a sposare il suo socio in affari per ripagare un debito! Un debito con cui non ho niente a che fare. Non c’è una legge contro la schiavitù in questo paese?”

“Ma quando tu ed Anthony siete venuti all’incontro, hai detto di amarlo con tutto il cuore.” sottolineò il prete. “Non è una cosa su cui dovresti mentire. È un peccato agli occhi di Dio.”

“Sì beh, le due guardie del corpo in piedi dietro le nostre sedie... se le ricorda? Quello dietro di me teneva la canna della pistola affondata nella mia schiena. Non potrei mai amare un egoista barbaro oppressivo come Anthony. Ha promesso di uccidere me e mio padre, se non accetto il matrimonio. E poco fa, quando ho cercato di dire a mio padre che non volevo avere niente a che fare con Anthony, mi ha colpita così forte che ora so dove sono le stelle, perché le ho contate.”

Sia Jewel che il prete rimasero sorpresi quando la porta dell’ufficio si spalancò così forte da sbattere contro il muro facendo cadere alcuni quadri e un crocifisso d’oro.

Steven rimase sulla soglia a fissare i due. Tuttavia, il livido scuro sulla guancia di Jewel lo fece infuriare. “Dovete venire con me, tutti e due.”

Le ginocchia di Jewel s’indebolirono nel vedere che l’uomo misterioso era ancora vivo. Da quando era fuggita da lui, aveva pensato così tante volte che fosse stato ucciso dai vampiri. Più volte se n’era addirittura dispiaciuta fino alle lacrime. Adesso che riusciva a respirare meglio, avrebbe voluto urlare.

Perché ogni volta che veniva a confidarsi con il prete, c’era un’emergenza? Aveva meno paura di questo mutante che del proprio fidanzato armato di pistola, e finché non avesse sentito un allarme antincendio o visto un vampiro, non sarebbe andata da nessuna parte.

“Non questa volta.” lo informò Jewel incrociando le braccia sul petto.

“Non posso lasciare la chiesa incustodita.” Il vecchio iniziò ma Steven lo interruppe all’istante.

Si avvicinò con cautela alla scrivania mentre parlava. “Hai fatto un patto col diavolo e hai deciso di dare la parrocchia in pasto ai vampiri? Sei tu che bruci i loro corpi nel vostro vano caldaia?” Quando il prete aprì la bocca ma non disse nulla, Steven continuò “O sono stati i peccatori a cui fai la predica ad aver commesso un omicidio di massa in cantina e scavato un tunnel per fuggire?”

“Oddio.” il vecchio lanciò a Steven uno sguardo truce. “Se lascio la chiesa, quanto tempo mi ci vorrà poi per tornare?”

“Dammi il tuo numero di cellulare. Ti chiamerò entro un paio d’ore. Non tornare finché non diamo il via libera.” Sospirò sapendo di aver vinto il duello quando il vecchio cominciò a frugare nei suoi cassetti per prendere ciò che riteneva abbastanza importante da portare con sé.

Jewel cercò di restare perfettamente calma mentre si avviava verso la porta ancora aperta. Libertà... perché si era sempre ritrovata a fuggire da uomini pazzi?

“Non costringermi ad inseguirti.” disse Steven a denti stretti girando la testa di scatto e fissando il suo sguardo in quello di lei. “Ho detto che lui può tornare a casa... non tu.”

Le labbra di Jewel si aprirono mentre lei si bloccò a metà. Come osava darle un ordine? Strinse i denti rendendosi conto che gli avrebbe obbedito comunque. Alzò il mento in segno di sfida e giunse ad una conclusione. Nel momento in cui se ne sarebbe andata, avrebbe continuato a correre... via da tutti, compreso suo padre.