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La vita Italiana nel Risorgimento (1846-1849), parte I

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Ma calore e forza si avranno altrimenti, cioè coll'utilizzazione delle cadute d'acqua, ed è questo, in fatto, il solo e vero formidabile nemico della macchina a vapore. Sarà l'acqua che ucciderà il vapore.

Quale sia l'uso dell'acqua per fornire forza motrice lo sapete tutti. E non è soltanto l'acqua delle cascate, che agendo con tutta la sua pressione sulle pale di una ruota, dia una forza tanto più grande, quanto più grande è la massa dell'acqua cadente e l'altezza della caduta; perchè un'enorme riserva di forza l'abbiamo anche nelle maree e nelle onde del mare. Mentre l'attrazione della luna solleva la marea, voi potete introdurre l'acqua sollevata in serbatoi dentro terra; e allora se nel periodo della bassa marea aprite le chiuse dei serbatoi e ne rimandate l'acqua in mare, quest'acqua farà una cascata che potete utilizzare come quella di un fiume o di un torrente. E lo stesso potreste fare colle onde, quando si precipitano alte e minacciose contro una ripida costa. Questi ed altri sistemi analoghi per utilizzare le onde e le maree sono state proposte più volte ed anche provate con perfetto successo: e state certi che si attueranno definitivamente in avvenire, sopratutto nei luoghi dove le onde e le maree si elevano a parecchi metri di altezza, come avviene, per esempio, nella Manica, nel Baltico e nel Mare del Nord. Se non che queste incalcolabili forze naturali che l'uomo ha a sua disposizione nei monti e sulle rive del mare non avrebbero che uno scarso valore rispetto alla macchina a vapore, se non si potessero trasmettere economicamente a grandi distanze, dovunque si abbia bisogno di forza. Ora, la trasmissione delle forze si può fare, voi lo sapete, per mezzo dell'elettricità; ed è anzi questa l'invenzione forse più grande del nostro secolo, pur tanto fecondo di invenzioni di ogni natura.

Supponete di avere una forza disponibile in qualche luogo: per esempio, la forza d'una caduta d'acqua. Fate agire quest'acqua sulle pale di una motrice idraulica e servitevene per far girare un gomitolo di fili di rame fra le branche di una calamita. Ad ogni giro di questo gomitolo, il flusso magnetico che emana dalla calamita e che è tanto potente da attrarre il ferro, ha anche la potenza di produrre nel gomitolo una corrente elettrica. È questa la macchina che comunemente si chiama una dinamo. Orbene: prendete i capi del filo del gomitolo e tirateli lontano fin che volete: centinaia di chilometri, se è necessario. La corrente circolerà nel filo sin dove questo arriva. Ivi attaccate questi capi a una dinamo identica alla prima; e voi vedrete che il gomitolo di questa seconda dinamo si metterà spontaneamente a girare, riproducendo la forza della lontana caduta. Senza dubbio ci sarà qualche perdita; ma si può diminuirla sin che si vuole secondo la grossezza del filo impiegato. Ecco in che consiste la trasmissione elettrica della forza; e vedete che non è una cosa molto complicata, ne difficile da capire.

Vi è noto con quanto entusiasmo è stata accolta questa invenzione, che data da dieci anni, e con quanta rapidità se ne è fatta l'applicazione. In America si è pensato subito al Niagara, dove è già in funzione un impianto di 150 mila cavalli, la cui forza in parte è impiegata sul posto e in parte si trasmette fino a Buffalo, a 45 chilometri di distanza. Altri 150 mila cavalli si stanno utilizzando all'uscita del fiume San Lorenzo dal lago Ontario. In Europa abbiamo gli impianti di Rheinfelden sul Reno e di Chèvres sul Rodano di 14000 cavalli ciascuno, di Cusset-Jonage e di Bellegarde sul Rodano di 18000 e di 10000 cavalli e altri numerosi di minore importanza; ma noi li abbiamo preceduti in Italia colla trasmissione di 2000 cavalli da Tivoli a Roma, e li emuliamo già con quella di Paderno, che porta a Milano a 31 chilometri di distanza, la forza delle rapide dell'Adda di 13000 cavalli, e li sorpasseremo fra breve con quella di Vizzola, che distribuirà 20000 cavalli di forza attinta dal Ticino.

Ma tutte queste trasmissioni di forza a 30, 40 50 chilometri di distanza sono nulla a paragone di quelli che già si annunciano come sicuri. Il progresso dell'elettricità è così vertiginosamente rapido in questi anni, che niente più ci può sorprendere. Già gli inglesi si preparano a portare al Cairo la forza delle cateratte del Nilo, a 650 chilometri di distanza, per l'irrigazione del Delta: e calcolano che la forza utilizzata costerà meno di quella che si potrebbe ottenere sul posto con macchine a vapore. Tutta la valle del Nilo diventerebbe così una delle più feconde regioni della terra. Fu anche proposto di trarre partito dalla famosa cascata Vittoria scoperta da Livingstone sul fiume Zambesi per servire alle macchine lavoratrici del minerale d'oro della Rhodesia e del Transvaal. Grazie all'impiego di altissime tensioni si può esser sicuri oggi di portare la forza dell'acqua, quando sia gratuita, a centinaia di chilometri di distanza ancora con economia in confronto all'uso del vapore; cosicchè non sarebbe più da considerarsi come un'utopia l'idea di portare economicamente a Parigi la forza delle cascate dei Vosgi, o la forza delle cascate delle Alpi in tutta la valle del Po. E così lo stesso problema, che pochi mesi fa pareva ancora assai difficile, di usare la forza dell'acqua per la trazione sulle grandi linee ferroviarie in luogo di quella delle locomotive, si presenta oggi di più facile e più probabile soluzione.

Voi vedete dunque che l'impero della macchina a vapore è già molto scosso, e che la futura scarsezza del carbone non può più ispirare paura; poichè colla trasmissione elettrica della forza non solamente surroghiamo la forza del vapore, ma possiamo surrogare lo stesso carbone. Infatti colla corrente elettrica possiamo produrre calore, sia per grandi operazioni industriali, quanto per la stessa economia domestica. Già si fondono i metalli coll'elettricità; già si può produrre la fiamma, servendosi della corrente elettrica per decomporre l'acqua, e così mettendo in libertà l'idrogeno, che poi si può bruciare come il gas; e infine voi avete già le stufe e le cucine elettriche, dove il calore è fornito da un filo metallico arroventato dalla corrente.

Gli uomini hanno un giorno o l'altro il loro momento di fortuna, e così l'hanno anche le nazioni; non si tratta che di saperne approfittare.

Noi siamo sempre stati tributari dell'estero per ciò che è l'anima di tutte le industrie, il carbone. Sono 100 a 120 milioni che mandiamo ogni anno in Inghilterra per acquistarlo, e il mancarne affatto in paese è stata ed è una delle cause della nostra inferiorità industriale. Ma poichè siamo ricchissimi di acque perenni, non avremo più da subire le conseguenze della mancanza di combustibili fossili. Anzi, se sapremo utilizzar bene le nostre forze idrauliche, che ammontano a decine di milioni di cavalli, noi potremo facilmente duplicare e triplicare le nostre industrie, risparmiando 200 o 300 milioni di carbone e trovandoci in misura di far concorrenza a questi paesi che ora la fanno a noi.

Una sola concorrenza potremmo ottenere; ma è assai improbabile. Si potrebbe trovare un mezzo economico di immagazzinare la forza, di imballarla come una merce qualunque e di trasportarla lontano per terra e per mare. Gli Americani potrebbero allora utilizzare tutti i sei milioni di cavalli del Niagara, riservando ai forestieri soltanto alla domenica lo spettacolo della celebre cascata; e avrebbero tanta forza, insieme a quella degli altri loro grandi fiumi, da poterne fare una larga esportazione. Non è un'idea affatto impossibile, poichè ci sono già gli accumulatori elettrici, che permettono d'immagazzinare la forza, e anche di portarla attorno, come avviene sui carrozzoni delle tramvie, sulle vetture automobili, e ora anche sulla ferrovia Milano-Monza. Ma, innanzi tutto, non si è trovato ancora l'accumulatore di forza poco costoso e leggero, che ci vorrebbe per poterla trasportare economicamente a grandi distanze e non par facile che si abbia a trovarlo così presto. E del resto, anche se si trovasse, ebbene, metteremo un dazio protettivo sulla forza importata dall'estero.

Per le nostre industrie, adunque, e per la prosperità dell'economia nazionale, l'avvenire ci sorride. A noi poco importa cosa diverrà la macchina a vapore, poichè siamo sicuri di poterne far senza. È venuto il momento di sfruttare le nostre risorse, e giova sperare che sapremo valercene con prudenza e con sagacia, senza sperperarle, e senza comprometterne l'avvenire per l'eccessiva fretta di goderne nel presente.

Allora potrà diventare un fatto compiuto ciò che il Sommeiller presagiva in seno alla Camera subalpina all'epoca del traforo del Moncenisio: «Signori, i torrenti delle Alpi son diventati nostri schiavi: essi lavoreranno per noi.» E io non saprei chiudere meglio questa conferenza che augurando al nostro paese il compimento della profezia, ringraziandovi di cuore della grande pazienza colla quale avete voluto ascoltarmi.