Io Sono Il Tuo Uomo Nero - Un Racconto Della Contea Di Sardis

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Capitolo 2


Alcune mattine, Phoebe Smalls Napier trovava davvero difficile riuscire a mettere in piedi i bambini in modo da poterli condurre tutti tranquillamente fuori dalla porta in tempo per il suo turno da Mackie.

Quando Phoebe e Billy si erano sposati, Billy aveva cercato di convincere Phoebe a lasciare il lavoro di cassiera da Mackie. Come sceriffo, Billy guadagnava abbastanza soldi da assicurare alla famiglia cibo, vestiario e alloggio. La sua attività collaterale di allevare i Boston terrier gli fruttava anche soldi extra... più che sufficienti per mantenere la famiglia.

Phoebe rifiutò di lasciare il lavoro. In realtà lo spiegò a Billy, in modo che lui non pensasse che si trattasse di soldi.

"Bill, questo mi mantiene equilibrata e sobria. Se non avessi quel lavoro cui dedicarmi, cosa farei di me stessa nei giorni in cui tu sei al lavoro e i bambini sono a scuola? Avrei tutte quelle ore da riempire... e un alcolista in fase di recupero non deve avere il tempo di stare da solo con i suoi pensieri. Troppo spesso, è questo che li fa tornare al bere." Abbracciò suo marito. "Quindi, piuttosto che espormi alle tentazioni, lavorerò da Mackie. Mi terrà con i piedi per terra, e sono proprio lì in città, se mai avessi bisogno di me."

Billy fu d'accordo con lei a malincuore.

Ma ne aveva anche parlato con Martin Mackie, il nipote del fondatore del negozio, e gli aveva chiesto di tenere Phoebe a casa nei fine settimana e di tenerla impegnata solo per il turno di giorno. Martin aveva accettato, e tutti erano stati contenti.

A meno che la situazione non divenisse caotica e fuori controllo durante la mattina dei giorni feriali. Quando questo accadeva, nessuno ne gioiva.

“Pam! Metti via quel telefono e aiutami con i piccoli !" Phoebe stava cercando di friggere un paio di uova per Mary.

Pamela, che era la figlia più grande di Phoebe, era all'ultimo anno delle superiori di Perry. I suoi capelli erano castani con riflessi biondi. I suoi occhi erano blu, quasi blu ghiaccio. Le sue labbra non erano piene, ma non erano sottili. A diciotto anni era una giovane donna molto bella e la somiglianza tra Pamela e sua sorella Mary era impressionante. Era quasi come se Mary fosse una piccola Pamela. Molte persone si erano espresse in proposito.

Mary era la secondogenita di tredici anni.

Catherine, che era la terza figlia per anzianità, assomigliava a Phoebe e alle ragazze più grandi, ma c'erano nette differenze di aspetto che facevano sembrare che Caterina avesse un padre diverso. Aveva dieci anni.

Derek, il più giovane di otto anni, assomigliava leggermente a sua madre e a sua sorella Catherine.

L'uomo che i due figli più piccoli chiamavano 'papà' era stato il fidanzato convivente di Phoebe a quei tempi, un consumatore di metanfetamine di nome John Clark. John era andato in un laboratorio di metanfetamine dall'altra parte della città, e aveva provato un po' del prodotto che lui e suo fratello, che non era un esperto, avevano appena preparato. Il prodotto era risultato troppo potente, ed entrambi i fratelli erano morti quasi all'istante per un'overdose.

O almeno così si diceva. Billy non si era occupato dell'indagine. In quel frangente si trovava in vacanza e la morte era caduta sotto la giurisdizione della città. Ciò implicò che Godfrey Malcolm ne fu incaricato.

Questo significò anche che la causa dei decessi avrebbe potuto essere qualsiasi cosa.

Le due ragazze più grandi non sapevano chi fossero i loro padri.

Nemmeno Phoebe.

Quando le due figlie più grandi furono concepite, Phoebe era in stato d’incoscienza per aver bevuto troppo... o per aver preso troppe pasticche... o qualcosa del genere. Non poté ricordare. E probabilmente non aveva molta importanza. Pam era stata concepita durante l'ultimo anno alla scuola superiore di Phoebe. Nonostante le accese discussioni quotidiane con la madre, Phoebe aveva vinto ogni discussione, e si era tenuta la sua bambina.

Cinque anni dopo, Mary fu concepita.

I due concepimenti avvennero nelle stesse modalità. Anche se le bambine erano nate a cinque anni di distanza l'una dall'altra, i loro compleanni erano a pochi giorni di distanza.

E Mary possedeva la magia.

Quando Mary era con Carol Grace Montgomery, Mary possedeva una potente magia.

Pam non possedeva la magia. Almeno per quanto ne sapeva Phoebe.

A volte, quando ci pensava troppo intensamente, Phoebe era colpita dal fatto che i due concepimenti fossero così simili l'uno all'altro, ma separati solo da cinque anni... a volte sembrava che Mary fosse stata una seconda possibilità. Una bambina frutto di un ritorno nel passato e di un nuovo tentativo.

Ma, se questo fosse stato vero, allora questo implicherebbe che qualcuno... o qualcosa... aveva stuprato Phoebe due volte per cercare di generare un figlio dotato di poteri magici.

Questo significava che Phoebe era stata scelta, per qualche ragione, per essere tramite di un figlio della magia

E questo la spaventava fino al midollo.

Ma stamattina la sua preoccupazione era duplice, e una era quella di far salire tutti e quattro i figli sullo scuolabus.

E l'altra preoccupazione riguardava lo Squartatore di Sardis.

Billy non aveva detto molto a Phoebe a proposito degli omicidi. Lei sapeva che lui non voleva farla preoccupare.

La gente parla, comunque, e le voci si scatenano nelle piccole città. E Phoebe lavorava alla Centrale dei pettegolezzi. La sua posizione di cassiera da Mackie le permetteva di ascoltare ogni sorta di storie.

Alcuni dicevano che l'assassino era il vecchio Ricky Jackson, l'uomo che era scomparso da tempo e la cui casa era andata a fuoco. Altri raccontavano che pensavano fosse Margo Sardis, il che Phoebe sapeva per certo che non era vero. E alcuni bisbigliavano che potessero essere demoni, e Phoebe pensava che questa potesse essere una possibilità.

Chiunque, o qualsiasi cosa fosse l'assassino, Phoebe era impaurita. Aveva paura per i suoi figli, aveva paura per Billy e Alan, e aveva paura per tutti quelli che vivevano nella contea di Sardis.

"Mamma, stasera devo lavorare. Dalle cinque alle nove." Pam lavorava all'ipermercato che non poteva annoverare tra i clienti nessuno nella contea di Sardis. O meglio, nessuno proveniente dalla contea di Sardis. I visitatori della contea vi facevano spesso acquisti, soprattutto perché erano abituati a comprare cose nei punti vendita il cui nome terminava con "Mart". Anche se l’ipermercato praticava prezzi più bassi, dai generi alimentari ai componenti elettronici ai pneumatici, rispetto ai suoi concorrenti locali, non riusciva ad attrarre la gente del posto. La gente che lavorava lì si dava molto da fare per spolverare e per spostare le merci da un posto all'altro. A nessuno interessava lavorare lì - sarebbero stati felici di prendere i loro soldi in cambio di niente - ma nessuno restituì i soldi.

"Dirò a Billy di venirti a prendere alle nove," disse Phoebe, mettendo le uova di Mary su un piatto.

"Posso farmi portare a casa da Jeff."

"Mi sentirò meglio se Billy ti passa a prendere, tesoro. Non dico niente di male su Jeff, ma finché Billy non prende quest’assassino, voglio che tu lo attenda." Phoebe guardò la figlia maggiore. " Fai contenta un'anziana signora, okay?"

Pam sorrise. "Okay, mamma. Di' a Billy che sarò lì fuori alle nove."

Mary s’infilò in bocca un grosso boccone di uova e disse: "E non dimenticate che questo pomeriggio, dopo la scuola, vado da Carol Grace. Zia Margo ha altre lezioni per noi."

"Non parlare con la bocca piena, Mary. Chiamami quando arrivi, capito? E di' a Kate che faremo qualcosa questo fine settimana."

"Sì, signora."

"Mamma?" disse Derek.

"Sì, piccolo?"

"Io e Catherine andiamo di nuovo dalla nonna dopo la scuola?"

"Sì, ragazzone, ci andrai."

Pam incoraggiò i due piccoli, che avevano appena finito di mangiare. "Forza, piccoli monelli! Andate fuori e aspettate l'autobus."

Mary si ficcò l'ultimo morso delle uova in bocca e disse: "Ehi! Aspettatemi!"

"Fate attenzione!" Gridò Phoebe. "Vi amo! Non parlare con la bocca piena, Mary!"

Phoebe si accorse che stava parlando con la porta d'ingresso già chiusa. I figli erano già andati via.

Una sensazione di trepidazione s’insinuò nei suoi pensieri mentre friggeva un uovo per la sua colazione. Lo mangiò in silenzio. Quando terminò, mise il piatto nel lavandino, recuperò la borsa e le chiavi e se ne andò al lavoro.

***


MENTRE ALAN PERCORREVA la strada verso l’Università pubblica di Perry, superò quello che sembrava essere un enorme cantiere. Macchinari per il movimento terra, ruspe, gru, autocarri con cassone ribaltabile e uomini con l'elmetto erano sparsi per gli otto ettari del cantiere. Sembrava che stessero scavando un'enorme buca nel terreno, o che l'avessero già completata. Non riuscì a capire quale delle due, mentre passava.

 

Interessante. Questa è una novità. Sono passato di qui solo tre giorni fa, e lì non c'era altro che un campo. Mi chiedo cosa sarà...

Prese nota mentalmente di chiederlo a Billy più tardi. Forse lo sceriffo sapeva qualcosa al riguardo.

Qualunque cosa fosse, sembrò rappresentare un'enorme impronta sul campo che era stato lì. E, a causa degli alberi lungo la strada, il cantiere era visibile solo da una piccola area lungo la strada, e quell'area era utilizzata come vialetto per entrare e uscire dal campo.

Mentre Alan si spostava in auto più lontano, rivolse di nuovo i suoi pensieri agli omicidi.

Dobbiamo prenderlo. Spero che questa volta non sia una minaccia per qualcuno di noi a livello personale, perché non vorrei che si ripetesse la notte in cui Moses Turley s’introdusse nella fattoria. Non so che potere posseggano le ragazze, o se il potere possegga le ragazze, ma non voglio rischiare di scatenarlo di nuovo.

***


CLIFF ANDERSON APRIVA la sua agenzia immobiliare puntualmente alle otto di ogni mattina, e oggi non ci fu eccezione.

Cliff possedeva e gestiva la Vendita immobiliare mediante asta di Anderson, (La MIGLIORE! della contea di Sardis, esclamava il cartello sopra la porta), e comandava uno staff di dieci persone. Ad eccezione della sua segretaria, nessun altro impiegato della ditta sarebbe arrivato prima delle nove. Cliff amava trascorrere il tempo da solo la mattina, e gli piaceva avere a che fare con gli acquirenti mattinieri d’immobili che a volte arrivavano prima delle nove.

Arlene Looper, la segretaria di Cliff, lavorava per lui da quindici anni. Era molto brava nel suo lavoro. Arrivava ogni mattina poco prima delle otto per iniziare la preparazione del caffè e per organizzare la sua giornata.

Cliff osservava attentamente le gambe di Arlene. Erano delle belle gambe, e sognava che un giorno avrebbe avuto quelle gambe avvolte intorno alla vita. Di tanto in tanto, lanciava uno sguardo alle tette di Arlene, solo per assicurarsi che si presentassero nel modo in cui dovrebbero presentarsi le tette di una bella donna, ma le sue gambe intorno alla sua vita dominavano la maggior parte del tempo del suo sogno ad occhi aperti. Aveva sognato questo sogno ogni singolo giorno che Arlene aveva lavorato per lui. Solo una cosa lo aveva trattenuto dal realizzare quel sogno, e non era stata la paura del rischio legato alle molestie sessuali o di un'accusa di comportamento inappropriato sul posto di lavoro.

Arlene viveva a London, la città più meridionale della contea di Sardis.

Cliff nutriva una paura mortale nei confronti di London.

Non era qualcosa di cui potesse davvero individuare il preciso motivo. Qualcosa in quel paese, talmente piccolo che i residenti avrebbero dovuto scavare un "buco nella strada" per far fermare le auto di passaggio, lo terrorizzava a morte. Sentiva il suo respiro affannarsi man mano che si avvicinava alla piccola città, e gli veniva la pelle d'oca. Una volta oltrepassato il cartello dei limiti della città, gli saliva la collera come le piume sul collo di un gallo arrabbiato e cominciava a sudare copiosamente un sudore nervoso e puzzolente. Cliff si convinse infine che non sarebbe mai più andato di sua spontanea volontà a London, in ogni caso. Tutte le operazioni immobiliari a London furono allora delegate a uno dei suoi dipendenti.

Il pensiero di andare a London a prendere Arlene per un appuntamento, o di portarla a casa dopo, non era un pensiero che potesse essere presente nella mente di Cliff.

Se Arlene fosse consapevole di come Cliff la desiderava, non ne lasciava trasparire la minima evidenza.

Ma...

A volte, quando Cliff non la stava guardando, Arlene lo osservava. E sorrideva di gusto, come se si divertisse... o stesse guardando la preda.

E un riflesso giallastro sembrava attraversare allora le sue iridi ... una lucentezza gialla quasi animalesca.

Ma, questa mattina, prima che Cliff si fosse sistemato alla sua scrivania per il rito quotidiano di osservare il modo quasi furtivo di camminare di Arlene, il campanello sopra la porta d'ingresso tintinnò, e un cliente comparve.

La sua cliente era una bionda minuta e carina, con una leggera spolverata di lentiggini sul ponte del naso.

Cliff si voltò dalla caffettiera con un sorriso sul volto e attraversò l'ufficio per raggiungere la donna.

"Buongiorno! Mi chiamo Cliff Anderson. Cosa posso fare per lei stamattina?"

Cliff si aspettava che la giovane donna chiedesse informazioni sull'affitto di un appartamento, o magari di una casa economica che potesse essere affittata per un paio di settimane. Non l'aveva mai vista prima e, per questo, l'aveva ritenuta un'impiegata dell’ipermercato.

Quando lei gli disse cosa stava cercando, la curiosità di Cliff crebbe.

"Salve. Sto cercando una fattoria. Deve avere un minimo di quaranta ettari di pascolo, e una grande abitazione e un granaio. Sto organizzando una spedizione di bestiame da Carson City, Nevada, molto presto, e ho bisogno di una sistemazione per la mandria. Pagherò in contanti, se questo aiuterà ad accelerare la procedura."

A suo merito, Cliff mantenne un atteggiamento disinvolto nonostante la tensione emotiva.

***


"OH, QUESTO È terribile," disse Alan. Stava cercando di tenere la colazione nello stomaco mentre guardava la scena del delitto.

Billy annuì. "Hai mai visto qualcosa di così orribile in città?"

Alan pensò per un minuto. Poi, annuì. "Una volta. Aiutai a ripulire una fattoria che era stata usata da Esteban Fernandez. Era stata incendiata, ma c'erano due ragazzi dell’Ente federale antidroga morti nel seminterrato. Erano stati fatti a pezzi. Pensavamo che fosse stato fatto da Fernandez, ma i federali intervennero. La scena era di una tale gravità."

Non era stato rimosso nulla. Billy aveva voluto che Alan affrontasse l'intera faccenda nella sua realtà, non nelle foto. Billy pensava che avrebbe potuto notare qualcosa che era sfuggito a tutti.

Alan fece tre respiri profondi per calmarsi. Cominciò a studiare tutto ciò che era sulla scena. Metodicamente, scandagliò tutto prima di spostarsi. Quando si sentì pronto, s’infilò delle pantofole di carta sulle scarpe, in modo da non contaminare nessuna microscopica prova. Gradualmente, si spostò verso i resti della giovane donna. Studiò la disposizione di ogni organo. Studiò la forma del cuore di San Valentino composto dalle sue viscere. Si fermò, studiandolo attentamente. Si voltò di nuovo verso Billy.

"Non ci sono lacerazioni nelle viscere. L'hai notato?"

Billy scosse la testa. "No."

"Guarda."

Alan indicò una parte dell'intestino. "Qui è dove l'intestino è stato staccato dallo stomaco." Poi indicò la parte dell'intestino che si trovava accanto alla prima parte. "E questa è la parte che è stata scollegata dalla pancia." Guardò il medico legale: "Ho ragione?"

Il medico legale assentì.

"Quindi, non c'è stato alcuno strappo. Nessuna lacerazione. E nemmeno una torsione."

Billy era confuso. "E allora?"

Alan lo guardò. "Significa che chiunque l’abbia fatto, estrasse l'intestino a poco a poco, e formò il cuore mentre procedeva in questo. Gli intestini non sono stati aggrovigliati, e non sono stati strappati o tagliati. Ci volle una grande concentrazione o una grande fortuna. E ci volle del tempo. Le due metà del cuore sono identiche. Non sono disomogenee. La cosa risulterebbe molto difficile da fare, considerando questi fatti."

"Cosa ne pensi del modo in cui sono disposti gli organi?"

Alan li studiò per un po' di tempo. Scosse la testa.

"Non ne ho idea, Billy."

"Ok, chi diavolo decise di non chiamarmi per un fottuto caso di omicidio?" rimbombò una voce dalla soglia della porta.

Sia Billy sia Alan si girarono a guardare il nuovo arrivato.

Era Godfrey Malcolm, il capo della polizia di Perry.

Billy alzò la mano. "Fermati lì, idiota! Se vieni qua, mettiti delle pantofole di carta!"

"Perché diavolo?" urlò Malcolm.

"Così non contaminerai la scena del crimine! Come hai ottenuto questo lavoro, a proposito? Facendo pompini ad alcuni membri del Consiglio Comunale?"

Malcolm fissò lo sceriffo, ma non disse niente. I suoi occhi erano molto arrossati, e il suo naso era di un rosso vivo per il continuo bere.

Infine, Malcolm si appoggiò ubriaco al bordo della porta, mantenne a malapena l'equilibrio mentre s’infilava un paio di pantofole di carta ed entrò nell' aula.

Quando il capo della polizia vide ciò che era stato fatto, vomitò dappertutto sul pavimento.




Capitolo 3


"Credi che questo indurrà finalmente il Consiglio comunale di Perry a licenziarlo?"

Alan era seduto nell'ufficio di Billy mentre gli rivolgeva questa domanda.

"Lo spero proprio!"

Dopo che Malcolm aveva vomitato sulla scena del delitto, Billy arrestò il Capo della Polizia per ubriachezza molesta. Aveva sottoposto il capo all'intera procedura di arresto, compresa la ispezioni rettale... nel caso che Malcolm avesse qualcosa nascosto, com’è ovvio.

Malcolm, dal canto suo, si rese conto di aver rovinato la scena di un omicidio, e fu pentito... almeno fino all’ispezione rettale.

"Nessuno metterà nulla su per il mio culo!" ruggì Malcolm.

Diversi vicesceriffi immobilizzarono il capo della polizia, e la guardia carceraria eseguì l'esame secondo le disposizioni, e con grande entusiasmo.

Lo sceriffo ordinò poi che Malcolm fosse messo in una cella singola.

Billy gli disse: "Dovresti essere contento del fatto che ti metto in una cella singola invece che in una comune! Ora stai zitto e sdraiati sul lettino!"

Un mite e sommesso Godfrey Malcolm si sedette sul lettino della cella.

"Per quanto tempo pensi di lasciarlo lì dentro, Billy?" Alan sorrideva.

"Dieci anni!" Billy era arrabbiato.

Alan rise ad alta voce.

Billy guardò il suo vecchio amico e cominciò a ridere anche lui. "Oh, merda, probabilmente solo ventiquattro ore. Ma, inoltrerò denuncia. Il suo tasso alcolico nel sangue era a un valore compreso tra uno e due, e questo equivale a essere ubriaco in qualsiasi stato."

***


"KATIE, VOGLIO CHE TU ed io proviamo a prendere contatto con alcune... altre intelligenze. Dobbiamo sapere se quest’assassino è sovrannaturale o umano." Margo Sardis era seduta al tavolo della cucina di Kate. Il suo bastone con la parte superiore argentata era piantato saldamente tra le gambe aperte, e le sue mani rugose erano appoggiate sopra.

 

Katie era al forno, e stava mettendo in cottura una torta di fragole. Si girò a guardare sua zia.

Margo Sardis era la zia bisavola di Katie Ballantine Blake. La sorella di Margo era stata la bisnonna di Katie, il che rese Katie una Sardis... e una strega, insieme alla figlia di Katie, Carol Grace. Katie aveva scoperto questo fatto solo di recente, e Margo era felice di condividere finalmente le sue conoscenze con i membri della famiglia che potessero far buon uso della magia.

"Le streghe non sono né buone né cattive," le aveva detto una volta Margo. "Ho una vaga conoscenza di Dio, e anche della sua nemesi. Sono semplicemente... una strega. Né più né meno. Katie, le streghe dipendono dalla loro personalità... proprio come tutti gli altri.”

Quando Margo aveva detto che avevano bisogno di prendere contatto con altre "intelligenze", Katie non era sicura se Margo intendesse intelligenze positive ... o malvagie.

"In che senso intelligenze, zia?"

Le labbra di Margo diventarono una linea triste. "In entrambi i sensi."

Katie si voltò verso Margo. "Sei sicura?"

Margo annuì. "E può darsi che dobbiamo chiedere... a loro."

Katie era spaventata. "Sei sicura che dovremmo?"

"Solo se dobbiamo. Non voglio risvegliare quella particolare creatura se non sarà necessario. Ma, è sempre una possibilità, Katie." Margo scosse la testa con repulsione. "Se solo non avessi dato a Ricky Jackson quello che aveva chiesto... se invece gli avessi dato quello che sapevo che voleva. Allora quella porta per l'inferno non si sarebbe mai aperta!"

Katie si avvicinò al tavolo e si sedette. Mise una tazza di caffè davanti ad ognuna di loro. "Non mi avevi detto che le creature dell'inferno spesso si spingono verso il nostro piano di esistenza in continuazione? Non sarebbero arrivate qua comunque?”

Margo scosse la testa. "Sì, lo fanno, mia cara nipotina. Ma non in un numero così elevato! Non riesco ancora a credere di aver permesso che l'orgoglio mi accecasse così a fondo!"

Katie accarezzò la mano della vecchia. "Acqua passata, zia. Ora non possiamo farci niente."

Margo disse in modo cupo. "Suppongo di sì."

Le due donne si sedettero in silenzio per qualche istante, sorseggiando il loro caffè.

Con voce bassa e ansiosa, Katie chiese: "Di cosa ho bisogno perché l'incantesimo richiami altre intelligenze, zia?”

Margo sorrise e glielo disse.

***


PHOEBE AVEVA INIZIATO da un'ora il suo turno da Mackie.

I clienti erano pochi e occasionali in questa mattina di un giorno feriale. L’attività si sarebbe intensificata più tardi durante la giornata, ma Phoebe aveva approfittato di questo tempo per spolverare i registratori di cassa, sistemare le borse della spesa e collocare nuove scorte per gli acquisti d’impulso sugli scaffali vicino alle file per le casse.

Phoebe era così profondamente immersa nei suoi pensieri mentre riforniva gli scaffali dei dolciumi e quelli per gli acquisti d'impulso, per cui il cliente che si avvicinava non attirò la sua attenzione finché non si schiarì la gola rumorosamente.

Sorpresa, Phoebe si girò e vide Tom Selleck che stava nella sua fila per la cassa. O, meglio, un giovane Tom Selleck.

"Oh, mi dispiace tanto! Ero persa nei miei pensieri e non vi notai lì!" disse Phoebe, mentre si affrettava al registratore di cassa.

L'uomo le rivolse un largo sorriso, regalandole un sorriso da cento watt per il luccichio dei suoi denti bianchi. Phoebe pensò persino di vedere uno scintillio di luce riflessa in loro.

"Non c'è nessun problema. Non ho nessuna fretta."

Phoebe cominciò a registrare i suoi acquisti. "Non vi ho mai visto da queste parti. Di passaggio?"

L'uomo sorrise. "No, ho intenzione di restare per un po'. In realtà sto cercando una casa a prezzi ragionevoli da comprare."

Phoebe, continuando a eseguire la scansione, disse: "Oh, non posso aiutarvi in questo caso. Abbiamo un agente immobiliare in città – Immobiliare Anderson. È a un paio d’isolati a est della piazza del tribunale."

L'uomo annuì. "Grazie. Penso che uno dei miei amici possa già essere lì adesso."

Phoebe osservò i numeri visualizzati in blu sul suo registratore di cassa. "Cinquantasette e trentadue, signore."

L'uomo le diede tre banconote da venti, e Phoebe contò il resto. Mentre lo dava all'uomo, disse: "Grazie, signore. Spero di rivedervi presto da Mackie."

" Ne sono certo. Grazie ancora!" L'uomo prese le sue buste con una mano e salutò con l'altra.

Phoebe si ritrovò a chiedersi chi potesse essere quell'uomo.

***


" L’HAI PORTATO?"

Mary Smalls stava quasi saltando per l'emozione.

Carol Grace Montgomery, che presto sarebbe diventata Carol Grace Blake, annuì. "L'ho portato."

"Oooo, fammi vedere!"

Le ragazze erano tra una lezione e l'altra alla scuola secondaria di Perry. Entrambe erano matricole della prima superiore ed entrambe avevano tredici anni.

"Non lo so, Mary. Forse dovremmo aspettare fino a pranzo."

"Oh, andiamo, Carol Grace!” Mary si stava quasi torcendo le mani dall'eccitazione.

Carol Grace parve rifletterci, poi, infine, scrollò le spalle. "Perché no? Probabilmente non funziona comunque."

La giovane adolescente frugò nel suo zainetto per i libri. Quando estrasse la mano, quella stringeva un piccolo bastone della lunghezza e dello spessore di una bacchetta da batteria. Tuttavia, assomigliava più a un tassello di legno che a una bacchetta, poiché entrambe le estremità erano lisce.

Mary guardò il bastoncino, quasi come se fosse rimasta delusa.

"Tutto qui?"

Carol Grace annuì.

" È la bacchetta che ti diede tua zia Margo?"

" Proprio così."

"Posso prenderla in mano?"

Carol Grace porse la bacchetta a Mary.

Gli occhi di Mary si sgranarono quando sentì un forte formicolio attraversarle la mano e le braccia. " Accidenti! Quest’oggetto ha una grande energia, vero?"

"Sì. Mi spaventò la prima volta che la tenni in mano, ma zia Margo disse che reagisce alla magia dentro di te. Disse che è quasi come una scossa elettrica."

Mary annuì vigorosamente. "È quello che ho pensato subito! Mi è sembrato di aver toccato una recinzione elettrica!" Girò la bacchetta tutta intorno mentre la guardava. Poi guardò Carol Grace. "Cosa dovremmo fare con questa?"

Carol Grace lanciò all'amica uno sguardo esasperato. " Un bel niente! Attenzione, basta, Mary, ci metterai nei guai!"

Mary sorrise sorniona. "Non dovremmo fare niente di grande... solo qualcosa di poco importante per vedere se funziona."

Carol Grace scosse la testa. "No, Mary, ricordi cosa avvenne l'ultima volta che usai la magia a scuola?"

"Sì, ma allora non sapevi di possedere la magia."

"Non importa. Mi sentii in colpa allora, e mi sentirò in colpa andando contro quello che zia Margo ci ha detto di fare."

Mary incrociò le braccia, reggendo ancora la bacchetta. Mentre lo faceva, trasmise un desiderio alla bacchetta, senza essere notata da Carol Grace. A voce alta, Mary disse: "Sei esasperante, Carol Grace!" Distese le braccia e restituì la bacchetta a Carol Grace.

Carol Grace ripose la bacchetta nella borsa dei libri. "Lo so - è così che sono fatta, credo."

Chissà se ho dato a Pam qualche potere con quel desiderio, pensò Mary tra sé.

Le ragazze andarono in classe, chiacchierando per tutto il tempo.

***


BILLY E ALAN SI ERANO appena seduti in un tavolo della tavola calda di Ethel. Billy alzò lo sguardo proprio nel momento in cui si sedevano e salutò William Lewis, l'agente letterario che abitava a Perry.

L'uomo sembra turbato, pensò Billy. Come se non avesse un domani.

Ethel Hess, la proprietaria della tavola calda, era una donna rugosa e allegra sulla settantina. Poteva ancora servire una fila di tavoli più velocemente di qualcuno di cinquant'anni più giovane, e si avvicinò al loro tavolo. Dal suo vassoio, prese un bicchiere d'acqua ghiacciata e un tovagliolo arrotolato con le posate davanti a entrambi gli uomini.

"Ciao, Ethel!" disse Billy. "Ti ricordi del mio vice, vero?"

Ethel spostò gli occhiali per vedere meglio Alan. "Hmmm... non eri il quarterback quando Billy giocava a football?”

Alan sorrise. "Sì, signora."

Ethel sorrise e indicò Alan. "Tu sei Alan Blake. A volte venivi qua con una ragazza... non ricordo il suo nome. Ma hai sposato Katie Ballantine, vero? Della fattoria di Junior?"

Alan annuì.

" È una brava donna, Alan. Devi essere un buon uomo per aver conquistato il cuore di quella donna."

"Cerco di esserlo, signora".

Ethel sorrise. "Cosa posso portarvi, signori?"

Gli uomini ordinarono degli hamburger e delle patatine, ed Ethel portò l'ordine in cucina.

"Billy, sarò sincero. Questi omicidi mi spaventano. Di brutto."

Billy fece un respiro profondo. " Anche a me, Alan." Prese un sorso d'acqua. "Ma non possiamo far sapere a nessun altro che abbiamo paura."

La porta della tavola calda si aprì e Billy guardò il nuovo arrivato. Era un giovane uomo con un vestito ordinario, e i suoi occhi passarono rapidamente in rassegna la stanza. Billy ebbe l'impressione che al giovane non fosse sfuggito nulla.

Improvvisamente, Billy ebbe un'intuizione. "Alan, cosa pensi della presenza dei federali a Perry?"

L'uomo in giacca e cravatta si avviò verso di loro.

"Federali?" chiese Alan. "Qui?"

L'uomo raggiunse il loro tavolo e guardò Billy.

"Sceriffo Napier?"

"È così che mi chiamano."

L'uomo allungò la mano nella tasca della giacca e tirò fuori un piccolo portafoglio di pelle. Lo aprì e mostrò le sue credenziali. "Sono Tory Masterson. Sono dell'FBI."

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