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CAPITOLO 3

Miliardi di dollari sono stati spesi negli ultimi anni per cercare di migliorare l'applicazione delle leggi, eppure il tasso di criminalità ha continuato a crescere, e molti americani si chiedono con preoccupazione se si riuscirà mai a metterlo sotto controllo.

Patrick V. Murphy, un ex ufficiale di polizia a Washington e New York sostiene che: “Dobbiamo affrontare i fatti. C'è troppa instabilità nelle nostre città. Fino a quando avremo disoccupazione, sottooccupazione, famiglie disgregate, alcolismo, droghe e problemi di salute mentale, avremo sempre un alto tasso di criminalità.”

U.S. News & World Report

10 Giugno 1974

* * *

Il crimine è una valvola di sfogo su cui si rifugiano molte persone in una società in cui la complessità ormai li sovrasta. Nel suo ultimo tentativo di mantenersi unita, prevedo che lo nostra cultura passerà attraverso un ultimo mostruoso sussulto di “ legge e ordine.” Tutto quello che sarà diverso dalla norma sarà sottoposto alle più severe forme di repressione in un disperato tentativo da parte della società di mantenersi a galla.

Tuttavia la vera tragedia di tutto questo saranno gli effetti successivi che questa politica avrà sulla società del post-Collasso. La repressione imposta continuerà a muoversi come la zampa di una rana continua a scalciare anche dopo che il corpo è già morto.

Peter Stone

Il Collasso del Mondo

* * *

Peter passò la notte nella cabina del furgone blindato insieme a Honon. Parlarono per un altro po', confrontando le esperienze che avevano avuto nel corso dei loro viaggi lungo la nazione. Peter scoprì che Honon aveva attraversato il paese in modo regolare nel corso degli ultimi quattro anni, guidando queste carovane. Il quadro che ne usciva non era molto allegro. Le privazioni, la fame e i conflitti erano diffusi in tutti gli Stati Uniti. Le epidemie non avevano ancora cominciato a presentare il conto, ma le condizioni nelle città stavano raggiungendo il punto in cui le misure igieniche sarebbero saltate e le malattie avrebbero cominciato a diffondersi.

“In un certo senso,” disse Honon, “è una fortuna che il Collasso sia diffuso in tutto il mondo. Se gli israeliani non avessero cominciato in Russia le loro azioni di guerriglia urbana cinque anni fa, i russi avrebbero potuto trarre vantaggio della nostra debolezza e invaderci. Ma con gli ebrei all'interno, i Cinesi ai loro confini e una diminuzione della disponibilità di risorse, sono in una situazione anche peggiore della nostra.”

Dopo un po' di tempo il dolore al braccio e la fatica degli avvenimenti del giorno cominciarono a fari sentire. Peter si lascio andare contro lo schienale di pelle imbottita e si abbandonò alla prima notte di buon sonno dopo parecchi giorni.

Honon lo svegliò poco dopo l'alba scuotendogli la spalla sana. “Alzati e sorridi,” disse allegramente. “é ora di colazione ed è anche tempo anche di incontrare le altre persone con cui condividerai questo viaggio.”

Peter scese dalla cabina e, per la prima volta, diede per bene uno sguardo all'intera carovana. I primi due veicoli erano i camion blindati—e dopo il quadro del paese che gli aveva disegnato Honon, Peter fu d'accordo che la carovana avrebbe dovuto essere preparata a qualsiasi evenienza. Subito dopo c'era un grosso camper, presso il quale si era riunito un gran numero di persone. Dietro al camper c'era un furgone Volkswagen bianco e blu, dietro al quale c'erano allineate altre tre auto, tutte di piccole dimensioni. Devono formare una sfilata interessante, rifletté Peter.

Mentre Honon lo conduceva verso il camper, Peter poté sentire su di sé lo sguardo di tutti i membri della carovana. Ormai dovevano essere al corrente del loro nuovo compagno tristemente famoso. Si chiese quanti di loro lo odiassero già.

“Radunatevi tutti,” ordinò Honon, e le conversazioni private terminarono. “Vorrei presentarmi il nostro nuovo acquisto, Peter Stone. Dobbiamo tutti essergli molto grati, penso, perché è stato il suo libro che ha spinto la nostra gente all'azione. Senza di lui, non ci sarebbe né alcun Monastero né alcun piano per l’astronave. Non dimenticate di mostrargli tutta la vostra gratitudine.”

Peter fu sorpreso da questa presentazione, e lo fu anche più quando le persone reagirono come aveva chiesto Honon. Rimasero esitanti all'inizio, poco sicuri di se stessi, ma poi cominciarono ad avvicinarsi in piccoli gruppi e a dargli il benvenuto nella loro carovana. Uomini e donne vennero a stringerli la mano mentre i bambini gli sorrisero timidamente.

“Mi dispiace, non posso restare e presentarti a tutti,” disse Honon. “devo fare una veloce colazione e poi andare a vedere se riesco a reclutare un calzolaio.”

“Un calzolaio?”

“Sì, un brav’uomo che mi è stato raccomandato da qualcuno nel Monastero. Vive nella zona centrale di Los Angeles.” Vide la perplessità sul volto di Peter e gli diede qualche altra spiegazione. “Guarda, penso che se tu dovessi gestire una colonia tu prenderesti le persone più intelligenti e la maggior parte degli intellettuali che saresti in grado di trovare. Ma ti dico subito che non funzionerebbe. Servono alcuni geni, anche molti, certo, ma non si può costruire un mondo solo di laureati e fisici nucleari. La prima volta che si dovesse guastare un impianto idraulico, si troverebbero in un grosso guaio. Devo reclutare persone che siano utili in una situazione d’emergenza. Persone che siano già in grado di produrre quello di cui ci sarà bisogno. Nel posto in cui andrete non ci saranno fabbriche dove andare e prendere i vestiti; ci sarà bisogno di artigiani in grado di produrre buone scarpe partendo da zero. Le persone in questo viaggio sono un miscuglio eterogeneo, certo; ma stiamo cercando di salvare l’Umanità, e l’Umanità stessa è un calderone. Pensaci.”

Honon salì sul camper e poco dopo ne uscì con una gavetta e due manciate di frittelle e frutta secca. “Ci vediamo più tardi,” disse a Peter. “Nel frattempo, comincia a conoscere tutti. Penso che troverai che sono un gruppo di persone in gamba.” Andò verso il primo furgone blindato, prese dal retro una motocicletta e si allontanò verso la città.

Mentre Peter aspettava la colazione in coda con il resto del gruppo, i membri della carovana si avvicinarono e si presentarono. Conobbe Dominic e Gina Gianelli da Oakland, una coppia sui trentacinque anni. Dom, come l'uomo preferiva essere chiamato, era un falegname “e un tifoso di football americano. Ma non sembra ci saranno molte altre partite di football per il momento.” Peter poteva solamente essere d'accordo. I Gianelli avevano cinque figli, tra i due e i dieci anni; anche se glieli presentarono tutti fece fatica a ricordare i loro nomi tranne quello di Mary, la bimba di otto anni che aveva portato la cena a Honon e a lui la notte precedente.

Incontrò Bill e Patty Lavochek da San Luis Obispo. I Lavochek, entrambi sui venticinque anni, erano sposati da soli quattro mesi, e vedevano l'intera faccenda come un'avventura eccitante e un buon modo per iniziare una nuova vita. Bill, che era un meccanico, era sicuro che le sue prestazioni sarebbero state molto richieste al Monastero e nel nuovo mondo.

Peter incontrò anche Harvey e Willa Parks. Harv, un imprenditore di impianti idraulici da San Francisco era un ometto scontroso sui quarant’anni. Aveva modi bruschi ma un atteggiamento genuinamente cordiale. Willa era circa dieci anni più giovane di lui, una donna calma e riservata che faceva tutto quello che le veniva detto di fare in modo efficiente e senza lamentarsi. Avevano due figli, una bambina di sette anni e un bambino di quattro.

Proprio prima che arrivasse il suo turno, Peter fu avvicinato dalla dottoressa, Sarah Finkelstein, che gli chiese come stesse il suo braccio. Lui le disse che lo sentiva rigido e indolenzito ma che riusciva a usarlo, e lei lo pregò di informarla nel caso fossero sorti ulteriori problemi.

Davanti alla fila, a servire la colazione, c'era una coppia di giapponesi, Charlie ed Helen Itsobu, entrambi poco più che trentenni. A Charlie era stata affidata la cucina perché era un cuoco professionista—capo cuoco, in effetti, in quello che era stato il ristorante giapponese preferito da Peter a San Francisco. Peter csi rese conto di quanto talento dovesse avere Charlie —un uomo così giovane non arrivava spesso così in alto nei circoli culinari—e si complimentò con lui. Charlie sorrise e si scusò che il cibo non fosse raffinato come avrebbe voluto. Fece scivolare a Peter una frittella in più e gli fece l'occhiolino.

Mentre Peter si allontanava dal camper, i Gianelli gli fecero cenno con la mano di sedersi e fare colazione con loro. Peter accettò volentieri. Era da tanto tempo che non aveva così tanta compagnia e si sentiva quasi ubriaco per la gioia di questa novità. Kudjo gli diede un buffetto sulla schiena mentre si stava sedendo, si scambiarono un paio di battute scherzose e poi prese una seconda motocicletta dal retro del primo camion e si allontanò. “Dove sta andando?” chiese Peter.

“Oh, è il nostro esploratore,” gli disse Dom Gianelli. “Ci precede, vede come vanno le cose, si accerta che il percorso sia sicuro. È quello che stava facendo ieri quando ti ha trovato.”

Peter annuì. “ È una cosa sensata.”

“ È un brav'uomo, quel Kudjo. Avrebbe potuto diventare un gran giocatore di football, ci scommetto. Un ricevitore naturale, guardandolo così.”

 

“Vi dispiace se mi unisco?” una voce femminile si intromise alle loro spalle. “Non posso perdere un'occasione così ghiotta di incontrare uno scapolo disponibile.”

“Accomodati,” la invitò sorridendo Gina Gianelli.

La ragazza che si sedette accanto a Peter era piccola e un po' tozza, con capelli castani filamentosi e grandi occhi da cerbiatta. La sua caratteristica principale, tuttavia, era il naso, che dominava completamente la sua faccia, minacciando quasi di impadronirsene completamente. “Sono Marcia Konigsburg, ventiquattro anni e single. Non che ti stia facendo una proposta di matrimonio, ma penso che sia meglio mettere le cose in chiaro dall'inizio. Disegno vestiti per alcune boutique, e creo anche qualche costume teatrale. Penso che sia per questo che Honon mi ha chiesto di unirmi —dove andremo ci sarà bisogno di qualcuno che sia in grado di fare il vestito adatti per ogni situazione.”

A Peter piacque immediatamente. Era un tipo amichevole e alla mano e la su naturale simpatia faceva dimenticare che non era una bellezza. “Ho letto il tuo libro, lo sai,” proseguì.

“Ah così sei stata tu?.”

“Ehi, sei anche divertente. Già, mi aveva realmente impressionato. All'epoca ero al secondo anno di università, e presumo che quasi tutto riuscisse a impressionarmi. David Hume, Aleister Crowley e tu eravate i miei tre preferiti.”

“Formiamo sicuramente un trio particolare.”

“Se ti può consolare, tutti i miei amici mi dicevano che non avevo buon gusto. Questo è il tipo di persone con cui andare in giro—pazzi, tutti.”

Peter all'improvviso provò una strana sensazione alla nuca, come se qualcuno lo stesse osservando. Girandosi, colse lo sguardo di una ragazza, accanto a una delle auto, che lo stava fissando. Era giovane, snella e bionda, con uno sguardo di un’innocenza quasi angelica. Appena lui si girò a osservarla, lei cominciò a fissare un'altra direzione, fingendo di non notarlo. Peter scrollò le spalle e tornò alla conversazione.

Marcia non aveva neppure notato il suo momento di disattenzione ed era partita con una dissertazione sul crollo del sistema educativo ufficiale, a cui anche lei aveva potuto assistere.

“E fu proprio come dicevi tu—le lezioni avevano sempre meno a che fare con la realtà, e non perché non cercassero di aderirvi, ma perché era la stessa realtà a sfuggire da loro.” Le sue parole erano prese quasi alla lettera dal suo libro; doveva averlo imparato a memoria.

Dom Gianelli fece un cenno a un uomo alto con una camicia bianca di maglia e pantaloni neri. “Padre Tagon,” lo chiamò, “perché non viene qui e si unisce a noi?”

L'uomo accettò il suggerimento. “Aspetta di incontrare quest'uomo,” disse Dom a Peter. “Ti darà sicuramente del filo da torcere.”

Il nuovo arrivato era un uomo alto, magro, quasi quarantenne, con un naso aquilino, occhi marroni e una fronte alta e spaziosa che terminava su alcuni radi capelli castani. “Ciao,” disse, piegandosi verso Peter e porgendogli la mano. “Sono Jason Tagon.”

“Mi sbaglio o Dom ti ha chiamato ‘Padre’?”

“Avrebbe potuto anche chiamarmi ‘Dottore’—ho un dottorato in astronomia. Ma è esatto, sono un prete. I titoli non sembrano avere molto significato in questi giorni, e io preferisco essere chiamato Jason.”

Peter annuì e registrò questo fatto nella sua memoria, che si stava rapidamente esaurendo per la serie continua di facce e nomi nuovi. “Dom mi ha detto anche qualcosa sul fatto che mi avresti dato del filo da torcere.”

“Ha usato parole un pochino forti. Non posso sollevare obiezioni sulle tue previsioni, che si sono chiaramente rivelate corrette. É il tuo atteggiamento che mi infastidisce.”

“Nei confronti della Chiesa Cattolica?”

Jason sorrise. “Quella è solo una piccola parte. Tu hai detto—vediamo se riesco a citarti a memoria ‘la Chiesa Cattolica ha fatto più di qualsiasi altra singola organizzazione nella storia per ritardare il corso del progresso umano.’ “

“Spero tu non l'abbia presa troppo personalmente; il fatto è che la Chiesa Cattolica è stata in giro più a lungo di qualsiasi altra singola organizzazione nella storia. Tutte le istituzioni alla fine diventano più o meno repressive—a un certo punto della loro esistenza la loro funzione passa all’auto conservazione piuttosto che al perseguimento degli scopi originali. Io criticavo la struttura burocratica e non i singoli cattolici.”

“Questo l'ho capito. Ma a noi singoli cattolici viene insegnato che la Chiesa non può sbagliare e ci dà fastidio essere attaccati su questo punto. Ma quella non era l'unica mia obiezione. Come rappresentante consacrato di Dio, non potevo fare a meno di avvertire che Lo avevi lasciato fuori dai tuoi calcoli.”

“Come agnostico consacrato, ” ribatté Peter, “non potevo fare a meno di sentire che il sovrannaturale fosse una variabile superflua nei miei calcoli. Avevo come obiettivo principalmente l'ecologia sociale. Le regole erano state stabilite da Dio —sempre se realmente esiste— molto tempo fa e io non potevo prevedere alcun cambiamento alle regole principali una volta che il gioco aveva avuto inizio. Io ho considerato solo ed esclusivamente gli esseri umani.”

“E hai ignorato la possibilità di un intervento divino.”

“Diciamo che sarei stato contento di dargli il benvenuto ma che non ci contavo molto.”

“E cosa ne dici di questo tentativo di colonizzazione interstellare?”

“Se stai cercando di rivendicare che sia un intervento divino, non potrei smentirlo. D'altro canto, ti sfido a provare che non sia semplicemente il frutto del lavoro di qualche uomo ingegnoso e pieno di buona volontà.”

“Touché” sorrise Jason.

Peter per la seconda volta provò la sensazione di essere osservato. Si guardò intorno e notò che la ragazza bionda lo stava ancora fissando da pochi metri di distanza. “Chi è lei?” chiese alle persone intorno a lui.

“È Risa Svenson,” rispose Marcia. “L'abbiamo raccolta a Monterey. Una ragazza molto strana, se vuoi la mia opinione.”

“Strana? In che senso?”

“Fondamentalmente è solo timida,” spiegò il prete. “Questo e la sua giovinezza la tengono un pochino in disparte rispetto agli altri. In realtà è veramente una persona carina.”

“Vorrei andare a parlare con lei per un po’. Grazie a tutti per aver fatto colazione con me. Jason, mi piacerebbe continuare la nostra conversazione un po’ più tardi.”

Peter si alzò e andò verso la giovane, che stava ancora fingendo di non accorgersi di lui. “Scusami se te lo chiedo, ma perché mi stavi fissando?”

Lei lo guardò, trasalendo. “Io non—”

“Sì invece. Non che la cosa mi infastidisca molto, ma vorrei sapere il perché.”

Lei aprì la bocca per trovare una scusa, la chiuse e poi disse, “Tu eri così famoso e io volevo solo darti un'occhiata. C'è qualcosa di male in questo?”

“No. In effetti, sono piuttosto sollevato nello scoprire che non assomiglio al mostro ripugnante che tu pensavi io fossi.”

Dall'espressione della ragazza, Peter capì che aveva indovinato i suoi pensieri. “Non pensavo realmente che tu fossi un mostro,” disse in fretta.

“Certo che no.”

“Ma avevo sentito così tante cose cattive su di te”

“Hai mai letto il mio libro?”

“No, ero troppo giovane. Ho visto, però, uno spettacolo televisivo che ne parlava. Non mi era piaciuto—sembrava così deprimente e negativo.”

Era deprimente e negativo,e non piaceva neppure a me. Ma cosa puoi fare con la verità? Se la seppellisci in un angolo, lei scaverà, e tornerà da te a morderti le caviglie.”

“É che… non so. Voglio credere che ci sia una speranza, da qualche parte, per il mondo. Il tuo libro lasciava con l'impressione che non ce ne fosse.”

“La situazione poteva essere vista da tutti. Io mi sono limitati a essere quello che accendeva la luce. Non è servito—la gente ha preferito chiudere gli occhi e ha finito con l'inciampare nel futuro. Io mi sono solo limitato a riportare i fatti.”

“I fatti non sono tutto,” disse la ragazza. “Abbiamo bisogno anche dei sogni.”

“Quanti anni hai?”

La ragazza lo guardò sulla difensiva. “Diciannove, perché?”

“A diciannove anni avevo appena preso il mio diploma in Sociologia. La gente mi considerava una specie di genio e mi iscrissi a un programma universitario accelerato. Allora avevo anche io dei sogni, sogni grandiosi. Avrei risolto tutti i problemi del mondo. Sistemato le cose in modo che tutti potessimo vivere in pace.” Si strinse nelle spalle. “Poi è successo qualcosa—forse sono solo cresciuto, non lo so. In un paio d'anni tutti i sogni si sono trasformati in incubi. Il mondo si stava allegramente incamminando verso l'Inferno, e nessuno stava facendo una dannata cosa per fermarlo. Ho cercato di urlarlo, di tirare i freni, e la gente mi ha ignorato. C'è da meravigliarsi che mi sentissi impotente?” Peter scoprì, con suo grande disappunto, di avere gli occhi pieni di lacrime. É proprio quello di cui ho bisogno, avere una crisi nervosa e mettermi a piangere davanti a una completa sconosciuta, pensò, chiedendosi allo stesso tempo perché la ragazza lo colpisse così tanto da fargli quell'effetto.

Con sua grande sorpresa l'atteggiamento della ragazza si addolcì di colpo. “Mi dispiace,” gli disse, toccandogli delicatamente un braccio. “Non lo sapevo. Deve essere così triste, vedere morire così tutte le tue speranze.”

“Scava nell'anima di un cinico e troverai un ottimista che è stato deluso.”

“Povero,” disse lei, fissandolo con i suoi enormi occhi blu. “Vuoi parlarne?”

Si sedettero sul ciglio della superstrada, accanto alla carovana e prima ancora di rendersene conto Peter si trovò a raccontare la storia della sua vita a questa strana, meravigliosa ragazza.

* * *

Honon tornò un paio d'ore dopo mezzogiorno. “Non ho avuto fortuna,” disse a tutti, poi in privato spiegò a Peter, “Sono sicuro che capisci come vanno le cose. C’è un tipo con moglie e due figli. Ha un lavoro richiesto per i prossimi anni—la gente avrà sempre bisogno di scarpe, e le scorte nei negozi non dureranno per sempre. Perché dovrebbe sradicare la sua famiglia e gettarsi in questa folle avventura con noi? Non posso biasimarlo—a volte è una decisione difficile da prendere. Io e te, senza legami, siamo fortunati. Possiamo prendere e andare dove e come ci pare. Sta attento alle responsabilità che ti prendi.”

“Allora cosa facciamo ora?” chiese Peter.

“Ci rimettiamo in marcia. Abbiamo ancora molta strada da percorrere e non abbiamo nessun altro affare urgente a Los Angeles. Appena Kudjo arriverà con un rapporto sulla situazione, faremo risalire tutti in macchina e ce ne andremo.”

Kudjo arrivò mezz'ora dopo. Riferì che la superstrada era libera per tutto il lato orientale della città e che non sembrava ci fosse alcuna banda di teppisti a creare problemi. Con questa assicurazione, tutti rientrarono nelle rispettive automobili. Honon, che aveva un walkie-talkie grazie al quale era collegato a ogni veicolo, diede il via e la carovana si mise in moto. Peter, su invito di Honon, salì nella cabina del primo furgone con il capo della carovana.

Le auto procedettero lungo la strada a una tranquilla velocità di circa quaranta miglia orarie, restando nella corsia di destra. Solo occasionalmente qualche altra auto li superava, ma nel complesso trovarono poco traffico rispetto a quello che una volta percorreva la superstrada. L'Interstatale 5 costeggiava il confine settentrionale della città, passando per le colline una volta lussureggianti e ora brulicanti di baracche e zone industriali ormai deserte. Mentre viaggiavano, Honon raccontò parecchi suoi aneddoti personali; erano così tanti e così pittoreschi che Peter decise di crederne solo alla metà.

Avevano percorso venticinque miglia e appena superato il bivio con la superstrada per Pasadena quando Honon diede un'occhiata allo specchietto laterale ed emise un fischio. “Oh oh, problemi in arrivo.”

“Che succede?” chiese Peter; poi vide le luci rosse lampeggianti sulla moto che li stava affiancando e capì.

Durante i primi tempi del Collasso, il tasso di criminalità era schizzato oltre ogni immaginazione. L'opinione pubblica, terrorizzata, aveva preteso che venisse fatto qualcosa e questo alla fine si era trasformato in un potenziamento dei dipartimenti di polizia e in un forte inasprimento delle leggi. I cittadini erano convinti che la repressione avrebbe riportato l'ordine di cui c'era bisogno nelle loro vite—e per un po' di tempo questo effettivamente accadde. Ma fu come mettere un cerotto per nascondere i primi segni di lebbra sulla pelle.

 

La caduta del governo comportò l'impossibilità di pagare gli stipendi ai poliziotti, ma non pose necessariamente fine alle “leggi speciali”. L'uniforme della polizia era rispettata e temuta da tutti, e gli uomini che la indossavano impararono presto che con quella e un'arma avrebbero potuto ottenere tutto quello che volevano. I protettori della società ne divennero i predatori; i poliziotti erano ormai poco più che delinquenti in uniforme.

Ubbidendo all'ordine dell'ufficiale sulla motocicletta, Honon accostò il camion sul lato della superstrada. Anche le altre auto della carovana fecero lo stesso; restare uniti era la cosa più importante. Honon tirò fuori dalla tasca un portafoglio di pelle piuttosto rovinato. “Speriamo che voglia solo dei soldi e che ci lasci andare di nuovo,” disse a Peter. “Se vuole qualcosa di più, siamo nei guai.”

Il poliziotto si avvicinò cautamente alla portiera sul lato del guidatore. Era alto solo circa un metro e settanta, ma sembrava atletico e aveva un'espressione risoluta. Non si tolse gli occhiali e indossava la sua giacca di pelle nera come se gli fosse stata data direttamente da Dio. La fondina era aperta, la pistola pronta per essere presa e usata al minimo problema. “Che sta succedendo qui?” chiese.

“Io e alcuni amici stavano semplicemente attraversando la città,” rispose Honon con tono gioviale. “Niente in contrario, vero?”

“Questo è da vedere. Da dove venite?”

“San Francisco.”

“Dove siete diretti?”

“San Diego.”

“Perché?”

“Perché no? Sembrava un buon posto come qualunque altro.”

L'ufficiale ci pensò un attimo. “Può essere. Ho sentito che le cose non vanno tanto bene laggiù.”

“Le cose non vanno bene da nessuna parte, così abbiamo pensato di poter scegliere un posto brutto qualsiasi.”

“Non mi piacciono gli stoner,” disse il poliziotto. “Creano problemi, tutti. Cerco di tenere tranquilla la mia zona e non ci riesco con tutti questi stoner che passano, creando problemi. Non mi piacciono soprattutto i gruppi di stoner. Se uno costituisce un problema, una compagnia è ancora peggio. Stavate andando troppo piano.”

“Mi scusi ?”

“Non siete capaci di leggere il cartello? Il limite di velocità sulle superstrade è di cinquantacinque. Vi ho controllato e voi andavate a quaranta.”

“Eravamo nella corsia a destra e non c'era traffico. Non pensavo avesse importanza.”

“Importa a me,” disse il poliziotto. “Vediamo, abbiamo sette veicoli qui, quindi sette violazioni di velocità. Avete un'autorizzazione per il corteo?”

“Non pensavo ne servisse una.”

“Quando i veicoli sono più di cinque si parla di corteo. Questa è la legge.” Peter ne dubitava, ma lasciò che fosse Honor a trattare con il poliziotto. Sicuramente aveva già avuto a che fare con problemi di questo tipo in precedenza.

“Tutte queste persone hanno la patente?” chiese ancora il poliziotto.

“Certo che sì,” rispose Honon senza esitazione.

Il poliziotto fece una breve pausa. In apparenza stava cercando di decidere se valesse la pena perdere tempo ed energie per risalire tutta la fila e controllare ogni singolo guidatore per verificare se fosse vero. Alla fine decise di lasciar perdere—aveva già abbastanza capi di imputazione. Tirò fuori dalla tasca un taccuino dall'aspetto ufficiale e cominciò a scrivere. “Vediamo, sono sette contravvenzioni per intralcio al traffico e una per corteo senza autorizzazione. Fanno trecento e cinquanta dollari.”

Peter emise un breve sospiro quando lo udì, ma Honon non batté ciglio. Con calma prese il portafoglio e tirò fuori sei banconote da cinquanta dollari, due da venti e una da dieci. “Questo dovrebbe bastare,” disse.

L'ufficiale guardò il denaro offertogli. “Dove l'avete preso?” chiese. “Avete rapinato una banca o qualcosa del genere?”

“Abbiamo raccolto tutti i risparmi di una vita per fare questo viaggio.”

L'ufficiale guardò indietro in direzione del camper. “Avete del cibo lì?”

“Non molto, no. Solo qualcosa che possa bastarci per un paio di giorni.”

La mano del poliziotto salì lungo il fianco fermandosi sul calcio della pistola. Le dita si contraevano nervosamente. “Esca da qui lentamente e mi faccia strada. Voglio controllarlo personalmente.”

Quando Honon scese dalla cabina il poliziotto arretrò leggermente. Evidentemente non si era reso conto che l'uomo con cui stava parlando fosse così grande e robusto e non voleva correre rischi. Estrasse la pistola e la tenne bassa, lungo il fianco. “Mi preceda e non cerchi di fare scherzi. La terrò sotto controllo per tutto il percorso.”

Honon si incamminò lungo la fila di macchine con il poliziotto a due passi di distanza dietro di lui. Nel momento in cui oltrepassarono la cabina del secondo furgone blindato, Kudjo spalancò la porta frapponendola tra Honon e il poliziotto. Honon cercò riparo sotto il furgone nello stesso momento in cui il poliziotto spaventato alzava la pistola e faceva fuoco. Il suo colpo rimbalzò sulla portiera blindata e lo colpì allo stomaco. La pistola gli cadde dalla mano e il poliziotto si accasciò mollemente al suolo.

“Ehi, capo,” gridò Kudjo a Honon, “puoi venire fuori da lì sotto. Questo gentiluomo non potrà più far male a nessuno.”

Honon strisciò fuori mentre gli altri membri della carovana, compreso Peter, arrivarono di corsa per vedere cosa fosse successo. “Pensavo che gli sarebbe saltato addosso e lo avrebbe picchiato,” disse John Gianelli, di dieci anni.

“Avrebbe richiesto troppa fatica, ” spiegò Honon. “ È sempre meglio lasciare che il tuo avversario si combatta da solo. Lo fanno quasi tutti. Ricordatelo.” Si chinò, prese la fondina del poliziotto, rimise la pistola dentro e porse il tutto a Peter. “Ecco, un regalo per te—una calibro 38 speciale in dotazione alla polizia. Sai come usarla?”

“In realtà no,” ammise Peter.

“Probabilmente lo avrai imparato prima della fine di questo viaggio. Penso che dovremo avere delle munizioni per questa nel retro del primo camion.”

Peter prese con riluttanza le cose regalategli. “Che si fa ora?”

“Gli confischiamo la moto, poi ce la filiamo da qui. C'è sempre la possibilità che qualcuno dei suoi compari sia in giro e non voglio esser qui quando arriveranno a controllare l'origine di quello sparo.”

“Ma quest'uomo è ferito,” protestò Risa Svenson dal fondo della folla. “Potrebbe morire qui.”

Honon sbuffò. “Allora i suoi amici sciacalli potranno raccogliere le sue ossa. Questo non mi riguarda, voi sì. Voglio tutti nelle proprie auto e pronti a partire appena io e Kudjo avremo caricato questa moto nel primo camion. É un ordine!”

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