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Ora e per sempre

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CAPITOLO DICIASSETTE

Quella notte, Emily e Daniel riaccesero la loro relazione, e anche se il dramma del giorno non fu affatto dimenticato tra le lenzuola del letto, il perdono arrivò sotto forma di carezze, i sentimenti cattivi vennero mandati via a suon di baci.

Quando arrivò il mattino, facendo splendere la luce brillante dell’estate attraverso le tende, si risvegliarono entrambi.

“Non credo che ti preparerò la colazione,” disse Daniel. “Ora che il tostapane è esploso.”

Emily gemette e lasciò ricadere la testa sul cuscino. “Ti prego, non ricordarmelo.”

“Dai,” disse Daniel. “Andiamo a fare colazione da Joe.” Saltò fuori dal letto e si mise i jeans, poi allungò la mano perché Emily la prendesse.

“Non possiamo dormire ancora un po’?” rispose Emily. “Abbiamo avuto una serata impegnativa, se te lo ricordi.”

Daniel scosse la testa. Sembrava decisamente troppo energico per il mattino presto. “Pensavo che volessi gestire un Bed and Breakfast,” esclamò. “Non te ne starai a perdere tanto tempo a letto quando avrai degli ospiti.”

“Ed ecco perché perderò tempo a letto adesso,” disse Emily.

Daniel la strappò dal letto, Emily gridava e rideva, e la mise sullo sgabello davanti alla cassettiera.

“Oh, sembra che adesso tu sia in piedi comunque,” disse Daniel con un sorriso sfacciato. “A questo punto puoi anche vestirti.”

Quando Emily fu vestita, Daniel la portò da Joe. Ordinarono entrambi caffè e waffle, poi si misero a fare due conti. Emily aveva sempre avuto terrore di rimanere senza soldi e se davvero decideva di dare inizio all’idea del Bed and Breakfast, doveva usare tutti i suoi risparmi. Le sue riserve per i tre mesi lì le avrebbe spese tutte. Se andava male, sarebbe rimasta senza niente. Guardare la lista di cose che doveva comprare era scoraggiante. Dalle cose costose fino al ridicolo come il restauro della finestra Tiffany nella sala da ballo, a quelle più economiche come sostituire il tostapane saltato per aria, Emily non era sicura di potercela fare.

Lasciò cadere la penna. “È troppo,” disse. “Costa troppo.”

Daniel allungò un braccio e prese in mano la penna. Fece una croce sull’oggetto meno costoso della lista, il tostapane.

“Perché l’hai fatto?” chiese Emily corrucciandosi.

“Perché dopo colazione andrò ai grandi magazzini e te ne comprerò uno nuovo,” disse.

“Non sei tenuto a farlo.”

“Hai ragione. Ma voglio farlo.”

“Daniel…” lo mise in guardia lei.

“Ho dei risparmi,” rispose. “E voglio aiutarti.”

“Ma dovrei vendere i pezzi di antiquariato prima che tu ti metta a fare sacrifici per me.”

“Vuoi farlo davvero?” chiese Daniel. “Vendere i tesori di tuo padre?”

Scosse la testa. “No. Il loro valore sentimentale è troppo alto.”

“Allora lascia che ti aiuti.” Le strinse la mano. “È solo un tostapane.”

Sapeva che Daniel non poteva essere troppo ricco. Anche se la rimessa era arredata con gusto, viveva lì senza pagare l’affitto da vent’anni. Non riceveva del denaro dal lavoro sulla sua terra e probabilmente faceva lavoretti di riparazione qui e là, giusto per la benzina e il cibo e la legna per il fuoco. Anche se la metteva a disagio sapere che Daniel avrebbe usato i soldi dei suoi risparmi, annuì.

“E non si può mai sapere,” disse Daniel. “La gente della città potrebbe aiutarti. Il mio amico George ha detto che sarebbe venuto a dare un’occhiata alla finestra Tiffany per vedere se poteva fare qualcosa per restaurarla.”

“Davvero?”

“Certo. Alla gente piace dare una mano. E le piacciono anche i soldi. Forse alcuni investiranno su di te.”

“Forse,” disse Emily. “Anche se non hanno nessuna ragione per farlo.”

Daniel si strinse nelle spalle. “Raj non aveva ragione di abbattere quell’albero per te ma l’ha fatto lo stesso. Ad alcune persone semplicemente piace aiutare.”

“Ma chi qui intorno ha quella quelle cifre?”

“Rico?” suggerì Daniel bevendo una sorsata del suo caffè. “Scommetto che è seduto su un gran mucchio di soldi.”

“Rico?” esclamò Emily. “Si ricorda a malapena come mi chiamo.” Sospirò, stanca e ansiosa. “Davvero, l’unica persona ricca è Trevor Mann. E sappiamo tutti cosa pensa di me.”

“Probabilmente molto molto peggio rispetto a quello che pensava prima grazie alla visita notturna dei pompieri.”

Emily gemette e Daniel le strinse il braccio per rassicurarla.

“Non ti mentirò, Emily,” disse. “Farlo sarebbe un grosso rischio. Ma sono qui per aiutarti, e scommetto che lo farà anche il resto della città. Fa’ quello che ritieni giusto, ma sappi che qualunque cosa deciderai non sarai sola.”

Emily sorrise, le dita gli accarezzavano delicate il braccio per tutta la lunghezza, rassicurata dalle sue parole.

“Se trovassi un po’ di soldi,” disse, “cosa sarebbe la prima cosa che faresti?”

Emily ci pensò a lungo. “Vorrei una reception diversa. Il foyer sembra così vuoto, al momento.”

“Ah sì?” disse Daniel. “Cosa ci metteresti, in un mondo ideale, se non ci fossero problemi di soldi?”

“Be’, ci vorrebbe un pezzo su misura in realtà,” disse Emily prendendo il telefono e mettendosi a cercare su Google e su eBay. “Qualcosa del genere!” disse mostrandogli lo schermo e il fantastico pezzo di Art Deco.

Daniel fischiò. “Carino davvero.”

“Già,” disse Emily. “E guarda il prezzo. Appena un migliaio di dollari fuori dal mio budget.” Poi alzò lo sguardo e fece un sorrisetto a Daniel. “Ma se non hai idee per il mio compleanno…” Rimise giù il telefono e sospirò. “Comunque sto correndo troppo. Non ho ancora il permesso.”

“Ho piena fiducia che otterrai il permesso,” disse Daniel. Poi si alzò all’improvviso, allontanando il piatto. “Andiamo,” disse.

“Dove?” chiese Emily.

“Da Rico. Vediamo se c’è qualcosa che magari vorresti comprare.”

Emily era riluttante a tornare da Rico, in parte perché la casa era più o meno finita, ma anche per la sgradevole esperienza che aveva avuto il giorno prima. Il pensiero di tornarci la innervosiva e non aveva voglia di rivivere il momento. Ma con Daniel che le teneva la mano, forse non sarebbe stato così male.

“Abbiamo appena guardato il mio budget! Non ho i soldi per comprare niente di bello!” contestò.

“Lo sai com’è fatto Rico. Potrebbe esserci qualche perla nascosta lì da qualche parte.”

“Ne dubito,” rispose Emily. Praticamente aveva passato al setaccio ogni millimetro di quel posto. Ma l’idea di fare spese con Daniel, di avvicinarsi di un passettino al suo sogno, era un’esperienza troppo divertente per perdersela. Emily decise allora che qualunque gossip le persone del luogo avrebbero fatto su di loro sarebbe stata capace di gestirlo. Guardò il blocchetto pieno di dati e cifre, poi lo chiuse di colpo.

“Andiamo,” disse.

*

“Ecco la mia coppia preferita,” disse Serena quando vide entrare al mercatino delle pulci Emily e Daniel. Era davvero stupenda quel giorno con un prendisole a fiori, come sempre multicolore. Li baciò a turno sulle guance. “Com’è il Bed and Breakfast?”

“Assolutamente fantastico,” disse Daniel cingendo Emily con un braccio. “Emily ha fatto un lavoro meraviglioso.”

Emily sorrise e Serena le strizzò l’occhio.

“Allora è finito?” chiese. “Quand’è l’inaugurazione? Darai un’altra delle tue feste? Quello stufato era buono da morire. Ooh, mi ha fatto venire in mente una cosa, puoi scrivermi la ricetta, devo mandarla a mia madre.”

“Hai parlato a tua madre del mio stufato?”

“Dico tutto a mia madre,” disse Serena alzando un sopracciglio.

Proprio allora da una delle stanze sul retro uscì Rico. Sembrava più debole del solito, le rughe sul suo viso erano più pronunciate.

“Salve, Rico,” disse Emily.

“Salve,” disse Rico stringendo la mano di Emily. “È un piacere conoscerla.”

“È Emily,” gli ricordò Serena. “Te la ricordi? Stiamo stati a cena a casa sua.”

“Ah,” disse Rico. “Sei la giovane donna del Bed and Breakfast, vero?”

“Be’, non ancora,” disse Emily sorridendo. “Ma spero di aprirne uno, sì.”

“Ho qualcosa per te,” disse Rico.

Emily, Daniel e Serena si scambiarono un’occhiata.

“Davvero?” disse Emily, confusa.

“Sì, sì, te l’ho tenuta da parte. Per di qua.” Rico zoppicò lungo il corridoio. “Venite.”

Stringendosi nelle spalle, Serena lo seguì, e Daniel ed Emily la tallonavano con espressione ugualmente sconcertata. Rico gli fece attraversare una porta rossa e li condusse in una grande stanza nera. C’erano molte lenzuola a coprire grossi pezzi di mobilio. Era inquietante, come un cimitero di mobili.

“Che succede?” sussurrò Emily all’orecchio di Serena, e il suo primo pensiero fu che Rico si fosse rimbambito del tutto.

“Boh,” rispose Serena. “Non sono mai stata qui.” Si stava guardando attorno, con gli occhi grandi e curiosi. “Che cos’è tutta questa roba, Rico?”

“Mmm?” disse il vecchio. “Oh, solo cose troppo grandi per il negozio e troppo speciali per essere vendute.” Arrivò a un lenzuolo impolverato che copriva qualcosa di grande e rettangolare. “Sì, eccola,” disse Rico parlando a se stesso. Si mise a spostare il pesante lenzuolo. Emily, Daniel e Serena entrarono in azione, presero gli angoli del lenzuolo per aiutarlo.

Togliendo il lenzuolo, cominciarono a vedere una lastra di marmo. Poi il lenzuolo scivolò via del tutto, rivelando una favolosa scrivania da reception in legno scuro con la superficie in marmo. Sembrava solida e robusta ed era esattamente quello che Emily stava cercando.

 

Emily sussultò e la guardò da cima a fondo, scoprendo che sull’altro lato c’era un divano di velluto rosso attaccato al pezzo, rendendo così la scrivania anche un luogo dove sedersi. Il design era unico e fantastico.

“È perfetta,” disse Emily.

“Si trovava nel grand foyer,” disse Rico.

“Quale grand foyer?” chiese Emily.

“Del Bed and Breakfast.”

Emily spalancò la bocca. “Del mio Bed and Breakfast? Era il pezzo originale?”

“Oh sì,” rispose Rico. “Tuo padre la adorava. Gli è dispiaciuto separarsene ma non c’era proprio abbastanza spazio nella casa. Inoltre, non voleva farle un’ingiustizia. Voleva che qualcuno la usasse per quello per cui era stata progettata. Quindi l’ha data a me quando ha preso la casa, sperando che avrei trovato un compratore.” Tamburellò con l’indice sul marmo. “Nessuno ha mostrato interesse.”

Sorprendeva sempre Emily sentire Rico parlare del passato. Sembrava avere ricordi cristallini di certi eventi, ma per altri non aveva nessuna memoria. Era stato un colpo di fortuna che si fosse ricordato di questa, e che la scrivania originale fosse esattamente del gusto di Emily.

Ma la sua euforia ebbe vita breve e l’umore le crollò. Qualcosa del genere sarebbe sicuramente costato più di quanto aveva.

“Quindi, quanto costa?” chiese preparandosi alla delusione.

Rico scosse la testa. “Niente. Voglio che la abbia tu.”

Emily sussultò. “Che la abbia io? Non posso. Deve costare così tanto!” Era sconvolta.

“Per favore,” insistette Rico. “Non sono stato capace di venderla in trentacinque anni. E il modo in cui il tuo viso si è illuminato quando l’ha vista mi ripaga a sufficienza. Voglio che la prenda tu.”

Sopraffatta dall’emozione, Emily gettò le braccia al collo di Rico e lo baciò sulla guancia. “Grazie, grazie, grazie. Non hai idea di quanto significhi per me. La prenderò ma è solo un prestito finché non avrò messo insieme abbastanza soldi da ripagarti, okay?”

Le diede un colpetto sulla mano. “Come vuoi. Sono solo contento di vederla andare in una casa amorevole.”

CAPITOLO DICIOTTO

“Sveglia,” le sussurrò Daniel all’orecchio.

Emily si svegliò del tutto e prese la tazza di caffè che le stava offrendo, poi notò che Daniel era vestito. “Dove vai?”

“Oggi ho delle cose da fare,” rispose.

Emily si guardò intorno e notò che il sole era appena sorto. “Delle cose? Quali cose?”

La guardò. “È un segreto. Ma non un segreto del tipo ‘non mi chiamo davvero Daniel’. Non devi preoccuparti, è come ti dico io.” Le posò un bacio sulla sommità della testa.

“Be’, rassicurante,” disse Emily sarcastica.

“Comunque,” disse Daniel, “ci vedremo lì.”

“Dove?” chiese Emily con gli occhi appannati.

Daniel alzò le sopracciglia. “Non dirmi che te ne sei dimenticata.”

“Oddio!” trasalì Emily. “L’assemblea cittadina. È oggi, vero?”

Daniel annuì. “Già. E credo che qualcuno abbia un appuntamento con Cynthia alle 7. Adesso sono le 6:45.”

Emily balzò in piedi. “Hai ragione. Oddio. Devo vestirmi.”

Nonostante fosse grata a Cynthia di essersi offerta di parlare di tutto ciò che riguarda un Bed and Breakfast, desiderava che la donna non avesse insistito tanto per un appuntamento di così primo mattino.

“Questo ti ha convinta,” disse Daniel ridendosela sotto ai baffi. Finì di bere il suo caffè, poi afferrò la giacca.

“Non ti dimenticare la riunione di stasera, okay?” disse Emily. “Alle 19 al municipio.”

Daniel fece un largo sorriso. “Ci sarò. Te lo prometto.”

*

Cynthia arrivò alla casa con i suoi due barboncini al seguito. Era vestita con un maxi vestito rosa fucsia, colore che stava malissimo con i suoi capelli rossi.

“’Giorno,” disse Emily, salutandola dalla porta.

“Ciao, tesoro,” disse Cynthia. Sembrava avere fretta mentre risaliva svelta la strada.

“Grazie per essere venuta,” aggiunse Emily quando la donna le arrivò un po’ più vicino. “Un po’ di caffè?”

“Oh, sì grazie,” disse Cynthia.

Emily la accompagnò in cucina e versò per entrambe una tazza di caffè ancora fumante. Nel frattempo, Mogsy era arrivato alla porta di vetro che separava la cucina dalla dispensa. Cynthia gli si avvicinò e la osservò attraverso il vetro.

“Non sapevo che avessi dei cuccioli!” urlò. “Oh, sono adorabili!”

“La madre era una randagia,” disse Emily. “Non mi ero accorta che fosse incinta finché all’improvviso non sono arrivati cinque cuccioli.”

“Gli hai già trovato una casa?” chiese Cynthia, facendogli le vocine attraverso il vetro.

“Non ancora,” rispose Emily. “Cioè, i cuccioli sono ancora troppo piccoli per lasciare la madre. E proprio non ci riesco a cacciarla via e lasciare che si arrangi. Quindi per il momento sono miei.”

“Be’, una volta svezzati sarò felice di prenderne uno. Jeremy ha passato i test d’ingresso alla St. Matthew e volevo fargli un regalo di congratulazioni.”

“Ne prenderesti uno?” chiese Emily, con sollievo. “Sarebbe fantastico.”

“Certo,” rispose Cynthia, strizzando un braccio a Emily. “Ci diamo una mano a vicenda in questa città. Vuoi che chieda in giro? Se qualcun altro ne vuole uno?”

“Sì, sarebbe meraviglioso, grazie,” rispose Emily.

Emily andò di là e diede da mangiare ai cani, poi le due donne si accomodarono al tavolo.

“Ora,” disse Cynthia, estraendo una spessa cartellina. “Mi sono presa la libertà di portarti alcuni moduli che dovrai compilare. Questo è per l’igiene.” Mise un foglio di carta blu davanti a Emily. Poi uno rosa. “Gas.” Alla fine ne posò uno giallo sul tavolo. “Acque di scarico e fognature.”

Emily guardò i moduli con trepidazione. Qualcosa nella loro ufficialità la faceva sentire tristemente impreparata.

Ma Cynthia non aveva finito. “Ho anche dei biglietti da visita qui per te. Nomi e numeri di gente davvero rispettabile. Faranno sì che ogni aspetto della casa rispetti gli standard. All’epoca li ho usati. Bravi ragazzi, davvero i migliori. Metterei la mia vita nelle loro mani.”

Emily afferrò i biglietti da visita e li infilò in tasca. “Altro?”

“Trevor ti renderà le cose difficili. Conosce i nomi di tutte le violazioni del codice note all’uomo. Assicurati di sapere quello che stai facendo per quanto riguarda la legge e la logistica e andrà tutto bene.”

Emily deglutì. Era più apprensiva che mai. “E qui penso che avrò proprio bisogno di fare un bel discorsetto di quelli che vengono dal cuore.”

“Oh, sta’ bene attenta,” esclamò Cynthia agitando una mano, con le unghie rosa brillante che sembravano artigli. “Il discorsetto farà il novanta percento di quello che ti serve. Solo non lasciare che Trevor ti scombullosi con il suo dieci percento.” Tamburellò con i fogli sulla tavola. “Impara quello che devi. Sii competente.”

Emily annuì. “Grazie, Cynthia. Apprezzo davvero che tu abbia trovato il tempo di parlarmi di tutte queste cose.”

“Non c’è problema, cara,” rispose Cynthia. “Ci diamo una mano a vicenda in questa città.” Si alzò e i barboncini balzarono su anche loro. “Ci vediamo dopo. Alle 19?”

“Vieni all’assemblea?” chiese Emily, sorpresa.

“Certo che ci vengo!” Diede una pacca sulla spalla a Emily. “Ci veniamo tutti.”

“Tutti?” chiese Emily nervosa.

“Tutti quelli a cui state a cuore tu e il tuo Bed and Breakfast,” rispose Cynthia. “Non ce la perderemmo per niente al mondo.”

Emily accompagnò Cynthia alla porta, provando un misto di gratitudine e apprensione. Che la gente della città volesse supportarla la faceva sentire bene. Ma averli lì a guardarla, e rischiare di rendersi ridicola davanti a loro, era una prospettiva che la terrorizzava.

*

Più tardi quella sera, Emily stava dando gli ultimi ritocchi al suo look quando sentì suonare il campanello. Si accigliò, confusa su chi potesse mai essere, e andò alla porta a controllare. Quando la aprì, rimase scioccata dalla persona che si trovava davanti.

“Amy?!” urlò Emily. “Oddio!”

Attirò l’amica a sé per abbracciarla. Amy la strinse.

“Entra,” disse Emily spalancando la porta. Diede un’occhiata veloce in alto, all’orologio. C’era ancora tempo di chiacchierare con Amy prima di andare all’assemblea cittadina.

“Uao,” disse Amy guardandosi intorno. “Questa casa è più grande di quanto mi aspettassi.”

“Sì, è gigantesca.”

Amy corrugò il naso e annusò. “È fumo? Sento odore di bruciato.”

“Oh, è una storia lunga,” disse Emily scuotendo una mano. Proprio allora i cuccioli si misero a uggiolare dalla dispensa.

“Hai un cane?” chiese Amy con tono sconvolto.

“Un cane e cinque cuccioli,” disse Emily. “Un’altra lunga storia.” Non poté fare a meno di guardare di nuovo l’orologio. “Allora, cosa fai qui, Ames?”

Amy si rabbuiò. “Cosa faccio qui? Sono qui per vedere la mia migliore amica che è sparita dai radar tre mesi fa. Voglio dire, dovrei essere io a chiederti cosa stai facendo tu qui. E come diavolo ha fatto il tuo weekend a diventare due settimane, e poi sei mesi. E senza contare il messaggio da parte tua che mi dice che stai pensando di aprire un’attività!”

Emily poté sentire una punta di disprezzo nella voce della sua amica. “Che cosa c’è di sbagliato nell’idea di avviare un’attività? Non credi che possa farcela?”

Amy alzò gli occhi al cielo. “Non volevo dire quello. Voglio solo dire che le cose sembrano correre quaggiù. Mi sembra che tu ti stia sistemando. Hai sei cuccioli!”

Emily scosse la testa, sentendosi un po’ esasperata, per non dire attaccata. “È una randagia con i suoi cuccioli. Non mi sto sistemando. Sto solo sperimentando. Provando a fare cose. Mi sto godendo la vita per una volta.”

Adesso fu Amy a sospirare. “E sono felice per te, davvero. Credo che sia fantastico che ti stia godendo la vita, te lo meriti sul serio dopo tutto quello che hai passato con Ben. Ma credo solo che potresti non averci pensato bene. Avviare un’attività non è facile.”

“Tu l’hai fatto,” le ricordò Emily.

Amy produceva a casa profumi da quando aveva finito il master e li vendeva on line. Le ci erano voluti dieci anni di notti in bianco e lavoro sette giorni su sette per fare abbastanza soldi da mantenersi, ma adesso gli affari stavano andando bene.

“Hai ragione,” disse Amy. “L’ho fatto. Ed è stato difficile.” Si strofinò le tempie. “Emily, se è davvero quello che vuoi fare, puoi almeno tornare un pochino a New York prima, pensarci bene e con attenzione? Mettere in piedi un progetto, parlare con la banca per un prestito, trovare un ragioniere che aiuti con i conti? Potrei insegnarti qualcosa io. E poi, se sei davvero certa di aver preso la decisione giusta, allora puoi sempre tornare qui.”

“So già di aver preso la decisione giusta,” disse Emily.

“Come?” urlò Amy. “Non hai nessuna esperienza! Potresti odiare letteralmente il lavoro! E poi cosa farai? Avresti sprecato tutti i tuoi soldi. Non avresti nulla da parte.”

“Lo sai, mi aspetto questa merda da mia madre, Amy, non da te.”

Amy sospirò profondamente. “È difficile supportarti quando mi hai tagliato fuori completamente dalla tua vita. Non voglio litigare con te, Emily. Sono venuta qui perché mi manchi. E sono preoccupata per te. Questa casa? Questa non sei tu. Non ti annoi qui? Non ti manca New York? Non ti manco io?”

A Emily fece male il cuore nel sentire lo sprezzo nella voce di Amy. Ma allo stesso tempo, l’orologio sul muro le diceva che il suo tempo stava volando. L’assemblea cittadina sarebbe cominciata a breve, un’assemblea che avrebbe determinato il suo futuro. Doveva esserci, e doveva essere calma.

“Scusa,” disse Amy laconica quando si accorse che lo sguardo di Emily continuava a correre all’orologio a muro. “Ti sto trattenendo?”

“No, certo che no,” disse Emily afferrando la mano di Amy. “È solo, possiamo parlarne più tardi? Ho molte cose per la testa e…”

“Che mi presentassi senza avvertirti non era mai stato un problema prima,” brontolò Amy.

“Amy,” la avvertì Emily. “Non puoi interrompere la mia vita, dirmi che sto sbagliando tutto, e aspettarti che io sia gentile. Sono felice di vederti, davvero. E puoi rimanere per tutto il tempo che vuoi. Ma adesso devo andare a un’assemblea cittadina.”

Amy alzò un sopracciglio. “Un’assemblea cittadina? Maledizione Emily, ascoltati! Le assemblee sono per i paesotti isolati e noiosi. Questa non sei tu.”

 

Emily perdette del tutto la pazienza. “No, ti sbagli. La ragazza che ero a New York? Quella non ero io. Quella era una cretina che seguiva Ben dappertutto come un cucciolo malato d’amore, che aspettava che lui le dicesse che era abbastanza giusta da sposarla. Non riconosco nemmeno la persona che ero. Non capisci: questa sono io. Dove sono adesso, chi sono adesso, è molto più giusto di quanto lo sia mai stato a New York. E se non ti piace, o non riesci come minimo ad appoggiarmi, allora la nostra amicizia è finita.”

Amy spalancò la bocca. Mai in tutti gli anni della loro amicizia avevano avuto un litigio del genere. Mai Emily aveva alzato la voce con la sua più vecchia e cara amica.

Amy si strinse forte al petto la borsa, poi ne tirò fuori un pacchetto di sigarette. Le dita si mossero con destrezza per tirarne fuori una e mettersela tra le labbra. “Divertiti alla tua assemblea, Emily.”

Uscì di casa e si diresse dove aveva parcheggiato la sua Benz, in fondo alla strada. Emily la guardò partire, con una sensazione di rimpianto che già le si agitava dentro.

Poi raggiunse la sua macchina, la accese, e partì alla volta del municipio, più determinata che mai.