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Ora e per sempre

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Ora e per sempre
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Czyta Manuela Farina
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Era ora di cena, quindi Emily condusse tutti in sala da pranzo. Ci furono molti sospiri e grida di ammirazione quando entrarono e videro la stanza rinnovata.

“Non potrò mostrarvi la sala da ballo, mi spiace,” disse Emily. “La finestra è rimasta danneggiata dalla tempesta, quindi l’ho sprangata di nuovo.”

A nessuno sembrava importare. Erano troppo incantati dalla sala da pranzo. Tutto ricevette dei complimenti, dal centrotavola floreale di Emily al colore del tappetto alla scelta della carta da parati.

“Ha proprio occhio per le decorazioni floreali,” disse Raj, apparentemente impressionato.

“E non sono deliziose queste sedie?” scherzò Serena, facendo scorrere le dita lungo le sedie che aveva aiutato Emily a scegliere dal negozio delle pulci di Rico.

Ci volle molto per far sedere tutti. Una volta che tutti furono al loro posto, Emily andò in cucina per servire. Il baccano che si diffondeva dalla sala da pranzo la fece sentire calda e amata.

Raggiunse la cucina e diede un’occhiata veloce a Mogsy e ai cuccioli nella dispensa. Stavano tutti dormendo soddisfatti come se non avessero un pensiero al mondo. Poi tornò in cucina e cominciò a servire le pietanze.

“Vuoi una mano a portare tutto di là?” Dalla porta principale arrivò la voce di Serena.

“Grazie,” disse Emily. “Tutto questo mi sta facendo venire in mente terribili ricordi dei miei giorni da cameriera.”

Serena rise e la aiutò a caricarle le braccia finché Emily ebbe in equilibrio cinque piatti. Serena fece lo stesso, e insieme tornarono in sala da pranzo sotto i suoni di deliziati “ooh” e “ah.”

Emily non poteva fare a meno di sentirsi un po’ frustrata. Daniel sarebbe dovuto essere lì ad aiutarla. Aveva pensato alla cena come a una specie di festa di dichiarazione per loro due. Voleva vedere come la gente avrebbe reagito nel saperla insieme a uno del posto, a uno di loro. Pensava che almeno le avrebbe dato un po’ di onore. Ma Daniel era scomparso, lasciandola a fare tutto da sola.

Una volta che tutti ebbero un piatto davanti – e fortunatamente c’era appena il necessario per dare a tutti da mangiare – il pasto cominciò.

“Emily, tuo padre ha frequentato una scuola cattolica, vero?” chiese il sindaco.

La forchetta che Emily stava per infilarsi in bocca si fermò improvvisamente. “Oh,” disse goffamente. “A dire il vero non lo so.”

“Sono sicuro che ci siamo raccontati un po’ di storie sulle suore cattive,” disse il sindaco veloce, percependo il disagio che provava Emily nel parlare di suo padre.

Cynthia, d’altra parte, sembrava ignorarlo. “Oh, tuo padre, Emily. Era una persona fantastica,” esclamò. Teneva il bicchiere alto. Il vino rosso si muoveva pericolosamente vicino al bordo ogni volta che gesticolava, cioè spesso. “Ricordo quella volta, deve essere stato almeno dodici anni fa ormai, perché è stato prima che nascessero Jeremy e Luke, quando avevo ancora la mia linea.” Si zittì e fece una risata fragorosa.

Emily non la corresse dicendole che dovevano essere stati almeno vent’anni, ma riuscì a capire dallo scompiglio di imbarazzo al tavolo e dagli occhi distolti che abbastanza persone lo stavano pensando e che non apprezzavano il suo comportamento.

“È stata la prima volta che è venuto al mio negozio,” continuò Cynthia, “e chiedeva questo libro specifico, un libro vecchio che non si stampava più. Non ricordo il titolo ma aveva qualcosa a che fare con le fate dei fiori. Ora, sapevo che si era trasferito nella casa di West Street e l’avevo visto qualche volta. Ogni volta che l’avevo visto era solo. Quindi sono lì che guardo quest’uomo fatto, mi sto un po’ innervosendo, mi chiedo a che gli serve un libro sulle fate in edizione da collezione. Continuo a pensare che devo aver capito male e lo porto in giro per il negozio mostrandogli tutti i diversi libri con titoli simili, e lui mi fa, ‘no, no, non è questo. È sulle fate.’ Non ce l’avevo così gliel’ho dovuto ordinare, cosa che ha fatto aumentare ancora il prezzo. A lui sembrava non importare per niente, quindi penso che sia davvero convinto di prendere quest’edizione da collezione di un libro sulle fate. Quindi qualche settimana dopo mi viene consegnato il libro e lo chiamo per dirgli che è arrivato e può venirselo a prendere. Sono un po’ nervosa, ma quando viene sta spingendo questa adorabile bambina sul passeggino. Dovevi essere tu, Emily. Il sollievo che non ho provato, non lo potete credere!”

Ci fu un momento di silenzio a tavola mentre la gente guardava Emily, cercando di capire in che modo fosse più appropriato reagire. Quando videro che si stava mettendo a ridacchiare, anche loro lasciarono uscire una risata soffocata. Ci fu un momento quasi palpabile in cui la tensione che avevano trattenuto venne rilasciata.

Cynthia terminò il suo aneddoto. “Gli ho detto che pensavo che fossi troppo piccola per leggere il libro ma lui rispose che era per quando saresti cresciuta, che sua madre ne aveva avuta una copia e che voleva che anche tu ne avessi una. Non è la cosa più carina che abbiate mai sentito?”

“Sì,” disse Emily ridacchiando. “Non avevo mai sentito questa storia.”

Emily fu grata a Cynthia per averle dato un altro bel ricordo di cui far tesoro. La rattristò anche, facendole sentire la mancanza di suo padre ancor di più.

Dopo la storia di Cynthia, la conversazione tornò velocemente all’idea di trasformare la casa in un Bed and Breakfast.

“Credo che dovrebbe farlo,” disse Sunita. “Trasformare questo posto in un Bed and Breakfast. Molto probabilmente otterrebbe il permesso, perché sarebbe di beneficio a tutti in città che ce ne fosse uno.”

“Vero,” disse il sindaco. “E ti proteggerebbe anche da Trevor.”

Emily fece un sorrisetto. Stava avendo la netta impressione che Trevor Mann fosse profondamente sgradito alla comunità, e che non rappresentasse in nessun modo alcuna delle persone sedute alla sua tavola.

“Bene,” disse Emily sorseggiando il vino, “è un’idea adorabile. Ma ho i soldi solo per tre mesi prima di rimanere senza.”

“Abbastanza da sistemare qualche camera?” chiese Birk.

“Ha ragione,” Barbara si unì alla conversazione. “La sala da pranzo, il soggiorno e la cucina sono già a posto. Se avesse una camera avrebbe tutto ciò che le serve per cominciare. Voilà. Bed and Breakfast.”

Aveva ragione. Tutti avevano ragione. Era davvero tutto ciò di cui Emily aveva bisogno per realizzare il suo sogno. Buona parte della casa e del terreno rispettavano già degli standard che gli ospiti avrebbero gradito. Se avesse sistemato il bar al piano di sotto – giusto per far entrare il cliente, per esempio – sarebbe stato fattibile non appena sistemata una camera. Poi con un piccolo guadagno in entrata, avrebbe potuto reinvestire nell’attività, ristrutturare un’altra stanza e in quel modo far crescere l’attività con calma.

“Be’, Barbara,” disse Karen, “avrebbe bisogno anche della parte breakfast.”

Tutti risero.

“Piuttosto curiosamente,” disse Raj, “ho un po’ di polli da rialloggiare. Potrebbe prenderli lei e poi avere le uova fresche per le breakfast!”

“E fai già il miglior caffè della città,” aggiunse il sindaco. “Senza offesa, Joe.”

Tutti guardarono il titolare del ristorante.

“Nessuna offesa!” sogghignò. “Lo so che il caffè non è il mio forte. Sarei più che felice di avvallare il progetto di Emily.”

“Anch’io,” disse Birk.

“E se ti serve un consiglio,” aggiunse Cynthia, “Sarei più che felice di dispensare la mia saggezza. Ho gestito un Bed and Breakfast quando avevo vent’anni. Non so come pensassero che fossi abbastanza responsabile da farlo, ma il posto non è andato a fuoco sotto la mia supervisione, quindi probabilmente avevano ragione!”

Emily non riusciva a credere a quello che sentiva. Tutte queste persone erano disposte ad aiutarla. Era una sensazione fantastica, ed era travolta dalla loro generosità e dalle loro parole gentili. Pensare che era stata così sprezzante con loro appena arrivata. Quanto erano cambiate le cose in soli pochi mesi.

Ma la sua gioia venne diminuita da un imprevisto. Daniel. Viveva anche lui su quella terra. La sua vita sarebbe stata interrotta incommensurabilmente se avesse aperto un Bed and Breakfast. Avrebbero perso la loro privacy. Non poteva farlo senza prima parlarne con lui. In un qualche modo la cosa aveva il potenziale per funzionare brillantemente per entrambi. Daniel si sarebbe potuto traferire nella casa principale con lei e avrebbero affittato la rimessa come unità indipendente, o addirittura come suite matrimoniale. E la sala da ballo sarebbe stata la sede perfetta dove tenere matrimoni.

La mente di Emily si mise a correre con lei. Magari aveva bevuto un bicchiere di vino di troppo, ma era colma di un ottimismo che non provava da anni. Improvvisamente il futuro sembrava luminoso, esaltante, e sicuro.

Si chiedeva solo perché Daniel non fosse lì a condividere quel momento con lei.

CAPITOLO QUINDICI

Era tardi, e la festa era finita da molto quando Emily finalmente sentì il rumore della moto di Daniel che risaliva la strada e svoltava nel vialetto che portava alla casa. Uscì dal letto e sbirciò dalla finestra la sua sagoma che si toglieva il casco e andava verso la rimessa.

Emily si avvolse nella camicia da notte e scivolò nelle pantofole. Scese di sotto e uscì dal portone principale. L’erba era morbida mentre attraversava il cortile verso la rimessa. Da dentro veniva una luce, che si rovesciava sull’erba.

Bussò alla porta e poi si tenne indietro, abbracciandosi per tener lontana l’aria gelida della notte.

Daniel rispose alla porta. Qualcosa nell’espressione del suo viso le disse che sapeva già che lì fuori ci sarebbe stata lei.

 

“Dove sei stato?” chiese. “Ti sei perso la festa.”

Daniel fece un respiro profondo. “Senti, perché non entri? Possiamo parlare davanti a una tazza di tè invece di stare qui fuori al freddo.” Le tenne la porta aperta. Emily entrò.

Daniel fece per entrambi il tè ed Emily se ne restò tranquilla per tutto il tempo, aspettando che parlasse lui per primo, che le offrisse una spiegazione per il suo comportamento. Ma lui teneva la bocca cucita e a lei non restarono altre opzioni.

“Daniel,” disse vigorosamente, “perché hai perso la festa? Dov’eri? Ero preoccupata.”

“Lo so. Scusa. È che quella gente non mi piace, okay?” disse. “Sono quelli che mi consideravano spacciato quando ero un ragazzino.”

Emily si accigliò. “È stato vent’anni fa.”

“A quella gente non importa se è stato vent’anni o venti minuti.”

“Cantavi le loro lodi al porto,” disse Emily. “Adesso improvvisamente li odi?”

“Me ne piacciono alcuni,” contestò Daniel. “Ma per la maggior parte sono provinciali dalle menti chiuse. Credimi, sarebbe stato peggio se fossi stato là.”

Emily alzò un sopracciglio. Voleva dirgli che aveva torto, che quella gente si era rivelata gentile e divertente. Che stava cominciando a considerarli amici. Ma l’ultima cosa che voleva era litigare con Daniel quando la loro fase da luna di miele era appena cominciata.

“Perché non mi hai semplicemente detto che non volevi venire alla festa?” disse alla fine, sforzando di mantenere calma la voce. “Mi sono sentita un’idiota ad aspettarti.”

“Scusa.” sospirò Daniel con dispiacere, poi le mise davanti una tazza di tè. “Lo so che non sarei dovuto sparire così. È solo che sono così abituato a stare da solo, a non avere nessuno a cui rendere conto. È parte di chi sono. Avere tutta quella gente intorno all’improvviso, è tanto con cui fare i conti tutto in una volta.”

Emily si dispiacque per lui, per il modo in cui si sentiva più a suo agio da solo. A lei non sembrava una caratteristica particolarmente felice da possedere. Ma comunque ciò non giustificava il suo comportamento.

“Voglio dire, già solo Cynthia da sola sarebbe stata abbastanza tremenda,” aggiunse Daniel con un largo sorriso imbarazzato.

Clamorosamente, Emily rise. “Avresti solo dovuto dirmelo,” disse.

“Lo so,” rispose Daniel. “Se ti prometto di non sparire più così, mi perdoni?”

Emily non riusciva a rimanere arrabbiata con lui. “Immagino di sì,” disse.

Daniel si allungò per prenderle una mano. “Perché non mi dici com’è andata? Di cosa avete parlato?”

Emily lo guardò. “Vuoi che ti racconti le conversazioni della gente che mi hai appena detto di odiare?”

“Non le odierò se vengono da te,” disse Daniel con un sorriso.

Emily alzò gli occhi al cielo. Voleva restare arrabbiata con Daniel ancora un po’ per dargli una lezione, ma proprio non ce la faceva. E poi aveva grosse novità da raccontargli sul Bed and Breakfast che non riusciva più a tenere per sé. Cercò di smorzare il suo entusiasmo ma si scoprì incapace di contenerlo.

“Be’, l’argomento di conversazione principale,” disse, “è stato trasformare la casa in un Bed and Breakfast.”

Daniel quasi sputò fuori il sorso che aveva appena bevuto. Alzò gli occhi oltre l’orlo della tazza. “In cosa?”

Emily si agitò, d’un tratto nervosa all’idea di parlare a Daniel del suo nuovo sogno. E se non l’avesse appoggiata? Le aveva appena detto che stare solo faceva parte di chi era, e ora lei stava per dirgli che avere tutti i tipi di sconosciuti che girovagano su e giù per la proprietà poteva diventare un evento ordinario.

“In un Bed and Breakfast,” disse, con la voce che si era fatta più piccola e più timida.

“Tu lo vuoi fare?” chiese Daniel posando la tazza. “Gestire un Bed and Breakfast?”

Emily avvolse la tazza con le mani come per rassicurarsi e si mosse sulla sedia. “Be’… forse. Non lo so. Cioè dovrei fare due conti prima. Probabilmente non sarò neanche in grado di permettermi di avviarlo.” Balbettava adesso, cercando di minimizzare l’idea, non certa di cosa Daniel ne avrebbe fatto.

“Ma se te lo potessi permettere, è questo che vorresti?” chiese.

Emily guardò su e incontrò i suoi occhi. “Era ciò che volevo fare quando ero più giovane. Era il mio sogno, a dire il vero. Solo che non credevo di esserne capace così ho smesso di pensarci.”

Daniel le si avvicinò e mise la mano sopra le sue. “Emily, saresti bravissima.”

“Lo credi?”

“Lo so.”

“Quindi credi che non sia una terribile idea?”

Daniel scosse la testa e le fece un sorriso a trentadue denti. “È un’idea fantastica!”

Lei si illuminò all’improvviso. “Lo credi davvero?”

“Certo,” aggiunse. “Saresti una padrona di casa fantastica. E se ti servono dei soldi da mettere nel progetto sarei felice di aiutarti. Non ne ho molti ma ti darò tutto quello che ho.”

Anche se toccata dalla sua offerta, Emily scosse la testa. “Non potrei mai prendere i tuoi soldi, Daniel. Tutto quello che mi serve per cominciare è una camera da letto dignitosa e una caffettiera. Una volta arrivato il primo cliente, posso mettere il profitto dritto dritto nell’attività.”

“Anche così,” disse Daniel. “Se ti serve un lavoro di ristrutturazione, del giardinaggio o altro, sappi che sono felice di partecipare.”

“Davvero?” chiese di nuovo Emily, ancora incapace di crederci. “Lo faresti per me?” Pensò ancora alla generosità di Daniel, e a come le era venuto in soccorso nei momenti di bisogno. “Credi davvero che sia una buona idea?”

“Sì,” la rassicurò Daniel. “Mi piace l’idea. Quale camera vorresti sistemare per prima?”

Durante gli ultimi tre mesi di lavoro alla proprietà non avevano fatto molti progressi con il piano di sopra. Erano stati completati solo la vecchia stanza dei genitori di Emily (ora sua) e il bagno. Aveva bisogno di scegliere un’altra stanza su cui concentrarsi.

“Ancora non lo so,” disse Emily. “Probabilmente una di quelle grandi che danno sul retro.”

“Una con la vista sull’oceano?” suggerì Daniel.

Emily si strinse nelle spalle. “Dovrei prima pensarci un altro po’. Ma non ci vorrebbe tanto a sistemare tutto, vero? Potrebbe essere tutto pronto per la stagione turistica. Se ottengo il permesso, ovvio.”

Daniel sembrava essere d’accordo. Davanti alle tazze di tè parlarono di tutti i dettagli, del tempo e dei soldi di cui avrebbero avuto bisogno per sistemare una stanza e mettere insieme un menu in tempo per il flusso turistico estivo.

“Sarebbe rischioso,” disse Daniel distendendosi sulla sedia e osservando il foglio di carta davanti a lui scarabocchiato con costi e somme.

“Sì,” gli diede ragione Emily. “Ma anche lasciare il lavoro e il mio fidanzato dopo sette anni è stato rischioso e guarda come è andata a finire bene.” Si allungò e strinse un braccio di Daniel. mentre lo faceva, sentì esitazione in lui. “Va tutto bene?” chiese, accigliata.

“Sì,” disse Daniel alzandosi e raccogliendo le tazze vuote. “Sono solo stanco. Credo che andrò a dormire.”

Si alzò anche Emily improvvisamente conscia che le stava chiedendo di andarsene. La passione delle sere precedenti sembrava essersi del tutto estinta. Il romanticismo di quella mattina nel giardino delle rose disperso. Il brivido della corsa in moto sulla cima della scogliera andato.

Stringendosi attorno alla vita la camicia da notte, Emily si avvicinò e baciò Daniel sulla guancia. “Ci vediamo dopo?” gli chiese.

“Sì, sì,” rispose, senza guardarla negli occhi.

Frastornata e ferita, Emily lasciò la rimessa e percorse la solitaria e fredda strada fino a casa sua per trascorrere la notte da sola.

*

“’Giorno, Rico!” gridò Emily entrando nel buio e strapieno mercatino delle pulci il giorno dopo.

Invece di Rico, fu la testa di Serena a far capolino da dietro al tavolo che stava abilmente restaurando. “Emily! Come va con il signor Supersexy? Non ho mai avuto l’occasione di parlartene alla festa.”

Daniel era praticamente l’ultima cosa di cui Emily volesse parlare in quel particolare momento. “Se me l’avessi chiesto due giorni fa ti avrei detto che andava benissimo. Ma adesso non ne sono così sicura.”

“Oh?” disse Serena. “È uno di quelli, eh?”

“Uno di cosa?”

“Si buttano troppo e si spaventano a morte fino a congelarsi. L’ho visto milioni di volte.”

Emily non era sicura di come facesse una ragazza di vent’anni ad aver visto una cosa qualunque milioni di volte, ma non lo disse. Non voleva proprio mettersi a parlare di Daniel adesso.

“Allora, sto cercando un paio di pezzi specifici,” disse Emily rovistando in borsa in cerca della lista che lei e Daniel avevano scritto la notte precedente, prima che effettivamente la cacciasse fuori di casa. La porse a Serena. “Non sono pronta a comprare nulla ancora, voglio solo farmi un’idea dei costi.”

“Certo,” disse la donna più giovane, raggiante. “Do un’occhiata in giro.” Stava per avviarsi nel negozio quando si fermò. “Ehi, questa è tutta roba per camere da letto. È…”

“Per un Bed and Breakfast?” Emily sorrise e mosse le sopracciglia. “Certo.”

“Che figata!” esclamò Serena. “Lo farai davvero?”

“Be’,” disse Emily, “Dovrò prima ottenere un permesso, e ciò significa andare a un’assemblea cittadina.”

“Oh pfft, quello sarà facile,” disse Serena scuotendo una mano in aria. “Vuol dire che non tornerai a New York?”

“Prima devo ottenere il permesso,” ripeté Emily con tono leggermente più severo.

“Capito,” disse Serena schioccando le dita. “Prima il permesso.” Fece un largo sorriso e si allontanò.

Emily sorrise a se stessa, felice di sapere che c’era almeno una persona che sembrava volere sinceramente che rimanesse a Sunset Harbor, non solo per via del guadagno che avrebbe portato al posto ma perché lei le piaceva.

Raggiunse il cassetto delle maniglie per le porte e cominciò a guardarci dentro. Rico aveva una collezione che rivaleggiava con quella di suo padre, sebbene quella di Rico fosse in condizioni decisamente migliori. Stava considerando il blu polvere per i colori della stanza, e voleva delle delicate maniglie in vetro per la cassettiera.

Mentre rovistava nel cassetto delle maniglie e dei pomelli, sentì due voci entrare in negozio alle sue spalle.

“Stella ha detto di averlo visto sulla scogliera anche ieri, in giro con la moto per ore e ore,” diceva una delle voci.

Emily si fermò e cercò di sentire meglio. Stavano parlando di Daniel? Aveva un debole per i giri in moto sulla scogliera, e il giorno prima era stato via davvero tanto tempo.

“Ed è venuto al festival al porto l’altro giorno,” disse la seconda voce.

Emily sentì il battito del suo cuore accelerare. Daniel era stato al festival. Be’, come chiunque altro, ma non tutti se ne andavano in moto sulla scogliera. Era sicura che si trattasse di Daniel.

“Non credi che sia tornato a vivere in città, vero?” stava dicendo la seconda voce.

“Be’, Stella sostiene che non se ne sia mai andato,” disse la prima.

“Oddio. Davvero? Il solo pensiero mi dà i brividi. Vuoi dire che è rimasto alla vecchia casa tutto questo tempo?”

“Sì, esattamente. Stella mi ha detto che qualcuno le ha detto che era alla vendita dell’usato della ragazza nuova l’altro giorno.”

Emily sentì ghiacciarsi tutto il corpo mentre le voci proseguivano con le loro chiacchiere.

“Davvero? Mamma mia. Qualcuno dovrebbe avvisarla!”

Ormai sicura che le donne stessero parlando di Daniel, Emily uscì dall’ombra. “Avvisarmi di cosa?” disse freddamente.

Le due donne si zittirono e la guardarono come conigli accecati dai fanali.

“Ho detto,” ripeté Emily, “avvisarmi di cosa?”

“Be’,” cominciò la prima, con la voce che adesso improvvisamente tremava. “È stata Stella a dire di averlo visto.”

“Visto chi?”

“Il figlio dei Morey, ho dimenticato il nome. Dustin. Declan.”

“Douglas,” l’altra donna informò la prima sicura.

“No, è più esotico. Più strano,” contestò la prima.

Emily incrociò le braccia e alzò un sopracciglio. “È Daniel. Che c’è da sapere su di lui?”

“Be’,” disse la prima donna, “ha una cattiva reputazione.”

“Una cattiva reputazione?” disse Emily.

“Con le donne,” aggiunse. “Ha lasciato molte donne col cuore spezzato, quel Declan.”

 

“Douglas,” disse la seconda donna.

“Daniel,” le corresse entrambe Emily.

La prima scosse la testa. “Non è Daniel, cara. Non ricordo il nome ma sicuramente non è Daniel.”

“Ti dico che è Douglas,” disse la seconda.

Emily cominciava a sentirsi frustrata. Non voleva credere a quello che le donne stavano dicendo di Daniel – sulle donne del suo passato – ma non poteva sottrarsi all’irritante dubbio che le stavano mettendo in testa. “Sentite, sono sicura che è stato molto tempo fa. Le persone cambiano. Daniel non è più così e non voglio parlare di questo con voi. Dovreste occuparvi dei fatti vostri, okay?”

La prima si accigliò. “Non è Daniel! Sinceramente, ragazza, vivo in questa città da molto più tempo di te. Quel ragazzo non si chiama Daniel.”

La seconda batté le mani. “Eccolo. Dashiel.”

“Sì, è quello! Dashiel Morey.”

Proprio allora riapparve Serena. Si fermò a metà di un passo quando vide le due anziane lì ed Emily sconvolta.

“Devo andare,” disse Emily voltandosi e uscendo dal negozio.

“Aspetta, e la tua lista?” urlò Serena mentre Emily scompariva.

Non appena fu uscita al sole primaverile, Emily si piegò e fece respiri profondi. Era in iperventilazione. La sua mente sembrava girare in cerchio. Sebbene sapesse che le vecchie erano solo delle ficcanaso, non poteva fare a meno di sentirsi turbata da quello che avevano detto, da quanto fossero sicure del nome di Daniel, delle sue passate indiscrezioni con le donne. E anche se Emily era stata con Daniel con la testa, il corpo e l’anima, capì improvvisamente e in modo spaventoso che in realtà non lo conosceva affatto, che era impossibile conoscere davvero una persona, comunque. Gliel’aveva insegnato suo padre. Se un uomo amorevole poteva lasciare la sua famiglia e non farsi vedere più, allora un ragazzo che conosceva da pochi mesi poteva mentire sul suo nome.

E sulle sue intenzioni.