Fuorigioco

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Non è molto femminile, ma non riesco ad evitare di grugnire per tutta risposta. “Beh, allora devi vivere proprio una vita monotona.”



“Sono Ryan Burnham, a proposito.” Mi porge la mano e gliela stringo. La sua mano è calda e molto più grande della mia. Sento i calli sui palmi e sulle dita.



“Danny Cross. Felice di fare la tua conoscenza…ufficialmente.”



Mi lascia la mano. “Idem.”



Il punto della mano in cui mi ha toccata formicola, e cerco immediatamente di scacciare questi pensieri. Non è il caso di sbavare per un ragazzo, soprattutto uno che è chiaramente fuori dal mio livello sociale. Ho troppo cose importanti in ballo in questo momento, o così sembro ripetermi spesso ultimamente.



“Allora, Danny.” inizia. Mi fissa con espressione divertita, e un pizzico di curiosità. “Sei chiaramente una ragazza molto intelligente. Frequenti la Northeastern? L’altra notte ho notato che indossavi una t-shirt della scuola.”



Ha notato e si ricorda la maglietta che indossavo l’altra notte? Nemmeno io me lo ricordavo, e vederlo ricordare quel dettaglio mi rende felice per qualche motivo.



“Ho iniziato lo scorso autunno, ma al momento frequento solo due corsi.”



“Solo due corsi e sai chi sono Occam e Descartes?” Si vede che è scettico.



“Ho frequentato un’altra scuola prima della Northeastern. Tecnicamente sarei al terzo anno.”



“Dove andavi a scuola?”



“Non ha importanza.” Schivo la domanda, decidendo di essere evasiva. Non capisco perché, ma credo di voler vedere quanto gli interessi davvero. È un gioco un po’ malato che faccio con me stessa perché so che questa cosa non ha futuro.



“Perché non mi vuoi dire il nome?” Mi fissa sorridendo in maniera enigmatica.



“Perché sei così curioso?”



“Perché sei così sfuggente?”



Decido che è necessario cambiare discorso. “Vuoi ordinare qualcosa? Devo ricominciare a lavorare.”



Ryan osserva il diner vuoto, poi riporta lo sguardo su di me. Aggrotta le sopracciglia. È affascinante ed irritante al tempo stesso. Attendo pazientemente una sua risposta.



Quando capisce che la palla è in campo, lancia un’occhiata al suo orologio e si alza dallo sgabello. “In realtà devo proprio andare. Mi vedo con alcuni amici in palestra.”



Non dico nulla —gli sorrido semplicemente con gentilezza—ma in realtà sono un po’ delusa che se ne vada così presto. Mi guarda come se volesse dire qualcos’altro, ma è titubante. E non appena mi rendo conto che sta temporeggiando, si china sul bancone avvicinandosi di più a me. “Danny…posso invitarti a cena stasera? Mi piacerebbe davvero poterti conoscere meglio.”



Ah, accidenti. Perché questo ragazzo così deliziosamente sexy e totalmente affascinante deve proprio chiedermi di uscire? Il nostro flirtare scherzoso mi stava divertendo, ma non credevo che sarebbe andato oltre. Voglio dire, lui è un Dom Perignon…ed io sono una Coca-Cola. E come se queste differenze non fossero abbastanza, non ho davvero tempo per complicare la mia vita con qualcosa del genere.



“Riesco a sentire le rotelle che ti girano in testa, Danny. Non ti sto chiedendo di sposarmi…ti sto solo invitando a cena.”



Inizio a scuotere la testa. “Direi di no. Ho troppe cose in ballo in questo momento.”



Mentre provo a razionalizzare il mio rifiuto mi convinco di aver fatto la scelta giusta nel respingerlo. Ho visto gli amici con i quali ha trascorso l’altra notte. Tutta quella supponenza aleggiava nell’aria. Non è proprio il mio genere, e allora perché disturbarmi a farmi coinvolgere da qualcuno, anche se solo per cena, sapendo già che alla fine non andrà per il verso giusto. Sarebbe come portare Cenerentola al ballo, per poi dirle che il giorno successivo dovrà ricominciare a fare la serva.



Prima che abbia il tempo di dire di nuovo di no, si avvicina e mi prende la mano. Carezzandomi il polso con il pollice, mormora: “Non ti avevo presa per una fifona, Danny. Dai…è solo una cena stasera, e possiamo andare dove vuoi.”



Dovunque? Suona bene. Posso dedicargli del tempo stasera, alle mie condizioni e nella mia zona, in modo che si renda conto che questa è una brutta idea.



Il tocco del suo pollice sul mio polso mi sta facendo palpitare. Sposto via la mano. “Dovunque io voglia andare, eh?”



Mi sorride con fare brillante, resosi conto che sto per cedere. “Si, dovunque tu voglia.”



“Ok. Ci troviamo qui alle 6.”



Si riavvicina e riprende la mia mano. Prima che riesca a spostarla, si porta le mie nocche alla bocca, baciandole dolcemente. “Ci vediamo tra qualche ora.”



Una volta lasciata andare la mia mano, si gira, dirigendosi verso la porta. Lo vedo fare uno scatto e sparire dalla mia vista. E la pelle della mia mano brucia leggermente per il tocco delle sue labbra.






1 Capitolo 3



Ryan





“Perché ti stai vestendo così elegante?”



Lancio un’occhiata a Mike che è sdraiato sul suo letto con le mani dietro la testa.



“Ho un appuntamento stasera.” rispondo.



“Ma non mi dire! Con chi?”



Esito per un secondo prima di rispondere, e poi mi schiaffeggio mentalmente per averlo fatto. Non mi vergogno di uscire con Danny, quindi non dovrei esitare. Eppure continuo ad essere evasivo quando rispondo. “Si chiama Danny. Studia qui al terzo anno.”



Mike non dice nulla, quindi intuisco che non sia interessato a sapere altro. Apro il mio guardaroba e tiro fuori una giacca sportiva marrone. Non so dove andremo stasera, ma dato che ho detto Danny che l’avrei portata ovunque, preferisco essere pronto per una serata elegante, se è ciò che vuole. Valuto una cravatta, decidendo poi di non metterla. I miei genitori mi obbligano ad indossarne una in così tante occasioni che ogni volta che posso evitare, ne approfitto.



“Allora, dove hai conosciuto questa ragazza?”



“È la cameriera dell’altra sera da Sally.”



“Quella figa con i capelli viola che ha completamente messo al tappeto Angeline?”



Ridacchio. “Già. Proprio lei.”



Mike emette un fischio lungo e lento, scuotendo la testa avanti e indietro, come a compatirmi.



“Che c’è?” gli chiedo.



“Dai, amico. Non è esattamente materiale per la nostra cerchia sociale.”



Questo mi fa incazzare anche se dentro di me so che Mike non pensa davvero a quello che dice.



“Perché cazzo dovrebbe essere importante?” Le parole escono dalla mia bocca più dure di quanto volessi, ma non mi scuso.



Alzando le mani per scusarsi, replica gentilmente: “A me non importa, socio. Sto solo pensando a cosa direbbero i tuoi genitori. Già mi immagino tua madre che dice ‘Oh tesoro…ha i capelli viola. È appena uscita di prigione?’.



Scoppio a ridere perché è esattamente ciò che mia madre direbbe, e Mike ha azzeccato la sua imitazione perfettamente. Questo mi fa accigliare. Mike ha ragione nel dire che Danny verrebbe ostracizzata dalla mia famiglia e dai miei amici solo a causa del suo aspetto. E questo mi fa incazzare di nuovo. E mi fa incazzare essermi incazzato. Non conosco questa ragazza. La trovo semplicemente interessante e voglio solo frequentarla un po’. Non posso arrabbiarmi per qualcosa che i miei amici potrebbero o meno fare in sua presenza, quando in realtà probabilmente non la incontreranno mai.



“Rilassati. È solo una cena. Non è che la sto portando a casa dai miei vecchi.”



“Proprio come pensavo. Stai solo cercando di scopartela, vero?”



Lanciò un’occhiata a Mike e lo vedo sogghignare. “No, niente affatto. Smettila di pensare male, amico.” Afferro le mie chiavi ed il mio portafoglio, pronto ad uscire. “Però, nel caso in cui lei decidesse di saltarmi addosso, non mi tirerei di certo indietro.”



La risata di Mike riecheggia fuori dalla porta.










Mi rendo conto di essere un po’ nervoso mentre entro da Sally. Il diner è strapieno di commensali, e la noto immediatamente dietro il bancone, occupata con il conto di qualcuno.



Indossa ancora gli stessi vestiti di prima…jeans, una t-shirt, e delle scarpe da ginnastica. Ha di nuovo i capelli legati in una coda di cavallo, e mi chiedo come le starebbero sciolti. Trovo che i colpi di sole color lavanda siano affascinanti, e mentirei se non ammettessi di trovare i suoi piercings facciali alquanto sexy. E improvvisamente mi rendo conto del perché sia così attratto da lei. È perché sembra innocente da morire, eppure i capelli tinti e la ferraglia in faccia conferisce un tocco da ribelle a quel suo guscio dolce.



Danny alza lo sguardo e mi vede qui in piedi. Mi segnala con l’indice di darle un minuto, ed io le rispondo con un cenno. Sono contento anche solo di poterla osservare per qualche minuto.



Sono impressionato dalla sua grazia e disinvoltura. Sta ridendo con un cliente che sta pagando proprio ora, e il suo sorriso illumina letteralmente la stanza. Il cuoco dietro il bancone di servizio le dice qualcosa e lei fa una smorfia, lanciandogli addosso uno strofinaccio che lo colpisce dritto in faccia. Lui scoppia a ridere, e tutti i clienti seduti al bancone urlano in coro. È proprio il suo mondo questo, perché è senza dubbio una persona socievole.



Danny si toglie il grembiule e lo lancia sotto il bancone. Afferrata la borsetta, si dirige verso di me, e mi sento il cuore battere forte. Come fa una persona che ha appena finito di lavorare in un diner lurido ad avere un aspetto così dannatamente sexy?



“Hey” mi dice. “Mi dispiace, ho dovuto lavorare più a lungo del previsto. Non ho avuto tempo di fare la doccia o cambiarmi.”

 



“Nessun problema. Vuoi tornare a casa per poterlo fare?”



Scuote la testa. “Non dobbiamo andare in nessun posto elegante. Meglio stare sul casual. Anche se mi è venuto in mente che probabilmente ora so di unto e di patatine fritte.”



Non so cosa mi prenda, ma mi avvicino a lei e abbasso la testa in modo da posizionare il mio naso proprio dietro il suo orecchio. Faccio un respiro profondo, inspirando con fare drammatico in modo che lei mi possa sentire. Poi le sussurro all’orecchio: “Secondo me hai un profumo delizioso.”



Ed è proprio così. Il suo shampoo profuma di eucalipto e di fiori d’arancio. La guardo proprio mentre trema per le mie parole, e mi sento come quel fottuto Tarzan in questo momento.



Faccio un passo indietro, mi giro per aprire la porta, e la faccio passare davanti a me. Tiro fuori le chiavi e mi avvio verso la portiera del passeggero della mia Range Rover nera. Dando un’occhiata alle mie spalle mi accorgo che lei si sta avviando nella direzione opposta Rimetto le chiavi in tasca, facendo uno scatto per raggiungerla.



“Ottima serata per una passeggiata” sottolineo.



Lei ride, e quel suono mi scalda il sangue. È una risata profonda, rauca, e, wow, così dannatamente sexy.



“Stiamo solo andando alla fermata dell’autobus. Stasera esplorerai Boston ‘in stile Danny’. Anche se sei un po’ troppo in tiro per i mezzi pubblici.”



Le sorrido con nonchalance. “Non ti preoccupare. Sono pronto.”



Lei ricambia il sorriso. “Bene. Sarei delusa se non fosse così.” Le sue parole suonano come una sfida, e non ha idea di quanto io possa essere competitivo.



Oh Danny, Danny. So cosa stai provando a fare, e dovrei lavorare un po’ di più sull’essere meno trasparente. Non ho dubbi sul fatto che Danny stia provando a spaventarmi. Se pensa che prendere l’autobus sia spaventoso, chiaramente non ha mai dovuto schivare un difensore di cento chili per evitare di essere sbattuto contro le balaustre.



“Quindi dove stiamo andando? Mi hai detto che sono troppo elegante, ma dovrai darmi un indizio migliore.”



Lei mi rivolge semplicemente un sorriso evasivo e dice: “Vedrai.”



Devo ammettere che ora lei mi incuriosisce ancora più di prima. In qualche modo mi aspettavo che pretendesse di essere portata in un ristorante costoso. Voglio dire, è quello che di solito vogliono le ragazze. E il fatto che ci stia portando con i mezzi pubblici, invece di usare la mia macchina incredibilmente bella ed esageratamente costosa mi fa rimanere quasi sulle spine nel pensare a cosa dovrò aspettarmi.



Non abbiamo molte occasioni per parlare durante il tragitto, dato che l’autobus è strapieno di pendolari serali. Però devo ammettere che il mio primo viaggio in bus non è spiacevole. Danny è appoggiata accanto a me. Si sta tenendo ad un palo di metallo di fronte a sé, e quando il bus sbanda, le soffici curve di Danny oscillano contro di me. Appoggio la mano sulla sua schiena più volte per aiutarla a rimanere ferma, e lei mi rivolge un sorrisetto che ricambio.



Finalmente Danny mi annuncia che abbiamo raggiunto la nostra destinazione, e scendiamo insieme a pochi altri viaggiatori. Sta iniziando a fare buio, e sono un po’ stupito di trovarmi in una parte della città alquanto losca. Le strade sono piene di spazzatura, e osservando gli edifici vedo numerose finestre rotte. Proprio quando sto per chiedere spiegazioni a Danny, lei si avvia dall’altro lato della strada, ed io la seguo. Camminiamo per l’isolato, girando l’angolo, e ci imbattiamo in una fila di persone in coda davanti ad un portone. Ci sono circa venti persone o giù di lì in fila, e sono confuso. Siamo in un nightclub?



Danny si accorge dell’espressione sul mio viso e mi prende per mano. Mi scorta oltre la fila fino all’ingresso, salutando parecchie persone. E poi vedo un cartello su una porta…”Helping Hands Ministry”. Lanciando un’altra occhiata alle persone in fila mi accorgo chiaramente che sono…senzatetto.



Sono di ogni tipo…neri, bianchi, gialli, giovani, vecchi, uomini e donne. Il loro unico comune denominatore è che sono tutti poveri…molto, molto poveri, a quanto pare. Alcuni indossano stracci, mentre altri sono ricoperti di sporcizia da testa a piedi. Mi rendo conto di essere rimasto a fissare questi poveracci, ma non riesco ad evitarlo. Finalmente giro lentamente lo sguardo verso Danny che mi sta guardando in attesa che io mi dia alla fuga.



“Faccio volontariato qui più volte alla settimana. Stasera è il mio turno, e ho pensato che potessi aiutarmi.”



Aggrotto le sopracciglia. “Ed è qui che volevi portarmi a cena? Non è molto romantico.”



Lei non dice niente, semplicemente mi fissa con attenzione.



Sospirando le prendo la mano, dirigendomi verso la porta. “Va bene, diamoci da fare allora.”



Constato con felicità che Danny mi ripaga con un sorriso abbagliante con le sue fossette mentre l’accompagno verso la porta.



Ci avviamo oltre la lobby, giù per una rampa di scale che portano al seminterrato. Mi indica una porta che si apre su un’ala dell’edificio che, a quanto mi dice, ospita residenti a tempo pieno. Quando le chiedo delle persone in fila fuori, mi dice che sono qui solo per mangiare, ma che vivono in strada.



Danny apre una serie di porte doppie, e ci troviamo in una grande sala da pranzo. Ci sono tavoli pieghevoli da otto posti con sedie di metallo attorno ad ognuno di essi. Trovo strano il fatto che su ogni tavolo ci sia un piccolo vaso con dentro un mazzo di fiori di plastica. La maggior parte dei posti sono occupati, e noto che appena la gente finisce il pasto e se ne va, i volontari accolgono altre persone.



Seguo Danny lungo il perimetro della stanza verso il retro, dove si trova un bancone di servizio, dietro il quale si sviluppa una grande cucina. Una porta girevole permette alle persone di andare avanti e indietro tra la cucina e la sala da pranzo.



“Era l’ora che ti degnassi di arrivare, Danny. Mi sto facendo il culo per cercare di preparare il cibo per domani.”



“Datti una calmata, Maverick. Sono qui adesso, e ho portato un aiutante. Però ci aspettiamo entrambi un buon posto dopo aver finito.”



Danny mi guarda e io le sussurro: “Maverick?”



Lei si sporge verso di me e sussurra: “Top Gun è il suo film preferito.”



Lancio un’occhiata a Maverick. È asiatico ed estremamente basso. Indossa un grembiule sopra i vestiti, ed è macchiato di cibo; sta mescolando un grande pentolone sui fornelli, ed il cappello sulla sua testa dice: “Honey Badger Don’t Care”.



Danny apre un cassetto e tira fuori due grembiuli, lanciandone uno a me. “Mav, questo è Ryan. Sarà il mio braccio destro stasera.”



Odio ammetterlo, ma non ho apprezzato il riferimento a Top Gun. Il braccio destro in teoria dovrebbe aiutare l’altra persona a rimorchiare, e col cavolo che aiuterò Danny ad ottenere questo.



Maverick mi guarda, studiando i miei vestiti. “È vestito in maniera alquanto lussuosa. Sei sicura che sia pronto a sporcarsi le mani?”



Prima che Danny riesca a rispondere, dico: “Certo che posso sporcarmi le mani. Dimmi cosa devo fare.”



May mi guarda sbuffando, ma indica una pila di patate sul bancone. Mi tolgo la giaccia e la appendo su una sedia, arrotolando le maniche della mia camicia Dopo aver indossato il grembiule, prendo una patata e inizio a pelarla. Danny si avvicina a me per aiutarmi. Lavoriamo in cordiale silenzio, soprattutto dato che Maverick è qui con noi, e credo che mi farebbe a fettine se non svolgessi il mio compito scrupolosamente.



Non appena lascia la cucina portando con sé il pentolone che era sui fornelli, Danny si china verso di me e mi dà una spintarella con la spalla. “Allora, come sta andando?”



“Alla grande. Adoro pelare le patate. È una delle mie cose preferite al mondo.”



“Prima volta, eh?”



Rido. “Già. Però adoro provare sempre cose nuove, quindi posso spuntarlo dalla mia lista dei desideri.



Rimaniamo entrambi in silenzio per un minuto, poi le dico: “Sai, Danny…avermi portato qui non proverà niente.”



Mi guarda, e percepisco lo shock nel suo viso, consapevole di essere stata scoperta. Inizia a giustificarsi balbettando che non sta provando a dimostrare niente, ma io mi asciugo le mani con uno strofinaccio e appoggio un dito sulle sue labbra. Mi chino leggermente verso di lei, mormorandole dolcemente: “Non negarlo. Non ti si addice.”



Ha gli occhi spalancati e l’espressione confusa per circa tre secondi, dopo i quali scoppia a ridere. “Immagino che non potrò più farti altri tiri mancini.”



“Ho il tuo numero.” la rassicuro.



Parliamo di cose banali mentre lavoriamo, dato che non c’è la possibilità di fare conversazioni più profonde. Però scopro che Danny fa volontariato qui svariate volte alla settimana da quando aveva sedici anni, il che mi porta a confermare che è originaria di Boston proprio come me. Maverick continua a fare avanti e indietro tra la cucina e la sala da pranzo, portando pentole e vassoi sporchi. Mentre i residenti e gli ospiti lavano i loro piatti e posate in un’ara di lavaggio nella sala da pranzo, l’adorabile compito



Dopo due ore passate a pelare patate, strofinare pentole, e trasportare immondizia, mi rendo conto che effettivamente mi fa un po’ male la schiena. Il che mi sorprende, dato che sono un ragazzo decisamente in forma. Non si può giocare ad hockey in maniera agonistica senza essere in forma smagliante. Non so come faccia Danny a fare tutto questo due volte alla settimana, e provo estremo rispetto per una ragazza per qualcosa che non avevo mai sperimentato con l’altro sesso.



Dedizione.



Questo è un lavoro schifoso, e lei si è comunque offerta di farlo. Il che le fa ancora più onore.



Sto pulendo l’ultimo piano di lavoro, e lancio un’occhiata a Danny. Mi sta porgendo la giacca sportiva. “Te la sei cavata alla grande stasera. Che ne dici se ti offro una birra?”



Lascio il panno nel lavandino, e mi tolgo il grembiule. Afferro la giacca e l’appoggio sul mio braccio. Le porgo l’altra e lei se la infila,



Le sorrido, dato che in questo momento ha un aspetto incredibilmente adorabile, a braccetto con me. “Ti ho invitata io, quindi la birra te la offro io.”





1 Capitolo 4



Danny





Sono stupita. Ryan è stato un campione. Mi sarei aspettata una scenata quando gli ho detto che avremmo preso l’autobus, e quando ha visto in che zona della città ci trovassimo. E poi mi aspettavo che scappasse quando ha capito che avremmo trascorso il nostro appuntamento in un rifugio per senzatetto. Invece non ha battuto ciglio.



Anzi, quello stronzo è rimasto sorridente, e sembra essersi goduto a pieno il lavoro. E dico stronzo perché ero totalmente convinta che alla fine del nostro appuntamento saremmo andati ciascuno per la sua strada. Invece devo ammettere che lui mi intriga e sono decisamente attratta. Voglio dire, ero attratta da lui già quando l’ho visto per la prima volta, ma solo nel modo in cui, quando si vede un ragazzo davvero sexy, si pensa tra sé e sé: “quello è proprio un bel ragazzo”, per poi continuare per la propria strada.



Ora invece voglio saperne di più su di lui. Sono attratta da lui in un modo che non vorrei.



Non avrei mai dovuto invitarlo a bere una birra, ma eccoci qui, tornati vicino al campus e seduti in un locale famoso chiamato Neely’s. La cameriera prende la nostra ordinazione. Io ordino una Bud Light, mentre Ryan prende una Sam Adams e un piatto di nachos.



“Nachos? Quella deliziosa scodella di zuppa non ha soddisfatto la tua fame stasera?” lo stuzzico.



“Concordo con te sul fatto che fosse una deliziosa scodella di zuppa quella di stasera, ma non mi ha assolutamente riempito.”



Lo osservo accigliarsi nel dire queste parole, aggrottando le sopracciglia.



“Che succede?” gli chiedo.



Lui scuote la testa per un istante, fissando il tavolo. Poi mi guarda e il mio cuore sussulta un po’ nel notare il suo sguardo tormentato. Ora sono preoccupata. “Ryan, che succede?”



“È solo che…Io faccio un commento superficiale sul fatto che quella scodella di zuppa non fosse sufficiente per saziarmi. Poi ordino un piatto di nachos. Quelle persone al rifugio…quella scodella di zuppa è tutto quello che avranno per stasera. Mi sono appena reso conto…”



La nostra cameriera arriva con le birre e le appoggia sul tavolo. Sono felice di questa breve interruzione, in modo da poter raccogliere i pensieri. Povertà e vagabondaggio non sono argomenti semplici da discutere.

 



“E ti stai sentendo in colpa.” Non la pongo come una domanda, ma come un’affermazione dell’ovvio. “Il che ci sta, Ryan. Mi sento così anch’io moltissime volte.”



“Ti ammiro molto, Danny. La tua dedizione è…ispiratrice.”



Bevo un sorso della mia birra, sorridendogli per ringraziarlo. “Beh. È una causa un po’ personale per me. Mio padre era un senzatetto, ed è morto per la strada.”



Non so perché abbia rivelato a Ryan questa informazione personale. Suppongo che non volessi fargli pensare che debbano essere tutti coinvolti quanto me. Non volevo che si sentisse in colpa. E adesso mi sta fissando…ed i suoi occhi ramati sono pieni di…compassione? No, non è questo. Empatia. Decisamente empatia.



“Com’è successo?” mi chiede dolcemente.



Io alzo le spalle, come se non fosse niente di che, invece si. Mio padre è finito in una spirale di disperazione e di vagabondaggio dalla quale neanche l’amore della sua famiglia è riuscito a salvarlo. Bevo un altro sorso di birra, chinandomi in avanti con le braccia appoggiate al tavolo.



“Mio padre faceva il poliziotto qui a Boston. Lavorava per la Narcotici e sfortunatamente il suo partner era corrotto. Ha trascinato mio padre nel furto di droga dalle prove per rivenderla nelle strade. Poco dopo sono stati scoperti, ed è stata la fine della vita di mio padre.”



È strano che ora riesca a parlare di lui senza provare enorme dolore, dato che per un lungo periodo non ci sono riuscita. Come per tutte le cose, il tempo lenisce le ferite.



Ryan si sporge oltre il tavolo e mi prende la mano. Mi passa dolcemente il pollice sul dorso mentre me la tiene stretta. “Com’è diventato un senzatetto allora?”



“La sua vita è andata semplicemente in frantumi. Per prima cosa è stato licenziato. Anche se il procuratore gli ha proposto un accordo per evitare di finire in prigione in cambio di testimoniare per l’accusa contro il suo partner e le altre persone coinvolte, l’umiliazione è stata troppo per lui. Ha iniziato a bere…pesantemente. È caduto in depressione. Infine ha iniziato a fare uso di droga…roba pesante, come l’eroina. Alla fine mia madre ha dovuto chiedergli di andarsene via di casa. Lui ha accettato ma essendo un tossico disoccupato è finito per strada.



Ryan mi stringe la mano. “Mi dispiace tanto, Danny.”



Ricambio la stretta. I miei occhi sono secchi perché non ho più lacrime per mio padre. Cerco solo di ricordare i bei tempi con lui adesso. “Va tutto bene. Ho impiegato molto tempo a fare i conti con questa cosa.”



La cameriera porta i nachos di Ryan. Li appoggia sul tavolo, porgendo un piatto ad entrambi. Osservo Ryan tirarne su una montagna, mentre io ne prendo uno da sgranocchiare.



“Com’è morto?” chiede Ryan.



“Beh, a dirla tutta ha provato a ripulirsi con l’aiuto dell’Helping Hands Ministry. In effetti i miei ultimi ricordi di papà sono le mie visite proprio lì. È riuscito a tornare sobrio per qualche mese prima di ricascarci. È tornato in strada a spacciare, e alla fine gli hanno sparato durante una trattativa finita male.”



Ryan rimane in silenzio per un minuto. E va bene così. Non è imbarazzante, e lo osservo sgranocchiare i suoi nachos. Ad un certo punto sposta via il piatto e si china verso di me, incrociando le braccia sul tavolo. Mi fissa direttamente negli occhi con serietà.



“Sono terribilmente dispiaciuto—.”



Lo interrompo spostando la mano. Gli faccio un sorriso sincero. “Non devi dispiacerti. Sono seria quando dico che ho fatto i conti con questa cosa.”



Ryan scuote la testa avanti e indietro, ed ha un’espressione triste. “No, ascoltami. Mi dispiace perché prima di questa sera…non ho mai pensato a cose del genere. Non credo di aver mai visto un senzatetto in vita mia se non in TV. E mi sento davvero uno schifo per non essermi mai degnato di pensarci prima d’ora. Però ti sono grato di avermi mostrato qualcosa di nuovo stasera. Qualcosa che tutti dovrebbero vedere.”



Ryan fa una pausa ed osserva il tavolo. Mi si spezza un po’ il cuore per lui, perché vedo che la sua ignoranza in merito gli sta provocando dolore. Non so cosa dirgli. Mi sento impotente ed improvvisamente mi rendo conto di che brutta piega stia prendendo questa serata. Perché sto iniziando a provare qualcosa per l’uomo seduto di fronte a me, ed è l’ultima cosa al mondo che vorrei adesso.



Eppure non riesco ad evitare di sporgermi oltre il tavolo per prendere la sua mano. Con l’altra mano accarezzo il dorso della sua, facendo scorrere le dita sui suoi peli. Giro il palmo all’insù, toccando i suoi calli, stupendomi della sensazione contro la mia pelle soffice. Con il pollice accarezzo il bordo esterno dell’unghia del suo pollice, quasi distrattamente, mentre penso a qualcosa di confortante da dirgli.



Alzo lo sguardo e mi si ferma il respiro. Mi sta guardando con una tale intensità che lascio andare la sua mano.



“No” mi dice con voce stridula. Poi si schiarisce la voce. “Non smettere di toccarmi.”



Sono incantata dal suo sguardo, e credo che in questo momento potrei andare a fuoco. La fame nei suoi occhi…del mio tocco…della mia approvazione…è travolgente. Riprendo la sua mano con esitazione e comincio a toccarlo come mi ha chiesto. Sento una connessione con lui che le parole non riescono a descrivere in questo momento. Sono certa che passerò un sacco di tempo più tardi ad analizzare questa cosa.



Decido di cambiare discorso per allentare la tensione.



“Allora, come mai hai tutti questi calli sulle mani?” Mi rendo conto del doppio senso, ed inizio a ridacchiare. “Intendo dire: sempre che tu possa dirlo in pubblico.”



Ryan tira indietro le mani ridacchiando. Avvicina i nachos e ricomincia a mangiare. “Sono causati dall’hockey.”



“Giochi intramurale o cosa?”



Mi sorride con indulgenza. “Gioco per la Northeastern. Sono il capitano della nostra squadra.”



Mi va di traverso il sorso di birra che mi stava scendendo in gola, e che invece ora è diretto verso i miei polmoni. Ryan attende pazientemente che finisca di tossire per schiarirmi la gola. In effetti mi sorride mentre mastica, in attesa che io riprenda fiato.



“Sei il capitano della squadra? La squadra di hockey, divisione I, NCAA della Northeastern?”



Vedo che si sta godendo il mio shock.



“Certo. Sei una fan dell’hockey?”



“Ehm, pronto? Nata e cresciuta a Boston. Ovviamente sono appassionata di hockey.”



Ryan mi fa un sorrisetto, ma invece di volerlo schiaffeggiare, vorrei far scorrere le mie dita lungo la sua mascella. Ha un accenno di barba scura che adorna i suoi lineamenti duri, rendendolo pericolosamente sexy.



“Beh, dato che sei così patita di hockey, com’è che non sapevi che sono il capitano della squadra di hockey della tua scuola?”



“Touché, Mr. Burnham…touché.” Gli faccio il saluto scherzosamente.



Si ficca un altro nacho in bocca, rivolgendomi un ghigno malvagio. “Puoi rivolgerti a me come Capitano Burnham.” Alzo gli occhi al cielo, bevendo un altro sorso di birra. Questa volta deglutisco senza problemi.










Ryan mi sta riaccompagnando al mio appartamento, e sto rimuginando sulla serata. Ho acconsentito ad uscire con lui stasera pensando che l’avrei fatto scappare via da me. Non che io creda di avere mancanze di alcun tipo. È solo che veniamo da due mondi incredibilmente diversi. Non abbiamo decisamente nulla in comune.



Ad ogni modo ho capito che Ryan Burnham è ben di più del bel faccino che ha catturato la mia attenzione inizialmente. È divertente, affascinante, gentile, e assolutamente lontano dal bacchettone presuntuoso che credevo potesse essere.



Non vorrei davvero essere attratta da lui, ma lo sono. E non so cosa fare a riguardo.



Ryan si ferma e parcheggia lungo la strada di fronte al mio palazzo. Sto per aprire la portiera, quando lui appoggia la mano sul mio braccio, fermandomi. Mi giro a guardarlo, rendendomi conto di aver perso la guerra che stava impazzando nella mia testa fino a pochi secondi fa. Alza una mano, sfiorandomi i capelli attorno alla tempia

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