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Mater dolorosa

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– Come ti piace la duchessina d’Eleda? – aveva chiesto una sera Giorgio Della Valle a Pier Luigi, cominciando, senza accorgersene, a parlare troppo spesso di Lalla. – Non è vero ch’essa è molto carina?

– Ecco, ti dirò, – rispose il conte da Castiglione, col fare di un uomo convinto della propria competenza in materia, – ti dirò: la trovo carina da guardare, la trovo; ma per tutto il resto preferisco sempre sua madre. Non ha niente di appetitoso! quaresima, caro mio, piena quaresima!… È vero per altro che sono tipetti… nervosi, dotati di straordinaria… elettricità: ma appartengono a un genere che noi vecchi non possiamo molto apprezzare. Ci si vede per altro la buona razza; le attaccature le ha fine, delicate e ha due braccia maravigliose. Peccato che, di solito, questo è il male, le gambe non corrispondano alle braccia, non corrispondano. Potrebbe darsi che quella lì fosse un’eccezione; ma ne dubito, è troppo piccolina!

Le gambe di Lalla erano una seria preoccupazione per Pier Luigi. Egli voleva sapere se le gambe della fanciulla erano belle come le braccia; e voleva saperlo senza secondi fini; era una cognizione di più che desiderava acquistare e niente altro. Ma Lalla, intanto, non poteva fare una scala senza che Pier Luigi non ci fosse sotto col naso in su. Ella se n’era accorta, e faceva le scale a precipizio, tenendosi serrata contro il muro. Per altro si godeva nel destare, nell’aizzare quella curiosità, e più di una volta quando c’era Pier Luigi presente, si lasciava sfuggire colle compagne che il giorno dopo avrebbe presa una lezione di nuoto, tanto per godersi il vecchio che stava tutto il giorno a farle la posta. Ma al nuoto Lalla non ci andava mai; i suoi scrupoli religiosi vi si opponevano, e anche la gran paura che aveva dell’acqua salsa.

La risposta dello zio impertinente aveva urtato i nervi al conte Della Valle. Egli aveva mutato subito il discorso, arrossendo anche un poco. Quelle parole erano troppo ciniche e ributtanti!

Giorgio era ritornato con Lalla il buon amico, il camerata di un tempo. Era adesso tutto intento nel metterle in bell’ordine un copiosissimo album di francobolli, e per averne i più rari, aveva scritto apposta a un suo amico del Ministero degli Esteri. Ballava con lei tutta sera, le impegnava persino il cotillon, godendosi a scherzare, a ridere, a prenderla in giro, affibbiandole sempre i ballerini più vecchi, più grassi e più ridicoli per suoi adoratori. Egli sentiva di ringiovanire e di riposare. Ma a poco a poco i loro discorsi si facevano più seri e più lunghi. Giorgio era arrivato a parlare con lei anche di politica, appassionandosi per indurla alle proprie idee, pur ammirando la sua coltura, il suo spirito, il suo ingegno; e dopo di aver cominciato col darle l’attacco, terminava sempre col difendersi. Aspettava desideroso che Lalla scendesse in sala o in giardino, e, se lei tardava a comparire, lui affettava di tardar di più ad accostarsele. Quando non si potevano parlare, si capivano guardandosi, e guardandosi appena si scambiavano osservazioni, preghiere e rimproveri. S’erano dato l’aire ridendo e scherzando… ma poi adesso non ridevano più; si erano fatti seri. Lui, alle volte, impacciato; lei arrossiva vedendolo e abbassava gli occhi; ma anche senza guardarsi si sentivano… Erano sempre poco lontani l’uno dall’altra; nelle passeggiate, alla villa o lungo il mare, Giorgio offriva sempre il braccio a Lalla, e Lalla lo aspettava, camminando innanzi sola… senza accettare il braccio degli altri. Dopo qualche giorno ancora non si parlavano più… lui più non si fermava a farle contemplare il mare ampio e il serto verdeggiante delle colline; lei più non lo faceva arrabbiare pel suo colore politico; ma, quando la fanciulla alzava gli occhi lentamente e li teneva fissi negli occhi di Giorgio, nell’azzurro profondo di quelle lunghe occhiate egli dimenticava tutto il passato in un’estasi nuova, sognando gioie serene, purissime.

XIX

In quell’estate il caldo durava insistente, e per ciò. quantunque si fosse ormai verso la fine d’agosto, ben pochi erano i forestieri che si disponevano ad abbandonare le bagnature.

Maria, o la Madonna di Neve, come la chiamavano anche a Pegli, continuava ad essere la gemma più cara e più pregiata. Tranquilla, sicura, un po’ fredda all’apparenza, solamente il pallore del volto e gli occhi profondi avrebbero forse potuto scoprire l’interno travaglio dell’anima sua. In quanto a Prospero Anatolio, egli non le badava nemmeno, e se ancora sentiva della rabbietta gelosa contro il Della Valle, questa non era ispirata che dalla fama e dalla popolarità che godeva l’autorevole deputato di Borghignano. Quando discorreva con Giorgio, il duca recitava la parte dell’uomo stanco, sfiduciato, che aveva dato volontario addio alla vita pubblica; ma invece ci pativa di non contar più nulla davvero; di essere in politica un uomo finito. Un’altra cosa non sapea perdonare al conte Della Valle: di non averlo proposto ai suoi amici del Ministero per l’ultima infornata di senatori. Se fosse stato un avversario leale, avrebbe dovuto, secondo lui, riconoscere che nel Senato il duca d’Eleda sarebbe stato al suo posto. Però quod differtur non aufertur. Prospero Anatolio ci sperava ancora. In certi suoi apprezzamenti e giudizi sulla politica del gabinetto pareva che volesse lasciar credere al Della Valle d’essersi tagliata la coda. Se lo teneva vicino, e anche lui, col sistema di Pier Luigi, quasi quasi ci trovava la mezza parentela.

Maria non capiva suo marito; quella condotta non sapeva spiegarsela; ma poi, finì col non pensarci quasi più: una nuova e fiera angosciosa battaglia si accendeva nel profondo del suo cuore.

Giorgio da qualche giorno teneva con lei un contegno affatto nuovo. Era pieno di premure, e non la lasciava mai sola, un minuto. Quando Maria passeggiava a braccio con lui sentiva il cuore di Giorgio che batteva più forte, mentre le parlava vicino vicino, fissandola con tenerezza, affettuosissimamente, come non aveva mai osato. Quello poi che le dispiaceva di più era la corte sfacciata che anch’egli faceva a Prospero e faceva a Lalla; tanto che, se Lalla non fosse stata ancora una bambina in confronto di Giorgio, Maria avrebbe dovuto troncarla subito; insomma, anche il suo ideale si offuscava, e la poveretta, disingannata, sentiva ch’esso pure stava per ispiegare le insidie… per tentare di sedurla.

– Anche lui come gli altri!… – Ma Giorgio, l’uomo leale e onesto, non poteva lasciarsi vincere dallo stimolo di un capriccio, di un affetto volgare; egli conosceva Maria troppo a fondo per poter credere, per poter sperare il più tenue ricambio; dunque… dunque Giorgio doveva trovarsi dominato da una forza irresistibile, che non gli permetteva più nè di ragionare, nè di vincersi; che lo rendeva misero, infelice, e forse, invece di condannarlo, avrebbe dovuto compiangerlo!… Egli non aveva ancor detto una parola che potesse offenderla, ma le sue premure si facevano sempre più insistenti e palesi; e Maria volle fuggire di nuovo. Bisognava partire subito; si fece coraggio, e domandò a suo marito quando sarebbero ritornati a Borghignano.

– Quando vuoi, cara: domani è venerdì… partiremo dopo domani. – Conosciuta appena la risoluzione della famiglia d’Eleda, la colonia dei bagnanti, per consolarsi del distacco, volle dare un gran ballo, che sarebbe stato l’ultimo della stagione.

Ma non si consolarono tutti a quel modo; anzi ci fu, precisamente, chi non si consolò affatto. Il povero Della Valle era rimasto sbalordito, quasi sgomento, ad una tal nuova. Guardava Maria con occhiate lunghe e dolenti, e più di una volta stava per aprir bocca, per confidarle chi sa che cosa, ma poi non aveva coraggio di cominciare. Maria, la quale credeva di capire che cosa Giorgio voleva dirle, anche Maria faceva di tutto per non lasciarlo parlare. E l’ultimo giorno di Pegli rimase chiusa in camera per non vederlo, per non incontrarlo; ma, il dopo pranzo, dovette pur scendere, e non avendo alcuna buona ragione da addurre, dovette assistere al ballo che veniva dato appunto in suo onore. Per altro si sforzò a ballare quasi tutta la sera, e si tenne sempre intorno un gran circolo, per non avere a trovarsi sola con Giorgio, che le girava continuamente vicino, e faceva un braccio di muso a tutta quella gente. In fine, passeggiando dopo una quadriglia, che Maria non gli avea potuto negare, egli, tremando un po’ nella voce, le domandò un’ora, per l’indomani, nella quale potesse riceverlo, solo, avendo gran bisogno di parlarle e di parlarle a lungo. Maria diventò pallida, lo fissò seriamente, quasi serenamente; poi, senza rispondergli, si staccò dal suo braccio e sparì dal ballo, lasciando il conte Della Valle molto meravigliato, e anche un po’ mortificato.

– Anche lui, come gli altri! – continuò Maria a ripetere, a dolersi; e non lottando più oltre per vincere il proprio amore, più sincera con sè stessa, solo rimpiangeva il caro ideale svanito, perduto, e non capiva che se lo rimpiangeva era solo perchè lo amava sempre, sempre di più, e perchè in tutto quel tempo passato insieme, il suo ideale si era fatto più forte, più vivo, era passato dall’anima al cuore.

Il giorno dopo essa non uscì dal suo quartierino, nemmeno per scendere a pranzo; ma il Della Valle non si perdette d’animo; e trovato il momento nel quale Lalla era andata in chiesa con miss Dill, e Prospero stava meditando sullo Spettatore, si fe’ coraggio e salì solo solo in cerca della duchessa.

L’uscio del salotto era socchiuso, e dalla fessura egli potè scorgere Maria appoggiata alla finestra, che gli voltava le spalle, e allora, ricordandosi che quella donna per tanti anni era stata come una sorella per lui, entrò risoluto, chiamandola per nome.

Maria guardava il mare, ma era pur sempre fissa ne’ suoi tormentosi pensieri, quando udì la voce di Giorgio, gittò un grido, e si voltò come spaventata.

– Che volete?… – Come siete qui?… Perchè?… Come siete entrato?…

 

– Non mi sono fatto annunziare perchè temevo, in tal caso, che non mi avreste ricevuto – rispose il Della Valle, non senza amarezza.

– Scusate, ma…

– Noi due, non ci conosciamo da ieri, Maria, ma da molti anni. Fummo sempre come fratello e sorella. Perchè oggi non dobbiamo più essere… nemmeno due buoni amici?

– Ma…

– Vi cerco, e voi mi fuggite sempre?… Vi domando un colloquio, e voi me lo rifiutate?

Maria, tanto si sentiva commossa, si lasciò cadere sopra una poltrona ch’era vicino alla finestra. La tenda, dapprima sollevata dalle sue mani, calò giù, distesa, e il salottino rimase al buio.

– Sono molti anni. Maria, – continuò il Della Valle, – sono molti anni che voi vi siete mutata con me; molto mutata. Che cosa vi ho fatto? Nulla, posso dirlo, nulla! Fanciulli tutti e due, abbiamo avuto comuni le prime gioie e i primi affetti: ricordate che io chiamavo mamma, la vostra mamma?… Vi ho voluto bene sempre come una sorella, e se oggi comincio a sentire per voi un altro affetto, forse più forte, ma ugualmente sacro, per l’anima mia ve lo giuro, non c’è nulla ch’io vi debba nascondere, nulla di cui mi abbia a vergognare, nulla che possa meritarmi la vostra freddezza, e tanto meno poi la vostra collera.

La passione traboccava dalle parole di Giorgio, e la povera donna, combattuta da tanti e così opposti sentimenti, sorpresa in un momento di abbandono, vinta quasi da una persecuzione così spietata, eppur così cara, credette d’intravedere nell’uomo che le parlava un linguaggio così eloquente per il suo cuore, tutta la storia dei suoi propri dolori, delle stesse sue gioie; non ebbe il coraggio di condannarlo e nemmeno la forza di farlo tacere. Sentiva troppo che la colpa non avrebbe potuto nascondersi in quell’animo onesto, che la menzogna non avrebbe potuto macchiare quella fronte aperta e leale; non lo condannò ma lo compianse, come compiangeva sè stessa; alzò gli occhi negli occhi di lui e stordita, affranta, senza parlare, colla gola serrata, stese una mano al Della Valle, che la prese tremante, e inginocchiandosi a un tratto innanzi a lei, la coprì di baci.

– No… no… andate via… andate via.

– Mi perdonate? – balbettò l’altro con un fil di voce – mi perdonate?… e, come foste mia sorella, vorreste essere anche… un poco… mia madre?…

Maria sentì un brivido, una stretta al cuore che la fece balzar di scatto, per ricadere come morta, livida, sulla poltrona.

Buon per lei ch’era scuro là dentro e che Giorgio, bene, non la poteva vedere.

– Lalla?… – balbettò con uno sforzo che pareva un singulto.

– Lalla… sì… l’amo, l’amo, l’amo!… come un pazzo!

– Voi?!…

– Ve ne scongiuro, Maria, non vogliate essere gelosa dell’affetto di vostra figlia per me. Se Lalla mi vorrà un po’ di bene, questo affetto non sarà tolto, credetelo, alla sua immensa tenerezza per voi; invece di uno solo avrete due figli… che vi adoreranno…

– Ma io, io non posso…

– Voi potete tutto, e perciò è a voi che io mi rivolgo. Ritornate buona con me e… e se un giorno vi ho offesa, se un giorno ho potuto spiacervi difendendo troppo vivamente chi aveva dei gravi torti verso di voi, perdonatemi, se non altro, in conto delle mie buone intenzioni; perdonatemi, e ritornate mia sorella oggi, per essere mia madre domani, perchè oggi è a mia sorella ch’io mi rivolgo pregandola di chiedere formalmente per me, al duca e alla duchessa d’Eleda, la mano della loro figliuola. Amo Lalla come non ho amato mai, come non sapevo, come non sospettavo neppure che si potesse amare; e nel ricambio di questo affetto è riposta ora, e per sempre, tutta la felicità, tutto lo scopo della mia vita, e la mia vita istessa.

Detto ciò, il Della Valle, baciata ancora una volta quella mano fredda, ghiacciata, ch’egli teneva stretta fra le sue, si ritirò inchinandosi profondamente, e lasciò sola Maria, volendo rispettare quel momento tanto solenne e grave per il cuore di una madre.

Maria, rimasta sola, strinse la fronte come per riordinare le idee, e il cuore, quasi per ispremerne l’affanno. Oh! l’ideale ritornava bello, alto, puro; ma ritornava tale mentre le chiedeva la mano di sua figlia.

Povera donna!… Povera donna! – Che cosa avrebbe fatto? – Suo primo pensiero fu quello di rispondere al Della Valle con un rifiuto; ma quale ragione, quale pretesto avrebbe potuto adoperare?

Ogni madre sarebbe stata lieta ed orgogliosa di concedere in isposa la propria figlia al conte Della Valle… e lei no? Perchè?… perchè essa lo amava? perchè il Della Valle era il suo amore segreto? Ma ciò essa non poteva, non doveva dirlo ad alcuno! E così, colpevole come donna, colpevole come moglie, si sarebbe fatta colpevole anche come madre, sacrificando a quel suo amore, l’avvenire e la felicità della propria figlia? – Combatti, combatti sempre – le aveva detto don Gregorio, e allora la tua passione non sarà una colpa ma un esempio.

Combattere? ma chi gliene avrebbe data la forza? Fuggirlo, non vederlo mai più, soffocare l’amor suo, soffocando anche il proprio cuore, uccidendosi a poco a poco, questo avrebbe potuto fare; ma dare in isposa la propria figliuola all’uomo ch’ella stessa amava, che adorava in segreto, oh era troppo pretendere da lei, e davanti a quel sacrificio enorme, mostruoso, il suo cuore, la sua mente, il suo sangue, tutta lei si ribellava e aveva diritto di ribellarsi; ma come fare?… come fare?

E così, povera donna, il rimorso, l’amore, mille dubbi angosciosi l’agitavano, la torturavano con assalti nuovi e spietati! Oh! s’ella avesse potuto morire in quel giorno!… Ma a poco a poco, dopo qualche ora di strazio, ritornò la pace al suo spirito. Riflettendoci bene, pensò che Prospero non avrebbe acconsentito a quelle nozze; no, no, certamente. Egli non avrebbe mai concessa la mano di Lalla al suo fiero avversario, al suo competitore, al suo vincitore; e Maria, affidandosi a quel soccorso insperato, volle subito uscire da ogni incertezza, fece chiamare il marito, e superando a stento la propria commozione, gli espose la inaspettata domanda del conte Della Valle.

– E tu, cara, tu che cosa gli hai risposto?…

– Io?… nulla; ma credevo, temevo che… che tu…

– Credevi… temevi… per il sì, o per il no?… – e il duca Prospero disse queste semplici parole sorridendo bonariamente; ma le accompagnò con un accento singolarissimo e con una finezza così ironica che volevano alludere segnatamente al di lei amore per Giorgio, ch’ella tanti anni prima gli aveva confessato.

– Certamente – soggiunse Maria che non tremava più, fatta sicura da un impeto subitaneo di rivolta; – certamente, questo matrimonio sarebbe convenientissimo per ogni verso: ma dubito assai che vi possa essere qualche serio ostacolo per la disparità delle vostre idee e delle vostre opinioni, e, francamente, per la reciproca antipatia che ho sempre notata fra voi due.

– L’antipatia, cara, è una sensazione, più che un sentimento, e si modifica a seconda dei casi. Il Della Valle, per esempio, che mi era antipaticissimo come uomo politico, sotto il nuovo aspetto di genero non lo vedrei punto di mal occhio. Se le nostre idee sono agli antipodi, che cosa importa? Tutte le convinzioni vanno rispettate quando sono sincere. Bisogna essere tolleranti a questo mondo, e mostrandosi tale si guadagna un tanto anche nella pubblica estimazione. E poi… e poi i tempi si fanno difficili; la marea cresce, cresce ad ogni ora, spaventosamente; e se la Monarchia, a forza di democratizzarsi, andrà a gambe levate, quel giorno, credilo, cara, l’aver in casa un po’ di repubblica, sarà una gran fortuna. Sicuro che se tu non dividi queste mie vedute, se tu per ragioni particolari, ch’io rispetterò sempre, non vuoi consentire con me…

– Io sono d’accordo, pienamente.

– E allora, meglio così; e facciamo buon viso a questo… genero, inviatoci dalla Provvidenza.

E intanto pensava tra sè: – È pienamente d’accordo, dunque non lo ama, e non lo ha amato mai!

Ma la sicurezza, la tranquillità di Maria, provenivano da una nuova speranza che le era balenata: fra Lalla e Giorgio c’era troppo differenza d’indole, di gusti di temperamento e di età; Lalla non avrebbe potuto innamorarsi d’un uomo serio, d’un filosofo come il Della Valle, e che aveva quasi vent’anni più di lei: e se sua figlia avesse sentito di non poter esser felice con lui, allora Maria avrebbe avuto non il diritto solamente, ma anche il dovere di salvare la propria creatura.

– Tutto sta bene – disse Maria in forma di conclusione al marito, – ma si deve interrogare Lalla in proposito. Capirai, in questo caso, la sua volontà deve essere legge per noi.

– Sicuro, sicuro; la sua volontà prima di tutto: quantunque ella non dovrebbe avere una volontà diversa dalla nostra. Sicuro, bisognerà interrogarla. Tu per altro, se la trovi titubante, cerca, s’intende per il suo bene, di persuaderla. Deve essere contenta lei, prima di tutto, questo sì; ma noi abbiamo il dovere di pensare alla sua vera felicità. Io la mando qui subito; se accetta è una grande consolazione per me, se… se volesse rifiutare, ribatti, insisti, ma sempre colle buone, e se non ci riuscirai… mi ci proverò un pochino anch’io.

Prospero Anatolio uscì gongolante dalla camera della moglie, corse giù dalle scale, con un’agilità da giovanotto, e andò in cerca della figliuola.

Quel matrimonio gli accomodava moltissimo. Gli ritornava la popolarità a Borghignano, gli apriva le porte del Senato, temperando le tinte del suo colore politico, gli assicurava la quiete, la tranquillità negli sconvolgimenti dell’avvenire, e finalmente acquietava, completamente e per sempre, il suo cuore e la sua vanità di marito.

Lalla non gli era stata mai tanto cara, e quando la ebbe raggiunta, l’abbracciò più volte, coprendola di carezze e di moine.

– Hai pregato il Signore? Lo hai pregato proprio col cuore?

– Sì, babbo; per te e per la mamma.

– Ebbene, la tua mamma ti aspetta; ha da parlarti di cose molto serie, molto importanti. Va, corri da lei, e ricordati che una buona figliuola non deve avere altra volontà tranne quella dei suoi genitori, che le vogliono bene, e che si sacrificherebbero anche, pur di vederla felice… ad ogni costo.

Lalla, alle prime parole, aveva capito tutto; ma finse, si intende, di non capire nulla, e corse dalla mamma.

Come Maria l’aspettava, può immaginarlo soltanto chi ha molto amato e molto sofferto; la risposta di Lalla voleva dire la sua felicità, voleva dire la sua vita…

Maria le parlò tremando, impallidendo, con le labbra secche, con gli occhi arsi, ma senza una lacrima.

Invece Lalla l’ascoltò sino alla fine, poi si gettò fra le sue braccia piangendo e abbassando la vaga testolina, con una verecondia piena di grazia infantile.

Maria era perduta.

Intanto Prospero Anatolio che aveva speso bene il suo tempo origliando alla porta, per regolarsi secondo gli eventi, entrò sorridente, beato. Lalla sorrise anche al babbo fra le lacrimucce, e, come si era prima gettata nelle braccia della mamma, così adesso corse a nascondersi in quelle del suo caro papparino, con gli stessi attucci pieni di verecondia e di gioia.