La Proposta Del Miliardario

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Capitolo Due

El rimase in piedi davanti alla scrivania del signor Marlow finché non gli venne detto di sedersi. Giocherellò con i polsini della camicia e lisciò il tessuto dei pantaloni per cercare di calmarsi. Non funzionò. Il suo cuore batteva troppo forte e riusciva a sentire le goccioline di sudore scendergli lungo la schiena. El aveva una cotta per il “grande capo”… non che quell'infatuazione potesse evolversi in altro. Era solo un dipendente dell'azienda, mentre Remington Marlow era un miliardario che poteva avere qualsiasi uomo volesse. Inoltre, El era lì per parlare di lavoro, non per fare il punto sulla propria vita sentimentale. Doveva iniziare a parlare e chiedergli di poter fare delle ore extra. Doveva fare in fretta per poter tornare a casa e controllare la salute di sua madre. Non aveva tempo di pensare a qualcosa che ovviamente non sarebbe mai accaduto. Doveva concentrarsi sulle cose pratiche. Le fantasie e i sogni non facevano più parte della sua vita da un bel po' di tempo.

Poi, Remington Marlow fece la cosa più sbagliata. Sorrise.

Dio.

Il cuore di El aveva forse smesso di battere? Perché non riusciva né a sentirlo né a riprendere fiato. Il suo cervello smise di funzionare e, per un breve attimo, non riuscì nemmeno a ricordare perché fosse lì. Merda. Doveva andarsene da quell'ufficio prima di rendersi completamente ridicolo. Si sarebbe ritrovato senza un lavoro nel giro di un battito di ciglia, se il “grande capo” si fosse accorto dei suoi pensieri.

“Allora, come posso aiutarti?” chiese Remington, unendo le dita sopra la scrivania e fissandolo in modo penetrante.

“Io…” El si schiarì la gola. “Vede, mi chiedevo se fosse possibile fare qualche altra ora di straordinario. Abbiamo alcuni nuovi progetti sui quali potrei lavorare fuori orario d'ufficio.”

Ecco fatto. Era riuscito a dirlo senza troppi problemi. Sperava solo che la sua faccia non fosse diventata troppo rossa e che la voce non avesse tremato tanto quanto l'avevano percepita le sue stesse orecchie. Sarebbe stato imbarazzante. Era un dipendente specializzato, dannazione, doveva comportarsi come tale.

“Ho capito. Fammi controllare un paio di cose.” Il signor Marlow si voltò verso il computer e premette alcuni tasti, poi si accigliò. “Mi dispiace. Sembra che tu abbia già raggiunto il numero massimo di ore lavorative settimanali.” Digitò qualcos'altro.

El si coprì il viso con le mani e chiuse gli occhi. Avrebbe dovuto trovarsi un secondo lavoro e non poteva più permettersi di lasciare sua madre da sola, anche se a lei andava bene. El aveva bisogno di essere al suo fianco per aiutarla.

Non avevano bisogno di nessun altro e, se avesse chiamato la casa di riposo, sarebbe stato come ammettere di aver perso. Uno dei vantaggi di quel lavoro era la possibilità di lavorare da casa. L'azienda offriva ai dipendenti dei computer per poter accedere al sistema in modo da continuare a lavorare ai progetti di cui si stava occupando, anche se non era più nell'ufficio. Aveva cercato di non abusare di quel privilegio ma, con sua madre sempre più malata, era stato costretto a fare di tutto pur di stare con lei. Le ore di straordinario potevano essere svolte a casa, ed era proprio quello che El aveva sperato di poter ottenere andando a parlare con il grande capo. Non poteva trovare un altro impiego, perché sicuramente avrebbe richiesto la sua presenza fisica sul posto di lavoro.

Questa giornata può peggiorare ancora?

Sospirò e si asciugò le mani sulle cosce, poi si alzò e tese la mano. “Mi scuso per il disturbo. Grazie per il suo tempo, signor Marlow.”

“Non avere fretta.” L'uomo tamburellò con le dita sulla scrivania. “Siediti, per favore.”

Il signor Marlow lo stava fissando così intensamente da metterlo un po' a disagio. El si voltò per andarsene. Doveva uscire. Subito. Se non lo avesse fatto avrebbe rischiato di fare qualcosa di cui si sarebbe senza alcun dubbio pentito. Quindi doveva uscire da quell'ufficio e cercare subito un secondo lavoro. “Ho davvero bisogno di fare la pausa pranzo. Io ho…”

Il signor Marlow si alzò e gli si avvicinò. “E se avessi una proposta per te? Non voglio immischiarmi nella tua vita privata, ma quanto hai bisogno di lavorare?” Si avvicinò al bordo della scrivania e si sedette, le braccia incrociate sul petto.

Quello lo sorprese. Cosa aveva intenzione di fare il suo datore di lavoro?

“È personale.” El tornò verso la sedia. Qualcosa nel modo in cui il signor Marlow lo stava guardando lo metteva a disagio. Non riusciva però a capire cosa e non poteva permettersi di offendere il proprio datore di lavoro. Se fosse stato costretto a ricominciare da capo da qualche altra parte si sarebbe ritrovato ben più indebitato di quanto fosse in quel momento. Stava cercando di fare del suo meglio con quello che aveva e non aveva mai chiesto un congedo familiare o un giorno di permesso. Nessuno all'interno dell'azienda sapeva di sua madre, tranne Sara Jo, e El aveva intenzione di continuare a tenere le cose nascoste.

Il signor Marlow sollevò entrambe le mani. “Ho una proposta da farti. Ma voglio innanzitutto dirti che quello che sto per chiederti non influenzerà in alcun modo il tuo lavoro, soprattutto se rifiuterai. Capito?”

El annuì. Sentiva una strana sensazione di pesantezza nello stomaco, come se qualcosa che non doveva essere lì si stesse muovendo all'interno.

Cosa diavolo ha intenzione di chiedermi?

“Bene. D'accordo. Voglio che tu venga a vivere con me.”

“Cosa?!” El si alzò così in fretta che la sedia sulla quale era seduto si spostò indietro.

“Un attimo, in quel modo suonava strano. Voglio che tu finga di essere il mio ragazzo. Vieni a vivere con me per un po' e aiutami a convincere mio padre che ho deciso di mettere la testa a posto e che ho trovato un ragazzo.” Il signor Marlow lo fissò negli occhi.

“Io… cosa… non… Perché?” Quello doveva essere un incubo. Per quanto ne sapeva, la mossa successiva sarebbe stata trovarsi nudo nel bel mezzo del liceo che aveva frequentato a cercare di rispondere a una domanda impossibile del professore.

“Non devi rispondermi subito. Prenditi un giorno o due. Aspetta! Non hai un compagno, vero?”

E me lo chiede ora?

El tornò a sedersi. Un compagno? Come se ne avesse il tempo. E non doveva pensare all'assenza di vita sentimentale subito dopo aver sentito la proposta del suo datore di lavoro. Avrebbe dovuto sentirsi indignato.

“Guarda, vai a pranzo. Pensaci. Quando avrai una risposta, fammela sapere. Ti darò altri dettagli in quel momento. Ti farò sapere, eventualmente, quello che ti aspetta. Possiamo stipulare un contratto. Come ho detto, questo non influirà in alcun modo sul tuo lavoro. Mi faresti un enorme favore e io in cambio ti aiuterei con i soldi extra di cui hai bisogno. Non posso davvero farti fare altri straordinari, in questo momento, quindi non la sto usando come scusa.”

Il signor Marlow si alzò e gli tese la mano. El si alzò a sua volta e la strinse, poi si voltò e se ne andò.

Non aveva nient'altro da dire. Non riusciva a dire altro. La sua mente era in subbuglio. Era entrato in quell'ufficio intenzionato a chiedere ore extra di lavoro e ne era uscito con una proposta di fidanzamento.

Solo per finta.

Non sarebbe stato qualcosa di reale. E aveva sua madre a cui badare. Cosa ne avrebbe pensato lei? Non c'era modo che El le mentisse su qualcosa. Le era rimasto troppo poco tempo.

* * * *

El tornò a casa alcune ore dopo. Cercò di fare meno rumore possibile perché non sapeva se sua madre era sveglia oppure no. Avrebbe impiegato comunque pochi minuti per scaldarle la minestra. Sua madre probabilmente non avrebbe avuto fame ma El sperava di riuscire a convincerla a buttare giù perlomeno un paio di cucchiai di brodo.

Entrò in cucina e tirò fuori la minestra che aveva cucinato quel fine settimana. Ne faceva sempre un bel po', per velocizzare la preparazione dei pasti nei giorni successivi, quando aveva meno tempo. Avrebbe dovuto preparare qualcosa anche per sé ma ci avrebbe pensato più tardi. Avrebbe mangiato mentre tornava in ufficio. Mangiare di fretta e accontentarsi di quello che trovava era un'abitudine che aveva preso quando sua madre era peggiorata.

Prese una ciotola dal mobiletto. Avrebbe tanto voluto scaldarla sui fornelli ma non ne aveva il tempo. Se avesse avuto abbastanza soldi…

Soldi.

Forse non doveva pensarci, perché altrimenti sarebbe tornato di corsa in ufficio e avrebbe accettato tutto quello che gli aveva offerto il suo capo. Non doveva buttarsi a capofitto in quel modo. Cosa sarebbe accaduto a sua madre? Doveva parlarne prima con lei. E restava comunque un'idea folle. El si chiese come fosse venuta in mente al signor Marlow. Forse avrebbe dovuto chiederglielo prima di dargli una risposta.

Riempì la ciotola con la minestra e si voltò verso il microonde per scaldarla. A sua madre non piaceva che fosse troppo calda, così l'avrebbe lasciata raffreddare un po' sul tavolo mentre andava a svegliarla. Dovevano parlare, voleva sentire cosa ne pensava lei di tutta quella situazione.

Ma se si fosse trattato davvero di una buona proposta? E se in quel modo avesse potuto ottenere i soldi necessari per quel farmaco sperimentale? Forse avrebbero potuto permettersi anche di pagare un'infermiera che andasse a casa loro un paio di giorni a settimana. El avrebbe usato tutto l'aiuto che sarebbe riuscito a trovare.

Però, quando sembrava troppo bello per essere vero, di solito era troppo bello per essere vero. Lo aveva sentito ripetere spesso da sua madre nel corso degli anni.

 

Il bip del microonde lo fece sobbalzare.

“El? Sei tu?” Riuscì a sentire a malapena la sua voce giungere dalla sua stanza.

“Sì, mamma. Ti ho scaldato un po' di minestra.”

“Non ho fame.”

Suonava un po' meglio di quel mattino. La sua voce non si era spezzata mentre parlava. Forse quello era uno dei giorni sì, per lei. Afferrò il guanto da forno e tolse la zuppa dal microonde.

“Forse tra un po' ti verrà fame. Comunque adesso è troppo calda per essere mangiata, lasciala raffreddare.” El entrò nella sua stanza.

Sua madre si mise a sedere sul letto. Era debole e aveva davvero bisogno di mangiare. Se non lo avesse fatto, non sarebbe riuscita a trovare le energie necessarie per sopportare le controindicazioni dei farmaci.

“Va bene. Appoggiala pure lì.” Indicò il comodino.

El avrebbe fatto di tutto per lei, anche trasferirsi a casa del suo datore di lavoro in modo da poter ricevere i soldi che lui gli aveva promesso. Ci stava davvero pensando? Sì, lo stava facendo. Per far stare meglio sua madre e allungarle la vita, avrebbe fatto ogni cosa. Non era ancora pronto a dirle addio. Fanculo al cancro.

“A cosa stai pensando così profondamente?”

El si riscosse e spostò la poltrona reclinabile vicino al letto in modo da potersi sedere accanto a lei.

“Ho chiesto altri straordinari.” Scrollò le spalle come se non fosse un grosso problema.

“Oh, El, no. Dovresti usare quel tempo per fare qualcosa di divertente.”

“Quello di cui ho bisogno è che tu stia bene.” Le sorrise.

“Si vive solo una volta. Io dovrei saperlo meglio di chiunque altro. Ci sono un sacco di cose che avrei dovuto fare prima di ridurmi in questo modo.” Tirò più su la coperta, strattonandola con le dita.

“Tipo cosa?” El era curioso. Sua madre non aveva mai parlato di quello che le sarebbe piaciuto fare, probabilmente perché non avrebbe potuto comunque farle, dato che era una madre single. Forse temeva che El si sarebbe incolpato per questo.

“Viaggiare. Non avrei dovuto preoccuparmi di non avere i soldi. Parigi, Nuova Zelanda, Giappone… Ci sono così tanti posti da vedere al mondo. Una volta che me ne sarò andata, tu…”

“Non dire così.” El non riusciva a sopportare il pensiero di una vita senza di lei.

“Devi essere realistico, tesoro. Quando me ne sarò andata, dovrai viaggiare… o comunque fare quello che avresti voluto fare ma che hai sempre rifiutato. Dovrai goderti la vita.”

El odiava sentirla parlare così. Aveva lo stomaco sottosopra e voleva disperatamente piangere. Era sua madre. Non poteva lasciarla andare. Non ancora.

“Va bene.” Per il momento era meglio assecondarla, così avrebbero potuto chiudere quel discorso tanto penoso. “È successa una cosa strana al lavoro. Quando ho chiesto al mio capo di avere altri straordinari, mi ha risposto che avevo già raggiunto il numero massimo di ore lavorative.”

“Bene!”

El emise una risata. Quella era sua madre.

“Comunque, mi ha detto che aveva una proposta da farmi.”

“Sta diventando interessante.” Sua madre si sfregò le mani.

“Senti prima quello che mi ha proposto. Vuole che mi trasferisca a casa sua.”

“Aspetta, cosa? State uscendo insieme? Non mi avevi detto di avere un ragazzo.” Sembrava un po' confusa e anche un po' offesa.

“No, non stiamo uscendo insieme. Vuole che io sia il suo 'finto' fidanzato.”

“Perché?”

“Non gliel'ho chiesto. Ero troppo shoccato dalla sua proposta. Mi ha detto che mi avrebbe pagato, perché ho bisogno di soldi. Dovrei solo trasferirmi da lui e fingere che stiamo insieme.”

“Fallo.”

El era sconvolto. “Cosa? Mi stai prendendo in giro?”

“Certo che no. Accetta la sua offerta.”

“E tu?”

“Chiama la casa di riposo.”

“No.” Non poteva farlo. Non ancora.

“Allora chiama una di quelle infermiere a ore. Sono abbastanza sicura che siano coperte dall'assicurazione. Controlla. Ma voglio che tu accetti la sua proposta. Fallo per me. Non voglio che tu rimanga solo.”

“Mamma, non hai sentito la parola 'finto'?”

“L'ho sentita. Ma non si sa mai cosa può accadere. Fidati di tua madre.”

“Questo non è un romanzo rosa. Mi trasferirò solo per un periodo di tempo limitato. Firmeremo un contratto. Sarà tutto stabilito a tavolino.”

“Sarà meglio che ti dia da fare, allora. Ho visto il tuo capo. È sexy.”

El sospirò. “Devi proprio sentirti meglio.”

“La vita è breve, tesoro. Devi divertirti.”

Divertirmi. So ancora come si fa?

Sua madre gli aveva appena detto di accettare la proposta, e lei era l'unica persona al mondo a cui non riusciva a dire di no. Ma a quale prezzo?

Capitolo Tre

Poteva andare meglio.

Remi sbatté la testa contro la scrivania un paio di volte. Non servì a niente. Avrebbe dovuto pensarci di più prima di blaterare quella strana proposta.

Forse era meglio andare a pranzo e dimenticare tutto, attribuendolo a un'allucinazione da zuccheri. Non che ne avesse mai avuta una. Ma quello era un giorno buono come un altro per una prima volta. Voleva fare felice suo padre ma al tempo stesso sapeva che un finto fidanzato non sarebbe comunque durato. Era un'idea stupida pensare di poter fingere di avere una relazione per un certo periodo di tempo. Remi aveva bisogno di tagliare le spese e vivere solo della rendita mensile fino a quando i soldi del conto fiduciario non fossero stati nelle sue mani. Poteva mostrare a suo padre che era in grado di farlo. Forse quello avrebbe attirato l'attenzione di suo padre abbastanza da fargli capire che Remi non aveva bisogno di qualcuno nella sua vita, non in quel momento, e forse mai. Era gay. Perché avrebbe dovuto adeguarsi all'idea eterosessuale di relazione monogama?

Per papà.

Remi sospirò. Sapeva che suo padre aveva a cuore la sua vita ma a volte gli rendeva le cose davvero difficili.

Ripensò all'espressione sul viso di Elros. Era passato dallo shock al rimuginarci sopra. Sarebbe davvero così brutto?

La sua mente era troppo affollata di pensieri. Doveva uscire dall'ufficio e schiarirsi le idee. Si metteva sempre nei guai quando faceva le cose senza riflettere, come quella volta che aveva convinto suo cugino a fare quel tuffo dalla scogliera. Aveva pensato che sarebbe stato divertente ed era saltato con lui… senza pensare, aveva solo agito. Suo cugino aveva sbattuto la testa su una roccia, era svenuto ed era stato portato in ospedale. Solo dopo aveva scoperto che Michael aveva paura delle altezze. Forse Remi non avrebbe fatto una cosa simile se lo avesse saputo. Forse. Era proprio quell'atteggiamento del cazzo che lo metteva nei guai.

Un lieve bussare alla porta lo distrasse dai pensieri.

“Sei pronto per l'incontro col signor Johnson?” Sara Jo fece capolino dalla porta.

“È già l'una e mezzo?” Bene, ecco come saltare la pausa pranzo.

“Quasi. Volevo assicurarmi che tu avessi il tempo di rivedere gli appunti prima che arrivassero i dirigenti.”

“L'ho già fatto. Se hai già preparato la sala riunioni, vado subito lì.”

“È tutto pronto. Ho fatto il caffè e messo le bottigliette d'acqua nel frigo per averle alla giusta temperatura. Chiederò loro se vogliono altro quando arriveranno.”

“Perfetto, grazie.”

“Com'è andato l'incontro con El?”

Remi si era dimenticato che i due fossero amici. Avrebbe dovuto ricordarlo. Dannazione. Quello avrebbe potuto rendere difficile l'intera situazione, perché il piano non avrebbe funzionato con Sara Jo, lei forse avrebbe visto oltre le bugie. Ma nessuno poteva saperlo. Se qualcuno lo avesse saputo, lo avrebbe scoperto anche suo padre. Scopriva sempre tutto. Era tipo… il suo super potere.

“È andato bene.”

“Okay, d'accordo.” Sara Jo si chiuse la porta alle spalle.

Remi avrebbe dovuto parlare con El e assicurarsi che non dicesse niente, anche se non era d'accordo. Se non avesse accettato, Remi avrebbe cercato qualcun altro. Non aveva il tempo di convincere le persone. El era perfetto, maledizione. Aveva bisogno di soldi. Era intelligente. Sembrava anche facile parlare con lui. Ma c'era Sara Jo. Loro due erano buoni amici. Avrebbe mai creduto che stavano uscendo insieme? El le aveva già detto qualcosa al riguardo?

Forse si sarebbero rivelati più compatibili di quanto entrambi pensassero. Ma, per il momento, aveva bisogno di concentrarsi sugli affari. Non poteva presentarsi alla riunione con la testa che virava da tutt'altra parte. Ci sarebbe stato tempo per pensare a quello, più tardi, anche se non aveva un vero e proprio piano d'azione con Elros. Avrebbe potuto chiamarlo nel proprio ufficio. No, non poteva. Aveva detto al ragazzo che gli avrebbe concesso un paio di giorni per riflettere. Se lo avesse spinto a dargli una risposta prima del tempo, sarebbe stato scortese.

El era un buon dipendente. Aveva sempre lavorato sodo e creato ottimi progetti. Inoltre, era capace di controllare il lavoro delle altre persone e trovare errori come nessun altro nella squadra. Remi non parlava personalmente con tutti i dipendenti del settore siderurgico, ma si informava regolarmente e sapeva bene chi era capace di fare cosa. L'azienda non poteva permettersi di perdere qualcuno così esperto.

Remi desiderò aver chiesto ad El perché avesse così disperatamente bisogno di soldi. Forse avrebbe potuto offrirgli qualcosa di più specifico per convincerlo ad accettare la proposta. Era consapevole che avrebbe dato ad El tutto ciò di cui aveva bisogno pur di ricevere un sì da parte sua.

Ora basta, sul serio.

Aveva del lavoro da fare. Prese i disegni arrotolati sulla scrivania e si diresse verso la sala riunioni. Quell'incontro era molto importante e aveva bisogno di tutta la propria concentrazione. Sì. Doveva concentrarsi sul lavoro e non sul modo in cui le guance di El erano diventate rosse quando gli aveva detto di andare a vivere insieme. Quel rossore aveva conferito al suo viso qualcosa di ancora più affascinante. No. Quel pensiero doveva lasciarlo per dopo.

Le luci della sala riunioni erano già accese quando arrivò. Posò i disegni sul tavolo e li aprì. Avrebbe usato anche il proiettore. C'erano alcune foto che la squadra aveva scattato e che sarebbero state molto utili. Ma prima aveva bisogno di un caffè.

“Li faccio accomodare tra un attimo.” La voce di Sara Jo riempì la stanza. Il buon vecchio interfono. Se Remi aveva sussultato al suono della voce improvvisa, nessuno avrebbe potuto comunque dirlo dato che era ancora da solo. Prese il caffè e rimase in piedi accanto alla propria sedia, in attesa, poi diede il benvenuto a tutti quando entrarono. Ci siamo. È tempo di risplendere.

Sara Jo offrì loro il caffè e l'acqua in modo che Remi potesse concentrarsi sulla riunione. Accese il proiettore e l'immagine di un albergo abbandonato riempì metà parete. L'edificio era una meraviglia e, se Remi avesse ottenuto i vari permessi, dopo le ristrutturazioni quel posto avrebbe brillato, oltre a diventare una risorsa per Fort Wayne, qualcosa di cui avevano bisogno. Cominciò ad esporre la storia dell'edificio, spiegando il modo in cui gli appartamenti che avrebbero creato da quell'ex albergo avrebbero attirato turisti e viaggiatori, specialmente con il teatro annesso.

I pensieri di El arretrarono verso il fondo della sua testa mentre continuava ad esporre il progetto.

* * * *

Due ore dopo stava morendo di fame. L'incontro era andato bene, meglio di quanto avesse previsto. Doveva occuparsi di alcuni bilanci, mettere insieme delle cifre. Non era sicuro di quale fosse il prezzo dell'acciaio in quel momento, visto che variava spesso. Se ci fossero state troppe tasse, sarebbe stato costretto ad aumentare il prezzo del budget e rendere il progetto troppo costoso. Se solo avessero già avuto la loro acciaieria. Li avrebbe aiutati a coprire parte dei costi. Non tutti, ovviamente, ma utilizzare il proprio materiale avrebbe ridotto notevolmente il prezzo del progetto. Quello era il prossimo punto sulla lista.

Sospirò. Aveva troppe cose in sospeso. Riportò i disegni in ufficio, in modo da potersi mettere subito all'opera per aggiungere le modifiche di cui avevano discusso durante la riunione. Sarebbe stata una lunga notte ma voleva occuparsene il prima possibile per riuscire ad avere pronta in breve tempo la prima parte della bozza. Aveva appena dato i progetti della torretta del college e quelli per i due ospedali al dipartimento di ingegneria. Amava vedere quanto fosse richiesto il loro lavoro, perché lo rendeva consapevole che il suo bambino si stava espandendo.

 

Era una buona cosa essere così occupato. Avrebbe davvero voluto offrire a El gli straordinari di cui aveva bisogno, ma le leggi esistevano per un motivo. Lavorare troppo poteva portare i dipendenti a un esaurimento e Remi non poteva permettersi che venisse messa in pericolo la sicurezza. Certo, controllavano e ricontrollavano almeno tre volte ogni progetto prima di dare l'approvazione definitiva, ma poteva succedere di tutto. Non molto tempo prima una torre di controllo era caduta e aveva causato un paio di morti. Non si trattava di un loro progetto, grazie al cielo, ma quell'incidente aveva messo l'intero settore sull'attenti.

Remi si sistemò dietro il tavolo da lavoro, i progetti stesi davanti a sé. Cominciò da un lato, immaginandosi nella propria testa le dimensioni delle travi che avrebbero sorretto il primo piano dell'edificio. Doveva assicurarsi che fossero della giusta grandezza. A volte il cliente chiedeva un prodotto che non era disponibile, magari perché ormai non lo fabbricavano più. Avrebbe dovuto controllare sui vari cataloghi: collaborando con varie aziende che lavoravano l'acciaio, aveva la possibilità di avere più scelta. Avrebbe chiesto alla squadra di progettazione di occuparsene, loro si sarebbero informati e poi gli avrebbero fatto sapere se potevano ottenere o meno le travi di quelle dimensioni.

Aveva ormai finito l'inchiostro nell'evidenziatore quando qualcuno bussò alla porta.

“Avanti.” Remi guardò l'orologio.

Accidenti, era più tardi di quanto pensasse. Era il caso di fermarsi lì, perché più tardi avrebbe cenato con suo padre. Il pensiero della cena gli riportò alla mente El e la proposta che gli aveva fatto.

E, parlando del diavolo… El entrò nell'ufficio e si chiuse la porta alle spalle. Sembrava stanco.

“Signor Marlow…”

“Per favore, siamo fuori orario d'ufficio. Chiamami Remi.”

El si schiarì la gola. “Va bene… Remi.” Emise un sospiro.

“Qui sei libero di parlare tranquillamente. Tutto quello che dirai resterà tra noi. E ti ho già detto che nessuna risposta è quella sbagliata. Se non vuoi farlo, lo capisco perfettamente. È stata una richiesta improvvisa da parte mia e te l'ho sottoposta dopo una strana conversazione con mio padre. Vuole che mi sistemi. Non sono pronto a farlo… ma non è questo il punto. Ho sbagliato a chiedertelo. Sei una grande risorsa per l'azienda, non voglio che tu la consideri come una costrizione. È stata una proposta dettata dal momento. Te lo assicuro.”

“Lo farò!” sbottò El. Sembrava confuso, come se lui stesso non si fosse aspettato di pronunciare quelle parole.

“Lo… farai? Fantastico!”

Ora cosa avrebbe fatto? Non era arrivato così lontano con il piano nella propria mente.

“Sì. Ho dovuto parlarne con mia madre. Vivo con lei… non come uno sfigato incapace di vivere da solo, certo… ma ha bisogno del mio aiuto.”

“È una bella cosa. Penso che il mondo sarebbe un posto migliore se le persone si prendessero più cura dei propri genitori. Credo sia il caso di parlare dei dettagli. Perché non ti prendi il resto della serata per pensare a cosa vuoi inserire nell'accordo? Io farò lo stesso. Se non avessi già detto a mio padre che cenerò con lui, ti avrei proposto di farlo stasera, ma cosa ne dici di domani? Una cena?”

El prese un respiro profondo.

Non si tirerà indietro adesso, vero? Ha appena acconsentito.

Remi non riusciva a capire perché all'improvviso il consenso di El fosse diventato così importante. Tutto quello che sapeva era che voleva che il suo finto fidanzato fosse El.

“Mi organizzerò per domani. A che ora?”

“Perché non ordiniamo d'asporto? Possiamo parlare qui in ufficio, così non dovremmo preoccuparci di eventuali interruzioni. E sono serio: fammi sapere di cosa hai bisogno. Mi occuperò di tutto. Firmeremo un contratto. Se vuoi che un avvocato gli dia un'occhiata, ne troveremo uno che vada bene a entrambi. Se…” Remi non voleva dirlo, ma doveva farlo. Si sarebbe sentito il più grande stronzo del mondo se lo avesse tenuto per sé. “Se cambi idea in qualsiasi momento, strapperemo il contratto e sarà come se non fosse mai successo niente. Metteremo una clausola che lo permetta. Non voglio che ti senta a disagio.”

“Io… il tuo avvocato va bene. Mi fido di te. Non ho mai avuto motivo di credere il contrario.” El sorrise.

Fu un timido sollevarsi di labbra che lo rese adorabile. Remi non lo aveva mai guardato così da vicino, se lo era sempre impedito. Aveva un bel corpo, con gli occhi e i capelli scuri. E il suo viso, quando il sorriso si allargò leggermente, sembrò illuminarsi.

“Ottimo. Ho intenzione di finire di controllare questo e poi uscire. Ci vediamo domani?”

“È il progetto per la ristrutturazione degli appartamenti sopra il teatro?” El indicò i fogli.

“Sì.”

“Ci ho fatto un giro quando i giornalisti hanno iniziato a parlarne. Al momento è un disastro ma sono convinto che riusciremo a renderlo fantastico.” El fece scorrere un dito sopra i disegni.

“Sono completamente d'accordo.”

“Bene. Grande. Io… Sì, ci vediamo domani.” Si voltò in fretta e lasciò l'ufficio.

La porta si chiuse con un leggero cigolio.

Era arrivato per Remi il momento di trovarsi faccia a faccia con suo padre. Non poteva dirgli di El. Non ancora. Suo padre non era stupido. Se Remi gli avesse detto che aveva già un ragazzo, suo padre gli avrebbe riso in faccia. Ma avrebbe potuto sondare un po' il terreno. Se tutto fosse andato bene, i due si sarebbero comunque incontrati presto, quindi poteva iniziare a lanciare un paio di esche. Anche se la cosa gli si fosse rivoltata contro, avrebbe comunque pagato El. Non sarebbe certo stata colpa sua.

Dio, ho davvero intenzione di fare una cosa del genere?