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Istoria civile del Regno di Napoli, v. 7

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Non minore abbassamento sperimentarono gli altri Ufficiali della Corona e della Casa del Re e tutti gli altri Ufficiali minori a lor subordinati, non tanto per l'erezione di questo nuovo Consiglio, quanto per esser mancata in Napoli la sede regia, e trasferita altrove in remotissime regioni.

Al Grand'Ammiraglio, per l'erezione del General delle galee e del Tribunal dell'arsenale, divenne molto ristretta la sua autorità. Questo nuovo Capitan Generale ebbe la soprantendenza sopra le galee di Napoli e del Regno con una totale independenza dal Grand'Ammiraglio; ed ancorchè nel Parlamento generale convocato in Napoli nel 1536, nella dimora che vi fece l'Imperador Carlo V, fossegli stato richiesto, che quello dovesse esser Cavaliere napoletano, e l'Imperadore avesse risposto, che secondo il bisogno e contingenza de' tempi avrebbe provveduto265, si vide sempre però in persona di Spagnuoli, li quali esercitando giurisdizione sopra le persone a quelle deputate, secondo le instruzioni che ne diede il Re Filippo II, rapportate dal Reggente Costanzo266, eressero un Tribunale a parte, independente da quello del Grande Ammiraglio, con eleggervi un Auditor generale ed altri Ufficiali minori, da' decreti del quale s'appella non già al Grand'Ammiraglio, ma al Vicerè, il quale suol commettere le appellazioni per lo più a' Reggenti del Collaterale, ovvero ad altri Ministri che meglio gli piacerà267.

Parimente fu eretto un nuovo Tribunale dell'Arsenale ch'esercita giurisdizione civile e criminale sopra molti, ch'esercitano l'arte di costruir navilj, tutto subordinato e dipendente non già dal Grand'Ammiraglio, ma dalla Regia Camera e suo Luogotenente, il quale vi destina un Presidente di quella a reggerlo, ed alla quale si riportano le appellazioni de' decreti del medesimo268.

CAPITOLO III
Nuova disposizione degli Ufficiali della Casa del Re

L'Ufficio del Gran Siniscalco, per non esser più Napoli sede regia, rimase poco men ch'estinto ed abolito. E si videro sorgere nuovi Ufficiali affatto da lui indipendenti.

Il Gran Siniscalco, siccome si è potuto vedere nell'undecimo libro di quest'Istoria, avea la soprantendenza della Casa del Re; e quantunque la sua carica riguardasse il governo della medesima, nulladimanco perchè la sua autorità non era limitata da alcun luogo o provincia, ma si stendeva in tutto il Reame, nè era mutabile per ogni mutazione di Re; si diceva per ciò servire allo Stato, e non già solamente alla persona del Re, onde per uno degli Ufficiali della Corona era riputato. Avea egli sotto se più Ufficiali nella Casa del Re, dei quali nel libro XXI di quest'Istoria se ne fece un lungo catalogo; alcuni dei quali, durando ancora la residenza de' Re in Napoli, pure furono esentati, come si disse, dall'ubbidienza del Gran Siniscalco, e sottoposti immediatamente al Re.

Ma da poi che i Re abbandonarono Napoli, trasferendo altrove la lor sede regia, e reggendo la città ed il Regno un suo Luogotenente detto Vicerè, restarono soppressi que' tanti Ufficiali così maggiori, come minori della Casa del Re, subordinati per la maggior parte al Gran Siniscalco; ed altri nuovi ne sursero nel Palazzo reale, subordinati non già più al Gran Siniscalco, ma assolutamente al Vicerè, a cui, come al di lui palazzo servivano.

S'estinsero i Ciambellani, i Graffieri, nomi franzesi, i Panettieri, gli Arcieri, gli Scudieri e tanti altri Ufficiali; e ne furono all'uso di Spagna altri introdotti, che doveano aver cura del Palazzo reale, e servire al Vicerè, ed alle sue Segreterie, con indipendenza dal Gran Siniscalco.

Si stabilirono due Segreterie, una di Stato e di Guerra, l'altra di Giustizia. L'una e l'altra non hanno alcuna dipendenza dalla Segreteria del Regno, nè dal Consiglio Collaterale; e la comunicazione di tutti que' negozj, che il Vicerè rimette in Collaterale, passa per quelle Segreterie. Ciascheduno di questi due Segretarj secondo la loro incombenza, o di guerra o di giustizia, spediscono in nome del Vicerè gli ordini, che egli prescrive. Per la Secreteria di Guerra passano tutti i negozj militari e di Stato, e tutti quelli, che appartengono agl'interessi del regal Patrimonio e delle Comunità del Regno, e di tutti gli arrendamenti e gabelle. Per quella di Giustizia, possano tutti i negozj appartenenti alla buona amministrazione di giustizia, ed elezione di tutti i Governadori ed Assessori delle città e Terre demaniali, Presidi, Auditori di province, Giudici di Vicaria, e di tutte l'altre somiglianti cariche, che provvede il Vicerè. Non s'usa nelle loro Segreterie altra lingua che la Spagnuola. Tengono sotto di loro più Ufficiali per la spedizione de' biglietti e dispacci, che nella città si dirizzano a' Capi de' Tribunali, ed altri Ministri così di spada, come di toga, e nelle province a' Presidi, e suoi Ufficiali. Prima riconoscevano il Gran Protonotario per loro Capo, ora il Vicerè che li tiene nel regal Palazzo per la più pronta e sollecita spedizione degli affari.

Nel Palazzo regale si è ancora unita la Scrivania di Razione, la quale prima secondo ciò che scrisse il Summonte269, s'esercitava nella propria Casa dello Scrivano di Razione, e la quale in forma di Tribunale, oltre lo Scrivano di Razione suo Capo, tiene molti Ufficiali minori suoi sudditi. Ne tiene ancora nelle province, che parimente Scrivani di Razione sono appellati. La sua incombenza è di tener cura della Matricola, ovvero Rollo di tutti i soldati del Regno, di tutti gli Stipendiarj, e di tutti gli Ufficiali, siano di Toga, o di Spada, a' quali il Re paga soldo. Tiene il Rollo delle Milizie della città e del Regno. Tiene conto delle Castella e Fortezze del Regno, così per le provvisioni de' Soldati, come delle munizioni, fabbriche, reparazioni, e d'ogni altra cosa, che in quelle si fanno; nè possono spedirsi ordini per lo pagamento de' loro soldi, se non saranno prima nella matricola, che e' conserva, notati. Nell'occorrenze ha luogo nel Collateral Consiglio, ove siede dopo il Luogotenente della regia Camera, al cui Tribunale è sottoposto, e precede al Tesoriere, al Reggente della Vicaria, ed al Segretario del Regno270, ed è decorato col titolo di Spettabile271.

Parimente nel Palazzo regale s'è unita la Tesoreria. Prima, ne' tempi dell'Imperador Federico II, la Tesoreria era nel castel del Salvatore, oggi chiamato dell'Uovo, dove Federico ordinò, che dovesse il Tesoro trasportarsi, e vi destinò per la custodia tre Tesorieri, Angelo della Marra, Marino della Valle ed Efrem della Porta. Ferdinando il Cattolico, come narra il Zurita272, abolendo il Tesoriere, avea introdotto un nuovo Ufficiale, detto Conservator Generale, nella persona di Giovan Battista Spinelli; ma sperimentatosi dannoso, quando venne in Napoli, alle querele di molti, che l'aveano per esoso, l'estinse affatto, e rifece, come prima il Tesoriere. Era questi prima totalmente subordinato al Gran Camerario, come quegli che teneva la cura e custodia del Tesoro del Re: ora è subordinato al Vicerè, ed al Tribunal della Camera. Ha il secondo luogo dopo lo Scrivano di Razione, con cui tiene molta connessione ed intelligenza; ed ancorchè sia da costui preceduto, precede egli però al Decano della Camera, quando, o in questo Tribunale, o in Collaterale accadesse di sedere. Ha ancora in Collaterale Sedia, quando il Decano siede allo Sgabello273.

 

In questo nuovo governo degli Spagnuoli surse un nuovo Ufficiale detto Auditor Generale dell'Esercito, che lo potrem anche dire Giudice del Regal Palazzo. Introdotte che furono nel Regno le milizie spagnuole; fu loro dato un General Comandante, chiamato il Mastro di Campo Generale. Questi ebbe il suo Auditor Generale, al quale fu data la conoscenza delle cause di tutti i soldati spagnuoli stipendiati ed altri detti Piazze morte; la sua giurisdizione s'estende ancora sopra i soldati, Alfieri e Capitani italiani, e sopra i 5 °Continui, de' quali si parla ne' privilegi di Napoli conceduti da Carlo V274. Negli ultimi tempi per prammatica del Conte di Lemos del 1614, confermata poi dal Cardinal Zappata nel 1622, fu stesa la cognizione del suo Tribunale sopra altri affari.

Tiene sotto di se altri Tribunali minori, come quello dell'Auditor del Terzo Spagnuolo e di tutti gli altri Auditori delle castella, delle città e del Regno. Il Terzo Spagnuolo tiene un suo Auditor a parte, il quale ha la cognizione delle cause civili e criminali sopra i soldati spagnuoli del Terzo residente in Napoli; però questo Tribunale è subordinato a quello dell'Auditor Generale dell'esercito, perchè da' suoi decreti s'appella al Tribunale dell'Auditor Generale.

Parimente i tre Castelli della città di Napoli, Castel Nuovo, quel di S. Ermo e l'altro dell'Uovo, hanno ciascuno un Auditor particolare, che vien eletto dal Castellano, ed ognun tiene il suo Attuario e Coadiutore della Corte. Questi esercitano giurisdizione sopra tutti quelli, che abitano ne' Castelli; quel del Castel Nuovo l'esercita anche sopra quelli che sono nella torre di S. Vincenzo. Prima, da' loro decreti s'appellava al Vicerè, che commetteva le appellazioni a vari Ministri, perchè le rivedessero. Poi dal Conte di Lemos nel 1614, per sua prammatica confirmata dal Cardinal Zappata nel 1672, fu stabilito, che le appellazioni si rivedessero dall'Auditor Generale dell'esercito, a cui sono subordinati.

Tiene ancora la conoscenza sopra tutti coloro, che abitano e sono del Palazzo del Vicerè, e conosce dei delitti ivi commessi, essendo egli il Giudice della casa del Re. Prima questa conoscenza era del Gran Siniscalco, come Capo Uffiziale della casa del Re; ora è dell'Auditor Generale, con subordinazione non già al Gran Siniscalco, ma solo al Vicerè, al quale si riportano le appellazioni de' suoi decreti, da chi sono commesse a que' ministri, che gli piaciono275. Pretende ancora aver conoscenza sopra i Soldati della guardia Alemanna destinata per custodia del regal Palazzo; ma glie la contrasta il lor Capitano, che se l'ha appropriata. Parimente i Cantori della regal Cappella, essendo della famiglia del real Palazzo, dovrebbero esser a lui subordinati: ma il Cappellan Maggiore ne tiene ora la conoscenza, e come suoi sudditi vengon riputati.

Pure il Cappellano Maggiore, ch'è Capo della Cappella del regal Palazzo, merita per questa parte essere annoverato tra gli Ufficiali della Casa del Re. Tiene egli giurisdizione nell'Oratorio regio e sopra tutti i Cappellani regi, anche de' Castelli della città e del Regno. La esercita ancora sopra i Cantori della Cappella regia. Tiene il suo Consultore e de' decreti del detto Tribunale se ne appella al Vicerè, il quale suole commettere l'appellazione a que' Ministri, che gli piaciono. Dell'origine ed incremento del Cappellano maggiore, sue prerogative e soprintendenza nei Regi Studi già diffusamente si è discorso nel XXI libro di quest'Istoria.

CAPITOLO IV
Degli altri Ufficiali, che militano fuori della Casa del Re

Questi finora annoverati sono gli Ufficiali del regal Palazzo, secondo la nuova disposizione degli Spagnuoli. Prima tra gli Ufficiali della Casa del Re erano annoverati, il Maestro delle Razze Regie ed il Maestro delle Foreste e della Caccia. Ma sotto il Regno degli Spagnuoli questi due Uffici furono trasformati, e presero altre sembianze.

Il Maestro delle Razze Regie, detto ancora il Cavallerizzo Maggiore del Re, innalzò in sua propria casa un Tribunale a parte col suo Auditore ed Attuario, dove esercitava giurisdizione sopra tutte le persone destinate alle razze regie, che il Re teneva così in Napoli, come nelle province, in Terra di Lavoro, al Mazzone presso Capua, nella Puglia ed in Calabria. De' suoi decreti s'appellava alla regia Camera, a cui era subordinato. Nel 1660 fur dismesse le razze, che teneva in Calabria, come al Re dannose276. Nei tempi nostri furono parimente per l'istessa cagione tolte in Napoli, nel Mazzone e nella Puglia; ond'oggi rimane estinto in noi questo Tribunale, ed abolito affatto l'ufficio di Cavallerizzo del Re.

Contraria fortuna ebbe il Maestro delle Foreste e della Caccia, chiamato oggi il Montiere Maggiore. Prima, com'è chiaro da' Capitoli del Regno, la sua giurisdizione ed incombenza non si stendeva più, che nelle foreste demaniali del Re. Da poi essendo la Caccia divenuta regalia del Principe, si stese sopra tutti i luoghi, nè viene ora ristretta da alcun termine o confine. Egli dà le licenze a' Cacciatori, e che possano a tal fine portar arme per tutto il Regno: tiene il suo Tribunale a parte con un Auditore ed Attuario, e s'è di presente innalzato tanto, che è riputato uno degli ufficj non meno illustre, che di rendita277.

Ma sopra tutti questi Uffici, niuno a questi tempi s'innalzò tanto, quanto il Maestro delle Osterie e delle Poste, chiamato ora comunemente il Corriere Maggiore, il quale per essere di moderna istituzione, era dovere riportarlo a questi tempi, e di cui per ciò più distesamente degli altri bisogna ora far parola.

L'Ufficio di Corrier Maggiore, ovvero Maestro delle Osterie e delle Poste secondo la moderna istituzione, è tutto altro dal Corso pubblico, che leggiamo praticato presso i Romani; e le sue funzioni non sono le medesime, che si descrivono nel Codice Teodosiano sotto quel titolo278. Appresso i Romani, almeno negli ultimi tempi dell'Imperio di Costantino M. e dei suoi successori, non era un ufficio a parte, o che la soprantendenza di quello s'appartenesse ad un solo. Era regolato il Corso pubblico, oltre al Principe, dagli Ufficiali ordinarj dell'Imperio; ne doveano tener cura e pensiero i Prefetti al Pretorio, i Maestri dei Cavalieri e degli Ufficj, i Proconsoli ed i Rettori delle province. Non si restringeva la loro cura nella sola spedizione de' Corrieri a piedi, o a cavallo, portatori di lettere, quo celerius, ac sub manum (come d'Augusto scrisse Svetonio279) annunciari cognoscique posset, quid in Provincia quaque gereretur, o come di Trajano narra Aurelio Vittore280, noscendis ocyus quae ubique e Repubblica gerebantur, admota media publici cursus281; ma la più importante loro incombenza era di provvedere in tutti i luoghi di quanto faceva bisogno per li viaggi del Principe: per quelli che intraprendevan i Rettori, i Consolari, i Correttori, o Presidi delle province: quando dall'Imperadore erano mandati a governarle, o quando finita la loro amministrazione erano richiamati in Roma: per li viaggi degli altri Magistrati, così civili come militari, quando occorreva scorrere le Province: per li Legati, che, o si mandavano dal Senato e Popolo romano o da' Provinciali all'Imperadore: ovvero per quelli, che dalle Nazioni straniere erano mandati a Roma: in breve, per li viaggi di coloro, a' quali, o la legge, o il Principe concedeva di potersi servire del Corso pubblico, del quale non potevano valersi i privati, se non quando con indulto o licenza dell'Imperadore si concedevan loro lettere di permissione, che chiamavano evectiones.

Tutte le spese, sia per uomini destinati al pubblico corso, sia per cavalli, bovi o altri animali, per carri, carrocci, quadrighe ed ogn'altro bisognevole, erano somministrate dal Fisco, o dal pubblico Erario. Quindi avvenne, che per mantenere questo pubblico corso, erano imposte alle Province alcune prestazioni, chiamate angarie o parangarie; e sovente era domandato a' Provinciali, ovvero da essi perciò offerto, qualche tributo. Quindi era, che l'uso di questo corso era solamente destinato per le pubbliche necessità, non già per le private; onde a' privati, come si è detto, non era permesso valersene, se non con licenza e per missione. E quindi furono prescritte tante leggi per ben regolarlo, come si vede nel Codice di Teodosio282, e di cui metodicamente scrisse il Gutero283 e più esattamente Giacomo Gotofredo in quel titolo284.

 

Ma caduto l'Imperio romano, e diviso poi in tanti Regni sotto vari Principi stranieri, ed infra di lor discordi e guerreggianti, non potè mantenersi questo pubblico Corso. I viaggi non erano più sicuri, i traffichi ed i commerci pieni d'aguati e di sospetti, onde venne a togliersi affatto, nè di quello restò alcuno vestigio.

Stabiliti da poi col correr degli anni in Europa più dominj, sebbene non potè ristabilirsi affatto il corso pubblico, nulladimanco, siccome per li commerci e traffichi fu ridotto a maggior perfezione l'uso delle lettere di cambio, così i Principi ad imitazione degli Imperadori romani, pigliarono a ristabilire quella parte del corso pubblico che riguardava la spedizione dei corrieri a piedi ed a cavallo, ed a disporre almeno i viaggi di quelli per le pubbliche strade e provvedergli nel passaggio del bisognevole (ond'è, che a' corrieri maggiori fu data ancora giurisdizione sopra l'Osterie, e perciò furon anche chiamati Maestri delle Osterie, siccome nelle concessioni di Carlo V e di Filippo II e III fatte di questo ufficio a' Signori Tassi, vengon chiamati Maestros mayores de Ostes, y Postas, y Correos de nuestra Casa, y Corte, etc.285), affinchè i Corrieri ne' cammini non patissero disagi, e con prontezza e celerità s'affrettassero ad avvisar loro quanto passava ne' loro eserciti ed armate, ne' loro Regni e province, e nelle Corti degli altri Principi, dove essi tenevano Ambasciadori. Ed in Francia, scrive Filippo di Comines Signor d'Argentone286, che il Re Luigi XI avesse ordinato le poste, le quali per l'addietro non mai vi furono; siccome in Inghilterra per autorità regia furono i Corrieri parimente istituiti287.

Chi presso i Romani avesse prima introdotta questa usanza, par che discordino gli Autori dell'Istoria Augusta. Svetonio288 ne fa autore Augusto; Aurelio Vittore289, Trajano; Sparziano290, Adriano; e Capitolino291, Antonino Pio. Che che ne sia, nel che è da vedersi Lodovico von Hornick292, e Giacomo Gotofredo293, il quale si studia ridurli a concordia: egli è certo, che secondo questa nuova istituzione fu costituito sopra ciò un nuovo ufficio a parte, incognito a' Romani, la cura del quale fu commessa ad un solo, e ristretto ad una più gelosa incombenza ch'era la sopraintendenza de' Corrieri, li quali dalle loro Corti spedivano i Principi sovente a' Capitani d'eserciti o d'armate, a' Governadori de' loro Reami o province e ad altri loro Ministri ed Ambasciadori: dalla lealtà e segreto del quale dipendeva sovente il cattivo o buon successo d'una negoziazione, d'una battaglia, d'un assedio di piazza, e de' trattati di lega o di pace con gli altri Principi suoi amici o competitori. Per questa cagione fu reputato quest'ufficio di gran confidenza e di grande autorità, e di maggiore emolumento294; poichè oltre d'aver il Corrier maggiore la soprantendenza e la nomina di tutti i Corrieri, di prender da essi il giuramento necessario per lo fedele e leal uso di quello, tassare i viaggi, per li quali esigeva le decime ed altri emolumenti, e stabilire le poste, avea ancora la giurisdizione sopra tutte le osterie, siccome è manifesto dalle riferite concessioni di Carlo V, e de' Re Filippo II e III, fatte a' Signori Tassi, i quali lungamente tennero quest'ufficio; e sebbene costoro si fossero astenuti sopra gli osti d'esercitarla, non è però, che in vigore delle concessioni suddette non avessero avuta facoltà di farlo295.

Oltre i tanti obblighi, che annoverò Lodovico von Hornick296 nel suo trattato De Regali Postarum Jure, teneva presso noi il Corriere Maggiore obbligo d'assistere appresso la persona del Principe, stando egli nella sua Corte ovvero presso la persona de' suoi Vicerè o Luogotenenti, dimorando egli ne' Regni, dove gli conveniva esercitar il posto: avere la sua abitazione in luogo, quanto più fosse possibile vicino al Palagio reale, affinchè si ponesse meno intervallo fra l'arrivo del corriere o Staffetta, e l'avviso che deve darsi tosto al Principe o suo Luogotenente. Se accaderà a costoro uscire fuori della città per incontrare da lontano qualche Principe o altro personaggio di stima, è tenuto il Corrier maggiore seguirli e preparar loro comode ed agiate stanze per tutti i luoghi dove dovran albergare. Parimente se dovranno andare alla guerra deve seguitarli e servirli di corrieri, postiglioni e cavalli: se l'esercito dovrà stare in campagna dovrà fare il medesimo, sempre stando a' fianchi e vicino al Principe o suo Luogotenente; ed in tempo di marcia star vicino allo stendardo regale, ove sogliono dimorare i trattenuti Gentiluomini e Cavalieri che non hanno altro carico297.

In questi principj l'ufficio ed amministrazione del Corrier maggiore non era che intorno alla soprantendenza, nomina e spedizione de' Corrieri per negozi ed affari del Principe e dello Stato; onde a somiglianza del Corso pubblico de' Romani, i privati non v'aveano parte alcuna, e le città ed i loro abitatori aveano la libertà di comunicare e trattare i loro negozi e traffichi per quelli mezzi e persone che ad essi piaceva eleggere. Il Cardinal di Granvela fu quegli, che richiamato dal Re Filippo II dal governo di Napoli (dov'era dimorato quattro anni Vicerè) in Ispagna per esercitare nella sua Corte la carica di Consigliere di Stato e di Presidente del Consiglio d'Italia, instituì il primo nell'anno 1580, negli ordinarj d'Italia, le staffette, le quali da poi nell'anno 1597 furono instituite in Siviglia ed in tutta la Spagna. Per la quale instituzione, si tolse alle città e loro abitatori la libertà che aveano di eleggere le persone ed i mezzi per comunicarsi insieme, perchè coll'uso degli ordinarj e delle staffette stabilite, si pensò di ridurre ad una mano, ed all'utile d'uno la comunicazione de' Regni, il cui diritto poteva solo appartenere al Principe Sovrano, intervenendovi la causa pubblica, e convertendosi in di lui utile quel che si ricavava da' particolari. Quindi all'utile, che il Corrier maggiore ritraeva, ripartendo i viaggi de' Corrieri, delle decime, s'aggiunse l'utile delle staffette che si ricavava da' particolari.

S'aggiunse appresso l'utile de' Procacci. Non ha dubbio, che l'uso de' Procacci tragga la sua origine dal Corso pubblico de' Romani, e sia una picciola parte di quello, per ciò che riguarda la disposizione praticata in esso intorno al trasporto delle robe; ma nel rimanente i Procacci presenti, sono da quello differenti: poichè questi hanno giorno determinato per la loro partenza: s'usano cavalli propri o muli a vettura, e sogliono avere gli alloggiamenti a luogo a luogo, ove sempre ritrovano quelli pronti e provveduti: furono introdotti non pure per la pubblica comodità del Principe e dello Stato, ma per li commerci e per li più comodi viaggi e trasporti di robe de' privati, conducendo casse, balle ed altre loro mercatanzie298.

Essendosi cotanto ampliata la sua giurisdizione, e più i suoi emolumenti, quindi ora vedesi avere Tribunal proprio299, e molti Ufficiali minori300, distribuiti non meno per ben regolarlo, che per l'esazione degli emolumenti; tal che è riputato ora uno de' maggiori ufficj, che al pari della grandezza e lustro vada congiunta la dovizia e l'utilità.

Questo cangiamento fu veduto negli Ufficj nel nuovo Governo spagnuolo, nel quale fu introdotto ancora costume, che la collazione de' medesimi si rendesse per la maggior parte venale: e quando prima non erano conceduti se non a persone, che se gli aveano meritati per loro fatti egregi o nell'arme, o nelle lettere, furono da poi, per lo bisogno continuo, che s'avea di denaro, renduti quasi tutti vendibili; e non pure la concessione fu ristretta alla sola vita del concessionario, ma a due e tre vite, ed anche si videro perpetuati in una famiglia, e sovente erano ancora conceduti in allodio per se e loro eredi in perpetuo.

Si vide ancora nel nuovo Regno degli Spagnuoli un altro cangiamento intorno a' Titoli, li quali si videro più del solito abbondare. Quando prima il Titolo di Principe non era conceduto, che a' primi Signori ed a Reali di Napoli, si vide da poi non già colla mano, ma col paniere dispensarsi a molti, non altrimente di quel che si faceva de' Titoli di Duca, di Marchese, o di Conte; tanto che Ferdinando il Cattolico nella Tassa, che ordinò de' diritti di Cancelleria, ugualmente trattò gli emolumenti, che doveansi esigere per le investiture del Principato, che del Ducato, Marchesato e Contado, siccome uguale era il diritto per la concessione d'un nuovo Titolo di Principe, che di Duca, di Conte, o di Marchese. E poichè non meno che gli Ufficj, le Baronie ed i Titoli erano renduti venali, quindi a folla cominciarono a multiplicarsi fra noi i Titoli ed i Baroni; e negli ultimi tempi del loro Governo la cosa si ridusse a tale estremità, che fu detto, che gli Spagnuoli avean posta la Signoria fino al bordello, e creati più Duchi, e Principi a Napoli, che non eran Conti a Milano.

Furono parimente introdotte nel Regno nuove famiglie spagnuole, i Sanchez di Luna; i Cordova; i Cardoni; gli Alarconi; i Mendozza; i Leva; i Padigli; gli Erriquez e tante altre, decorate non men di Titoli, che di Stati e Signorie. S'introdussero per ciò nuovi costumi ed usanze, delle quali nel decorso di quest'Istoria, secondo l'opportunità, ci sarà data occasione di parlare.

La disposizione delle province però non fu alterata. I Presidi continuarono a governarle come prima, chiamati ancora a questi tempi Vicerè. Il numero era lo stesso, ma non corrispondeva il numero delle province a quello de' Presidi. Sovente due province, come vediamo ancor ora praticarsi nelle province di Capitanata e Contado di Molise, erano amministrate da un sol Preside; e nel Regno di Filippo II, siccome ce ne rende testimonianza Alessandro d'Andrea, che scrisse la guerra, che questo Principe ebbe a sostenere col Pontefice Paolo IV, non erano nel Regno, che sei Presidi, a' quali era commessa l'amministrazione della giustizia in tutte le dodici province; quantunque per ciò che riguardava l amministrazione delle rendite regali, il numero de' Tesorieri, ovvero Percettori corrispondeva a quello delle province. Fu per tanto il numero de' Presidi sempre vario, ora accrescendosi, ora diminuendosi, secondo le varie disposizioni ed ordinamenti de' nostri Principi. Siccome le città della loro residenza, non furon sempre le medesime, trasferendosi ora in una, ora in altra, secondo il bisogno, o la migliore loro direzione e governo richiedeva.

265C. 8. Parl. gener. Caroli V in Priv. et Cap. Neap.
266Constant. in l. 1. C. de Classicis, lib. 11 nu. 78.
267Tasson. De Autef. vers. 3 obs. 3. Trib. 20.
268Tasson. De Antef. vers. 3 obs. 3. Trib. 28.
269Summont. lib. 1 p. 168.
270Freccia fol. 430. Loffredo cons. 4 num. 19. Tasson. De Antef. vers. 5 observ. 3. Trib. 21.
271Pragm. 1. De Offic. Scr. Port.
272Zurita Histor. tom. 6 cap. 26 de las empresas, y ligas de Italia.
273Tasson. De Antef. vers. 5 obs. 3. Trib. 22.
274Privil. et Capit. Neap. c. 25 pag. 90 a ter.
275Tass. De Antef. vers. 5 obs. 5. Trib. 25.
276V. Tasson. de Antef. ver. 5 obs. 5. Trib. XXVI.
277V. Tasson. de Antef. vers. 3 ob. 3. Trib. XXVII.
278Cod. Theod. de Cursu publico.
279Sveton. in August. cap. 49.
280Sex. Aurel. Vict. c. 15.
281V. Michel S. di Montagna ne' Saggi, lib. 2. cap. 21 delle Poste.
282Cod. Th. de Curs. public. lib. 8 tit. 5.
283Jacob. Gullier. de Offic. domus August. lib. 3 c. 14 et 15.
284Jacob. Goth. de Cur. pub. Cod. Th. tit. 5 in paral. tit. 7.
285Questi Diplomi si conservano in Napoli tra le scritture di quest'Ufficio, e sono anche registrati da Francesco Zazzera par. 2 della Famiglia Turriana, da Bernardo Mareno de Vargas ne' Disc. della nobiltà di Spagna, e da altri rapportati da Carlo de Lellis par. 1 disc. della fam. della Torre.
286Memor. d'Argentone, lib. 5 cap 10.
287P. Gregor. Syntagm. Juris, lib. 17 cap. 12 n. 7, 8.
288Svet. l. cit.
289Aur. Vict. loc. c
290Spart. in Vita Hadrian pag. 4.
291Capit. in Antonino.
292Hornick de Regal. Postar. Jure, cap. 4
293Goth. J. cit. in Comment. ad l. 1 in princ.
294V. Giulio Chifletio nel lib. intit. Les Marques d'honneur de la Maison de Tassis, stamp. in Anversa, nel 1645 par. 2 cap. 2.
295Itinerario delle Poste, stampato in Milano nel 1616.
296Hornick, loc. cit. c. 15, 16, 17.
297Itinerario loc. c.
298V. Itinerario, etc. loc cit.
299V. Tasson. de Antef. vers. 3 obs. 3.
300V. Hornick De Reg. Postar. Jure, cap. 6.