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IX

– Signor marchese, una visita! – disse il vecchio domestico entrando nel salotto. —

– Una visita!.. infatti… avevo sentito fermarsi una carrozza…

– Il signor Lorenzo De… Mauro…

– Il signor Mauro… vorrai dire. Ma cosa può condurre il signor Mauro nel mio palazzo?.. Ebbene? Che fai là ritto?.. Avanti! fallo entrare… questo signor De Mauro!..

Il servitore uscì per pochi istanti, quindi ricomparve per introdurre il ricco industriale.

Il marchese Contareno si levò in piedi, fece un leggiero inchino, e accennando una sedia – La prego di accomodarsi, disse – a che debbo l'onore della sua visita?

– Io sono uomo d'affari, signor marchese… ella deve conoscermi. Altra volta ebbi la fortuna e l'onore di parlare con lei quando si trattò di stabilire fra noi un accordo sulle rispettive ingerenze nella amministrazione del comune di E… In quella circostanza ci siamo intesi senza molte parole, ma oggi si tratta di un altro genere di affari. La proposta che io vengo a farvi non riguarda voi solamente, ma anche la persona che vi è più cara al mondo… quella che è rimasta la sola compagna dei vostri vecchi giorni – voi comprenderete che intendo parlare di madamigella Enrichetta vostra figlia…

– La mia Enrichetta! – esclamò il marchese – ella è uscita, poco fa, colla contessa De Canzio per recarsi dalla duchessa Visconti…

– Non serve, non serve! – possiamo trattare fra noi, interruppe il signor De Mauro con un leggiero sorriso – a suo tempo consulteremo l'aristocrazia femminile – vediamo dapprima se è possibile stabilire fra noi i preliminari del contratto.

– Ah! si tratterebbe dunque di un contratto…?

– Sicuro! un contratto… di matrimonio, signor marchese. Brevemente: io ho l'onore, signor marchese, di chiedervi la mano di madamigella Enrichetta a nome di mio figlio Edoardo.

– Ah!.. vostro figlio Edoardo! – esclamò il marchese impacciato dalla sorpresa – vostro figlio… quel giovane biondo… cioè… m'inganno… mia figlia me ne ha parlato… credo anche di averlo veduto una sera alla veglia di Sua Eccellenza il signor Prefetto… Voi ci andate, non è vero, allo veglie di Sua Eccellenza, il signor Prefetto?

– Poichè il Prefetto viene da noi, sarebbe sconvenienza resistere a' suoi inviti – rispose il De Mauro con affettata indifferenza. – Quanto a mio figlio Edoardo, se non lo conoscete, io vi darò sul di lui conto le informazioni più precise – è un giovane di ventidue anni, perfettamente educato, di indole eccellente; alla mia morte sarà padrone di tutto il fatto mio, circa sei milioni di capitale, e all'atto del matrimonio io sono disposto a costituirgli una rendita annua di lire trentamila – che ve ne pare, signor marchese?..

– In verità… la marchesina nostra figlia non potrebbe desiderare una posizione più splendida dal lato delle ricchezze… e quando ella non avesse difficoltà… Voi sapete, signor De Mauro, che a tali proposte non si risponde definitivamente se non dopo mature riflessioni… Bisogna in ogni modo che io mi consulti con qualcheduno… coi nostri nobili parenti… che io interroghi il cuore di mia figlia…

– Ma via, signor marchese! – Parliamoci apertamente… Credete voi che un par mio, un uomo d'affari, sarebbe venuto a formularvi così francamente la sua proposta, se prima non fosse stato sicuro del consenso di vostra figlia? Che serve?.. Le cose sono arrivate a tal punto che ai signori papà non resta che rappresentare la parte dei padri nobili della commedia – far venire i due ragazzi e impartire ad essi la loro benedizione. – Mio figlio Edoardo è innamorato pazzo della vostra Enrichetta… e madamigella Enrichetta è innamorata morta di mio figlio Edoardo… Da cinque mesi si scrivono lettere di fuoco…

– Da cinque mesi!.. la mia Enrichetta… scrive delle lettere…!.. A che tempi siamo giunti!.. Ma siete voi ben sicuro, signor De Mauro..? Ed io non mi era accorto di nulla…

– Oh! sta a vedere che tocca a noi altri l'accorgersi di queste frascherie! Noi altri si fa di tutto per indovinarli i nostri figli, ma essi, gli ingrati! adoperano tutte le arti per sottrarsi alla nostra amorevolezza! Essi non vogliono permettere a noi il piacere di renderli felici! – Non importa!.. se ad essi pesa la riconoscenza, ciò non toglie che il renderli felici sia per noi un dovere, una gioia!

Il signor De Mauro proferì queste parole con voce commossa. – Il marchese portò la mano agli occhi per asciugarsi una lacrima. Egli era uno di quei vecchi che piangono facilmente d'ogni nonnulla per rilassatezza dei vasi linfatici.

In quel punto Enrichetta Contareno entrò nella sala – Ella entrò senza punto badare a suo padre, ma alla vista del signor De Mauro, trasalì leggermente. Il marchese adempì come un automa alle formalità della presentazione; ma il signor De Mauro, ch'era uomo di mondo nel senso più positivo della parola, alla presenza di quella fanciulla, ripigliò il suo fare più disinvolto. Egli sentiva di avere in lei una alleata che poteva con una sola parola decidere della situazione.

– Non potevate giungere più a proposito, madamigella! – prese a dire il signor De Mauro indirizzandosi alla giovane – Io era venuto dal signor marchese vostro padre per proporgli un affare… che in… qualche parte… o signorina, riguarda anche voi… Il signor marchese non è ancora ben determinato nelle sue idee… mi ha chiesto del tempo a riflettere… e desidera innanzi tutto consultarsi con voi… Troppo giusto! Io amo la sollecitudine nel disbrigo degli affari… ma sono abbastanza ragionevole per comprendere le esitazioni del signor marchese, e d'altra parte la sua adesione non gioverebbe gran fatto quando essa non fosse avvalorata, o signorina, dal vostro consenso. Orbene; io vi lascio soli… non voglio influire colla mia presenza sulle deliberazioni che sarete per prendere. – Solamente io vi domando una grazia: se avviene che dalle vostre private conferenze esca un voto favorevole alle mie proposte, vi prego di inviarmi entro la giornata due righe così concepite: «domani, alle ore cinque e mezzo pomeridiane, il signor marchese Contareno e la sua gentilissima figlia saranno a pranzo da voi.»

– Oh… ma vi pare!.. signor De Mauro?.. Ciò è fuori d'ogni regola! Un pranzo… con mia figlia…

– Signor marchese, disse il De Mauro levandosi in piedi, e voi pure, amabilissima signorina, ascoltatemi bene: io ammetto che abbiate a riflettere, che abbiate a discutere liberamente e ponderatamente prima di decidere – ma una volta che questa decisione sia presa, io intendo che si proceda a passo di carica, a marcia forzata… senza perdere un istante. Fra quindici giorni tutto dev'essere compiuto.

Ciò detto, il signor De Mauro fece un profondo inchino al marchese, e con insolita galanteria baciò la mano della fanciulla che arrossì leggermente.

Appena il De Mauro fu uscito, il marchese ricadde sulla sua seggiola, e volgendosi alla figlia:

– Tu avrai già capito di che si tratta, le disse con voce sommessa. – Il figlio del signor De Mauro aspira all'onore della tua mano… e il di lui padre vorrebbe farmi credere che fra voi altri due vi siate già scambiate delle promesse… le quali poco o nulla conterebbero…

– Voi sapete che una mia promessa conta sempre per una promessa – rispose Enrichetta col piglio severo e quasi sprezzante ond'ella era usa a trattare con suo padre. – La mia fede è impegnata col signor Edoardo De Mauro; è l'unico giovine che io riconosca degno dei miei affetti e della mia stima. Solamente mi reca maraviglia ch'egli abbia scelto questo momento per realizzare i nostri desiderii!

– Dunque a me non resta da far altro che… obbedire e apporre la mia firma! Come i tempi sono cambiati…! Una volta, il figlio di un mercante non avrebbe nemmeno osato levare lo sguardo sulla figlia di un nostro pari… quand'anche… Ma adesso!.. Viva la costituzione!.. Viva la libertà!.. Viva la democrazia!.. Ah! ci vorrebbe, per farla compiuta, anche un poco di repubblica…

Enrichetta, senza badare alle querimonie di suo padre, che erano il ritornello quotidiano, si avviava per uscire dal salotto – quando il marchese, ingrossando la voce in segno di collera – Ebbene – domandò – cosa si ha da rispondere a quei signori? È ella disposta, la signora marchesina Contareno, a mettersi a tavola domani colla ditta Mauro e compagni?.. Sentiamo!

– Io sono fidanzata al signor Edoardo da oltre cinque mesi – rispose la fanciulla – ecco la sola risposta che io possa darvi. Del resto fate voi!

Il marchese, appena uscita la fanciulla, si accostò allo scrittoio, e sopra un biglietto di visita segnò le seguenti parole:

«Tanto io che mia figlia Enrichetta aderiamo al vostro cortese invito, e domani, all'ora indicata, saremo da voi.»

– Ad ogni modo, non è un cattivo affare – borbottò il marchese deponendo la penna – mia figlia è una testa positiva… essa tende alla aristocrazia dei milioni!

X

Non diremo ciò che avvenisse nelle due famiglie De Mauro e Contareno nel seguito di quella giornata fino alle ore cinque pomeridiane del giorno appresso. Oggimai i nostri lettori conoscono abbastanza i singoli personaggi di questa istoria per indovinare dal loro carattere certi episodii di nessun conto che sarebbe superfluo riferire. – Alle ore cinque pomeridiane la carrozza del marchese Contareno entrò nel palazzo del signor De Mauro. Il ricco industriale discese nel cortile, porse il braccio al marchese per aiutarlo a discendere dalla carrozza, mentre Edoardo, dall'altro lato, stendeva la mano ad Enrichetta colla timidità di un collegiale. – I due amanti si erano già ricambiati da lungi un saluto pieno di tenerezza, ma pure nei loro sguardi non brillava quella gioja serena, quella felicità espansiva, che ordinariamente trabocca dal volto di due giovani innamorati al momento in cui deve decidersi della loro unione indissolubile. – La fronte di Edoardo era ombrata da una ruga quasi impercettibile – gli occhi della fanciulla parevano approfondirsi sotto le palpebre folte. Quando la signora Serafina mosse incontro alla giovane per introdurla nella sala, Edoardo trasse dal petto un lungo sospiro, come se l'intervento di sua madre lo avesse liberato da un grave imbarazzo. Il pranzo non fu molto gaio. Il signor De Mauro sostenne quasi da solo l'incarico della conversazione, non risparmiando di lanciare tratto tratto degli epigrammi all'indirizzo del marchese, il quale divorava a due ganascie colla voracità plebea di un patrizio in bolletta. La mensa fu servita lautamente; la cucina del milionario, con quello sfoggio insolente di prodigalità, perorava cinicamente in favore del positivismo moderno.

 

Il marchese, verso la fine del pranzo, avea le guancie rifiorite di due rose color pavonazzo – i suoi occhi bigi ridevano e piangevano ad un tempo. – La signora Serafina contemplava la fanciulla con uno sguardo di materna amorevolezza.

– Orsù! disse il signor De Mauro levandosi in piedi per sturare di sua mano una bottiglia di sciampagna – beviamo il bicchiere della alleanza! facciamo un brindisi alla salute… dei nostri figli… e dei figli dei nostri figli, signor marchese!

Erano le prime parole proferite a quella tavola, che suonassero così apertamente allusive al matrimonio di Edoardo e di Enrichetta. I due giovani trasalirono. Edoardo levò il bicchiere spumante, e toccando leggermente a quello della sua fidanzata, con voce commossa si fece ad esclamare: «Io bevo innanzi tutto alla salute della patria, alla fortuna ed alla gloria delle armi italiane!»

La fanciulla si levò in piedi – le sue pupille parvero dilatarsi – la sua bellezza marmorea e severa rifulse di insolita luce – ella accostò il suo calice a quello del giovane, e coll'accento dell'entusiasmo: Bene! gli disse – viva l'Italia e i generosi che vanno a combattere per essa!

Il signor De Mauro potè a stento dissimulare la dolorosa sorpresa che veniva a colpirlo.

Per alcuni minuti regnò nella sala un silenzio solenne.

Appena servito il caffè, il signor De Mauro, sforzandosi a riprendere la disinvoltura dell'uomo d'affari, si volse a suo figlio:

– Ebbene, Edoardo?.. Con buona licenza del signor marchese, non condurresti la signorina a respirare un po' d'aria in giardino? Al punto in cui stanno le cose, signor marchese… E poi non è bene che quelle teste là… prendano parte alle nostre conferenze… Direbbero che noi non sappiamo far altro che spoetizzare il sentimento colla prosa numerica delle cifre!.. Andate, figliuoli!.. Edoardo!.. offri il braccio alla tua bella fidanzata… andate a svolazzare tra i fiori… ad esalare la vostra poesia tra il profumo delle rose e dei giranii… Io spero che al vostro ritorno, fra me ed il signor marchese saranno conclusi i trattati!

Enrichetta ed Edoardo si levarono in piedi – la fanciulla appoggiò confidenzialmente il braccio a quello del giovane – la signora Serafina li accompagnò fino all'anticamera, e di là passò nel suo piccolo appartamento.

– Fatti l'una per l'altro! disse il signor De Mauro al marchese – due teste calde – basta! a noi altri, teste grigie, il provvedere alla loro felicità positiva!

XI

I due giovani attraversarono il gran viale del giardino senza proferire parola.

Giunti all'estremo, laddove sotto un bosco di rubinie erano disposti dei sedili rusticamente foggiati, Edoardo accennò alla fanciulla di sedere. Le finestre del salotto erano aperte, e la voce del signor De Mauro giungeva all'orecchio dei due giovani innamorati.

– Sentite, Enrichetta? – cominciò Edoardo con qualche esitazione – essi trattano del nostro matrimonio!

– In verità, rispose la fanciulla, ciò che è accaduto ieri… ciò che accade in questo momento mi sembra un sogno.

– Un sogno felice, non è vero, Enrichetta?..

– Ma non è dunque vero ciò che mio padre mi diceva?.. Fra quindici giorni?..

– Fra quindici giorni noi dovremmo essere uniti per sempre… Vostro padre non oppone nessuna difficoltà al nostro matrimonio, non è vero, Enrichetta?..

– Voi sapete, Edoardo, che da quella parte non potrebbero sorgere degli ostacoli molto gravi…

– Orbene, Enrichetta, ciò che vi ha di reale, ciò che vi ha di rassicurante per noi in tutto che accadde da ieri fino a questo momento, è che la nostra felicità dipende da noi soli, che il nostro avvenire è assicurato, e quand'anche…

Edoardo esitava a proseguire.

La fanciulla, fissando nel volto del giovane uno sguardo che esprimeva un sentimento indefinibile, ripetè macchinalmente le ultime parole proferite da lui.

– Enrichetta! – proruppe l'innamorato coll'accento della risoluzione – se queste nozze dovessero ritardarsi, se questo ritardo fosse desiderato… richiesto da colui che ti ama… da colui che ti ha consacrato il suo cuore… che darebbe il suo sangue per risparmiarti una lacrima… cosa diresti, Enrichetta? rispondimi: che diresti?..

Le guancie della fanciulla si animarono di un roseo vivace che era la irradiazione di una gioia mal repressa. Pure ella ebbe forza di dominarsi. L'egoismo dell'amore domandava di assaporare a lente stille la voluttà di una rivelazione desiderata. Enrichetta, simulando lo stupore, proferì a voce secca queste sole parole:

– Io non vi comprendo, Edoardo!

– Voi non mi comprendete?.. Eppure avrei sperato… Quest'oggi… nel vostro contegno… nelle vostre parole mi pareva di leggere… Non importa… Poichè dite di non comprendere, converrà che io mi spieghi davvantaggio. Il nostro matrimonio non può effettuarsi entro quindici giorni, come mio padre avrebbe stabilito… Prima di unirmi a voi, Enrichetta, conviene che io parta da Milano, è necessario che io vada laddove in questo momento sono chiamati tutti gli italiani che sentono la voce del dovere… Questa mattina, mentre mio padre stava trattando col vostro della nostra prossima unione, io ho presentato la mia domanda per essere ammesso nelle guide dei volontari.

Edoardo non aveva finito di proferire queste parole, che la fanciulla obliando ogni riserbo, cadde ai piedi del giovane, e coprendo la sua mano di baci, esclamava coll'accento del più sublime entusiasmo:

– Io ti chieggo perdono, Edoardo, se per un momento ho potuto dubitare del tuo nobile cuore!

I due giovani stettero alcun tempo abbracciati, assaporando quell'estasi voluttuosa che inonda due anime sorelle allorquando per la prima volta si riconoscono completamente. Estasi rare nella vita, fremiti passeggieri della intemerata giovinezza, misteriosi tripudii di quella essenza divina che è nell'uomo, e a cui i sensi non prendono parte. – Una lunga carriera di piaceri ci consuma la vita, e all'età di sessant'anni ciascuno può formare un grosso volume delle sue amorose peripezie; ma in questo volume non spiccheranno che due o tre pagine bianche – e saranno le pagine che ricordano una stretta di mano e il ricambio di un bacio santificato da quei giovanili entusiasmi che riassumono i più elevati sentimenti dell'anima.

– No! Io non dubitava del tuo patriotismo – riprese la giovane sciogliendosi dall'amplesso e ricomponendosi in sulla seggiola – io temeva che l'insistenza di tuo padre, le preghiere e le lagrime della tua ottima madre, e quest'ultimo stratagemma del matrimonio avessero sorpreso la tua buona fede… Io temeva che l'esuberanza dell'amore potesse, per un momento, paralizzare in te la coscienza dei più sacri doveri…

– Il pericolo era grande, ma tutt'altri, meno il tuo Edoardo, avrebbe potuto cedere al fascino di questa seduzione!.. Tu non sai, Enrichetta… Io non ti ho mai detto le orribili angoscie del mio passato… Combattere per l'indipendenza della patria… è dovere di tutti, e la gioventù italiana ha mostrato di comprenderlo… Ma io!.. Non è solamente all'Italia che devo il mio braccio – per me vi è ancora un altro dovere… quello di riabilitare la mia famiglia… Sì, Enrichetta!.. Mio padre mi accusa di poca tenerezza per lui… mi chiama ingrato!.. Egli non capisce che io non potrei dargli maggior prova di affetto che questa di ribellarmi alla sua volontà… Il giorno in cui mio padre potrà dire: io aveva un unico figlio, e questi è andato ad esporre la vita sul campo di battaglia – allora cesseranno i sospetti… Io tornerò dal campo colla fronte rialzata, io prenderò per mano questo vecchio quale egli sia, e la gente, vedendolo passare, non dirà più certe brutte parole… La gente dovrà dire: è il padre di uno che ha esposto la sua vita nella campagna 1866… a fianco di Garibaldi!

Con questo sfogo, Edoardo aveva rivelato alla sua fidanzata il segreto di quei dolori che davano al di lui carattere una impronta severa e qualche volta cupa all'età di ventun'anni.

In quel punto, la voce del signor De Mauro uscì più spiccata dal vano della finestra:

– Si sono dunque perduti quei ragazzi? Eppure, voi vedete, marchese, che il labirinto non è vasto!

– Siamo chiamati! disse Enrichetta.

– Prima di tornare lassù, io vorrei domandarti…

– Indovino il tuo pensiero, Edoardo. Tu non hai coraggio di dire a tuo padre…

– Non è che il coraggio mi manchi, rispose il giovane. Ma se l'opposizione partisse da te, se tu dicessi apertamente che non acconsentiresti a sposarmi se non a patto che io abbia prima adempiuto ai miei doveri di buon cittadino – allora non vi sarebbero più repliche… e mio padre sarebbe costretto a transigere…

– Vieni, Edoardo! – interruppe la Enrichetta – andiamo!.. accetto con orgoglio la missione che mi hai affidata… Vedrai che io saprò parlare come si deve.

I due giovani si strinsero la mano e si baciarono – quindi, annodati delle braccia, uscirono dal boschetto, e a passo spedito si diressero verso il palazzo. – Nei loro volti si rifletteva la gioia e l'entusiasmo dei loro cuori.

XII

Il signor De Mauro, vedendoli rientrare nel salotto, prese buon augurio da quella gioia. – E volgendosi alla figlia del marchese:

– Mi pare, le disse, che le cose si mettano bene. Eravate usciti col portamento impacciato di due collegiali, ed ora tornate a noi colla spigliatezza di due amanti. A maraviglia! Dal canto nostro non si è perduto il tempo – col signor marchese è molto facile l'intendersi… e oramai si può dire: affare finito!

Il marchese Contareno, rilevandosi della persona, e assumendo il fare grandioso dei suoi illustri bisavoli, diresse la parola ad Edoardo:

– L'onorevole signor De Mauro qui presente… vostro padre e mio eccellentissimo amico…

– Lasciamo da parte le grandi formule – interruppe il signor De Mauro – non vedete, marchese, non capite dai loro volti ch'essi sanno già tutto?.. Non è vero, adorabile signorina, che il cerimoniale è divenuto superfluo?.. Ad ogni modo, tanto che anch'io possa udire uno di quei sì deliziosi che, poco fa, avrete proferiti in giardino più di una volta, permettete che io vi domandi se è proprio vero che siate contenta di sposare questo scapato… questa testa balzana di mio figlio… Un cuore eccellente… vedete – ma un cervello… Basta! La signora Enrichetta penserà lei a fargli mettere giudizio.

Il signor De Mauro parlava scherzosamente alla giovane Contareno; ma questa aveva già ripresa quella calma solenne che era l'espressione più naturale del di lei volto.

– Il signor Edoardo – disse ella coll'accento più fermo – conosce i miei sentimenti a di lui riguardo, come anche le mie intenzioni. I nostri cuori sono già fidanzati da parecchi mesi: noi siamo vincolati da promesse reciproche, alle quali nè egli nè io potremmo venir meno. Ma il nostro matrimonio non può effettuarsi in questo momento… Il signor Edoardo lo sa… ed io ne vado orgogliosa… Quanto a me, non potrei stimare un uomo che si rifugiasse nelle dolcezze dell'amore al momento in cui tutti i giovani italiani vanno a sfidare la morte per l'indipendenza e la libertà del loro paese. Un tal uomo non potrebbe mai divenire lo sposo di Enrichetta Contareno.

Il signor De Mauro rimase fulminato. Egli comprendeva che in quel fiero carattere di fanciulla i propositi dovevano essere tenaci come le convinzioni. Si volse al marchese, sperando che questi lo togliesse di imbarazzo: ma il vecchio Contareno guardava sua figlia cogli occhi ebeti e lacrimosi, e a stento poteva respirare. Aveva mangiato per quattro, e la lunga conversazione tenuta poco prima col signor De Mauro gli aveva prostrate le fibre.

Impossibile descrivere le attitudini diverse di quei quattro personaggi. A sciogliere di qualche modo gli imbarazzi della situazione, sopravvenne la signora Serafina.

– Ebbene? tutto è conchiuso… non è vero? – domandò bonariamente quella ottima donna entrando nella sala.

– Sì, tutto è conchiuso – rispose il signor De Mauro dissimulando per quanto gli era possibile il suo cattivo umore – ma la signorina, a quanto pare, non ha molta fretta – a noi dunque non rimane che attendere i di lei ordini… o quelli dell'eccellentissimo signor marchese…

 

– Sicuro!.. A domani!.. Per oggi basta!.. – disse il Contareno levandosi in piedi come uomo che si svegli dal letargo… L'ora è già tarda… non sarebbe tempo di andarcene, Enrichetta?

La fanciulla stese la mano al signor De Mauro che la strinse di mala voglia.

– Spero che non mi serberete rancore – in ogni modo, dopo la guerra, noi ripiglieremo le nostre buone relazioni!

Ciò detto, la fanciulla pose il suo braccio in quello di Edoardo – e i due giovani uscirono insieme dalla sala, seguiti dal marchese che non cessava di ripetere macchinalmente: affare concluso! affare finito!