Za darmo

Il Quadriregio

Tekst
0
Recenzje
iOSAndroidWindows Phone
Gdzie wysłać link do aplikacji?
Nie zamykaj tego okna, dopóki nie wprowadzisz kodu na urządzeniu mobilnym
Ponów próbęLink został wysłany

Na prośbę właściciela praw autorskich ta książka nie jest dostępna do pobrania jako plik.

Można ją jednak przeczytać w naszych aplikacjach mobilnych (nawet bez połączenia z internetem) oraz online w witrynie LitRes.

Oznacz jako przeczytane
Czcionka:Mniejsze АаWiększe Aa

CAPITOLO XV

Di coloro che col lor sangue fondarono la fede, e delle cose che dobbiamo credere.

 
        Paulo mi mise poi nel tempio sacro,
        fatto di sangue e fatto di fortezza
        di santi, morti a duolo acerbo ed acro.
 
 
        Parea ch'andasse al cielo la sua altezza,
    5 edificato in dodici colonne,
        e quattro miglia o quasi nell'ampiezza.
 
 
        Né Capitolio mai, né Ilionne
        fu di bellezze e gioie tanto adorno,
        né 'l tempio, che 'l gran saggio fe' in Sionne,
 
 
   10 quante questo n'avea intorno intorno;
        di mille luci splendea in ogni parte,
        sí come luce il sol di mezzogiorno.
 
 
        Mai Policleto, né musaica arte,
        neanco Giotto fe' cotal lavoro,
   15 qual era quel di quelle membra sparte.
 
 
        Parean i lor capelli fila d'oro,
        e lor vermiglie ven parean coralli,
        e purpuresche le ferite loro.
 
 
        La carne e l'ossa chiar piú che cristalli,
   20 tutte ingemmate a pietre preziose,
        pien di iacinti e di topazi gialli.
 
 
        Mostrò a me Paulo tra le belle cose
        prima san Pietro e poi piú altri assai,
        che Cristo in pria per fundamento pose.
 
 
   25 Mostrommi cento e piú papi primai,
        i quai fûn morti per la santa fede,
        ch'ora risplende di cotanti rai.
 
 
        Per la qual cosa a chi saliva in sede
        si trasse dirli: – Vuoi esser pastore
   30 con quella valentia, che si richiede? —
 
 
        Ciò era a dire: – Hai tu tanto valore,
        che sia costante a sostener la morte
        per santa fede senza alcun timore? —
 
 
        Poi disse: – Or mira il giovinetto forte,
   35 il qual inverso il cielo alza la faccia
        e per me prega con le braccia sporte.
 
 
        Stefano è quel, che disse: – O Dio, a te piaccia
        che facci agnello del lupo rapace,
        che li tuoi cristian sí mette in caccia. —
 
 
   40 Allor refulse in me lume verace,
        e caddi in terra e poi risposi a Cristo:
        – Chi se', Signor? farò ciò ch'a te piace. —
 
 
        Laurenzio e poi Vincenzio ed anco Sisto
        mostrommi poi ed il mio Feliciano
   45 tra le gemme piú chiare ivi permisto:
 
 
        li martiri sepolti in Vaticano,
        in via Salaria, Callisto e Priscille,
        ognun lucente, chiaro e diafáno.
 
 
        Io vidi poi le fortissime ancille,
   50 Lucia, Agnese, Marta e Caterina,
        Cecilia, Margherita e piú di mille;
 
 
        e quelli che refulsono in dottrina
        in santa Chiesa con tanti splendori,
        quanti ha nel ciel la stella mattutina;
 
 
   55 e, sopra a tutti, li quattro dottori,
        intra li quali risplende Augustino
        tanto, ch'ecclissa li raggi minori.
 
 
        Tra quelle luci sta Tomas d'Aquino,
        Anselmo ed Ugo, Ilario e Bernardo,
   60 quasi carbonchi posti in oro fino.
 
 
        Isidoro, Boezio e 'l buon Riccardo,
        Crisostomo ed Alano era ivi inserto,
        splendente ognun, che mi vincea lo sguardo.
 
 
        Il tempio, che di sopra era scoperto,
   65 avea per tetto il raggio delle stelle,
        e 'l ciel ogni splendor v'avea aperto.
 
 
        Mentr'io mirava queste cose belle,
        Paulo mi disse: – Se tu hai diletto
        altro sapere, perché non favelle? —
 
 
   70 Risposi a lui: – Quantunque io abbia letto
        che cosa è fede, ancor non son contento,
        se meglio nol dichiari al mio intelletto.
 
 
        – Fede è substanza ovvero fundamento
        delle cose non viste e da sperare,
   75 ferma chiarezza ovver fermo argumento. —
 
 
        Cosí egli rispose al mio parlare;
        e poi subiunse che qui la substanza
        vien da quel verbo, che sta per substare.
 
 
        E, perché tutto l'esser di speranza
   80 sta su la fede e dietro gli seconda,
        e senza lei ogni vertú ha mancanza,
 
 
        fede è substanza, perché 'n lei si fonda
        spene e vertú e vanno dietro poi
        quasi accidenti ovver cosa seconda.
 
 
   85 Se d'argumento ancor tu saper vuoi,
        ciò è chiarezza, ché la fede è chiara,
        come chi vede ben cogli occhi suoi.
 
 
        E fa' che 'ntendi bene, e questo impara:
        ch'alcuna fede è viva, alcuna è morta,
   90 e sol la fede viva appo Dio è cara,
 
 
        perché nell'operare è sempre accorta;
        e cosí è vertú da lei produtta,
        come da pianta che buon frutto porta.
 
 
        La fede morta è quella che non frutta
   95 l'opere virtuose e non si guarda
        né dalli vizi, né da cosa brutta.
 
 
        E questa fede è morta, a chi risguarda;
        ché, benché dica con parol ch'ell'ama,
        nell'opere si mostra poi bugiarda.
 
 
  100 Però, se cristiano alcun si chiama
        ovver fedele, e vuoi veder la prova,
        guarda se 'l frutto porta in su la rama.
 
 
        Crede il demonio e teme, e non gli giova,
        perché null'atto senza caritate
  105 esser di frutto buon giammai si trova. —
 
 
        Poi vidi scritto: «O voi che 'l tempio intrate,
        leggete questo e ben ponete mente,
        e, come dice qui, cosí crediate».
 
 
        Io lessi: «Io credo in Dio onnipotente,
  110 e tre persone in un essere solo,
        e che fe' l'universo di niente.
 
 
        E credo in Iesú Cristo, suo figliuolo
        e nato di Maria e crucifisso,
        morto e sepolto con tormento e duolo;
 
 
  115 e ch'andò al limbo e trasse dall'abisso
        i santi padri, e laggiú di quel fondo
        quassú di sopra li menò con isso;
 
 
        il terzo dí poi florido e giocondo
        risuscitò, e poscia al ciel salío
  120 per sua vertú, partendosi del mondo;
 
 
        e siede in forma d'uomo a lato a Dio,
        e verrá a iudicare all'ultim'ora,
        salvando i buoni e dannando ogni rio.
 
 
        Nello Spirito santo io credo ancora,
  125 e ch'egli è Dio; e credo in santa Chiesa,
        che 'n tre persone un solo Dio adora.
 
 
        Credo il battismo, che lava ogni offesa,
        col cor contrito la confessione,
        se a satisfar si tien la man distesa.
 
 
  13 °Credo nel pane della comunione
        essere Cristo, quando è consacrato,
        in segno che e' giammai non ci abbandone;
 
 
        e che, finito il temporale stato,
        che 'l ciel produce, mentre sopra volta,
  135 dal qual è ogni effetto generato,
 
 
        credo che verrá Cristo un'altra volta,
        e che ognun rivestirá sua carne,
        quantunque sia disfatta e sia sepolta;
 
 
        allora egli verrá a giudicarne
  140 con pompa trionfante e con maièsta,
        col corpo che fu offerto a liberarne;
 
 
        e ch'alla tromba della sua richiesta
        verranno innanzi a lui i vivi e i morti
        alla sentenza della sua podèsta;
 
 
  145 e quelli poi dividerá in due sorti,
        e mandará li rei a valle inferna
        e li suo' eletti agli eterni conforti.
 
 
        Credo i beati e credo vita eterna,
        che solo a' virtuosi Dio la dona,
  150 che hanno fede e caritá fraterna;
 
 
        ché, come la Scrittura ne ragiona,
        Dio non vuole, né vòlse aver mai seco
        se non vertú perfetta e cosa buona;
 
 
        E però comandò che 'l zoppo e 'l cieco,
  155 leproso e brutto non intrasse al tempio,
        né fusse offerto a lui infetto pieco;
 
 
e questo fu nel sopradetto esempio».
 

CAPITOLO XVI

Della resurrezione de' nostri corpi dopo il Giudizio.

 
        Inver' l'apostol poscia mi voltai,
        e dissi a lui: – Questa scrittura letta,
        di nostra fede articuli primai,
 
 
        bench'io la creda, ancora mi diletta
    5 udir come suade la Scrittura
        la resurrezion, la qual s'aspetta. —
 
 
        Ed egli a me: – A due cose pon' cura:
        una è ch'ognun ritornerá in vita,
        ché non va a morte, ma per sempre dura,
 
 
   10 e che de' buon la carne rivestita
        será immortale ed ará l'altre dote,
        che fia impassibil, lieve e fia polita;
 
 
        l'altra cosa è che le celesti rote,
        che ora giran sí veloce e forte,
   15 non voltaranno piú, né fien piú mote,
 
 
        e per questo seran chiuse le porte
        al futur tempo, e non fia piú Carone,
        che ora ognun, che nasce, mena a morte.
 
 
        Se vuoi di questo persuasione,
   20 sappi che 'l moto, quando il fine acquista,
        convien che cessi dalla sua azione.
 
 
        E cosí 'l ciel convien ch'anco desista,
        quando fie giunto al fin, pel qual si move,
        come opra fatta fa posar l'artista.
 
 
   25 Or gira il ciel, perché le cose nòve
        produce e figlia e corrompe l'antiche,
        mentre fa state qui e verno altrove;
 
 
        produce uccelli e quel, del qual nutríche
        gli animal suoi, e produce ogni pomo,
   30 mentre il sol volge tra le rote obliche.
 
 
        E tutto questo è fatto a fin dell'uomo;
        e l'uomo è fatto a rifar le ruine
        di que' che su da ciel cadêro a tomo.
 
 
        Però convien che 'l ciel tanto cammine,
   35 sinché tanta ruina si ristora;
        e poi il moto suo averá fine.
 
 
        Allor cessará il tempo, che divora
        ciò che produce il primo moto, il quale
        fa ciò ch'e' figlia, che vivendo mora.
 
 
   40 In questo, Cristo altèro e triunfale
        dirá: – Surgete, o morti, della fossa:
        venite alla sentenzia eternale. —
 
 
        Allor ripiglieran la carne e l'ossa
        li rei oscuri, e i buoni con splendori
   45 per la vertú della divina possa.
 
 
        Sí come gli arbor, che perdon li fiori
        nell'autunno e perdono ogni foglia
        e paion morti e senza vivi umori,
 
 
        talché 'l coltivatore anco n'ha doglia
   50 che paion secchi, e quasi si dispera
        che mai su d'elli piú frutto ne coglia:
 
 
        poi la vertú del sol di primavera
        li fa di frondi e fiori adorni e belli,
        e rivivisce in lor la morta cèra;
 
 
   55 cosí li corpi sfatti negli avelli
        resurgeranno in istato felice
        co' membri interi insino alli capelli.
 
 
        Come di polve nasce la fenice,
        che arde sé e del cenere stesso
   60 giovin resurge, sí come si dice;
 
 
        e cosí 'l corpo, sotto terra messo,
        suo spirito averá da quel che viene
        da prima infuso ed al corpo concesso.
 
 
        Ancora alla iustizia s'appartiene
   65 render secondo l'opera a ciascuno
        il mal al male, e 'l premio dar al bene;
 
 
        ché ogni atto moral sempre è comuno
        allo spirito e al corpo, e insieme vanno
        ad ogni atto splendente ed anco al bruno.
 
 
   70 Se sol del mal lo spirto avesse affanno,
        potrebbe dire: – O Dio, se tu se' iusto,
        perché io solo del peccar n'ho 'l danno?
 
 
        perché solo sto io nel fuoco adusto?
        perché no' 'l corpo, dacché la dolcezza
   75 ebbe degli occhi, del tatto e del gusto? —
 
 
        Cosí li santi, i quali ebbon fortezza
        tanta, che i sensi fenno consenzienti
        alli martíri, affanni ed all'asprezza,
 
 
        potrebbon dire: – O Dio, ché non contenti
   80 noi delli corpi nostri, ch'a' martíri
        ne seguîr volentieri ed a' tormenti? —
 
 
        Quando questo dicea, gravi sospiri
        udii nel tempio; e parve ch'ogni morto
        avesse a suscitar mille desiri.
 
 
   85 85 – Vendica il nostro sangue, sparto a torto
        – diceano, – o Dio, non véi ch'ognun desia
        di rivestirsi i corpi omai 'l conforto?
 
 
        Non ch'in noi voglia di vendetta sia,
        cosí preghiam; ma per aver la vesta
   90 de' corpi, a noi natural compagnia.
 
 
        Acciò ch'elli con noi abbian la festa,
        perché 'l Iudizio, o Signor, non affretti?
        perché non fai la vendetta piú presta? —
 
 
        Risposto fu: – Da voi tanto s'aspetti,
   95 che il numero si compia di coloro,
        che son da Dio con voi nel cielo eletti,
 
 
        insin che fatto sia tutto il ristoro
        de' piovuti da ciel primi arroganti,
        che fûn cacciati dal celeste coro. —
 
 
  100 Poi miglia' d'alme m'apparson innanti,
        ed un angelo die' splendide stole,
        in scambio delli corpi, a lor per manti.
 
 
        Sí come un'altra cosa dar si suole
        per consolar alquanto chi pur chiede,
  105 quando non puote aver quel ch'egli vuole;
 
 
        cosí l'agnol le vesti bianche diede
        e disse a lor: – Queste vestite, intanto
        che d'uomin s'émpian le superne sede. —
 
 
        Quell'alme allora andonno in ogni canto,
  110 cercando il tempio, e lor corpi mirando
        con tal desio, che mi mossono a pianto.
 
 
        – Il corpo mio è questo: o Dio, oh! quando
        lo mi rivestirò? – dicevan molti.
        Alquanti il sangue lor givan basciando;
 
 
  115 alquanti dimostravan li loro volti
        e le ferite e le lor membra sparte,
        le braccia e i piè intra li ferri involti.
 
 
        Po', come fa l'amico, che si parte
        dall'altro amico, e, perché amor dimostri,
  120 sospira e dice: – A me incresce lasciarte; —
 
 
        cosí dissono quelli: – O corpi nostri,
        dormite in pace, e tosto Dio ne doni
        voi venir nosco alli beati chiostri. —
 
 
        Poi se n'andôn con piú dolci canzoni,
  125 e sol rimase meco il Vaso eletto,
        il qual proferse a me questi sermoni:
 
 
        – Se d'altro vuoi ch'io informi il tuo intelletto,
        mentr'io son teco, perché non domandi? —
        Ed io, che il domandar avíe concetto,
 
 
  130 risposi: – O dottor mio, da che 'l comandi,
        dichiara a me in qual etá li morti
        resurgeranno e quanto parvi o grandi. —
 
 
        Ed egli a me: – Di lor saran due sorti,
        com'io ho detto, ed una de' captivi,
  135 l'altra di quei ch'a ben far funno accorti.
 
 
        Quei che son morti buon, poiché fien vivi,
        trentaquattro anni in apparente etade
        dimostreranno floridi e giulivi.
 
 
        Quella è di umana vita la metade;
  140 ogn'uom, che ci esce prima, ha mancamento,
        e quando cala inver' l'antichitade.
 
 
        Se parvitá ovver troppo augumento
        non fie per mostro o natura peccante,
        ognun di sua statura fie contento;
 
 
  145 sí che, se alcun fu nano, alcun gigante,
        questo ed ogni altra cosa mostruosa
        ridurrá a forma il divino Operante.
 
 
        Ed anco noterai un'altra cosa:
        che ogni dota, che 'l corpo riceve,
  150 gli vien dall'alma sua, ch'è gloriosa;
 
 
        sí che l'esser sottile, illustre e lieve,
        non l'ha 'l corpo da sé, se ben pon' mente;
        ch'egli è da sé oscuro, grosso e grieve.
 
 
        Ma, quando fie rifatto risplendente,
  155 dall'anima verrá quello splendore
        e 'l mover, che fará subitamente.
 
 
        E, perché l'alme ree questo valore
        in sé non averanno, però elle
        non potran dar al corpo tal onore.
 
 
  160 Non seran liete e non seranno belle:
        tutti i difetti in lor averanno anco,
        ch'ebbon per caso o per corso di stelle,
 
 
e di letizia e luce averan manco. —
 

CAPITOLO XVII

Come Paolo apostolo menò l'autore al reame della Speranza.

 
 
        – Apostol mio, che al terzo delli cieli
        tirato fosti alle celesti cose,
        perché di quelle a me tu non reveli? —
 
 
        Cosí diss'io; ed egli a me rispose:
    5 – Perché son sí supreme e tanto immense,
        e son sí alte e sí maravegliose,
 
 
        che non è cor terren, che mai le pense;
        né mente che le creda ovver discerna,
        se non le gusta in le superne mense.
 
 
   1 °Come avverria, se un nella caverna
        fusse nutrito, e poi gli dicesse uno
        ovver la sua nutrice, che 'l governa,
 
 
        come nasce la rosa su nel pruno,
        e come 'l sol il dí rischiara il giorno,
   15 e poi la sera cala e fállo bruno,
 
 
        e quanto il ciel di stelle è fatto adorno,
        e come piove, e che per l'alto mare
        le navi vanno a vento intorno intorno,
 
 
        appena el credería; e, poi che chiare
   20 ei le vedesse, diría nel pensiero,
        stando egli stupefatto ad ammirare:
 
 
        – Or veggio ben che a sí supremo vero
        non alzava io la mente, e ciò ch'i'ho creso
        è stato diminuto e non intero;
 
 
   25 e per questo io, dal terzo ciel disceso,
        parlar non volli tra li saggi e sciocchi,
        che per superbia non m'arebbon 'nteso,
 
 
        stolti appo Dio e saggi ne' lor occhi,
        pien d'ignoranza e sí di senno vóti,
   30 che suonan, beffeggiando, unque li tocchi.
 
 
        Ma a quei, che alla fede eran divoti,
        a Dionisio ed a molt'altri ancora
        li secreti del ciel io feci noti.
 
 
        Quel che tu chiedi ch'io ti riveli ora,
   35 tosto fia manifesto al tuo intelletto,
        quando di questo tempio serai fuora. —
 
 
        D'un porfido polito, terso e netto
        una via mi mostrò poi 'nsú distesa,
        girante intorno al tempio insin al tetto.
 
 
   40 – Per questa è la salita ed è la scesa
        di dea Speranza; e chi vuol veder lei,
        convien che saglia sopra questa chiesa. —
 
 
        Cosí dicendo, insú mosse li piei;
        ed io, che sue vestigie mai non lasso,
   45 dirieto a lui mossi li passi miei.
 
 
        E, perché ogni monte è assai piú basso,
        che non è 'l monte, ove quel tempio è sito,
        però ratto ch'io salsi il primo passo,
 
 
        l'apostol disse a me: – Or sei uscito
   50 fuor del terrestre mondo, e chi sú sale
        e di voltarsi addietro è poscia ardito,
 
 
        diventa marmo o statua di sale:
        però fa' che non volti, ché tu forsi
        potresti divenir in tanto male. —
 
 
   55 Per questo detto, mentre alla 'nsú corsi,
        dieci miglia salendo insino a cima,
        il viso mio addietro mai non torsi.
 
 
        E, quando sopra il tetto giunsi in prima,
        inverso il mondo ingiú chinai la fronte,
   60 come chi d'una torre il viso adima.
 
 
        Per l'altezza del tempio e poi del monte
        il mondo parve a me un piccol loco,
        e 'l mare intorno quasi parvo fonte.
 
 
        – Tu se' appresso alla spera del foco
   65 – disse a me Paulo; – e, perché 'l foco in alto
        riscalda molto, e sotto scalda poco,
 
 
        però non arde questo adorno smalto
        di questo tetto, ed anco a te non cuoce,
        degli incendi suoi facendo assalto. —
 
 
   70 Non credo mai ch'andasse sí veloce
        coll'ale aperte il nunzio Cilleno
        quando il gran Iove a lui comanda a voce,
 
 
        che non venisse a me ancora in meno
        la santa Fede, spargendo li raggi
   75 intorno intorno per l'aer sereno.
 
 
        E, giunta a me, mi disse: – Accioché aggi
        tuo' intendimenti, e che tu la Speranza
        possi vedere e sua dolcezza assaggi,
 
 
        io venni a te e solo ebbi fidanza
   80 ch'io la possi mostrar, se mi t'accosti,
        sí che tra te e me non sia distanza.
 
 
        Ed abbi li piè tuoi su li miei posti,
        il petto al petto; ed alza la pupilla
        al ciel, come l'arcier ch'al segno apposti. —
 
 
   85 Cosí udii che fece la sibilla,
        quando mostrò al grande imperadore
        col figlio in braccio l'umiletta ancilla,
 
 
        dentro in un cerchio in ciel pien di splendore,
        quando il popol roman (tanto era errante)
   90 volea di sacrificio fargli onore.
 
 
        Allor Sibilla gli disse davante:
        – Altro signor ne viene, Octaviano,
        a cui degno non se' scalzar le piante,
 
 
        ché unirá 'l celeste coll'umano.
   95 Egli è che fará 'l secolo felice,
        ed al ciel tirerá 'l regno mundano. —
 
 
        Allora Cristo e la sua genitrice
        gli fe' vedere e disse: – Quegli è 'l figlio,
        di cu' i profeti e Virgilio dice. —
 
 
  10 °Cosí ed io, al cielo alzando il ciglio,
        un'agnol vidi, ch'era innanzi a Dio,
        il qual dicea per modo di consiglio:
 
 
        – Ritorna, o peccatore, al Signor pio,
        il qual perdona a chiunque si converte,
  105 purché si penta e non voglia esser rio.
 
 
        Egli t'aspetta colle braccia aperte,
        come padre il figliuol che si desvia,
        che poi l'abbraccia, quando a lui reverte.
 
 
        Perché ti parti ed obliqui la via?
  110 Ritorna a tua cittá e alla tua corte
        coll'agnol diputato in compagnia.
 
 
        Non vedi tu che quella vita è morte
        che corre a morte, e quella vita è vita
        che al vivere giammai serra le porte?
 
 
  115 Non vedi tu che l'alto Dio t'invita,
        e, se ti penti e domandi perdono,
        ti dará 'l cielo e la vita infinita?
 
 
        Egli dell'esser uom ti fece dono,
        perché suo fossi, e suo esser non puoi,
  120 se non ti mendi e non diventi buono.
 
 
        E, se tu 'l tuo voler seguitar vuoi,
        serai perduto; ché nulla ha fermezza,
        se non in quanto ha 'l fundamento in lui.
 
 
        Egli è quel padre che nullo disprezza,
  125 che a lui ritorni. – E, quando questo intesi,
        della speranza io sentii la dolcezza,
 
 
        e lacrimoso in terra mi distesi,
        dicendo: – O padre, priego mi perdoni,
        se mai io fui superbo e mai t'offesi. —
 
 
  130 Mille tripudi allor, mille canzoni
        io vidi in ciel far della penitenza
        del peccator e mille dolci suoni.
 
 
        Ed una donna con gran refulgenza
        dal ciel discese a me dal destro lato
  135 a consolarmi della sua presenza,
 
 
        e disse: – Al cor contrito ed umiliato
        la porta Dio della pietá mai serra:
        sí quello sacrifizio a lui è grato.
 
 
        E, quando il peccator si getta in terra,
  140 di ogni pace Dio gli è grazioso,
        quantunque pria con lui avesse guerra;
 
 
        ché non è altro l'esser vizioso,
        se non contra sua legge andar superbo,
        contra l'ordin di Dio ire a ritroso.
 
 
  145 Per la superbia di chi 'l pomo acerbo
        gustò e stupefe' a' figli i denti,
        fece umanare Iddio l'eterno Verbo,
 
 
        a satisfar per quelle giuste genti,
        ch'eran nel limbo; e con martirio amaro
  150 fe' che dal suo Figliol fusson redenti.
 
 
        Or pensa quanto Dio ha l'uomo caro,
        da che ordinò che tanta maiestade
        a sua perdizion fêsse riparo. —
 
 
        Quand'ella disse a me tanta pietade
  155 e che Dio fece l'uom non per suo merto,
        ma per parteciparli sua bontade,
 
 
        io presi ardire e leva'mi sú erto
        e dissi: – Io non son servo, ma figliuolo
        del padre Dio, che tanto amor m'ha offerto. —
 
 
  160 Poi mi rivolsi per veder san Polo;
        e vidi lui e la Fe' con gran luce
        salir al cielo; e non mi lassôn solo,
 
 
insin che dea Speranza ebbi per duce.