Una Linea Sottile

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Capitolo 5

Lo straniero

(Ferrari)

La mattina, come di consueto prima di un appuntamento importante, mi alleno. Tiro di boxe al sacco e ho la mia seduta con i pesi.

Indosso, per l'occasione, il mio abito migliore. Voglio fare colpo sull'avvocato inglese, del resto l'Inghilterra mi ha sempre affascinato così come la sua cultura.

Ricordo quando, molto giovane, soggiornavo da amici dei miei genitori a Cambridge. Il mio primo viaggio in Inghilterra fu una sorpresa: pensavo di recarmi in un paese ostile, freddo di clima e di persone e in cui non mi sarei divertito, invece, le mie impressioni furono ben altre... avevo conosciuto persone educatissime, rispettose e serie e avevo visto con i miei occhi che il sistema anglosassone funzionava per tutto, dal primo lavoro, all'acquisto di una casa. Lo stato non lasciava mai il cittadino, ex suddito, da solo. Visitai anche numerosi college e l'università di giurisprudenza nonché quella di criminologia. Ne rimasi colpito.

Quando tornai in Italia il mio primo pensiero fu un paragone ingiusto con le nostre strutture. Ho iniziato a studiare legge un po' per tradizione familiare, un po' per passione, ma soprattutto perché attirato dalla figura americana dell'avvocato, persona ammaliante e molto rispettata. La realtà italiana mi avrebbe presentato ben altre sorprese! Una cosa certa che desideravo avere dai miei studi era di non farmi fregare da nessuno nella vita. Illuso. Già nei banchi universitari vi era chi rubava gli esami e chi i cellulari. Constatai con amarezza che avrei dovuto, innanzitutto e subito, difendermi dai miei colleghi. Fu così che abbandonai le lezioni da corsista e studiai per lo più a distanza, recandomi in facoltà poche volte e per gli esami.

Ma torniamo ad oggi. Si sta facendo tardi e devo sbrigarmi. Come al solito, mi alzo in anticipo e arrivo in ritardo. Questa volta, però, non posso fare brutta figura, devo essere puntuale. Entro in auto per combattere col traffico cittadino che di inglese ha solo la guida a destra sempre in fase di sorpasso nella corsia che dovrebbe essere quella "lenta".

Napoli è una città bellissima ma incoerente. Si atteggia a metropoli avanzata ma, in essa, convivono scene di illegalità divenute ormai consuetudine. Quando mi affaccio dal balcone dello studio posso osservare la fiera di personaggi che caratterizzano questo poliedrico angolo di mondo. Capaci di grosse bellezze ma anche di enormi nefandezze. Trovi il parcheggiatore abusivo e a lato il vigile urbano. Trovi il poliziotto di quartiere e gli storici "giocatori delle tre carte". Insomma, dove mi trovo ad esercitare è un mondo in cui ci si può imbattere in clienti di ogni genere. Non credo che un inglese possa mai abituarsi a questo modo di vivere.

Arrivo puntuale all'albergo, Excelsior, uno splendido albergo a 5 stelle plus situato sul lungomare. Si tratta bene l'inglese!

Mi annuncio alla receptionist che mi introduce nella sala riunioni appositamente noleggiata e preparata con un rinfresco per l'occasione. Mi accomodo sulla sedia di fronte all'ingresso principale per notare chiunque entri e aspetto. Dopo circa 10 minuti arriva.

Devo dire che la prima impressione non è molto positiva.

Indossa un elegante abito blu notte in perfetto stile inglese con gilet e soprabito attillati e cravatta perfettamente intonata. Scarpe lucidissime di cuoio nero. Quello che mi colpisce è, però, il suo sguardo: altezzoso, superbo e compiaciuto. Sembra guardare il mondo dall'alto in basso, quello che Paul Ekman definisce come “sguardo da disprezzo sociale”: labbra lievemente serrate e naso leggermente arricciato. Può darsi che mi sbaglio ma, se è guerra che cerca, può esserne certo, ne troverà più di quanto a lui necessita. Mi alzo e vado a stringergli la mano.

Capitolo 6

Il ritorno

(Tancredi)

Non è stato il glorioso rimpatrio che sognavo.

Di certo non quello che sette anni fa, valigia alla mano, mi ero ripromesso avrei fatto nel caso fossi mai tornato a calcare il suolo di questa città. Motivi per andarsene ce n’erano anche troppi e del resto, ad eccezione della mia famiglia, non credo che nessuno abbia sentito la mia mancanza in tutto questo tempo. Non ricordo fazzoletti bagnati o amici dispiaciuti all’aeroporto il giorno in cui presi il volo. Le mie ragioni non erano migliori di quelle di tanti altri.

Erano soltanto alimentate da un odio feroce.

L’odio che si riserva nel realizzare che non ci sono speranze o opportunità ad attenderti l’indomani. L’odio che si porta verso tutto ciò che uccide i tuoi sogni.

Raccolgo pigramente il bagaglio e mi dirigo verso l’uscita passeggeri di Capodichino. Un breve sguardo d’assieme mi conferma che l’estetica dell’area aeroportuale è cambiata rispetto all’ultima volta. Esco dalle scorrevoli dell’uscita e mi dirigo verso una piccola area stradale a forma di cuneo che qualcuno, con una fantasia tutta partenopea, ha ribattezzato come “Stazionamento Taxi”. Non appena mi avvicino al primo disponibile si scatena una piccola baruffa tra vari autisti desiderosi di intascare la tariffa di trasporto. La cosa più vicina ad un salasso che questa città possa riservare. La rissa termina con un vincitore: un uomo nerboruto in canottiera che letteralmente opera un sequestro di persona.

Io e la valigia veniamo sollevati di peso e messi sul sedile posteriore dell’abitacolo per partire a tutta birra prima che qualcuno dei colleghi tassisti possa accampare ulteriori proteste.

<<Allora dottò dove la porto?>>, gracchia l’omone.

Sorrido a denti stretti. La lingua napoletana ha sempre avuto un fascino molto particolare, non tanto per il dialetto in sé quanto per il folclore evocativo che trasmette. In questa città infatti qualunque sconosciuto ti si avvicini con una cravatta è per antonomasia un dottore. Poco importa se chi ti parla è l’ultimo dei ciabattini. Resta comunque un dottore. Una specie di laurea honoris causa concessa sul campo.

<<Mi porti all’hotel Excelsior>>, rispondo. “Vivo possibilmente”, sto per aggiungere.

L’autista infatti, sprezzante del pericolo, imbocca la circumvallazione esterna ad una velocità che qualche pavido villico definirebbe criminale. Ormai è da tempo che in questa metropoli il codice della strada ha assunto un valore sempre più blando fino a sfumare in un vero e proprio catalogo di suggerimenti.

In breve si è passati dall’ordine imperativo al consiglio facoltativo. Il risultato di questa evoluzione sociale è l’aver dato vita ad una specie di complotto geografico per uccidersi a vicenda non appena si mette il culo su un auto.

Venti minuti dopo, ancora vivo, ma con il tassista che avrà collezionato una decina di accuse di tentato omicidio, arrivo a mettere piede nell’albergo. Il sole è alto e la mattina molto afosa. Mi ero disabituato ad un clima così mite. Prima di entrare nella hall mi giro un istante a vedere il mare a pochi metri dall’albergo. Un attimo che sembra eterno a rimirare la migliaia di scintille del sole che si riflettono sull’acqua. Un attimo a ricordare tutto quello che mi è mancato.

L’appuntamento con l’avvocato della Salus è stato fissato qui per mia fortuna così ho tutto il tempo per salire sopra e cambiarmi.

La suite è magnifica e talmente tirata a lucido che potrei specchiarmi nelle pareti. Non ho molto tempo prima del meeting, quindi mi fiondo sotto la doccia e tiro fuori dal bagaglio il mio magnifico doppiopetto Anderson e Shepard comprato alla Savile Row di Londra. Non sono particolarmente amante delle cravatte, ma d’altro canto adoro la buona sartoria. Qualcuno potrebbe pensare che sono un egocentrico vanitoso. Quel qualcuno avrebbe ragione. Non esito ad annodarmi compiaciuto una bellissima “Marinella’’ rosso aragosta, un piccolo piacevole ricordo che porto da Napoli in giro per il mondo.

Laccato di tutto punto, raccolgo la mia ventiquattr’ore e prendo l’ascensore fino alla Hall. Nell’immenso salone ci sono svariati uomini che spaziano in lungo e in largo. Ognuno di loro potrebbe essere Ferrari. A passo lungo mi avvio alla receptionist per chiedere se un certo Riccardo Ferrari si è fatto vivo. La ragazza allunga una mano in direzione delle poltrone vicine all’ingresso e precisamente verso l’unica persona seduta. Lo sconosciuto si accorge che lo sto fissando e si alza.

Ha una forma imponente e uno sguardo deciso. Da questa distanza non posso esserne sicuro, ma da come gli cade addosso il vestito, avverto che ha un bicipite grosso come la mia testa e anche il resto del corpo pare seguire lo stesso repertorio.

È decisamente diverso da come me l’aspettavo. Credevo che avrei avuto a che fare con il solito ometto sudaticcio di mezz’età con l’aria da usuraio, un bel po’ di trippa sulla pancia e pochi capelli in testa. Questo qui mi sembra piuttosto il clone di un guerriero spartano con lancia e mantello.

Speravo di affrontare il Pinguino invece mi trovo davanti Batman.

È anche piuttosto sicuro di sé dall’aria che sfodera.

È venuto per la guerra.

Muove qualche passo e mi si fa incontro con un mezzo sorriso per stringermi la mano. Ricambio accondiscendente.

E guerra sia.

Le mani rimasero strette per alcuni secondi. Nessuno dei due mosse lo sguardo dagli occhi dell’altro. Abbassare lo sguardo prima dell’altro avrebbe mostrato una debolezza che un abile professionista avrebbe potuto sfruttare nelle future mosse. Questo duello occhi negli occhi fu interrotto dalla receptionist che li indirizzò nella sala riunioni prenotata dalla Smithson.

 

Senza emettere un fiato si accomodarono entrambi alla scrivania ovale in legno d’acero l’uno di fronte all’altro mentre la porta alle loro spalle veniva chiusa delicatamente. Ferrari emerse da quel silenzio carico di tensione e fece un cenno della mano verso un piccolo banco su cui stazionavano bibite e snack leggeri.

<<Prendiamo qualcosa da bere prima delle trattative. So che in Inghilterra siete amanti del thè. Non la biasimo ma io preferisco la moka>> .

Tancredi passò lievemente una mano sulla cravatta di seta che scivolava magnificamente sul doppiopetto con un sorrisetto: <<Devo deluderla avvocato Ferrari, ma io sono napoletano come lei. E per di più odio il thè!>>

<<Che sorpresa. Devo dire che non è rimasto molto di partenopeo in lei. Spero abbia conservato la capacità di mercanteggiare>>, disse Ferrari alzando il bricco del caffè per versarsi una generosa dose di caffeina.

<<Se vuole avere un’idea della mia capacità di mercanteggiare dovrei mostrarle la mia busta paga>>.

<<Se è così sediamoci e mi dimostri che non stiamo perdendo tempo. Magari non verrò pagato ad ore, ma il mio tempo è altrettanto prezioso>>.

Tancredi allungò una mano verso la ventiquattro ore e ne tirò fuori un voluminoso fascicoletto che posò alla sinistra del tavolo mentre Ferrari finiva il suo caffè.

<<Avvocato Tancredi, ho già passato tutto il weekend a studiare i documenti del brevetto>>.

Tancredi alzò lievemente le sopracciglia <<E..?>>

<<E non mi sembra il caso di farmene visionare degli altri. Credo che possiamo parlare di affari senza scartoffie. Ascolto la sua proposta>>, disse Ferrari con la granitica certezza che quello che Tancredi aveva tirato fuori dalla valigetta fosse solo un mucchio di carta.

Tancredi accavallò le gambe congiungendo le mani. <<La mia proposta è il cinquanta per cento. Tutti felici e contenti torniamo a casa a riprendere la nostra routine>>.

Ferrari tirò indietro la testa e scoppiò in una fragorosa risata.

<<E io che credevo che non volesse farmi perdere tempo. Avevo sentito parlare dello humor inglese>>, Ferrari si alzò in tutta la sua massiccia statura e lento, raccolse la sua giacca. <<Se questi sono i margini della trattativa non abbiamo niente di cui discutere>>, disse avviandosi verso la porta.

<<Fossi in lei non avrei tanta fretta>>, disse Tancredi con assoluta tranquillità.

Ferrari si bloccò mano sul pomello.

<<Vede, immaginavo che avrebbe trovato ridicola la proposta, ma farebbe bene a vedere cosa c’è nel fascicolo prima di andare dai suoi clienti>>.

Ferrari lasciò andare la maniglia e si girò di nuovo verso il tavolo delle trattative.

<<Collega, non amo particolarmente i giochetti di prestigio. Se ha qualcosa da farmi vedere lo faccia ora oppure la trattativa finisce qui>>, rispose Ferrari con aria di sfida.

<<Non si arrabbi. Cercavo solo di aggiungere un po’ di stile alla discussione>>, frecciò Tancredi.

Riccardo, spinto più dalla curiosità che dall’aperta sfacciataggine del suo avversario tornò a sedere.

<<Mi faccia dare un’occhiata>>.

Due secondi dopo, carte alla mano, emise un sibilo.

<<Che ne dice dello humor inglese?>>, domandò Tancredi.

<<Come diavolo li ha avuti?>>, replicò Ferrari. Riccardo aveva appena posato gli occhi sull’intero trial clinico operato dalla Salus sotto la direzione di Alvarado. Documenti che, a rigor di logica, avrebbero dovuto essere secretati dall’ufficio amministrativo.

<<Immagino che se facessi confrontare quei risultati con quelli registrati dalla Dreddson, qualche analista ne dedurrebbe che sono identici>>. Dall’incartamento tirò fuori un foglio matricolato dalla Dreddson e Co. e lo fece ciondolare davanti al suo ospite.

Ferrari afferrò di getto il pezzo di carta. <<Non so come chiamiate questo nelle corti britanniche, ma da noi viene chiamato furto di proprietà industriale>>, esclamò Ferrari. <<E non so se negli albi professionali inglesi ci tengano ad avere professionisti accusati di furto>>.

Tancredi alzò vagamente le spalle. <<I dettagli delle trattative sono privati e coperti dal segreto professionale>>, rispose, <<quindi a meno che non ci tenga a seguirmi nella categoria dei radiati, terrà la bocca chiusa. In ogni caso ci siamo solo io e lei qui>>.

Ferrari era arrabbiato per l’imprevisto, ma evitò di perdere lucidità.

<<Avvocato finora nessuno mi ha mai minacciato, ma d’altronde le vie di come documenti o registrazioni compromettenti possano finire davanti ad una commissione sono infinite. Anche in Inghilterra. Ora, se vuole, torniamo a comportarci da gentlemen e a parlare di affari>>.

<<Sono d’accordo>>, rispose Tancredi.

<<Allora mi faccia una nuova proposta, seria questa volta. Anzi gliela faccio io se permette>>, continuò Ferrari.

<<La ascolto>>.

<<Le do quindici milioni di sterline per abbandonare la cosa per sempre. E l’unica prossima volta che vorrò vedere un avvocato inglese sarà in qualche telefilm tipo “law and order”>>.

<<Mi sa che di avvocati inglesi ne continuerà a vedere se l’offerta non cambia>>.

<<Quanto aveva in mente?>>, disse Ferrari agguantando di nuovo il bricco e colmando la sua tazza vuota.

<<Beh io pensavo più a qualcosa tipo cinquanta milioni subito, più il quaranta percento sulle vendite>>, asserì Tancredi.

A Ferrari poco mancò per rovesciare il caffè sul tavolo.

<<Lei ha visto troppi film. L’ultima offerta sono venticinque milioni di sterline, subito, sull’unghia. Naturalmente se vuole glieli posso accreditare in qualche società off shore. Prima di rispondermi le consiglio di parlane con i suoi clienti>>.

Tancredi era visibilmente stufo della spacconeria di Ferrari e si appoggiò gomiti al tavolo guardandolo fisso negli occhi.

<<Mi spiace amico mio ma non ci siamo. La mia proposta per la Salus è questa: trenta milioni di sterline e il quindici per cento sui ricavati. A voi passa il diritto in perpetuo sul prodotto di Alvarado e noi rinunciamo a qualsiasi azione legale>>. Tancredi raccolse in fretta i fogli e si alzò dal tavolo diretto alla porta.

Ferrari pensò avesse finito ma sulla soglia Tancredi, come per un ripensamento si girò.

<<Dimenticavo, sarò ancora qui a Napoli fino a venerdì. Riporti la proposta ai suoi clienti e mi faccia sapere. E se crede che i fogli che ha visto siano furto industriale aspetti di vedere come verrà additata la Salus quando avrò fatto avere quei documenti a tutti i maggiori giornali, scientifici e non, del globo terrestre. Sono sicuro che qualcuno di questi ridefinirebbe il concetto di furto del brevetto>>.

Senza aggiungere altro si voltò e uscì.

Capitolo 7

Faccia a faccia

(Ferrari)

Immaginate di vivere fuori città, in un piccolo quartiere dove non c'è molto da fare. Quando nasci in una periferia malfamata la tua vita è condizionata da due scelte: o diventi un delinquente o un poliziotto. Io ho deciso di diventare un avvocato penalista. Non è stata una scelta dettata dal fatto che sono figlio di due avvocati. Bensì, la scelta è nata da fattori impulsivi. Ho sempre amato le storie di avvocati di successo, desideravo e immaginavo di diventare da grande un grosso avvocato newyorchese, un avvocato conosciuto soprattutto per la sua retorica e per la lotta a favore dei più deboli. Un gentile e ricco avvocato vincitore di innumerevoli class action.

Durante gli anni universitari alternavo a letture di testi universitari di diritto, tantissimi legal thriller di qualsiasi autore mi capitasse a tiro. Mi davano la carica per non arrendermi alle difficoltà della materia e mi facevano sognare. Meraviglia delle meraviglie, sembrava che avessi attratto quel mondo. Ora ero un protagonista di un legal thriller.

Fu così che il giorno dopo l'incontro scontro con Tancredi dovetti informare i miei clienti dell'accaduto per lavorare sul da farsi.

Anche se è sabato mattina devo informare Saveri e tutto il Consiglio di Amministrazione. Abbiamo poco tempo e dobbiamo decidere il piano di attacco. Fino ad ora abbiamo giocato in difesa aspettando cosa avevano da proporci gli inglesi. È venuto il momento di agire. Prendo di corsa il cellulare e compongo il numero di Saveri.

<<Dott. Saveri? Buongiorno. Sono l'avvocato Ferrari. Mi scusi che è sabato mattina, ma avrei urgente bisogno di parlare con lei e col suo Consiglio di amministrazione... Come? No, non posso parlarle per telefono... No, non si preoccupi, nulla di preoccupante, solo un contrattempo... Perché non viene a prendere un caffè al mio studio questo pomeriggio con i suoi soci? Bene, vi aspetto verso le 17:30 allora... Buona giornata>>.

È meglio non parlare troppo al cellulare quando si fa questo lavoro. Ad essere intercettati non ci vuole nulla. Indosso la tuta e vado a correre con Lucky, correre mi aiuta a pensare meglio.

Alle 17 e 30 in punto squillano al citofono. Sono arrivati. Li faccio accomodare.

<<Allora, di cosa ci voleva parlare di così urgente avvocato Ferrari?>>, dice un po’ preoccupato Saveri.

<<Signori, ci sono delle novità. Non so se mi avete nascosto qualcosa o gli inglesi avevano un asso nella manica, ma l'avvocato Tancredi, nella discussione di ieri mattina, mi ha mostrato il trial clinico del medicinale e ha velatamente minacciato di riferire tutto alla stampa se non accettiamo la loro offerta di trenta milioni di sterline subito, più il quindici per cento sui ricavati della vendita del prodotto ultimato>>.

<<COOOSA? Quelli della Dreddson devono essere impazziti. Se pubblicano quei documenti segreti li porteremo dritti in Tribunale! Dannazione!>>, tuona Saveri, mentre sul volto degli altri compare un'espressione di autentico terrore.

<<Si calmi Dott. Saveri. Ho già provveduto a respingere l'offerta, ma Tancredi voleva, a ragione, che ne parlassi prima con tutti voi. Capirete bene che se quei documenti finissero in mano alla stampa la successiva pubblicità negativa che ne potrebbe derivare non gioverebbe affatto alla commercializzazione del farmaco...>>.

<<Maledizione, come diamine hanno fatto quei documenti ad uscire dalla società!>>, dice Fazio appena ritrova l'uso delle parole.

<<Quando scoprirò chi è stato il traditore...la pagherà cara ... Ma, che mi venga un colpo...>>, impreca Raia alzandosi subito in piedi, <<l'unico che aveva la possibilità di far uscire quei documenti dalla Salus era il dottor Alvarado, quel maledettissimo figlio di una buona donna...>>.

<<Aspettate un attimo, mi state dicendo che Alvarado adesso si sta mettendo a fare il doppio gioco anche con noi?>>. Ora inizio a non capirci più niente.

<<Il triplo gioco vorrà dire, avvocato! Se prima ha lasciato la Dreddson per noi della Salus e adesso vuole mercanteggiare nuovamente per tornare dai suoi vecchi padroni, beh, mi sa che ha capito male stavolta. Qui siamo a Napoli e non a Londra. Ora ci penso io...>>, aggiunge frettolosamente Saveri senza, evidentemente, pensare troppo a ciò che sta dicendo. L'ira lo ha completamente accecato.

<<Signori un po' di contegno, vi prego, manteniamo la calma e non saltiamo a conclusioni affrettate. Le nostre sono solo ipotesi e non provano proprio nulla. Prima di additare qualcuno ragioniamo bene perché, poi, si potrebbe non tornare più indietro se non con perdita di stima reciproca e voi volete continuare a lavorare con Alvarado, se non erro>>, aggiungo cercando di calmare gli animi.

<<Non con questi presupposti, avvocato. Se scoprissimo che Alvarado sta facendo il doppio gioco, stia sicuro che non solo non lavorerebbe più con noi, ma con nessun'altra azienda farmaceutica. Glielo posso assicurare>>, dice Fazio.

 

<<O potrebbe capitargli improvvisamente un grosso guaio... come una radiazione dall'albo... Noi rispondiamo al male col male...>>, sghignazza Raia.

<<Stop! Basta così. Ci stiamo lasciando trasportare troppo. Ora, ragazzi, sentiamo cosa ci suggerisce l'avvocato Ferrari>>. A questo punto Saveri sembra aver ritrovato tutta la lucidità che lo contraddistingue e che lo ha fatto diventare portavoce e punto di riferimento imprescindibile del Consiglio di amministrazione.

<<Sì. Ho pensato bene a questo. E, semplicemente, la mia proposta è di andare a colloquio da Alvarado con l'avvocato Tancredi. Magari a casa di Alvarado, così da non farlo spaventare>>.

<<Grandiosa idea! Ma perché dobbiamo portarci anche l'avvocato Tancredi?>>, rispose perplesso Saveri.

<<Beh, perché se lui fosse d'accordo con Alvarado, insieme si potrebbero tradire e, in più, sarebbe più facile smascherarli e farli addivenire a più miti consigli>>, suggerisco prontamente prima che possano sorgere altri dubbi.

<<Bene!>>, rispondono quasi all'unisono i tre. <<Andata! Si occupi lei degli appuntamenti e ci faccia avere notizia del giorno e dell'ora. La passeremo a prendere noi>>.

Detto ciò, come è ormai consuetudine per quei tre grossi uomini di affari, si alzano e si accomiatano frettolosamente da me.

La palla ritorna al sottoscritto. Devo chiamare Tancredi e notiziarlo. La cosa mi infastidisce non poco, dato che potrebbe scorgere in ciò qualche punto a suo favore. E a me non piace perdere. Non mi piace perdere mai e, quando non posso proprio evitare un litigio, mi piace avere l'ultima parola. Anche stavolta andrà così. Gli farò credere di avere quel piccolo vantaggio, il punto in più per la vittoria. Una volta abbassata la guardia gli darò il colpo di grazia.

<<Avvocato Tancredi? Salve, Ferrari... Sì, bene grazie. Sì, ho parlato con i miei clienti e vorrebbero incontrarla con Alvarado presso la sua abitazione. Lei è disponibile?.... Ma naturalmente, come vuole. Le farò sapere il giorno e l'ora precisi>>. Riaggancio.

L’ho in pugno.

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