Due

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Arrivate al magico mondo dello shopping, è così che ci divertiamo a soprannominare questi grandi outlet di alta moda a poco prezzo, cominciamo a girare senza troppa convinzione tra le varie vetrine, fino a fermarci in una piccola pasticceria dove decidiamo di mangiare qualcosa, non avendo neanche pranzato. Per me una fetta di torta al cioccolato e un caffè, mentre la mia amica si limita a un cornetto integrale e una spremuta d'arancia, dovendo tenere sotto controllo l'ago della bilancia. Camilla è una bellissima donna, che con le sue rotondità da un senso di serenità e una piacevole vista al suo passaggio. Sempre vestita di tutto punto, senza mai un capello fuori posto è la classica donna che fa girare gli uomini per strada, nonostante qualche chiletto in più ben proporzionato su tutto il corpo. Una nuova eccitazione ci ha coinvolto nel gioco con lo sconosciuto e così cominciamo tutte e due a pensare alla mia prossima mossa. In genere entra nel bar, arriva al bancone dove consuma in piedi per poi andare subito via. Quale potrebbe essere la mia mossa da concentrare in quei pochi momenti e senza neanche avere un punto preciso dove agire, così come ha potuto fare lui con il nostro tavolo? L'unica cosa che so, è che voglio lasciargli anche io un segno tangibile, magari ricollegandomi alla margherita così da fargli capire che sono sicuramente io la mandataria. Nella pasticceria ho l'illuminazione: su un lato della vetrina vedo tanti cioccolatini con la confezione verde e dentro disegnata una bellissima margherita bianca e gialla. Aggiungo così al nostro conto una confezione dei cioccolatini e cominciamo a pensare a come farglielo recapitare, magari insieme al solito caffè che prende ogni mattina. Mi sento una ragazzina, sono tornata indietro ai tempi del liceo quando la parte più bella di ogni amore era proprio quella che precedeva la dichiarazione. Le serate passate con le amiche a pensare se questo o quello poteva essere “innamorato” di noi, a sognare il primo bacio davanti a una pizza e un bicchiere di Coca Cola, quando un banalissimo “Ciao” cominciava ad avere tremila possibili significati che andavamo ad analizzare uno ad uno. Tempi in cui ti batteva il cuore anche solo incrociando lo sguardo e ci si emozionava all'idea di andare tutti insieme alla stessa festa, rimanendo in disparte sperando nel suo primo passo. A quasi quarant'anni, sono tornata ad essere una giovane adolescente alle prime scoperte dell'amore, con una folle voglia di giocare. Mi sento rinascere, sono tornata a vivere e a non avere più paura di provare dei sentimenti per qualcuno. Sembra assurdo, ma è bastato quel piccolo fiorellino insignificante e darmi una scossa tale da farmi capire che stavo sprecando il mio tempo e che dovevo far ricominciare a scorrere le lancette del mio orologio.

Torno a casa che ormai è tardi, così decido di fermarmi a mangiare un pezzo di pizza nella pizzeria al taglio sotto casa. Quando entro, nel piccolo ristorante non c'è nessuno, neanche il proprietario che sento muoversi nelle cucine, probabilmente a infornare le ultime pizze della serata. Il campanello segnala il mio ingresso e poco dopo lo vedo affacciarsi sulla porta, davanti ai grandi forni ancora accesi. Ci salutiamo e poco dopo siamo seduti insieme sui colorati tavolini di legno, a chiacchierare mentre la mia pizza è in cottura. Mi offre una birra e comincia a parlarmi del più e del meno e di tutti gli avventori strani e divertenti che si sono susseguiti nel locale durante la giornata. Mi diverte sempre molto starlo a sentire parlare, perchè so benissimo che tende sempre ad ingrandire i suoi racconti, arricchendoli di particolari non proprio reali che rendono tutto più colorato e interessante. Generalmente poi ha sempre un fondo comico e così parlare con lui finisce sempre in fragorose risate che attirano i passanti che ci sentono dalla strada. Mangio in fretta, ormai stanca e con tanta voglia di togliermi le scarpe e immergere i piedi nella vasca bollente. Abbiamo camminato talmente tanto, che nonostante il freddo di questa giornata, ho i piedi così gonfi da riuscire a malapena a camminare.

Una volta a casa e lanciate via le scarpe, mi butto direttamente a letto con il mio fido portatile alla ricerca di qualche informazione sul mio misterioso amico dei sorrisi. Magari riesco a trovare qualcosa su di lui collegato al nostro bar, che ha sia un sito internet che una pagina su Facebook. Accedo con il mio utente e comincio a cercare. Di lui nessuna traccia, sarebbe stato troppo bello trovare un suo commento così da scoprire finalmente il suo nome e curiosare qualcosa di lui nella bacheca del social network, almeno nelle parti lasciate pubbliche. Pensando che magari anche lui potrebbe aver avuto la stessa idea comincio con il mettere un bel mi piace sulla FanPage del bar e scorrendo tra le varie foto ne commento una a caso, tanto per lasciare il segno. Una volta pubblicato guardo la mia foto che compare al fianco del commento. Un tristissimo primo piano, messo a casaccio tanto tempo fa. Mi sbrigo subito a cercare una nuova foto dove io sia venuta meglio e cambio la foto del mio profilo. Ora mi sento più tranquilla e spero infantilmente che anche lui ora sia collegato e vedendomi possa avere voglia di scrivermi un messaggio. Per una decina di minuti rimango con lo sguardo perso sullo schermo, attendendo un segnale che non arriva. Aggiorno più volte la pagina, esco e rientro pensando che magari il collegamento non sia proprio ottimale, e alla fine decido di spegnere, solo dopo aver attivato però le notifiche di Fb sul mio cellulare, nel caso il misterioso uomo si decida di cercarmi e scrivermi, proprio questa notte. Da che speravo che mai la nostra non relazione potesse variare anche di una singola virgola, ora l'idea di un suo contatto è diventata quasi ossessiva e irrazionale. Domani sarà un gran giorno per il nostro gioco e così cerco di addormentarmi il prima possibile, ma sono così agitata per come dovrò portare avanti il nostro incontro che non riesco neanche a chiudere occhio. A mezzanotte sono ancora li, a rigirarmi nel letto freddo, quando decido di alzarmi. Senza accendere nessuna luce, aiutandomi solo dalla flebile illuminazione stradale che entra silenziosa dalle finestre, arrivo in cucina. Un bel bicchiere di latte con i biscotti è l'unica soluzione in questi casi. Anni fa era mio nonno a prepararmi questi spuntini notturni e a farmi compagnia davanti a una bella tazza di orzo che si riscaldava nel suo tegamino di acciaio, sempre fino a farlo bollire e spesso facendolo uscire sulla fiamma che cominciava a scricchiolare e a cambiare colore colpito dal liquido improvviso. Quando poteva cominciare a berlo, io ero quasi alla fine del mio latte e biscotti e così ero io a fargli compagnia fino a quando non finiva di bere la sua tazza bollente. Di notte sono sempre stata più loquace che di giorno e così mi liberavo in tanti discorsi e dubbi su quello che sarebbe accaduto il giorno dopo. Queste nottate insieme in genere precedevano gli esami all'Università, tanta era la tensione che finivo tardissimo di ripassare e così la tazza di latte era un aiuto per prendere sonno e rilassarmi dopo l'ultima giornata di studio. Seduta al tavolo, oggi, sento ancora forte la sua mancanza, in modo concreto e non solo di sentimento ferito, ma proprio come una assenza tangibile. Adesso davanti alla mia tazza di latte non posso parlare con nessuno e manca anche il profumo dell'orzo che brucia sui fornelli. Una volta per allentare la sofferenza, oltre al mio latte ho preparato anche l'orzo nel tegamino di acciaio ma questa cosa è servita solo a farmi stare peggio e così mi sono ripromessa di cercare di andare avanti, staccandomi il più possibile dalle abitudini passate senza però perdere il ricordo di questi bellissimi momenti insieme a lui.

CAPITOLO 5

Via

Dopo la fuga dal bar continuo ad allontanarmi con passo deciso, senza girarmi mai indietro neanche avessi commesso qualche brutta azione. Come un ladro, con la paura di essere scoperto e l'adrenalina per le mie ultime azioni, mi allontano più che posso e al primo autobus che incrocio salgo sopra, senza sapere dove mi porterà. Ho un appuntamento in centro nella tarda mattinata e così potrò smaltire tutta questa eccitazione per quel piccolo fiore abbandonato tra le sue mani. Regalarle un fiore, ma come mi è venuto in mente? Cerco di immaginare cosa stia accadendo ora nel bar, magari ha preso e buttato via quella piccola margheritina che sta già appassendo, facendosi una grassa risata con la sua amica. Sarò diventato lo zimbello della giornata? La mia speranza però è un'altra, quella di avere aperto una breccia nei suoi pensieri, dove poter entrare e nascondermi in un angolino silenzioso pronto a scoprire cose nuove su di lei. Sono scappato via per la paura che la nostra storia di sguardi possa cambiare, ma in fondo al mio cuore forse vorrei veramente che questo accadesse. Vorrei poter essere una piccola mosca e girare ora li sopra le loro teste, scrutare i suoi occhi azzurri come il cielo e rapire ogni piccola smorfia sul sul viso, insieme a tutti i pensieri che le possono passare per la mente guardando ogni singolo petalo bianco. Sono quasi tentato di tornare indietro, ma ormai sono troppo lontano e stanco, l'autobus fortunatamente porta in centro, e sicuramente anche se lo facessi, lei ormai non sarebbe più li. Trovo posto e mi siedo, facendomi cullare dalla velocità del grande mezzo. I miei compagni di viaggio sono tutti silenziosi e pronti a una giornata di lavoro o di studio, o anche solo al giro mattutino per ammazzare le lunghe giornate che si vivono quando si arriva a una certa età. Molti di loro hanno un libro aperto tra le mani, altri ascoltano la musica, altri ancora sono immersi nei propri pensieri. Attira la mia attenzione una vecchietta in fondo all'autobus, vestita di rosso e con un grande carrello vuoto al suo fianco. Ha lo sguardo stanco e la testa che ciondola a ogni curva. Mi viene da pensare a come sarò io da vecchio e il primo pensiero che ho è proprio quello di non voler stare solo, di arrivare a quell'età insieme a qualcuno con cui condividere tutto, anche le piccole margherite da raccogliere sulla strada. Torno a pensare a lei mentre fuori dal finestrino vedo la maestosità della città e dei suoi monumenti imponenti che fanno da cornice a ogni avventura della mia vita.

 

Quando arrivo al Vittoriano scendo di corsa, svegliato all'improvviso da questa beatitudine raggiunta tra pensieri e lo scorrere di posti bellissimi fuori dal vetro. Con me scende anche la vecchietta, già pronta davanti alla porta con il suo fido carrello tenuto con una mano, mentre con l'altra si regge per non cadere. Alla fermata ci separiamo e la seguo con lo sguardo fino a che non gira dietro l'angolo in fondo alla strada, quasi a controllare che non le accada nulla di male e pronto a soccorrerla se le servisse qualcosa. A volte basta poco per entrare in sintonia con qualcuno che poi magari sparirà per sempre dalla nostra vita nello stesso modo in cui è entrata a farci parte per un breve istante. Guardo l'orologio: sono decisamente in anticipo per il mio appuntamento al Museo di Piazza Venezia e così ne approfitto per fare qualche scatto ai Fori in questa bella giornata che merita di essere fissata in un ricordo visivo. Neanche a farlo apposto vedo una piccola margheritina che spunta sul ciglio del marciapiede e così riesco a fotografarla in primo piano, con sullo sfondo i monumenti sfocati che danno la sensazione di stare fuori dal mondo e dal tempo. Mi piacerebbe poterla inviare subito alla mia misteriosa compagna di viaggio, ma non saprei proprio come fare a consegnargliela, non sapendo neanche il suo nome. Una volta a casa la salverò anche sul telefono, dovrà essere sempre pronta nel caso riesca ad arrivare a lei in qualche modo più informatizzato. Passeggiare al centro di Roma veramente ti porta fuori dalla quotidianità e tra tutti i turisti si può anche perdere cognizione dello spazio e del tempo. Un susseguirsi costante di lingue e di colori, tra le tante persone armate di macchina fotografica e sorrisi smaglianti per fissare intere giornate passate a visitare la Città Eterna. I gladiatori al Colosseo sempre pronti a far parte delle loro fotografie dietro lauto compenso e le carrozzelle che accompagnano i più vogliosi di provare nuove dimensioni, perchè in vacanza gli schemi devono cambiare, almeno per mezz'ora, trascinati per la città da una carrozza con tanto di cavallo. Gli zoccoli sui sampietrini nascondono il rumore delle automobili e la città vista da li sopra ha tutto un altro gusto, con un salto indietro nel passato. La fila davanti al Colosseo è già lunghissima, non curante del freddo e dei tempi di attesa, pronta a far propria la visione di uno dei posti più famosi del mondo da riportare nella propria città insieme a foto e ricordini da smerciare ad amici e parenti. Più tardi cominceranno ad arrivare anche le coppie di sposi novelli, ancora vestiti a festa per le fotografie di rito tra gli scenari più belli della Capitale e così questo spazio avrà un ulteriore aspetto e significato per chi lo ha scelto come propria meta. Dopo aver passato la mattinata facendo finta di essere anche io un turista, torno indietro a passo deciso verso il luogo del mio appuntamento non tanto lontano. Incontro per caso il mio interlocutore ai piedi del Vittoriano e così decidiamo di parlare del mio lavoro all'aria aperta, senza rinchiuderci nel suo ufficio tra scartoffie e il buio della stanza. Devono rifare le locandine del Monumento e hanno quindi bisogno di nuove fotografie, magari sfruttando la veduta di Roma che si ha proprio salendo nella sua parte più alta e accessibile solo a pochi eletti. Avevo già lavorato per loro un altro paio di volte in occasioni di particolari mostre all'interno della “Macchina da scrivere”, come viene chiamato a Roma l'Altare della Patria. Da quando, nel 2000, hanno ridato la possibilità di accedere alla scalinata, di tanto in tanto, mi piace passare qualche ora a visitare il Vittoriano, vedere tutte le sue particolarità dedicate alle città e alle regioni italiane e la parte che preferisco di più è il sacrario delle bandiere di guerra, un'infinità di reperti e stemmi con il sapore del passato tra le trame della stoffa consumata.

Accetto di buon grado il lavoro e comincio a fare qualche scatto, approfittando dell'accesso ad aree non concesse ai normali visitatori. Da lassù la città ti rapisce, ti ingloba tra i marmi e le antiche costruzioni medievali, fino ad arrivare agli sfarzi dell'antica Roma, tutto in un unico sguardo d'insieme. Sembra quasi di poter toccare il sole e immergerti nel cielo limpido che lancia ventate fredde di tanto in tanto, a risvegliarti da questa atmosfera surreale e magica.

Viene voglia di rimanere li tutto il giorno, rannicchiati in qualche spazio tra le colonne e le scale infinite a guardare Roma e tutte quelle piccole formiche che si muovono avanti e indietro per le vie sottostanti. Mi faccio coraggio e abbandono quel luogo così carico di storia da far quasi sentire le voci di tutti quelli che sono stati li prima di me, prima ancora che venisse eretto questo monumento così plateale. Decido di tornare a piedi, approfittando della giornata che ci ha risparmiato dalla pioggia della notte scorsa. Fotografo le pozzanghere che fanno da specchio alle vie e in una ci sono io, riflesso con il mio giaccone blu e i jeans, i capelli neri disordinati e gli occhiali da sole nascosti dietro l'obiettivo. Ci sono anche io, una volta tanto, e vedendomi riflesso nella piccola pozza d'acqua quasi non mi riconosco talmente tanto è il tempo in cui non ho pensato a me e alla mia vita reale. Un periodo passato solo a lavorare, senza tanti amici con cui condividere altro e con poche donne senza significato con cui passare qualche notte senza poi ricordare particolari emozioni lasciate alle spalle. Un periodo freddo, reso più intimo solo dalle mie fotografie che raccontano però la vita di altra gente e di altri posti. C'è un poco di me in ogni scatto, ma niente a che vedere con quello che un fotografo può fare mettendoci dentro il proprio cuore. Devo ricominciare a fare fotografie non commissionate, ricercandoci dentro me stesso e forse la foto della margherita è il primo passo per riscoprirmi cambiato e dare una svolta alla mia vita che ora appartiene solo agli altri, come una meretrice che si abbandona solo al proprio lavoro per dare piacere agli altri.

Attraverso Via del Corso per un piccolo tratto per poi buttarmi nelle stradine interne e arrivare fino al Pantheon sempre pieno e movimentato. In quel momento mi chiama Stefano. Lui lavora in un ufficio proprio dietro Corso Vittorio Emanuele e sapendo del mio appuntamento, mi richiama all'ordine per un pasto veloce dalle sue parti. In pochi minuti siamo già insieme, alla volta di Campo de' Fiori dove mangiare al volo uno dei buonissimi panini che fanno espressi in un piccolo locale senza sedie nè tavolini. Il mio preferito è quello con melanzane e mozzarella e così, con il pranzo in mano continuiamo la nostra passeggiata fino a fermarci su una panchina in Piazza Navona. Comincio a raccontare al mio amico della mia mattinata cominciando dal Vittoriano fino a confessargli della margherita. Appena comincio a descrivere il momento del bar, si ferma e smette di mangiare completamente preso dal mio breve racconto. “Adesso sta a lei”, mi dice senza tanto riflettere sulle sue parole a cui seguono interminabili minuti di silenzio. “Finalmente questa assurda storia può prendere la giusta piega, dovete conoscervi e magari scoprirete che avete qualcosa di vero da condividere oppure semplicemente che non siete fatti l'uno per l'altra e così, lasciando fermo il discorso dello sguardo della mattina, potrai cominciare a pensare di farti una vita con una donna vera e che non sia solo la passione di una notte e basta”. L'idea di avere idealizzato una donna che neanche conosco mi spaventa, se non fosse veramente come io penso? Sarebbe come perderla per sempre senza poi averla neanche mai avuta. Mi è capitato spesso di pensare a lei al di fuori del bar, le ho dato tanti nomi e immaginata in tantissime situazioni diverse. Mi sono immaginato al suo fianco, mentre viviamo i posti che amo di più. Nei miei sogni l'ho portata nel paese di mia madre, siamo stati a scalare le montagne e fare lunghe passeggiate al mare. Ci siamo persino baciati nella penombra degli alberi secolari. “Mi stai ascoltando? Se lei ora non farà il prossimo passo, basta... vai li e ti presenti e vada come deve andare una volta per tutte”. Continua Stefano, ormai completamente preso dalla mia storia e voglioso di arrivare a una conclusione positiva o meno che sia. Sono d'accordo con lui, ormai ho capito che dobbiamo andare avanti, fermi all'entrata di questa non relazione ormai da troppo tempo. Però tutto deve essere fatto senza fretta, non potrei, in caso negativo, uscire da questa storia in modo troppo brusco. Non so neanche ancora il suo nome.

Salutato il mio fedele amico, riprendo la strada del ritorno avvolto completamente nei mie pensieri, tanto che arrivo a casa senza neanche accorgermi dei chilometri percorsi a piedi. Non mi sono accorto delle persone incrociate sulla via, delle macchine che mi sfrecciavano di lato, delle fontane che gettavano acqua incessantemente e degli uccelli spensierati nel cielo. Sono tornato al presente solo vedendo il mio portone chiuso davanti a me, come una sentinella silenziosa e possente. In lontananza vedo la signora con il cane del mio vicino e così mi affretto ad entrare, con poca voglia di rimanere sulla porta a chiacchierare con lei di medicine e bisognini del cane sparsi per chissà quale strada del quartiere. Chiusa la porta di casa alle mie spalle tiro un sospiro di sollievo e continuo a muovermi silenziosamente per non farmi sentire all'esterno e, stremato, mi butto sul letto. Quando mi risveglio sono tutto sudato, con ancora le scarpe e il giaccone addosso. Sono le sette di sera e ho dormito per quasi tutto il pomeriggio abbandonato in un sonno profondo. Dopo una doccia veloce e già con il pigiama addosso mi metto al computer e comincio a lavorare sulle mie fotografie di oggi. Le più belle sono quella del fiore e della pozzanghera con me dentro... comincio a riconoscermi, a ritrovare me stesso in quello che faccio e questo mi offre la carica giusta per trovare il coraggio di dare una svolta alla storia con la ragazza del bar.

Il giorno dopo, nonostante sia rimasto sveglio fino a tardi per lavorare al computer, mi sveglio seguendo la routine settimanale, così da arrivare al bar alla solita ora, curioso di vedere cosa farà lei dopo il mio piccolo pensiero di ieri. Quando entro la vedo già seduta al tavolo, come sempre, bellissima più di ogni altro giorno. Mi lancia uno sguardo veloce, arrossendo leggermente mentre volta il viso verso la sua amica che rimane ferma e la fissa. C'è qualcosa di strano nel loro comportamento, non sono immerse nella normale naturalezza delle altre mattine, tra le loro chiacchiere a voce bassa. Al bancone non c'è nessuno e così mi metto nel mio solito angolo in attesa che arrivi il barista. La riguardo di sfuggita e appena si accorge che la sto guardando, distoglie nuovamente lo sguardo che era fisso su di me. Con il braccio faccio cadere una busta di carta che probabilmente era poggiata alla scatola dello zucchero nell'angolo. La raccolgo e vedo che sopra c'è scritto “Per ?” e sul lato c'è disegnato un piccolo fiore. Mi fermo per qualche istante senza sapere cosa fare e poi colto da una grande curiosità la apro, non essendoci nessun altro intorno. All'interno c'è un cioccolatino con disegnata sopra una margherita. L'adrenalina va a mille, ecco il suo passo, la busta è proprio per me. Mi scappa un sorriso quando mi accorgo che dentro c'è anche un biglietto, scritto a penna: “Oltre alla vista abbiamo altri sensi, oggi cercherò di saziare anche il Gusto. A.”. Lo rileggo per tre volte quasi a volere imparare a memoria una frase così breve ma ricca di significato per me. Quando mi giro mi accorgo che è andata via, in completo silenzio tanto da non farmene neanche accorgere. Comincio a scartare il cioccolatino cercando di non rompere la carta che conservo dentro al portafogli. Lo mangio come non avessi mai assaggiato della cioccolata in vita mia, assaporando lentamente l'amaro del cacao e la dolcezza della vaniglia che lo avvolge con la sua morbidezza. Mi accorgo di avere gli occhi chiusi, completamente rapito dal suo sapore e concentrato solo sul senso del gusto, così come ha scritto A. nel suo biglietto che rileggo per la quarta volta quasi a cercare qualcosa tra le righe, per poi conservarlo nella tasca del giaccone pronto per essere riletto ancora altre volte, fino allo sfinimento. Il sapore del cioccolatino si salda nella mia mente e d'ora in avanti non potrò mangiare qualcosa con questo gusto senza fare a meno di ripensare a questa avvolgente mattinata fatta di caffè e cioccolato alla vaniglia. Con un sorriso ebete sul volto, saluto il barista che nel frattempo mi aveva servito il solito caffè e vado via un po' disturbato dal fatto che non vedrò la mia misteriosa A. per i prossimi due giorni, con il fine settimana ormai alle porte.

 

In passato il sabato e la domenica sono sempre stati una benedizione, ma da quando c'è lei sono diventate due giornate da vivere il più in fretta possibile, anelando all'ossigeno da riavere il lunedì mattina successivo attraverso il suo sguardo. Questo sarà ancora più lungo e pesante, anche se però così avrò più tempo per pensare alla mia prossima mossa. Il gioco è stato deciso, mi devo focalizzare sui cinque sensi e decidere se seguire quello che lei ha scelto come secondo o proseguire su quello successivo. Sento ancora il sapore forte del cioccolato in bocca e spero rimanga ancora per molto, per fissarlo sempre più forte nella memoria. Mi viene subito in mente la maddalenina di Proust, quello che lui ricordava rimangiandola a distanza di tanti anni e comincio a capire sempre di più i suoi scritti e le sue forti emozioni rievocate da un piccolo e semplice dolcetto dell'infanzia. Vorrei poter avere tanti altri di quei cioccolatini, così da mangiarne uno ogni volta che il suo ricordo comincia a scemare oppure ogni volta che voglio rendere più reale il pensiero che ho di lei anche quando non c'è. Un sapore che per ora è legato a due occhi limpidi e penetranti, alla sua bellezza e i capelli neri e lisci poggiati sulle spalle. A quel sorriso appena accennato incorniciato dalle labbra rosa e da una pelle chiara e luminosa. Oggi aveva un vestito verde bosco con gli stivali neri con il tacco intravisto di sfuggita sotto il tavolino al mio arrivo. Mi è dispiaciuto non vederla andare via per scorgere qualche particolare in più del suo fisico perfetto, troppo spesso nascosto dai cappotti e le sciarpone di questa stagione. Ma oggi il senso è il gusto e così fermo il mio pensiero sul cioccolatino trovato nella busta. Mi chiedo se anche lei lo abbia assaggiato, così da condividere la sensazione vellutata dell'assaggio. Sul loro tavolo, uscendo, mi sono accorto che al posto del solito cappuccino ha preso anche lei il caffè, forse proprio per avere la medesima esperienza di gusto che ho provato io. Mi sembra quasi di averla baciata, assaporando il gusto del cioccolato sulle sue labbra, stretti da un abbraccio fatto di profumi e sapori mescolati sapientemente insieme. Faccio una foto al biglietto scritto con la sua bellissima grafia, ordinata e piena, e la invio a Stefano. La sua risposta è immediata: “Che il gioco abbia inizio :-)”.

CAPITOLO 6

Il cioccolatino del ricordo

Ci siamo, Camilla oggi è passata a prendermi così da ripassare il nostro piano prima di entrare nel bar. Cerchiamo di arrivare con almeno dieci minuti di anticipo rispetto al normale orario di arrivo, così da sistemare tutto per tempo prima che lui arrivi. Prima di uscire ho scritto un bigliettino per spiegare il mio regalo. Il cioccolatino, oltre a essere unito dallo stesso filo conduttore della margherita, deve portare avanti la nostra non relazione nella scoperta dei sensi, dei nostri sensi e così passeremo dalla vista al gusto. Ho deciso di non firmarmi ma di mettere solo l'iniziale del mio nome, così da non svelare troppo e non far finire troppo presto questo gioco che si sta facendo più intrigante, uscendo dai normali schemi del corteggiamento. Sulla busta scrivo “Per ?” non avendo la più pallida idea di come si chiami, metto tutto al suo interno e scendo di corsa dalla mia amica che ha già citofonato da qualche minuto. Stamattina mi sono svegliata un'ora prima del solito e ho impiegato mezz'ora solo per scegliere cosa mettermi. Alla fine ho optato per un vestito di lana morbida del mio colore preferito, il verde scuro, e i miei stivali con il tacco alto. Per strada non vedo l'ora di arrivare e per poco non finisco sotto a una macchina, talmente sono con la testa tra le nuvole, senza accorgermi di un semaforo rosso. Arrivate sane e salve al bar poggiamo le borse al solito tavolo e aspettiamo al bancone, quando mancano ormai pochi minuti al suo solito orario di arrivo, Camilla si posiziona davanti all'entrata e io con una scusa faccio in modo che il barista si allontani nelle cucine sul retro. A questo punto metto la busta davanti al contenitore dello zucchero, sul lato dove si ferma sempre a bere il caffè. So per certo che prenderà lo zucchero e si troverà davanti la busta, sperando che capendo che sia indirizzata a lui, guarderà al suo interno. Camilla mi fa cenno che sta arrivando e così velocemente ci andiamo a sedere, facendo poi finta di niente nonostante un accenno di fittone dato più dall'agitazione che dalla piccola corsa verso il tavolino. Per non tradire le mie emozioni quando entra lo guardo per pochi istanti, sono agitata come non mai e spero di non arrossire troppo tradendo la mia falsa noncuranza del suo arrivo. Quando finalmente arriva davanti al bancone lo fissiamo di nascosto, sperando che si sbrighi a prendere quella busta in bella mostra proprio vicino a lui. Si gira di scatto verso di me e sentendomi scoperta cambio subito direzione al mio sguardo. Oggi non c'è la solita armonia nel nostro incontro, gli ultimi eventi ci lasciano più agitati del solito, anche lui non è lo stesso di sempre. A rompere questo momento di imbarazzo, fa inavvertitamente cadere la busta per terra. Quando la raccoglie si rialza lentamente guardando il misterioso destinatario impresso sulla busta, insieme a un fiorellino che ho disegnato mentre eravamo già per strada, per aiutarlo a decifrare il messaggio e fargli capire che era proprio lui a dover aprire quella busta. Quando ci accorgiamo che la sta aprendo, approfittiamo per uscire di nascosto, senza farci sentire, per poi allontanarci di corsa nella strada.

L'unica cosa che mi dispiace è che dovrò aspettare ben due giorni per vedere come proseguirà il nostro gioco e so già che sarà un fine settimana lunghissimo. Per fortuna ha coinciso con un piccolo viaggio che avevo programmato già da tempo e così già nel tardo pomeriggio ho il treno che mi porterà a Venezia, a conoscere la bambina di una delle mie cugine, nata solo da pochi mesi. Il marito sarà fuori in questi giorni e così approfitto per darle una mano e stare insieme dopo tanto tempo che non ci vediamo. Oggi finisco di lavorare presto, approfittando di qualche ora di permesso chiesto anticipatamente per non avere scherzi dell'ultimo minuto. A casa mi aspetta la mia bella e piccola valigia già pronta con tutto l'occorrente per queste due notti fuori città. Indosso i miei comodi jeans stretti da infilare dentro gli stivali sportivi, con sopra il maglione azzurro e marrone, caldo e poco ingombrante, immancabile durante i miei viaggi invernali. Dopo poco ho di nuovo indosso il cappotto, con tanto di sciarpa e cappello, pronta ad affrontare Venezia in questo periodo dell'anno. Sono settimane che aspetto questo viaggio e per fortuna sembra che anche il tempo ci assisterà donandoci due giornate assolate e neanche eccessivamente fredde per la stagione. Per non rischiare di fare tardi, sotto al portone mi sta già aspettando un taxi che mi porterà fino alla stazione dei treni. Appena mi siedo e chiudo la porta mi sento già in vacanza. Durante il tragitto controllo le ultime cose, sistemo i biglietti e preparo i soldi per pagare la corsa. In dieci minuti siamo già all'entrata della stazione, in perfetto orario per la partenza. Arrivata davanti al tabellone delle partenze, cerco il mio treno avendo poi la brutta notizia che sarà in ritardo di mezz'ora. Da una parte ringrazio il cielo che ci sia solo questo poco ritardo e ne approfitto per farmi un giro per i negozi rimessi a nuovo negli ultimi anni, così da formare un vero e proprio centro commerciale al di sotto dei binari in una specie di mondo sommerso. Ci sono tutte le marche più in voga soprattutto tra le ragazze più giovani e i fast food si susseguono tra odori e invitanti pubblicità colorate che offrono un lauto pasto per pochi euro.

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