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Oggi andiamo via dal bar cariche come non mai e domani sarà un'altra mattinata piena di racconti da ascoltare e sguardi da aspettare. Comincia così la nostra giornata anche se poi a lavoro tutto l'entusiasmo per la bella giornata di sole, finisce nella solita stanza del consultorio fredda e ammuffita che siamo riuscite ad avere con tanta fatica, per poter lavorare sui nostri computer portatili avendo almeno una sedia e un tavolo su cui poggiarci. Oggi è il giorno del corso preparto e così già alle nove la sala di ingresso è piena di donne in tenuta ginnica con un bel pancione pronunciato. Chi si accarezza la pancia e chi cerca un posto dove potersi sedere per rilassare i primi dolori alla schiena. La maggior parte di loro ha una bottiglietta d'acqua in mano e un asciugamano nell'altra. Molte si conoscono già tra di loro e così c'è un bel vociare fatto da consigli e pareri, tra chi sta vivendo più o meno gli stessi momenti che poi sfoceranno nel grande cambiamento della propria vita mettendone al mondo una nuova di zecca che le rispecchierà almeno in parte. Molte di loro hanno visto cambiare il proprio corpo, lasciandosi anche un po' andare, mentre altre sembrano pronte per una sfilata premaman con capi all'ultima moda e capelli e unghie sempre ben fatti. Attraversiamo la sala sempre con un po' di difficoltà quasi a non voler disturbare il gruppone di gestanti pronte ad ascoltare le ostetriche che sono li per loro. Finalmente nella nostra stanza, ci chiudiamo la porta alle spalle tirando un sospiro di sollievo, anche se con un po' di amarezza e di desiderio di rimanere in quella stanza anche noi prima o poi. Sarebbe bello avere dei figli in contemporanea, per affrontare tutto insieme e nello stesso momento, ce lo siamo sempre detto anche se non è sicuramente la cosa più probabile e facile al mondo.

L'ufficio rimediato è buio e mi manca oggi quel raggio di sole che ho lasciato all'entrata. Qui ogni stagione è uguale e a parte il gran freddo d'inverno e il caldo d'estate, potremmo benissimo non capire in che periodo dell'anno ci troviamo. Quando usciamo alle sei, è bruttissimo entrare con la luce e rimettere piede fuori quando è già calato il buio. Sembra quasi di aver perso una parte della nostra vita tra scartoffie e statistiche poco utili alla nostra esistenza. Dopo un po' che siamo arrivate scende il silenzio su tutto il consultorio: non appena inizia il corso, le future mamme si immergono completamente negli esercizi di respirazione e nella ginnastica preparto nella stanza attigua all'ingresso, e si sente solo in lontananza la voce fioca di Anna, la nostra ostetrica preferita, che con la sua voce dolce e soave guida le donne nel momento più bello della loro vita. Così possiamo cominciare anche noi ad accendere i computer e a vedere di combinare qualcosa, visto che domani ci sarà la riunione con la responsabile di tutti i consultori familiari di zona che vuole avere tutti i dati di accesso alla mano, con tanto di statistiche demografiche e nominativi di chi ha prestato i servizi negli ultimi sei mesi.

Non appena si accende il pc, l'immagine sullo sfondo mi porta inevitabilmente a sognare per qualche minuto. Di punto in bianco tutti i rumori di contorno alla mia vita si spengono e vivo solo nella mia mente, con i ricordi legati a quella foto. L'ho scattata io, nessun personaggio è sulla scena ma io so chi c'è dietro l'obiettivo e questo la rende ancora più speciale e unica, con un significato che solo per me potrà essere veramente a tutto tondo. Si vede una bellissima vallata, sembra quai infinita tanto che la sua fine si confonde con il cielo, all'imbrunire. Le foglie rosse degli alberi e il prato che comincia ad ingiallire fino al chiarore della sera che mostra insieme il sole rosso e la luna su un lato, che timidamente abbraccia le sue ore della giornata. Nessuna persona, nessun animale, nessun rumore, ma un senso di pace e serenità che solo una foto del genere può dare. Sento ancora le mani sulla macchina fotografica e lo sguardo perso dentro la fotocamera per poi riuscire al di là e perdersi nell'infinità della natura. La porta che si apre di scatto, mi riporta brutalmente nella vita reale: si affaccia un volto nuovo, per un breve attimo ci chiediamo chi possa essere, finchè non scorgiamo una pancia ingombrante e capiamo che è una ritardataria del corso che ha sbagliato stanza. L'accompagno e ne approfitto per prendere una boccata d'aria, che oggi non so perchè ma sembra proprio mancare, e per chiamare Carlo, visto che nella nostra stanza il segnale cellulare è praticamente assente e telefonare diventa un'impresa poco edificante. Pochi minuti e torno dentro, voglio sbrigarmi a terminare il lavoro per evitare di rimanere rinchiusa qui dentro fino a tardi.

CAPITOLO 3

La margherita di Villa Borghese

Stanco della bella gita fuori porta alla fine ho deciso di tornare a casa e lavorare un po' nella tranquillità delle mie quattro mura. Ho un arretrato di email da evadere e voglio lavorare sulle mie ultime foto scattate ormai da troppo tempo. Devo anche consegnare il lavoro fatto qualche settimana fa, raccogliendo in pochi scatti la vita del mare dopo le vacanze estive. Ho deciso di fare tutte foto in bianco e nero, colori che rispecchiano molto lo stato d'animo che si può avere davanti alla grande distesa d'acqua salata finito il bel tempo. Eppure a me, andare al mare d`inverno, da una forte carica. Ci sono andato da solo, partendo la mattina prestissimo, catturando le prime luci dell'alba che sbucavano da dentro il mare. Armato di coperta e cappello di lana, mi sono sistemato sulla sabbia ancora umida che scricchiolava sotto il mio peso. Solo io su tutta la spiaggia, io e lui mastodontico davanti a me, con il suo dolce rumore e l'andare avanti e indietro sul bagnasciuga. Così ho aspettato che sorgesse il sole, uno spettacolo incredibile che andrei a vedere ogni giorno, se solo abitassi più vicino al litorale. Seduto sulla mia coperta, con i guanti per non rischiare di avere le mani congelate nel momento di scattare le prime foto, il freddo sulle guance e il naso rosso. In questi momenti ti senti così piccolo e allo stesso tempo padrone del mondo. Poi arriva il sole, davanti ai tuoi occhi in tutta la sua bellezza e il mare comincia a colorarsi e a brillare come non mai, e l'aria frizzante si spegne pian piano sulla pelle. In questi momenti sono parte unica con la macchina fotografica e divento avido di fotografie, come se dovessi bloccare ogni singolo istante perchè so che niente si potrà ripetere allo stesso modo. Mentre ero alle prese con le prime foto, si avvicina un cane di mezza taglia arrivato in spiaggia con un anziano signore che si era fermato proprio all'inizio della sabbia, fisso verso il mare con un sorriso solo accennato che denotava uno stato d'animo spensierato e sereno. Il cane nel frattempo correva all'impazzata tornando sempre ai suoi piedi, per poi rilanciarsi nuovamente in una corsa eccitata verso le piccole onde che mangiavano la sabbia. Per spezzare la solitudine che probabilmente doveva essere la naturale situazione quotidiana per lui, l'uomo mi si avvicina lentamente per vedere cosa stessi facendo. Dopo un primo saluto di cortesia abbiamo iniziato a parlare di quel posto incantevole e della bellezza che solo d'inverno si può vedere. Rimasto nuovamente da solo ho cominciato ad apprezzare quel luogo un po' malinconico ma ricco di tante sfumature. I profumi delle piante hanno cominciato a farsi più distinti e chiudendo gli occhi riescono a riportarti indietro nel tempo, in altri luoghi e altre situazioni marine. La sabbia ancora fredda tra le mani, con cui giocherellare senza lasciare segno. Il mare sempre li, con il suo andamento costante, che permette di vedere al di sotto qualche conchiglia e che sembra ti stia invitando ad attraversarlo, ad entrarci dentro per nuotare fino all'orizzonte. Mi scuote solo il profumo del vicino ristorante sul mare che sta cominciando a preparare con largo anticipo il pranzo, probabilmente per qualche festa o un evento speciale.

Tutte emozioni che riscopro a settimane di distanza guardando le mie foto, sperando che anche il committente di questo lavoro possa capirne a fondo il valore. Scorrerle sul computer mi fa solo venire una grande voglia di tornarci, e per la prima volta il desiderio è quello di andarci con la mia misteriosa compagna di caffè, senza parlare, assaporando insieme le stesse emozioni magari mano nella mano, un contatto mai cercato fino ad oggi tra noi due. Finisco di lavorare e invio tutto via e-mail, poi chiudo velocemente prima di gettarmi sotto la doccia e prepararmi per la cena con Lucia. Come al solito arrivo sul posto dell'appuntamento con largo anticipo e così mi fermo di lato e mi diverto a guardare i passanti e le loro piccole storie fatte di pochi attimi rubati. Passa la famiglia con due bambini piccoli, tutti di corsa anelando il rientro a casa dopo una lunga giornata passata ognuno con i propri impegni. La mamma abbraccia dolcemente il bambino più piccolo, stanco e sonnecchioso tra le sue braccia, mentre il grande sta raccontando al padre del pomeriggio passato a fare chissà quale sport. Poco dopo arriva la signora in bicicletta, vestita di tutto punto e con la borsa messa dietro per non perdere l'equilibrio. Non manca il ragazzo che passa immerso nella sua musica preferita e l'uomo che con passo veloce parla al telefono dei progetti per la serata. Infine arriva lei, la mia cara amica che spunta dall'angolo in fondo, sempre più bella e raggiante. Sono mesi che non ci vediamo, ma appena me la ritrovo davanti sembra come se non ci fossimo mai salutati all'aeroporto, nascondendo una lacrima ciascuno per poi perderci nella quotidianità di due Paesi lontani. Un lungo abbraccio ci riporta al giorno d'oggi e cominciamo subito a fare a gara a chi inizia prima a raccontare all'altro delle ultime novità, mentre andiamo nel nostro ristorante preferito dove si mangiano solo pizza e arrosticini. Il posto è alla buona, tavoli di legno con le tovaglie di carta a quadretti bianchi e rossi, sedie tipiche delle trattorie romane e l'accoglienza calorosa dei gestori storici che ormai ci conoscono bene. Davanti a una bella pizza cotta a legna e un boccale di birra, Lucia ha il volto in preda a una forte eccitazione, scalpita nel volermi dire per prima la sua vera novità e io sono li pronto a festeggiare il suo ritorno. Quando comincia a parlare capisco però che le mie speranza sono completamente sbagliate. In Francia ha conosciuto un uomo, si sono innamorati da subito e ora lei aspetta un figlio. Così di colpo crolla il mio castello fatto di speranza di riavere la mia amica sempre qui con me e la vedo nuovamente andare via lontana, questa volta per sempre. Infatti è tornata a Roma per predisporre il trasloco delle sue cose e si stabilirà definitivamente da lui, in un bellissimo palazzo nel centro di Parigi. Sarà per me una buona occasione per tornare a visitare la capitale più romantica del mondo, con uno spirito diverso però, quando nascerà il piccolo. Festeggiamo la bella notizia della nuova vita che sta per arrivare e Lucia continua a raccontarmi i suoi bellissimi mesi francesi tra il nuovo lavoro che le sta dando tante soddisfazioni, la sua prima mostra fotografica e la sua edificante storia d'amore che ha galoppato velocemente fino all'arrivo della gravidanza inattesa ma subito ben accolta. Tutti questi racconti mi fanno capire che la mia vita si è fermata, sono in un momento di stallo che però riguarda solo me e questo un po' mi infastidisce. Comincio a finire nei miei pensieri e a non ascoltare più niente di quello che mi circonda, Lucia compresa, che così concentrata sulla sua vita non ha neanche il desiderio di sapere cosa stia succedendo alla mia. Torno con la mente alla mattinata così serena e fatta di colori, che ora vorrei solo scappare dal caos del locale ormai pieno e immerso nel frastuono della gente che parla e mangia voracemente. Il pensiero che tra qualche ora tornerò nel mio bar a ricaricarmi con il suo sorriso mi offre una via di uscita e il locale torna ad avere l'aspetto familiare di quando siamo arrivati e il frastuono si trasforma in un normale vociare fatto di risate e chiacchiere tra amici. Lucia sta ancora parlando mentre tira fuori dalla sua borsa gigantesca un tablet per farmi vedere le foto della sua mostra. Questo è uno dei miei sogni nel cassetto, poter esporre in una mia personale le più belle foto scattate in tutti questi anni. Anche se non è in previsione neanche lontanamente ho già cominciato a scegliere un tema e a decidere quali siano le immagini più meritevoli di essere stampate su grandi dimensioni per catturare lo sguardo dei visitatori. Già me li immagino tutti con il naso all'insù immersi nei mie scatti e anche nelle mie stesse emozioni, rapportate però ognuno alla propria vita. Perchè la foto, come la poesia o anche la canzone puoi mettertela addosso come fosse un vestito. Le stesse identiche parole racchiudono dentro tanti significati e ognuno può farle proprie. Allo stesso modo la foto può trasmettere tante sensazioni diverse e quello che è triste per qualcuno può donare forza ed energia all'altro. Ripenso al mare d'inverno così triste e malinconico per chi lo ama pieno di gente e lo apprezza di più sotto il sole cocente, e rigenerante invece d'inverno per chi come me adora i luoghi solitari e che mostrano un aspetto fuori dalle regole convenzionali.

 

La mostra di Lucia era stata organizzata veramente bene e nei minimi dettagli, in un open space con pareti altissime e candidamente bianche. Nessun mobile a spezzare l'andamento delle sue foto tutte esposte alla stessa altezza e della stessa grandezza lungo le tre pareti. Un unico tavolo accoglieva i visitatori con bevande e qualche stuzzichino per rifocillare durante la visita. Le foto erano tutte lavorate in bianco e nero con dei particolari a colori e il filo conduttore era la presenza di corsi d'acqua: angoli di fiumi, fontanelle con dei bambini che bevono, particolari di diverse fontane, un lago all'imbrunire... l'acqua in tutte le sue dimensioni fino a concludersi in una bellissima foto di un lavatoio dove ancora le donne del paese vanno a lavare i panni, mostrando tutto il sapore di qualcosa di antico che si dilunga nel presente.

Hanno persino parlato della sua esposizione su uno dei principali quotidiani parigini, riservandole un buon trafiletto che ha portato molti visitatori in più dopo la sua pubblicazione. A quanto pare il nuovo uomo di Lucia, è un pezzo grosso che le ha permesso di emergere nel modo giusto e che si merita. Sono felice per lei, molto... un po' meno per me, che dovrò tornare a rintanarmi nell'invio di email e messaggi a distanza con un'amica che per me è come una vera e propria sorella, quella che non ho mai avuto.

Casa sua è poco distante dal ristorante e così, finita la cena, l'accompagno fin sotto al suo vecchio portone. Ora dovrà vendere la casa e così un altro pezzo del mio passato si sta chiudendo per fare spazio alle novità future. Mi fa sempre uno strano effetto sapere che qualcuno cambia casa, così come quando vedo i negozi che chiudono, soprattutto se sono quelli storici della mia infanzia. Cresciuto da sempre nello stesso quartiere ormai conosco tutti, o almeno tutti quelli che ancora non se ne sono andati. Il periodo poco felice un po' per tutti ha portato a scelte radicali sia i commercianti più anziani, ormai stanchi di stare a combattere con tutti i cambiamenti e la crisi lavorativa, sia le famiglie che cercano case più a buon mercato e si allontanano dal centro. Dopo anni passati sempre con le stesse persone intorno, ho vissuto questi cambiamenti come un abbandono. A partire da mia madre che ha deciso di vendere la sua casa in centro per rimanere definitivamente al paese, dove è rinata riprendendo possesso di se stessa e di quello che ha sempre amato fare. Finchè mio padre era vivo, lui lavorava in un ufficio pubblico qui a Roma, scappando dalla città a ogni piccola occasione per il loro amato paesino dove liberarsi di tutta la stanchezza accumulata durante la settimana. Mia madre non ha mai amato molto la vita da città, si sentiva un po' persa anche se suo malgrado si è sempre occupata di tutto da perfetta casalinga di quartiere bene. Una bella signora, sempre ben vestita e con il filo di perle immancabilmente al collo. Le stesse perle che ancora adesso non abbandona, anche se preferisce abiti più comodi senza stare a guardare marca e tessuti pregiati.

Sotto al grande portone di legno, saluto la mia cara amica, con la promessa di rivederci prima della sua partenza definitiva. Aspetto che entri e mi incammino verso casa mia, preso da mille pensieri e con il desiderio di mettermi subito a letto, e tanta è la voglia che arrivi la mattina dopo che sposto le lancette della sveglia un'ora prima e fuggo sotto le coperte.

Al primo suono schizzo in piedi, oggi voglio andare a fare una passeggiata a Villa Borghese prima del solito rituale mattutino al bar, così mi vesto velocemente ed esco scattante dal palazzo alla volta del parco. La Villa di mattina è un incanto: poche persone che la girano, per lo più anziani che vanno per la passeggiata salutare e vista la possibile insonnia approfittano delle prime ore della giornata, quando ancora tutto è chiuso e non c'è molto da fare per la città. Sul telefono trovo un messaggio di Lucia, che mi ringrazia per la cena e mi dice che se il figlio sarà maschio avrà il mio stesso nome. Riesce così a rubarmi il primo sorriso della giornata quando già sono immerso negli alberi e nella loro ombra. A quest'ora si riescono a incrociare anche gli scoiattoli, grandi e paffuti unici padroni della natura che si espande sotto i loro saltelli felpati, quasi noncuranti della tua presenza. Arrivo fino al Pincio ed ecco che li la città si presenta in tutta la sua magnificenza. Monumenti, palazzi, chiese... tutti li a sonnecchiare pacificamente mentre tutti li guardano e che ci sia il sole o la pioggia niente li smuove e niente li cambia. Raccolgo una margherita sopravvissuta al freddo e la porto con me fino al bar. Oggi mi sento diverso e voglio spezzare il rituale dei nostri incontri con un piccolo gesto e così poggio il piccolo fiore sul tavolo dove tra poco lei si dovrà sedere per fare colazione, sperando che nessuno arrivi prima e possa così appropriarsi del gesto rivolto a lei. Velocemente vado al bancone e ordino il mio solito caffè, invertendo l'ordine di arrivo e senza guardare però l'entrata. Dopo qualche minuto la sento arrivare, ormai riconosco la sua voce e mi sento anche che accorgendosi che io già sono li - è la prima volta da quando ci “conosciamo” visto che io arrivo quando già loro sono a colazione avviata - interrompe per qualche istante quello che sta dicendo, per poi riprendere mentre si avvicina al tavolo. Non ho il coraggio di vedere la sua faccia quando troverà il fiore e da un lato non voglio neanche che abbia la certezza che sia stato io a metterlo davanti al suo posto. Così finisco il caffè più velocemente del solito e uscendo le lancio uno sguardo che lei ricambia prontamente, ma questa volta nascondendo dietro il dubbio per quel fiorellino che ora tiene nella mano, quasi aspettasse un mio ulteriore passo che però non faccio. Tutto deve rimanere così e mi allontano il più velocemente possibile.

CAPITOLO 4

Ricordi

Una serata tutta per me, a casa, è proprio quello di cui ho bisogno. Rientro dopo aver fatto una piccola spesa e la casa mi accoglie con il tepore dei termosifoni ancora accesi. Via il cappotto e la sciarpa, via le scarpe che tolgo mentre mi avvicino alla cucina per sistemare in frigo il latte appena comprato. Senza neanche accendere una luce arrivo al bagno grande e apro l'acqua calda della vasca. Non c'è altro che vorrei fare in questo momento se non un bel bagno bollente che scacci via ogni malumore, ogni brandello di stanchezza lasciatomi addosso da questa giornata. Prima di entrare nella vasca mi verso un bicchiere di vino frizzantino, freddo al punto giusto, e lo poggio sul lavandino mentre mi spoglio prima di immergermi nella schiuma. Tiro su i capelli, prendo il bicchiere in mano ed entro nella vasca ormai piena e talmente calda da farmi arrossare la pelle al primo impatto. Per essere un bagno perfetto mancano solo le candele accese e la musica in sottofondo, ma per oggi va bene anche così e chiudendo gli occhi, con la testa poggiata sul bordo comincio a pensare a tante cose che si susseguono nella mia testa. Quest'anno vorrei fare tante di quelle cose che alla fine riuscirò a stringere poco e niente. Un viaggio all'estero, iscrivermi in palestra, avere il tempo per andare in libreria almeno una volta a settimana... e tornare a correre a Villa Borghese, quando ancora si sentono solo i minuscoli passi degli scoiattoli sul brecciolino e la città sembra un luogo incantato e surreale, lontano anni luce dalle strade caotiche e piene di macchine.

L'orologio della cucina suona le otto e così, un po' controvoglia comincio a levarmi la schiuma di dosso aprendo la doccia. La prima acqua fredda mi fa correre un brivido sulla schiena per poi coccolarmi con la nuova acqua bollente che esce dopo poco. Rimarrei così per delle ore. Avvolta nel morbido accappatoio, finisco il bicchiere di vino e comincio a vedere cosa preparare per cena. Trovo al volo un avanzo della sera prima, che riscaldo al microonde e vado a mangiare in salotto davanti a un bel film, nel buio della stanza tutta per me. Quando sono sola ho sempre poca voglia di cucinare e così risolvo tutto con poche semplici cose giusto per non andare a dormire a stomaco vuoto. Sono talmente stanca che non ho neanche voglia di prepararmi il pranzo per il giorno dopo e così scrivo prontamente alla mia collega per chiederle di andare a pranzo insieme domani. Fuori si sente solo qualche macchina di tanto in tanto, la città si sta riposando e ricaricando pronta alla nuova giornata che sta per arrivare. Un'atmosfera così rilassata che quando arriva il trillo del messaggio sobbalzo su me stessa. L'SMS è di Camilla che prende al volo la mia proposta per il pranzo suggerendo di andare via presto e fare shopping tutto il pomeriggio. Con un veloce “ok” liquido la questione, ormai sprofondata nel divano e con la copertina di pile sulle gambe nude. Una sparatoria mi sveglia: sono le due di notte, mi devo essere addormentata sul divano e anche presto visto che non ricordo minimamente il film che avevo deciso di vedere. In televisione ora c'è un poliziesco, fuori sta diluviando. Spengo la TV e via di corsa al letto, ma ormai sono sveglia e così decido di ascoltare un po' di musica per cercare di riaddormentarmi. La prima canzone della mia playlist è Adagio di Lara Fabian. Ogni volta che l'ascolto ho un balzo al cuore e ripenso a mio nonno e al forte legame che avevo con lui. I miei genitori sono morti che ero piccola e così lui si è preso cura di me, cosa che ha fatto fino a quando un brutto male se l'è portato via lo scorso anno, lasciandomi la casa dove ora vivo e un forte vuoto nel cuore. Mi viene subito in mente la sua casa in montagna, qui vicino a Roma, e le bellissime giornate estive trascorse insieme sui prati o a curare il suo piccolo orto, o le domeniche invernali passate davanti al caminetto ad ascoltare le sue storie sulla guerra e i tempi lontani. Gran parte delle memorie della mia famiglia le devo a lui, ricordo pochissimo di mia madre e mio padre se non attraverso i suoi racconti. E così rivedo davanti ai miei occhi la stanza scura, piena di oggetti raccolti negli anni. La vetrinetta con le ceramiche appartenute a mia nonna, le foto di tutta la famiglia sulla madia in fondo alla stanza. Noi due seduti sulle antiche sedie a dondolo, con i cuscinoni rossi e il tappeto morbido in mezzo a noi. L'unica luce arrivava dal caminetto accesso, tra lo scoppiettio del legno e il calore sulle gambe che andava scemando fin sopra il volto. La sua voce è sempre impressa nei miei ricordi, così possente e un po' roca, che raccontava per ore aneddoti e storie di vita in tono sommesso e vellutato. Mi perdevo nelle sue parole e vagavo in posti lontani e familiari, quasi come se avessi vissuto io stessa quelle avventure che ormai conoscevo a memoria ma che volevo sentire come fosse la prima volta. Spesso ero io a richiedere questa o quella storia, mentre altre volte ci arrivavamo attraverso eventi accaduti nella giornata e che riportavano alla memoria fatti di vita passata. Vorrei sempre ricordarlo solo così, dimenticando gli ultimi mesi passati in ospedale dove era tornato indifeso come un bambino, ma sempre forte e fiero della sua vita. Anche li non aveva perso la voglia di raccontare e di darmi forza, fino al giorno in cui ci siamo addormentati insieme in quella fredda stanza dove era ricoverato ormai da tanto: la sera prima aveva voglia di parlare con me, di raccontarmi cose che voleva si fermassero nella mia mente per sempre. Nonostante la stanchezza di un uomo ormai vecchio, siamo stati tutta la sera fino a tardi a chiacchierare, anche io questa volta avevo raccontato molto di me e lui mi aveva dato grandi consigli da parte di chi ha imparato a vivere grazie alle tante esperienze che ci segnano la strada. Gli occhi appesantiti dalle medicine, ma il sorriso sempre stampato sul suo volto rigato dalla malattia. Una barba bianca ben curata e le mani grandi poggiate sul lenzuolo. Mi sono risvegliata sulla poltrona al suo fianco, ma lui non ha più riaperto i suoi occhi da quella notte.

 

La canzone è finita e mi ritrovo con gli occhi gonfi e pieni di lacrime che cercano di colmare la sua assenza. Spengo tutto, metto via le cuffie e mi faccio cullare dal temporale che ancora imperversa fuori dalla finestra, soffiando sulle persiane che ululano al vento. Al risveglio sono ancora molto scossa e così decido di rimanere un altro po' a letto, crogiolandomi nel tepore della notte ormai passata. L'unica cosa che mi fa venire voglia di uscire fuori dalle coperte è il pensiero che lo sto per rivedere.

Quando arriviamo al bar come prima cosa al mio ingresso vedo che lui è già arrivato e la cosa mi stupisce parecchio. Per la prima volta è arrivato prima di me e non si volta neanche a guardarmi anche se so benissimo che si è accorto del nostro arrivo chiassoso. Mi fermo sulla porta un po' infastidita dal suo non notarmi, ma quando il barista mi saluta e ci chiede se vogliamo “Il solito?” rispondiamo di si e ci dirigiamo al nostro tavolo. Mi sto per sedere quando vedo una piccola margherita proprio davanti al mio posto e per la seconda volta in pochissimi minuti mi fermo perplessa e un po' smarrita per un gesto che ha cambiato il normale andamento delle cose. Sicuramente è stato lui, ma non deve accadere. Perchè sta cercando un diverso approccio dal solito misterioso sguardo di ogni mattina? Mi ritrovo seduta, con quel piccolo fiorellino tra le mani, a fissarlo di schiena al bancone, mentre si gira di scatto, mi lancia uno sguardo e in maniera furtiva scappa via dal locale. Sì, è stato sicuramente lui a mettere quel fiore sul tavolo... sul mio tavolo. Rimango senza parole eccitata ed agitata allo stesso tempo, ma anche un po' confusa e non poi tanto sicura che sia stato proprio lui a farlo. La mia amica mi guarda e scoppia a ridere, avendo assistito a questa scena un po' infantile di due adulti persi in una storia così assurda e priva di senso per il resto del mondo. Io la guardo e dopo che il barista ci ha portato la nostra colazione, mi accorgo che sto stringendo il fiore nella mano e lo poggio velocemente vicino al cappuccino quasi fosse una cosa infuocata che mi brucia la pelle. Comincio a provare sensazioni diverse in un'alternanza velocissima. Per prima cosa mi sento onorata di quel piccolo regalo, poi divento però reticente e mi domando se ho veramente capito cosa significasse. E se magari era per la mia amica? Se il misterioso portatore di sguardi fosse attratto da lei e non da me? Ma allora perchè mi guarda sempre? No, ok, sono io la fonte del suo interesse... ma se fino ad oggi tutto si è risolto in uno scambio di sguardi e qualche sorriso lanciato quasi di nascosto, cosa vuol dire questo “regalo”? Come fosse una reliquia riprendo il fiore e lo metto dentro al mio libro, per poi farlo ricadere dentro la borsa grande e capiente. Camilla, ancora con una mezza risata che non riesce più a controllare, mi dice che ormai siamo arrivati alla svolta di questa assurda non relazione e sentirlo dire dalla sua voce mi spaventa e mi viene voglia di scappare via e non tornare più in quel posto. Poi però penso a come sto quando non lo vedo, non potrei rinunciare a quei dieci minuti che condividiamo anche se a breve distanza.

Finita la colazione andiamo subito a lavoro, sapendo che oggi la giornata lavorativa sarà breve e all'ora di pranzo potremo scappare via per un pomeriggio di shopping insieme. Fortunatamente la pioggia della notte ha lasciato spazio al sole, abbandonando dietro di se solo qualche nuvoletta sparsa. All'una, precise come un orologio siamo fuori, pronte a prendere la macchina per andare a passare il pomeriggio all'Outlet a fare compere approfittando del periodo di saldi. In macchina Claudio Baglioni a tutto volume e noi due a cantare con i finestrini abbassati come due adolescenti libere da ogni pensiero. Alla prima stonatura scoppiamo a ridere, mentre in lontananza compaiono i campi di grano con tutte le balle ordinate in fila. Sono bellissime da vedere, riesco sempre a immaginarmici sotto, sdraiata alla loro ombra a guardare il cielo, aspettando il passaggio di qualche aereo e della sua scia bianca che taglia l'azzurro, per poter inventare storie sui suoi passeggeri e i viaggi che li porteranno lontano magari in qualche posto esotico o una città sconosciuta. Dopo qualche minuto di silenzio Camilla torna seria e comincia, per la prima volta, a prendere sul serio la mia non relazione. “Devi fare tu la prossima mossa, il gioco deve andare avanti in due. Lui ti ha dato un segnale, vuole continuare in modo diverso, senza però gettarsi subito in una vera e propria conoscenza. Ora devi continuare tu a condurre il gioco, in modo altrettanto romantico o misterioso, non banale insomma. Sarebbe troppo facile andare li e ringraziarlo...”. Ha ragione, il piccolo passo del fiore serve a cambiare strada, a scegliere quale sentiero seguire e deve essere fatto in modo originale per mantenere quel velo di mistero che da tempo ci fa guardare con tanto trasporto senza andare oltre, senza dire una parola. Non sappiamo neanche l'una il nome dell'altro e questo fino ad oggi ci bastava. Ora bisogna decidere se andare avanti in modo diverso, o chiudere la strada. Magari sarà lui stesso a pentirsi del suo passo, stamattina è scappato come non mai. Forse domani non si farà neanche vedere. “Ti serve dare una svolta alla tua vita, magari il misterioso osservatore potrebbe essere l'uomo che fa per te e se non lo fosse, è il caso che tu ricominci a vivere e a trovare qualcuno con cui dividere la tua vita”. Camilla continua con il suo tono serio a mezza voce. In me si risveglia un desiderio fortissimo di giocare, di rompere gli schemi e di osare anche se questo vorrà dire perdere tutto. Comincio a ridere mentre il vento entra forte dal finestrino e mi getta i capelli sul volto. “Ok, giochiamo”.