Za darmo

Le tigri di Monpracem

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«Per Giove! Che magnifica gherminella! Non credevo che dovesse avere una così superba riuscita.

«La cosa non andrà tanto liscia, ma quel birbone di mio fratello sposerà la fanciulla dai capelli d’oro.

«Per Bacco! Non era mica di cattivo gusto, l’amico! Non ho mai veduto una ragazza così bella e così graziosa.

«Ma dopo, cosa accadrà? Povera Mompracem, ti vedo in pericolo.

«Orsù, non pensiamoci. Se tutto dovesse finir male, andrò a finire la mia vita in qualche città dell’Estremo Oriente, a Canton o al Macao, e darò un addio a questi luoghi.»

Così monologando, il bravo portoghese aveva attraversata una parte del vasto parco, fermandosi dinanzi ad uno dei cancelli. Un soldato stava di sentinella.

– Apritemi, amico – disse Yanez.

– Ripartite, sergente?

– No, vado ad esplorare i dintorni.

– Ed i pirati?

– Non ve ne sono più da queste parti.

– Volete che vi accompagni, sergente?

– È inutile. Sarò di ritorno fra un paio d’ore.

Uscì dal cancello e s’avviò sul sentiero che conduceva a Vittoria. Finché fu sotto gli sguardi della sentinella procedette lentamente, ma appena si trovò protetto dalle piante affrettò il passo cacciandosi in mezzo agli alberi. Aveva percorsi mille passi quando vide un uomo slanciarsi fuori da un cespuglio e chiudergli il passo. Un fucile lo prese subito di mira mentre una voce minacciosa gli gridava:

– Arrenditi o sei morto!

– Non mi si conosce più adunque? – disse Yanez levandosi il cappello. – Non hai buona vista, mio caro Paranoa.

– Il signor Yanez! – esclamò il malese.

– In carne ed ossa, mio caro. Cosa fai qui, così vicino alla villa di lord Guillonk?

– Spiavo la cinta.

– Dov’è Sandokan?

– Ad un miglio di qui. Abbiamo buone nuove, signor Yanez?

– Migliori non potrebbero essere.

– Cosa devo fare, signore?

– Correre da Sandokan e dirgli che l’aspetto qui. Contemporaneamente ordinerai a Juioko di allestire il praho.

– Partiamo?

– Forse questa notte.

– Corro subito.

– Un momento: sono giunti i due prahos?

– No, signor Yanez, e si comincia a temere che si siano perduti.

– Per Giove tuonante! Abbiamo poca fortuna colle nostre spedizioni. Bah! Avremo uomini bastanti per sgominare la scorta del lord. Va’, Paranoa e sii lesto.

– Sfido un cavallo.

Il pirata partì colla velocità di una freccia. Yanez accese una sigaretta poi si sdraiò sotto un superbo arecche fumando tranquillamente. Non erano trascorsi venti minuti quando vide avanzarsi a passo accelerato Sandokan. Era accompagnato da Paranoa e da quattro altri pirati armati fino ai denti.

– Yanez, amico mio! – esclamò Sandokan, precipitandoglisi incontro. – Quanto ho tremato per te!… L’hai veduta? Parlami di lei, fratello mio!… Raccontami!… Io ardo dalla curiosità!

– Corri come un incrociatore – disse il portoghese, ridendo. – Come vedi ho compiuta la mia missione da vero inglese, anzi da vero parente di quel furfante di baronetto. Che accoglienza, mio caro!… Nessuno ha dubitato un solo istante di me.

– Nemmeno il lord?

– Oh!… Lui meno di tutti! Ti basti sapere che mi aspetta a cena.

– E Marianna?…

– L’ho veduta e l’ho trovata così bella da farmi girare il capo. Quando poi l’ho veduta piangere…

– L’hai veduta a piangere!… – gridò Sandokan con accento che aveva dello strazio. – Dimmi chi è stato a farle spargere delle lagrime!… Dimmelo ed io andrò a strappare il cuore a quel maledetto che ha fatto piangere quei begli occhi!…

– Diventi idrofobo, Sandokan?… Ella ha pianto per te.

– Ah!… Sublime creatura! – esclamò il pirata. – Raccontami tutto Yanez, te ne prego.

Il portoghese non se lo fece dire due volte e gli narrò quanto era avvenuto prima fra lui ed il lord e quindi colla fanciulla.

– Il vecchio sembra ormai deciso a partire, – concluse egli, – quindi tu puoi ormai essere certo di non ritornare solo a Mompracem. Sii prudente, fratellino, poiché vi sono non pochi soldati nel parco e dovremo lottare bene per sgominare la scorta. E poi, non mi fido molto di quel vecchio. Sarebbe capace di uccidere sua nipote piuttosto di lasciarsela rapire da te.

– La rivedrai tu questa sera?…

– Certo.

– Ah!… Se potessi anch’io entrare nella villa!…

– Quale pazzia!…

– Quando si metterà in marcia il lord?

– Non lo so ancora, però credo che prenderà questa sera una decisione.

– Che parta questa notte?…

– Lo suppongo.

– Come poterlo sapere con certezza?…

– Non vi è che un mezzo.

– Quale?…

– Mandare uno dei nostri uomini nel chiosco cinese o nella serra e attendere colà i miei ordini.

– Vi sono delle sentinelle sparse nel parco?

– Non ne ho veduto che ai cancelli – rispose Yanez.

– Se andassi io nella serra?…

– No, Sandokan. Tu non devi abbandonare questo sentiero. Il lord potrebbe precipitare la partenza e la tua presenza è necessaria per guidare i nostri uomini. Tu sai bene che conti per dieci.

– Manderò Paranoa. È destro, è prudente e giungerà nella serra senza farsi scorgere. Appena tramontato il sole varcherà la cinta e andrà ad attendere i tuoi ordini. Stette un momento silenzioso, poi disse:

– E se il lord cambiasse pensiero e rimanesse nella villa?…

– Diavolo!… Che brutto affare!…

– Non potresti tu aprirci la porta di notte e lasciarci entrare nella villa? E perché no?… Mi sembra un progetto attuabile.

– Ed a me difficile, Sandokan. La guarnigione è numerosa, potrebbe barricarsi nelle stanze e opporre una lunga resistenza.

«E poi il lord, trovandosi alle strette, potrebbe lasciarsi trasportare dall’ira e scaricare le sue pistole sulla fanciulla. Non fidarti di quell’uomo, Sandokan.»

– È vero – disse la Tigre, con un sospiro. – Lord James sarebbe capace di assassinare la fanciulla piuttosto di lasciarsela rapire da me.

– Aspetterai?…

– Sì, Yanez. Se però non si decide a partire presto, io tenterò un colpo disperato. Noi non possiamo rimanere molto qui. Bisogna che io rapisca la fanciulla prima che a Vittoria si sappia che noi siamo qui e che a Mompracem vi sono pochi uomini. Io tremo per la mia isola. Se la perdessimo cosa sarebbe di noi?… Là vi sono i nostri tesori.

– Cercherò di decidere il lord ad affrettare la partenza. Intanto farai armare il praho e radunare qui l’intero equipaggio. Bisogna rompere di colpo la scorta, onde impedire al lord di lasciarsi trascinare a qualche atto disperato.

– Vi sono molti soldati nella villa?

– Una diecina ed altrettanti indigeni.

– La vittoria è allora assicurata.

Yanez si era alzato.

– Ritorni? – gli chiese Sandokan.

– Non si deve far attendere un capitano che invita a cena un sergente – rispose il portoghese sorridendo.

– Quanto t’invidio, Yanez.

– Non per la cena però, è vero Sandokan?… La fanciulla la vedrai domani.

– Lo spero – rispose la Tigre con un sospiro. – Addio, amico, va’ e decidilo.

– Vedrò Paranoa fra due o tre ore.

– Ti attenderà fino alla mezzanotte.

Si strinsero la mano e si lasciarono.

Mentre Sandokan ed i suoi uomini si cacciavano in mezzo alle piante, Yanez si accese una sigaretta, s’avviò verso il parco, procedendo con passo tranquillo, come se invece di una perlustrazione tornasse da una passeggiata.

Passò dinanzi alla sentinella e si mise a passeggiare nel parco, essendo ancora troppo presto per presentarsi al lord.

Allo svolto di un sentiero s’incontrò con lady Marianna che pareva lo cercasse.

– Ah, milady, quale fortuna – esclamò il portoghese inchinandosi.

– Vi cercavo – rispose la giovanetta porgendogli la mano.

– Avete da dirmi qualche cosa d’importante?

– Sì, che fra cinque ore partiamo per Vittoria.

– Ve lo disse già il lord?

– Sì.

– Sandokan è pronto, milady; i pirati sono stati avvertiti e attendono la scorta.

– Mio Dio! – mormorò ella coprendosi il viso con ambo le mani.

– Milady, bisogna essere forti in questi momenti e risoluti.

– E mio zio… mi maledirà, mi esecrerà poi.

– Ma Sandokan vi farà felice, la più felice delle donne.

Due lagrime scendevano lentamente lungo le rosee gote della giovanetta.

– Piangete? – disse Yanez. – Ah! Non piangete, lady Marianna!

– Ho paura, Yanez.

– Di Sandokan?

– No, dell’avvenire.

– Sarà ridente, perché Sandokan farà quello che voi vorrete. Egli è pronto a incendiare i propri prahos, a disperdere le sue bande, a dimenticare le sue vendette, a dare un addio per sempre alla sua isola e a sfasciare la sua potenza. Basterà una sola vostra parola per deciderlo.

– Mi ama immensamente adunque?

– Alla pazzia, milady.

– Ma chi è quest’uomo? Perché tanto sangue e tante vendette? Da dove è venuto egli?

– Ascoltatemi, milady – disse Yanez offrendole il braccio e traendola, su di un ombroso sentiero. – I più credono che Sandokan non sia che un volgare pirata, sbarcato dalle selve del Borneo, avido di sangue e di prede, ma s’ingannano: egli è di stirpe reale e non è un pirata, ma un vendicatore.

«Aveva vent’anni quando salì sul trono di Muluder, un regno che trovasi presso le coste settentrionali del Borneo. Forte come un leone, fiero come un eroe dell’antichità, audace come una tigre, coraggioso fino alla pazzia, in poco volger di tempo vinse tutti i popoli vicini estendendo le proprie frontiere fino al regno di Varauni e al fiume Koti.

«Quelle imprese gli furono fatali. Inglesi e olandesi, gelosi di quella nuova potenza che pareva volesse soggiogare l’intera isola, si allearono al sultano di Borneo per fiaccare l’audace guerriero.

«L’oro dapprima e le armi più tardi finirono per squarciare il nuovo reame. Dei traditori sollevarono i vari popoli, dei sicari prezzolati spensero la madre, i fratelli e le sorelle di Sandokan; delle bande potenti invasero il regno in vari luoghi corrompendo i capi, corrompendo le truppe, saccheggiando, trucidando, commettendo atrocità inaudite.

 

«Invano Sandokan lottò col furore della disperazione, battendo gli uni, schiacciando gli altri. I tradimenti lo raggiunsero nell’istesso suo palazzo, i suoi parenti caddero tutti sotto il ferro degli assassini pagati dai bianchi, ed egli in una notte di fuoco e di stragi potè a malapena salvarsi con una piccola schiera di prodi.

«Errò parecchi anni sulle coste settentrionali del Borneo, ora inseguito come una belva feroce, ora senza viveri, in preda a miserie inenarrabili, sperando di riacquistare il perduto trono e di vendicare l’assassinata famiglia, fino a che una notte, ormai disperando di tutto e di tutti s’imbarcò su di un praho giurando guerra atroce a tutta la razza bianca, e al sultano di Varauni. Approdato a Mompracem assoldò degli uomini e si dié a corseggiare il mare.

«Era forte, era prode, era valente ed assetato di vendetta. Devastò le coste del sultanato, assalì legni olandesi e inglesi, non accordando quartiere né tregua. Diventò il terrore dei mari, diventò la Terribile Tigre della Malesia. Voi sapete il resto.»

– È adunque un vendicatore della sua famiglia! – esclamò Marianna che non piangeva più.

– Sì, milady, un vendicatore che piange sovente sua madre, i suoi fratelli e le sue sorelle caduti sotto il ferro degli assassini, un vendicatore che mai commise azioni infami, che rispettò in ogni tempo i deboli, che risparmiò le donne e i fanciulli, che saccheggia i nemici suoi non per sete di ricchezza, ma per levare un giorno un esercito di prodi e riacquistare il perduto regno.

– Ah! quanto bene mi fanno queste parole, Yanez – disse la giovanetta.

– Siete decisa ora a seguire la Tigre della Malesia?

– Sì, sono sua perché l’amo e al punto che senza di lui la vita sarebbe per me un martirio.

– Torniamo alla palazzina adunque, milady. Dio veglierà su di noi.

Yanez condusse la giovanetta alla palazzina e salirono nel salotto da pranzo. Il lord vi era già e passeggiava innanzi e indietro colla rigidezza di un vero inglese nato sulle rive del Tamigi. Era cupo come prima e teneva la testa china sul petto. Vedendo Yanez però si arrestò, dicendo:

– Siete qui? Credevo che vi fosse toccata qualche disgrazia vedendovi uscire dal parco.

– Ho voluto assicurarmi coi miei occhi che non vi è alcun pericolo, milord – rispose Yanez tranquillamente.

– Avete veduto nessuno di quei cani di Mompracem?

– Nessuno, milord; possiamo recarci a Vittoria con tutta sicurezza.

Il lord stette zitto per alcuni istanti, poi volgendosi verso Marianna che si era fermata presso una finestra.

– Avete inteso che si va a Vittoria? – le disse.

– Sì – rispose ella asciuttamente.

– Verrete?

– Sapete bene che ogni resistenza da parte mia sarebbe inutile.

– Credevo che vi dovessi trascinare a forza.

– Signore!

Il portoghese vide una fiamma minacciosa balenare negli occhi della giovanetta, ma stette zitto, quantunque si sentisse indosso una smania irresistibile di sciabolare quel vecchio.

– Toh! – esclamò il lord con maggiore ironia. – Per caso non amereste più quell’eroe da coltello, che acconsentite a venire a Vittoria? Ricevete le mie congratulazioni, signora!

– Non continuate! – esclamò la giovanetta con accento tale che fece fremere lo stesso lord.

Stettero alcuni istanti in silenzio, guardandosi l’un l’altro come due fiere che si provocano prima di dilaniarsi a vicenda.

– O cederai o ti spezzerò – disse il lord con voce furente. – Piuttosto che tu diventi la moglie di quel cane che si chiama Sandokan, ti ucciderò.

– Fatelo – diss’ella, avvicinandosi con aria minacciosa.

– Vuoi farmi delle scene? Sarebbero inutili. Sai bene che io sono inflessibile. Invece va’ a fare i tuoi preparativi per la partenza.

La giovanetta si era arrestata. Scambiò con Yanez un rapido sguardo, poi uscì dalla stanza, chiudendo violentemente la porta.

– L’avete veduta – disse il lord, volgendosi verso Yanez. – Ella crede di sfidarmi, ma s’inganna. Vivaddio, la spezzerò.

Yanez invece di rispondere si terse alcune gocce di sudore freddo che gli imperlavano la fronte ed incrociò le braccia per non cedere alla tentazione di porre mano alla sciabola. Avrebbe dato mezzo del suo sangue per sfarsi di quel terribile vecchio che ormai sapeva capace di tutto.

Il lord passeggiò per la stanza per alcuni minuti, poi fece cenno a Yanez di sedersi al desco.

Il pasto fu fatto in silenzio. Il lord toccò appena i cibi; il portoghese invece fece onore ai diversi piatti, da uomo che non sa se e dove potrebbe fare una seconda cena. Avevano appena terminato quando entrò un caporale.

– Vostro Onore mi ha fatto chiamare? – chiese egli.

– Dirai ai soldati di tenersi pronti a partire.

– Per quale ora?

– Alla mezzanotte noi lasceremo la villa.

– A cavallo?

– Sì, e raccomanda a tutti di cambiare le cariche ai loro fucili.

– Vostro Onore sarà servito.

– Partiremo tutti, milord? – chiese Yanez.

– Non lascerò qui che quattro uomini.

– È numerosa la scorta?

– Si comporrà di dodici soldati fidatissimi e di dieci indigeni.

– Con tali forze noi non avremo nulla da temere.

– Voi non conoscete i pirati di Mompracem, giovinotto. Se dovessimo incontrarli, non so a chi spetterebbe la vittoria.

– Mi permettete milord di scendere nel parco?

– Cosa volete fare?

– Sorvegliare i preparativi dei soldati.

– Andate, giovinotto.

Il portoghese uscì e scese rapidamente la scala mormorando:

– Spero di giungere in tempo per avvertire Paranoa. Sandokan preparerà una bella imboscata.

Passò dinanzi ai soldati senza fermarsi e, orizzontandosi alla meglio, si cacciò in mezzo ad un viale che doveva condurlo nei pressi della serra. Cinque minuti dopo si trovava in mezzo al macchione di banani, là dove aveva fatto prigioniero il soldato inglese.

Si guardò intorno per essere certo di non essere stato seguito, poi si avvicinò alla serra spingendo la porta.

Subito vide un’ombra nera rizzarglisi dinanzi, mentre una mano gli puntava sul petto una pistola.

– Sono io, Paranoa – disse.

– Ah! Voi, padron Yanez.

– Parti subito, senza arrestarti e va’ ad avvertire Sandokan che noi fra qualche ora lasceremo la villa.

– Dove dobbiamo aspettarvi?

– Sul sentiero che conduce a Vittoria.

– Siete in molti?

– Una ventina.

– Parto subito. Arrivederci presto, signor Yanez.

Il malese si slanciò sotto il viale, scomparendo in mezzo alla fosca ombra delle piante.

Quando Yanez tornò alla palazzina, il lord stava scendendo la scala della palazzina. Si era cinta la sciabola ed a tracolla portava una carabina.

La scorta si teneva pronta. Si componeva di ventidue uomini, dodici bianchi e dieci indigeni e tutti armati fino ai denti.

Un gruppo di cavalli scalpitava presso il cancello del parco.

– Dov’è mia nipote? – chiese il lord.

– Eccola – rispose il sergente che comandava la scorta. Infatti lady Marianna scendeva in quel momento la gradinata.

Era vestita da amazzone, con un giubbettino di velluto azzurro e lunga veste di egual stoffa, costume e tinta che facevano doppiamente risaltare il suo pallore e la bellezza del suo viso. In capo portava un grazioso berretto adorno di piume, inclinato sui dorati capelli.

Il portoghese, che l’osservava attentamente, vide due lagrime tremolare sotto le palpebre e sul viso profondamente scolpita una viva ansietà. Non era più l’energica fanciulla di poche ore prima che aveva parlato con tanto fuoco e tanta fierezza. L’idea di un rapimento in quelle condizioni, l’idea di dover abbandonare per sempre suo zio che era l’unico parente che ancora vivesse, che non l’amava, è vero, ma che aveva avuto per lei non poche attenzioni durante la sua gioventù, di dover per sempre lasciare quei luoghi per gettarsi in un avvenire oscuro, incerto, fra le braccia di un uomo che si appellava la Tigre della Malesia, parevano atterrirla.

Quando salì a cavallo le lagrime non più frenate le caddero abbondanti e alcuni singhiozzi le sollevarono il seno.

Yanez spinse il proprio cavallo verso di lei e le disse:

– Coraggio, milady; l’avvenire sarà ridente per la «Perla di Labuan».

Ad un comando del lord il drappello si mise in marcia uscendo dal parco e prendendo il sentiero che conduceva alla imboscata.

Sei soldati aprivano la marcia colle carabine in pugno e gli occhi fissi ai due lati del sentiero, onde non venire sorpresi; seguivano il lord, poi Yanez e la giovane lady, fiancheggiati da altri quattro soldati, e quindi gli altri in gruppo serrato e le armi posate dinanzi la sella.

Malgrado le notizie recate da Yanez, tutti diffidavano e scrutavano con profonda attenzione le circostanti foreste. Il lord pareva che non si occupasse di ciò, ma di quando in quando si volgeva lanciando su Marianna uno sguardo in cui si leggeva una grave minaccia. Quell’uomo, lo si capiva, era pronto a uccidere la nipote al primo tentativo da parte dei pirati e della Tigre. Fortunatamente Yanez, che non lo perdeva di vista, si era accorto delle sue sinistre intenzioni e si teneva pronto a proteggere l’adorabile fanciulla. Avevano percorso, nel più profondo silenzio, circa due chilometri, quando a destra del sentiero si udì improvvisamente un leggero fischio. Yanez, che già s’aspettava l’assalto di momento in momento, sfoderò la sciabola e si mise fra il lord e lady Marianna.

– Cosa fate? – chiese il lord, che si era bruscamente voltato.

– Non avete udito? – chiese Yanez.

– Un fischio?

– Sì.

– Ebbene?

– Ciò vuol dire milord che i miei amici vi circondano – disse Yanez freddamente.

– Ah! traditore! – urlò il lord estraendo la sciabola e spingendosi verso il portoghese.

– Troppo tardi, signore! – gridò questi gettandosi dinanzi a Marianna. Infatti nell’istesso momento due scariche micidiali partirono d’ambo i lati del sentiero, gettando a terra quattro uomini e sette cavalli, poi trenta tigrotti di Mompracem si precipitarono fuori dai boschi, mandando urla indescrivibili e caricando furiosamente il drappello.

Sandokan che li guidava, s’avventò in mezzo ai cavalli, dietro ai quali si erano prontamente radunati gli uomini della scorta e abbattè con un gran colpo di scimitarra il primo uomo che gli si parò dinanzi.

Il lord gettò un vero ruggito. Con una pistola nella sinistra e la sciabola nella destra si avventò verso Marianna che si era aggrappata alla criniera della sua cavalla, ma Yanez era balzato a terra. Afferrò la giovanetta, la levò di sella e stringendosela al petto colle robuste braccia, cercò di passare fra i soldati e gli indigeni che si difendevano col furore che infonde la disperazione, trincerati, dietro i loro cavalli.

– Largo! largo! – gridò egli cercando di dominare colla voce il fracasso della moschetteria e il cozzar furioso delle armi.

Ma nessuno badava a lui all’infuori del lord che si preparava ad assalirlo. Per maggior disgrazia o per sua fortuna forse, la giovanetta gli svenne fra le braccia.

Egli la depose dietro un cavallo morto nel mentre che il lord, pallido di furore, gli faceva fuoco addosso.

Con un salto evitò la palla, poi roteando la sciabola, gridò:

– Aspetta un po’, vecchio lupo di mare, che ti farò assaggiare la punta del mio ferro.

– Traditore, ti uccido! – rispose il lord.

Si scagliarono l’uno contro l’altro, uno risoluto a sacrificarsi per salvare la giovanetta, l’altro deciso a tutto pur di strapparla alla Tigre della Malesia. Mentre si scambiavano tremendi fendenti con accanimento senza pari, inglesi e pirati combattevano con pari furore, tentando di respingersi vicendevolmente.

I primi, ridotti a un pugno d’uomini, ma fortemente trincerati dietro i cavalli che erano tutti caduti, si difendevano animosamente aiutati dagli indigeni, che menavano ciecamente le mani, confondendo le loro grida selvagge con quelle tremende dei tigrotti. Colpivano di punta e di taglio, facevano roteare i fucili servendosene come fossero mazze, retrocedevano e avanzavano, ma tenevano saldo.

Sandokan, colla scimitarra in pugno, tentava, ma invano, di sfondare quella. muraglia umana per portare aiuto al portoghese che si affannava a respingere i turbinosi attacchi del lupo di mare. Ruggiva come una belva, fendeva teste e squarciava petti, s’avventava pazzamente fra le punte delle baionette, trascinando seco la terribile sua banda che agitava le scuri insanguinate e le pesanti sciabole d’abbordaggio.

 

La resistenza degli inglesi non doveva durare però molto. La Tigre trascinando un’altra volta i suoi uomini all’assalto, riuscì finalmente a respingere i difensori che si ripiegarono confusamente gli uni addosso agli altri.

– Tieni saldo, Yanez! – tuonò Sandokan tempestando colla scimitarra il nemico che tentava di chiudergli il passo. – Tieni saldo che sto per giungere.

Ma proprio in quel momento la sciabola del portoghese si spezzava a metà. Egli si trovò disarmato con la fanciulla ancora svenuta e il lord dinanzi.

– Aiuto, Sandokan! – gridò.

Il lord gli si precipitò addosso gettando un urlo di trionfo, ma Yanez non si smarrì. Si trasse rapidamente da un lato evitando la sciabola, poi urtò col capo il lord atterrandolo.

Caddero però entrambi e si misero a dibattersi cercando di soffocarsi, rotolandosi fra i morti e i feriti.

– John – disse il lord, vedendo un soldato cadere a pochi passi col viso spaccato da un colpo di scure. – Ammazza lady Marianna! Te lo comando!

Il soldato facendo uno sforzo disperato si sollevò sulle ginocchia colla daga in mano pronto ad ubbidire, ma non ebbe il tempo.

Gli inglesi oppressi dal numero cadevano uno ad uno sotto le scuri dei pirati e la Tigre era lì, a due passi.

Con un urto irresistibile atterrò gli uomini che ancora rimanevano in piedi, balzò sul soldato che aveva già alzato l’arma e lo uccise con un colpo di scimitarra.

– Mia! mia! mia! – esclamò il pirata afferrando la giovanetta e stringendosela al petto.

Balzò fuori della mischia e fuggì nella vicina foresta, mentre i suoi uomini finivano gli ultimi inglesi.

Il lord, scagliato da Yanez contro il tronco di un albero, rimase solo e semiaccoppato in mezzo ai cadaveri che coprivano il sentiero.