(vestita da collegiale, pallidissima, e con gli occhi pieni di lagrime, resta un momento, non vista dal padre, sotto l'arco della porta comune, quasi temendo di chiamarlo e d'interrogarlo. Poi si decide:) Babbo?..
(con un sussulto, si volta sùbito, nascondendo i pezzettini di carta.) Ida!
(gli si getta fra lo braccia, piangendo dirottamente.) Dunque, è vero? (Si stringono l'uno all'altra. Egli la bacia e la ribacia. – Pausa.)
Sì, è vero.
Ma come? Come?.. Come ha potuto far questo?.. Papà mio, papà mio, io non voglio perderla, io non voglio vivere senza di lei… (E piange più convulsamente.)
Ida, abbi coraggio, per carità! Pensa che sei tu che devi darne anche a tuo padre… a tuo padre che soffre tormenti atroci…
Dov'è? Dov'è la mamma mia cara?.. Fammela vedere…
No, Ida. Tu non potresti resistere…
Non importa… Se muoio anch'io, sarà meglio… Io non voglio vivere senza di lei… Fammela vedere, te ne scongiuro…
No, no, Ida, sii docile… Tu non la vedrai. (Con energia severa e inconsciente) Io non te lo permetterò!
(stupita) Ma è possibile?.. Vuoi proibirmi di baciarla?.. Vuoi proibirmi… di piangere vicino a lei?.. Vuoi proibirmi… di dirle tante… tante cose?..
È necessario!
Lasciami andare…
(trattenendola) No…
Dov'è? In quella stanza…?
No, no, no!
Ti prometto che sarò forte.
(trattenendola sempre) È inutile!..
Non vedi che è peggio così?..
Ida, te lo chiedo in grazia: obbediscimi!..
No, papà mio, ti domando perdono, ma non posso obbedirti… (Svincolandosi, si slancia verso la porta della stanza mortuaria.) Lasciami andare…
(mettendosi rapidamente davanti alla porta, con solennità e violenza) Ida, tu non entrerai qui dentro!
(gli cade ginocchioni ai piedi.) Ah, che supplizio!
(la solleva e, piano piano, con dolcezza, la trascina lontano.)
(quasi svenuta) Io non so… non capisco niente… Perchè mi neghi questo conforto… io non lo capisco…
(con amore) Non m'interrogare, figlia mia adorata. Non domandarmi nulla… e rispetta ciecamente… ciò che mi sta qui, nell'anima. Abbi compassione… (gli sgorgano abbondanti ad un tratto le lagrime) abbi compassione di chi ti consacrerà tutta, tutta la vita! (Pausa.) Vieni adesso nella tua cameretta… Ripòsati un poco… Piangi, se vuoi… ma cerca, soltanto, di non pensare. (L'accompagna lentamente, sostenendola.)
(più col fiato che con la voce) No, non penserò… e aspetterò.
(con prudenza fa capolino all'uscio pel quale è uscita, vede che non c'è più nessuno, attraversa la stanza rasentando il muro, e infila la porta comune. S'è messo uno scialle della padrona, e porta sul braccio parecchi abiti di varii colori. Appena varcata la soglia della porta comune, s'incontra con Paolo e vorrebbe impedirgli d'entrare.)
(sommessamente, in fretta) Che fate qua?! Perchè siete venuto?!
(con una strana fisonomia tra di dolore, di stupore e di importanza) E non sei stata tu che mi hai portata a casa la lettera terribile?
È arrivato il padrone!
(abbassando molto la voce)… Ebbene, è naturale che, essendo lui ancora lontano, quella poveretta abbia scritto a me, ed è anche più naturale che io sia accorso… Che diamine!
Egli sospetta!
Sospetta?! Ne sei sicura?
Sicurissima!
(padroneggiandosi immediatamente, si scosta da Francesca e va con espansione verso di lui.) Oh, Luigi! (Gli stende la mano.)
(stringe la mano a Paolo con dimestichezza apparente, che male dissimula il sospetto.) Hai fatto bene a venire.
(Nel dialogo ci sarà la tensione nervosa dell'infingimento scambievole: e i loro sguardi diranno, scambievolmente, più che non dicano le parole.)
Comprenderai: ha scritto a me.
Lo so.
E la fatalità ha voluto ch'io non mi trovassi a casa quando è arrivata la lettera. Da casa me l'hanno mandata allo studio… e senza questo maledetto ritardo… chi sa che non sarei giunto a tempo…
Lo strano è questo: per me, neanche una parola!
Ti credeva ancora in viaggio.
E che spiega ciò? Del resto, io le avevo annunziato che sarei tornato oggi o domani.
Non avrà avuto la forza, non avrà avuto il coraggio di scriverti… e… s'è rivolta al tuo amico più intimo, al tuo socio, al tuo…
(interrompendolo) Che ti ha scritto?
… Poche righe.
Cioè?
… Che si sentiva tanto infelice, che… che portava con sè nella tomba un segreto, e che… chiedeva perdono a te e a sua figlia. In ultimo… mi raccomandava di starti vicino, di confortarti…
Io lo conosco questo segreto.
Davvero?
Era incinta.
(ne ha una scossa nell'anima, comprendendo l'ineluttabilità del sospetto di Luigi) E come lo hai saputo?
Un medico lo ha constatato.
Lo ha constatato?!
(alterando spaventosamente la fisonomia) E inorridisci: non era madre che da quattro o cinque mesi…
Oh!
(diventando sempre più spaventevole) Dunque, aveva un amante…
È orribile!
E mentre io andavo in giro lavorando, affaticandomi per la mia famiglia – e nessuno sa meglio di te ciò che ho fatto in otto mesi di viaggio, – c'era qui qualcuno, c'era qui un malfattore, che me la distruggeva!
È orribile!
Sì, è orribile! – e questo malfattore, Paolo, bisogna trovarlo (Pausa.) – (Poi, recisamente) Paolo. tu devi aiutarmi a trovarlo. (Quasi all'orecchio di lui) E sai perchè devi aiutarmi?
Perchè… perchè hai in me un tuo fratello… perchè io so comprenderti, perchè io so secondarti e, anche, all'occasione, saprei frenare i tuoi nervi… che sono già così giustamente eccitati…
Ecco, ecco, ecco: questa è la ragione. Benissimo! (Pausa.) Vedi, Paolo mio, la causa del suicidio dev'essere certamente connessa alla colpa di lei, al suo amore infame. Sicchè, nei pochi documenti che ella ci ha lasciati, noi dobbiamo cercare qualche cosa. Non ti pare? Dobbiamo cercare, per lo meno, un indizio. I pochi documenti sono: una lettera scritta a sua figlia e un'altra scritta a te. Cominciamo da questa.
(allibisce) Da questa?
Leggiamola insieme. Dammela.
(con voce tremante) Non posso… non l'ho con me… l'ho lasciata a casa…
Non puoi averla lasciata a casa, perchè ti è pervenuta allo studio, e tu dallo studio sei corso direttamente qui. Dammela.
Ma a quale scopo dovrei mentire?
Non lo so. Dammela.
T'assicuro che non l'ho… Anzi… per dirti la verità, ti confesso che l'ho distrutta… Sì… l'ho bruciata… Avrò fatto male, ma, che vuoi?, ho obbedito a un impulso, di cui, in questo momento, io stesso non so rendermi conto.