(Stefano sarà in giubba e cravatta bianca: correttissimo: con un gran fiore bianco all'occhiello. Meralda sarà d'un'eleganza luminosa.)
In questo momento, vorrei avere le ali per oltrepassare questa soglia senza posarvi il piede. Mi parrebbe d'esserne più degna.
Possa invece il marmo di questa soglia cedere al contatto del vostro piede per serbarne l'orma eternamente.
(Sulla soglia, Stefano si ferma per lasciar passare la principessa.)
(entrando con vezzosa gravità signorile) Così sia! (Fa scivolare un po' dalle spalle il sontuoso mantello e guarda intorno. La sua attenzione è specialmente attirata dalla scrivania.)
(si affretta a toglierle il mantello e, gettandolo sopra una sedia, vede subito Teresa e Valentino, appartati. A Teresa, pianissimo:) Ti credevo a letto…
(intervenendo per giustificarla e parlando a voce bassa) Gli è che ha voluto essere informata di…
Non seccare tu. E non starmi tra i piedi!
(dando a Teresa uno sguardo tra di compassione e d'incoraggiamento, esce a sinistra.)
(al breve bisbiglio si è voltata.)
(mal suo grado, è costretto a fare la presentazione) Principessa… vi presento mia moglie.
(si avanza timida, e accenna una riverenza lievemente goffa) Principessa…
(porgendole la mano con dignità affabile) Sono ben felice di conoscerla. Nell'aureola di suo marito ho spesso cercato qualche cosa che m'indicasse il profilo della donna fortunata ch'egli aveva eletta a compagna. (Fissandola con curiosità) La volontà e il destino di lui le hanno affidata, signora, una parte non facile di certo, ma che nessuna anima profondamente femminile saprebbe non invidiarle.
(impacciata) Difatti… io sono… io sono molto contenta.
E anche molto orgogliosa, immagino.
Senza dubbio… Anche molto orgogliosa.
(sorridendo involontariamente dell'impaccio di Teresa) O forse l'abitudine della convivenza diminuisce in lei il compiacimento del suo privilegio?
No, no!.. Anzi!..
Non sarebbe neppure troppo strano che addirittura questo privilegio non fosse da lei apprezzato.
… Che dice mai, principessa!
Ella potrebbe aver desiderato un marito meno assorto nei suoi ideali, meno indipendente, più casalingo…
Ma Stefano mi ha fatta sempre buona compagnia. Lei lo accusa ingiustamente…
Teresa, tu non hai capito quel che t'ha detto la principessa. Non ti lanciare in una difesa superflua.
Lo so che della mia difesa tu non hai bisogno; ma io parlo, vedi, perchè quando ti si accusa non posso tacere.
(si sforza di non mostrarsi spazientito.)
Io non l'ho accusato di nulla.
Ma non vorrei…
(interrompendola) Non insistere, Teresa!
(in tono sottilmente beffardo) Lasciatela parlare, cattivo che siete!
(a Meralda) Ah, ecco! Lei diventa la mia alleata. (Prendendo coraggio) Segga, segga, principessa. Veramente, avrei dovuto pensarci prima… Ma, cosa vuole!.. una parola ne porta un'altra… Prego… segga qui. (Le indica il divano.) Segga qui. (Meralda siede, e Teresa prende per sè una sedia più bassa e le siede vicino, continuando con animazione:) Lei s'interessa tanto al mio Stefano che io voglio dirle come stanno le cose. Io sono una sciocchina, è vero – e lui me lo ripete spesso – ma non sino al punto di non capire che egli non può essere un marito come un altro. E poi, sa, l'apparenza inganna. Egli, gira di qua, gira di là, ma sempre vicino alla sua mogliettina viene a riposarsi. E qualche volta – se lo vedesse! – accanto a me egli ride e scherza come un fanciullo allegro o si addormenta come un fanciullo stanco.
Teresa!
(senza dargli retta, un po' eccitata) Che potrei dunque desiderare di meglio? La sola contrarietà che mi ha amareggiata è di non avere avuto figli. Eppure, senta, se io ci rifletto…
Insomma, basta, te ne prego!
(a Stefano) Ma perchè?
È per lo meno inopportuna.
Io trovo invece che è divertente!
(ha sùbito un'espressione di sorpresa dolorosa e agghiacciante. Guarda Meralda con la timidità che aveva pocanzi, mista a un mite rancore.)
Continui.
No, principessa… non continuo… (Vorrebbe aggiungere qualche cosa, ma la gola le si stringe. Si alza.) Permetta…
Così? Tutto a un tratto?
Perdoni… Non mi sento bene.
(mordendosi le labbra, appunta su lei il suo sguardo severo.)
S'accomodi.
(tremando sotto lo sguardo di Stefano e sogguardandolo) Buona sera, principessa…
A rivederla, signora.
(continua a tremare, a tremare, indietreggiando. Si avvicina, così, alla porta a destra – ed esce.)
(dopo un silenzio) Povero Stefano!
Vi prego, Meralda. Non ammetto di essere compatito.
È caruccia, non dico di no. Deve essere anche molto affettuosa, molto buona… Ma gl'inconvenienti d'una unione così ibrida saltano agli occhi.
Parliamo d'altro, Meralda.
Non dovrei essere… la vostra migliore amica per non aver voglia d'indagare il mistero della vostra scelta.
È stato semplicemente il caso.
A cui un ribelle come voi ha voluto obbedire?!
Ma io non mi sono data la pena di ribellarmi al caso per un episodio a cui ho annessa una importanza molto relativa.
Era, per altro, un episodio che avrebbe presa gran parte della vostra vita.
Non ho mai pensato di lasciar prendere da una donna una gran parte della mia vita. Se non da voi, che siete la più completa ch'io abbia conosciuta, tanto meno dalla debole creatura che avete trovata presso di me. E poichè la vostra indagine non deve prescindere da quello che voi già sapete dei miei istinti, vi sarà facile scorgere nell'unione ibrida che deplorate una coerenza rigorosa. Quando sposai, io non avevo ancora la coscienza di me stesso. Se l'avessi avuta, avrei affermato forse dinanzi a una donna più forte e più altera il mio diritto di supremazia. Ma, intanto, anche allora i miei istinti agirono. L'umiltà di Teresa era per essi la calamita naturale. Il caso determinò l'incontro di lei ed essi la sentirono, vi si attaccarono, la tennero. Nella storia semplice di questo matrimonio è la prima impronta precisa del mio temperamento di uomo. E badate che non sono mutabile. Vi conviene?
(come rassegnata) Mi conviene.
In uno stato di guerra, o in un concordato di pace?
La guerra, se mai, è già finita. Dopo aver cedute le armi, io sono qui con la bandiera bianca. In piena pace, io accetto da stasera il vostro regime, e sarò per voi, se lo vorrete, (con una sfumatura di tristezza)… un altro episodio. Nell'artista che mi ha aperto solennemente le porte del suo tempio c'è per me quanto basta affinchè io mi rassegni fin da ora… all'indifferenza dell'uomo.
(quasi celiando – galantemente) Ma chi vi ha mai parlato d'indifferenza? Sono ben lontano dal voler sacrificare all'imperialismo maschile le più belle energie dell'umanità: quelle, cioè, che hanno poi fatto credere all'esistenza dell'amore. Io voglio anzi risvegliare queste energie, e risvegliarle soprattutto infrangendo i ceppi di ciò che si chiama morale e i convenzionalismi di ciò che si chiama civiltà. Mi emancipo dall'una e dall'altra e tento di rinnovare almeno nel mio regno il culto della sincerità umana. Indifferenza, no. Sarebbe la negazione di questo culto. (Animandosi sinceramente) Io, per mio conto, dico bensì alla donna: – Se tu vieni a porre dei limiti alla mia indipendenza o a segnare alle mie azioni un confine che non sia quello del trionfo incondizionato, io ti respingo; ma se vieni ad alimentare con la tua sensibilità squisita la mia fantasia o a cercare in me la molecola che, proveniente da Dio o dal fango, è sacra, comunque, alla continuità delle cose terrene, oh! allora che tu sii la benvenuta! Io t'aspettavo – le dico – , mia gentile ospite preziosa, e finchè mia saprai essere, vorrò che tu non t'avveda neppure della legge ineluttabile che mi eleva al di sopra di te!
Ebbene… (con un piccolo sospiro) la più completa donna che voi abbiate conosciuta non vi chiede di più. (Lascia cadere il fazzoletto.)
(si accinge a raccoglierlo. Mette un ginocchio a terra, indugiando in quell'atteggiamento.) E il più fiero uomo in cui voi vi siete imbattuta è… ai vostri piedi.
Per averne almeno l'illusione ho fatto cadere il mio fazzoletto.
Io, per averne il pretesto, l'ho raccolto. (Glie lo porge.)
(lo prende.)
(le trattiene la mano e glie la bacia.)
(ostentando un moto di meraviglia) Grazie.
(si leva.)
(con un bizzarro balzo del pensiero, levandosi anche lei) Avete mai domandato a voi stesso se nella mia persona non ci sia… un'altra persona, diversa da quella che la gente vede?
Voi non siete per me che quale io vi vedo. E fuori della mia visione, per me, non esistete più.
E… il mio passato?.. Non v'intriga? Non vi dà a pensare?
No.
Sicchè, voi vi accontentate di sapere quello che sanno tutti, cioè… che io sono nata in una piccola città del Veneto da una nobile famiglia decaduta, che adolescente sposai un gran signore tedesco…
… e che a ventiquattro anni, in un vecchio castello della Selva Nera, rimaneste vedova, nobile, milionaria e sola. Mi pare che del vostro passato abbiate già reso conto più del necessario.
(guardando con occhi scrutatori) Una cronaca così sommaria non suscita in voi nessuna diffidenza?
Nessuna.
Me ne duole.
Per quale ragione?
Dovreste intendere che una donna come me è tormentata dalla curiosità di conoscere che cosa sarebbe lei per l'uomo preferito, se ella non potesse contare sulle sue qualità ufficiali. (Animata da un palpito di sincerità) Per un giorno, per un'ora, io vorrei che diffidaste dei miei blasoni o che mi credeste abbandonata dalla società decorativa che mi circonda di rispetto e d'ammirazione, e, in quel giorno, in quell'ora, io vorrei sperimentare soltanto le mie facoltà personali ed essere per voi quella che sono dentro di me senza la luce abbagliante del mio palcoscenico.
Ma la mia lealtà, Meralda, vi farà rifuggire dal penoso esperimento. Davvero non comprendo come possa pungervi l'acre curiosità di cui mi parlate. Sarebbe lo stesso ch'io desiderassi conoscere che cosa sarei per voi se non fossi colui che questa sera, con la sua poesia, ha sollevato all'estasi dell'arte la folla varia che gremiva le vostre sale. Voi dite che vorreste separare, per un giorno, per un'ora, la vostra essenza di donna dal fulgore della principessa Heller? Orbene, voi sognate una separazione mostruosa: la distruzione d'un capolavoro. Restate, restate nella vostra regalità, Meralda! Non interrompete, nemmeno per un giorno, nemmeno per un'ora, il ritmo di questo inno che è la vostra esistenza, e non togliete a me, nemmeno per un istante, rimpicciolendovi al mio cospetto, il convincimento d'aver conseguita una vittoria insigne!
(un po' scossa e ferita, ma dissimulando) Rassicuratevi. Non lo farò. Le vostre parole sanno incidere il diamante.
Per imprimere in esso il mio stemma di poeta…
(continuando)… e la vostra volontà! (Mutando tono) Mi accompagnate sino alla carrozza, mio vincitore?
(dolcemente) Come uno schiavo.
(ha, di nuovo, un moto di ostentata meraviglia graziosa.)
E talvolta anche più docile d'uno schiavo mi piacerà sembrarvi.
(sorridendo un poco, gli colpisce lievemente il viso col ventaglio.) Il mio mantello, vi prego.
(prende il mantello e, mettendoglielo addosso, dopo aver gettato attorno uno sguardo prudente, le sussurra all'orecchio:) Siete mia?
(a fior di labbro) Ahimè, sì.
Ed io?.. Sono vostro?
(con gentile umorismo) Ahimè, no.
(le offre il braccio, ch'ella accetta, e la conduce verso il fondo.)
(indicando la porta a destra, dalla quale sono entrati) Non di qui?
V'insegno la via più corta.
Per uscire…
Per ritornare.
(dopo qualche istante, scherzosamente di dentro) La Dea se n'è andata, signora Teresa! (Fregandosi le mani entra, e, non trovando Teresa, esclama con comicità chiassona:) Mi sparisce sempre questa moglie del grand'uomo! (Esce per la prima porta a destra chiamando:) Signora Teresa!.. Signora Teresa!..
(dal fondo – vede Valentino che infila la porta) Dove vai tu? Dove t'avvii?
(tornando) Avevo visto dal mio osservatorio che accompagnavi la principessa alla carrozza, ed ero venuto qui per fare quattro chiacchiere di commento con la signora Teresa. Non ce l'ho trovata, e sono andato a chiamarla.
Se credi che adesso io abbia voglia di assistere alla vostra conversazione, t'inganni a partito.
Non converseremo.
Ma che c'era da commentare? Io non ne posso più di tutte le piccinerie che ingombrano la mia casa!
Quali sarebbero le piccinerie?
(senza rispondergli, in un fremito di aspirazione) Ah! la gioia di vivere solo!
(con zelo pietoso) Senti, ora che viene la signora Teresa, non trattarla troppo male. Il suo corpicino e il suo cervello sono già sgretolati dalle continue scosse.
Tu fantastichi sopra ogni inezia.
Ma se tu sapessi ciò che ella ha fatto stasera, ti allarmeresti come me!
Cos'è che ha fatto?
(vedendola venire) Zitto, è qui!
(entra, e ha gli occhi rossi di pianto. Un silenzio. Poi, a Stefano, con voce trepida) Hai incaricato Valentino di chiamarmi?..
(cercando di contenersi per non essere brusco) No, Teresa.
E allora, vuoi che me ne torni in camera mia?
È superfluo anche il domandarmelo. Non abbiamo nulla da dire, Teresa; e questa tua irrequietezza… mi addolora moltissimo. Preferisco evitarti.
La mia irrequietezza?!..
Anche Valentino mi faceva osservare che stasera sei in uno stato poco normale.
(ha un moto di fastidio per la sciatta imprudenza di Stefano.)
Ero così felice del tuo successo!..
E che è accaduto da farti mutare? Devi avere perfino pianto! Io ti domando se è bello che tu venga a rattristarmi proprio stasera.
(brontola tra sè:) Se non me ne vado, io scoppio. (Esce dal fondo per prendere aria nel parco.)
… Quella parola mi ha turbata, mi ha offesa…
Quale parola?
Quella che mi ha detta la principessa.
La principessa non ha avuta nessuna intenzione di offenderti. Dio buono, tu eri un pochino grottesca, e lei, involontariamente, ha lasciato scorgere la sua impressione. D'altronde, così imparerai a non uscir mai fuori della tua nicchietta. Non è neppure delicato da parte tua il mettere me in certi imbarazzi. E dire che in fondo tu hai l'illusione d'essere una moglie perfetta!
Non ho questa illusione, Stefano. Anzi, sospetto sempre di sbagliarmi. Ma correggimi. Insegnami. Io non chiedo di meglio.
Ah! se devo passare il mio tempo a correggerti e a insegnarti!..
Ma sarà per me un martirio senza nome il riuscirti molesta.
Ingègnati a modificarti da te.
Vorrei sapere almeno con precisione in che cosa non ti accontento.
Stasera, per esempio, questi occhi rossi e questa voce piagnucolosa mi sono insopportabili. Non ci vuol molto a intenderlo.
Ebbene, cercherò d'essere allegra… (Sforzandosi) Ecco, ecco, lo vedi!.. Sì, è verissimo, ero grottesca parlando con la principessa. Adesso, anche a me sembra d'essere stata grottesca. E non me ne dolgo. No. No. Ne rido… Ne rido adesso… (Comincia a ridere.)
(irritandosi) Va bene… Capirai che questa finzione è un rimedio peggiore del male.
(ridendo forte) No, no… T'assicuro che rido.. T'assicuro che rido di cuore…
(dal fondo) Ah! il buon umore ritorna quando non ci sono io?
(il cui riso, nello sforzo doloroso, diventa convulso) Se sapeste, Valentino, se sapeste come sono stata buffa!..
(allarmato) Ma, perbacco, questo non è un riso che fa buon sangue!
(prorompendo) Mi fate il favore di non importunarmi più oltre? È mai possibile che non sentiate il dovere di rispettarmi come si conviene?!
(Il riso di Teresa cessa a un tratto quasi ella fosse un automa di cui si sia spezzato il congegno. Si piega nelle ginocchia, e automaticamente siede.)
(timidissimo) A me pare d'averti sempre rispettato, Stefano.
Non è di te che più mi lamento.
Dunque… sono io che ti manco di rispetto?
(seguendo il filo delle sue idee con sincero convincimento) Per poter serbare il fosforo che mi abbisogna, io debbo concentrarmi nella mia ispirazione, nel mio lavoro; debbo sfuggire, senza aver pietà di nessuno, allo sfruttamento, sia pure affettuoso, d'ogni vita altrui che voglia abbarbicarsi alla mia! Se la donna che tiene a chiamarsi mia moglie non fosse una piccola creatura qualunque, saprebbe stare al mio fianco, amorevole e vigile sì, ma vivendo della propria vita. Così come ella è, non ha che un solo mezzo per rispettarmi nel senso intero e nobile della parola: quello di rassegnarsi ad esistere il meno possibile!
(credendo di celare lo strazio infinito che la consuma) Se è per il tuo bene, io cercherò di sparire addirittura.
Brava! Per maggiore consolazione, ora mi minacci la tragedia del suicidio.
No, Stefano! No. Non intendevo parlarti di questo. Il suicidio… non è per me. Io ti dicevo solamente che potrei… che potrei andarmene.
(fermandosi sull'idea da lei espressa) Dove?
Che so?.. In un convento.
Ma che convento!
Oppure dalla zia.
(Breve pausa.)
Io… naturalmente… te lo impedirei. Nondimeno, convengo che se tu volessi andartene da tua zia, non per sempre, beninteso, ma per un po' di tempo… avrei torto d'impedirtelo. Ella abita qui vicino… Ci potremmo vedere spessissimo… Intanto io lavorerei un poco nella solitudine per terminare almeno l'opera che ho promessa; e tu, temprata dalla lontananza di qualche mese, ritorneresti più disposta ad essere come io ti desidero.
(scoppiando a piangere) Per sempre, per sempre, Stefano!.. Io ti sono di peso… È da un pezzo che lo vedo e mi sono affaticata a negarlo a me stessa… Io sono il tuo incubo… È meglio che me ne vada per sempre!
Teresa, per carità! Non tormentarmi anche con le tue lagrime!
(che finora ha taciuto a stento) Ma santissimo cielo, stai per mandarla via e non vuoi permetterle nemmeno di piangere?!
(fa un gesto di esasperazione) Oh!.. (E, uscendo per la prima porta a destra, con violenza la chiude.)
(piange, ora, dirottamente) Per sempre, per sempre, perchè egli non può sopportare più la mia presenza.
Ma no. È una serata di burrasca eccezionale. Credete a Valentino.
(con un'angoscia più intima, più chiusa, a cui il suo pianto cede) Io non sono degna di essere sua moglie. Questa è la verità. Perciò è necessario… che lo liberi di me.
Domani, a mente calma, ci rifletterete. E sono sicuro che…
Ma io non aspetterò sino a domani. Perderei il coraggio che ho in questo momento, e non saprei più muovermi di qui.
È appunto questo che deve accadere.
(lenta nella voce piena di terrore) E così, dopo avergli guastata tutta la vita, io mi struggerei, mi struggerei di rimorso, e sarei da lui odiata e maledetta come una nemica! (Poi, scatta stranamente vibrante) No!.. Non voglio, non voglio!.. Non voglio!
(impressionato) Ecco che vi lasciate prendere ancora da quella frenesia ingiustificata, che mi dà i brividi!
(senza badargli, in una crescente sovraeccitazione) No, no… Voi non sapete… Voi non vedete come vedo io… (Alzandosi) Presto!.. Presto!.. Fuori, sulla strada, ci deve essere il coupé con cui siete venuto qui. È una circostanza propizia e io ne approfitto. (Si mette il cappello che era sopra una sedia, tremando in tutta la persona.)
Per amor di Dio, per amor di Dio, signora Teresa, rientrate in voi! (Nel più vivo orgasmo, si avvicina urgentemente alla porta a destra.) Stefano!.. La signora Teresa vuole andarsene adesso! (Un silenzio.) Stefano!..
Lo vedete che non risponde.
(chiamando più forte) Stefano!
(guarda intensamente l'uscio.)
(è tuttora lì in attesa, ma non osa più chiamare.)
(come se avesse ascoltata la sua condanna) Non risponde.
(risoluto a secondarla) Orsù, dopo tutto, visto che non andate che dalla zia, io ho torto di preoccuparmi tanto. Voi dite: «per sempre», e io sono convinto che sarà «per un giorno solo». (Prendendo il paltò e il mantello) Vi accompagno.
No, Valentino. Al contrario: io desidero che restiate presso di lui. Egli è così nervoso, stasera…
Ma fra venti minuti sarò di ritorno…
Io mi sentirò tranquilla soltanto se restate. (Si avvia.)
(ostinatamente va per seguirla.)
(si volta, energica) Vi supplico di non venire!
(fermandosi desolato) È destino che io non debba mai agire a modo mio!
(appoggiata con una spalla allo stipite della porta centrale – lasciando in ogni parola un pezzo del suo cuore) E dite a Stefano… che io… anche lontana da lui… vivrò sempre con lui… e che se egli, un giorno, mi perdonerà… d'averlo importunato per tanto tempo… avrà fatto per me… molto più di quanto io avrò sperato… Vi saluto, Valentino (Esce.)
(solo, asciugandosi qualche lacrima) E no!.. Così non va!.. (Quasi inconsciamente, corre verso il parco; ma si ferma poco di là dalla soglia e mormora con rassegnazione:) Sparita. (Torna indietro, lento, scoraggiato. Tocca il bottone del campanello.)
(dalla comune, assonnato.)
Hai chiuso tutto dall'altra parte?
Ho chiuso.
Qui chiudo io. Puoi andare a letto.
(via.)
(entra turbatissimo, lugubre. Indossa una elegante e semplice giacca da camera.)
Troppo tardi vieni. La signora Teresa se n'è già andata.
Lo so. L'ho sentito.
Ha preso il tuo coupé, per farsi condurre da sua zia. (Chiude l'uscio in fondo, e mette la spranga ai battenti.)
Credevo che tu l'avresti accompagnata.
Non ha voluto. (Dopo una breve pausa, non potendo comprimersi) Sei un ingrato!
(nervosamente) Ingrato perchè? Ingrato a chi?! Non debbo nulla a nessuno. E nessuno mi è stato e mi sarà mai indispensabile!
Neanche lei?!
Lei meno di ogni altro!
Ah sì? Ed è per questo che sei così turbato?
Ciò che mi turba è solo il pensiero che ella soffra molto. Non ho nell'anima tanta cattiveria quanta ne mostro in certi momenti. (Severo e tagliente) Ma che Teresa mi sia indispensabile, è falso ed è inverosimile!
(con un accento insinuante) La più umile donna può essere indispensabile all'uomo più orgoglioso.