Za darmo

I pazzi: dramma in quattro atti

Tekst
0
Recenzje
iOSAndroidWindows Phone
Gdzie wysłać link do aplikacji?
Nie zamykaj tego okna, dopóki nie wprowadzisz kodu na urządzeniu mobilnym
Ponów próbęLink został wysłany

Na prośbę właściciela praw autorskich ta książka nie jest dostępna do pobrania jako plik.

Można ją jednak przeczytać w naszych aplikacjach mobilnych (nawet bez połączenia z internetem) oraz online w witrynie LitRes.

Oznacz jako przeczytane
I pazzi: dramma in quattro atti
Czcionka:Mniejsze АаWiększe Aa

PREAMBOLO

Ho voluto graziare questo dramma che gemeva nel prefunerario cassetto delle mie cose inedite e condannate a un rogo piú o meno lontano, perché, leggendolo (evidentemente lo avevo scritto, ma non lo avevo letto mai) ho ritrovate, vive e cospicue, sotto la polvere d'una affrettata negligenza scettica, le ragioni donde mi germinò nella commossa fantasia. Esso è, in vero, – quale che sia il valore estetico che contenga – la continuazione, il compimento, la sintesi, il culmine sillogistico di molte opere mie d'indole tragica, forse non pregevoli e tuttavia non spregiate e non ancora a me discare. E mi sembra che ciò debba risultar netto a chiunque abbia avuta la cortesia di guardare al cammino che io, illuso o disilluso, alacre o accidioso, ho percorso fin qui nel campo scenico, tra la volubilità delle platee e quella della ribalta, sempre serbandomi piú tenero dei miei lettori che non delle une e dell'altra, sempre sognando un po'… un teatro senza teatro. (È una mia antica e fissa idea che si possa non destinare al teatro – cioè alla rappresentazione – un'opera a cui si sia data l'impronta della scena. Non è forse presumibile che l'artista abbia prescelta questa impronta soltanto perché è quella piú vicina a una forma di vita?..)

Il costrutto del dramma graziato, che, mediante il salvacondotto della tipografia, potrà liberamente vivere o vivacchiare e morire di morte naturale e che si aderge a compiere la sagoma d'una piramide racchiudente le già vissute opere cui ho accennato, non è da enunciare in una baldanzosa conclusione, né in una sbandierabile sentenza, ma bensí in due interrogazioni, trepide e pur pungenti:

– Dove finisce, nell'animale umano, la saggezza e dove comincia la follia?

– Quali sono, nel nostro mondo, i pazzi e quali sono i savii?

Ecco, nella trama e nella sostanza, il mio dramma, che le due interrogazioni rivolge a me stesso e all'umanità.

L'umanità non risponde. E non rispondo nemmeno io. Quattro volte cala il velario sulla controversa vicenda inscenata. L'ultima volta cala lasciando che le due interrogazioni proseguano, vie piú aguzze, a pungere l'umanità e me, come in una eco perpetua.

L'Arte non offre, non indica, non suscita soluzioni di problemi che anche la Filosofia invano affisa o sviscera o espone scevri di scorie. Al piú al piú, si sforza di tradurli in visioni che parlino alla sensibilità, senza troppo incomodare la mente.

I pazzi del mio dramma sono appunto una visione composta dall'Arte: – dalla povera Arte di un pazzo… o di un savio.

Roberto Bracco

Febbraio, 1922.

I PERSONAGGI DEL DRAMMA

Sonia Zarowska

Ulrico Nargutta

Francesco Floriani

Agnese Floriani

Il professor Antonio Bernardi

Lorenzo Gemmi

Il Signor Lemms

Un Agente della Polizia

Suora Marta

Il Guardiano – d'una Casa di Salute

Le Ricoverate

Una cameriera

PRIMO ATTO

Lo studio del dottor Francesco Floriani.

Nella parete di fondo, una porta che dà in un salotto. Una porta – in secondo piano – a sinistra. Dallo stesso lato – in primo piano – uno scrittoio, con la relativa seggiola a bracciuoli, di cui la spalliera è accostata al muro, e un divano che, formando un angolo con lo scrittoio, si stende parallelo alla parete di fondo fin quasi al centro della stanza. Qualche tavolino, qualche seggiola a sdraio, qualche seggiola leggera. Un'altra porta – in primo piano – a destra. Ampie librerie. Sullo scrittoio, libri, carte, fascicoli, l'apparecchio del telefono, i bottoni della soneria elettrica e una grande fotografia: la fotografia di Agnese Floriani, in una cornice finemente intarsiata.

Una severa signorilità.

I

(Francesco è seduto allo scrittoio. Agnese è seduta sul divano. Tacciono entrambi, cogitabondi, in una greve tristezza.)

(Il tintinnio del telefono risuona indiscreto.)

Francesco

(contrariato – avvicina il microfono.) Pronto. (Pausa.) Io sono il dottor Floriani. E lei?.. Chi è lei?.. (Ascolta. Pausa.) Non sento. Un po' piú forte, prego. (Ascolta. Pausa.) Cosa dice?.. (Ascolta. Pausa.) Ah, ho capito finalmente! Dice d'essere una mentecatta. Se desidera di consultarmi, venga pure. Ricevo di solito dalle 15 alle 17. (Ascolta. Pausa.) Non desidera di consultarmi? E che vuole da me? Si sbrighi! Che vuole?.. (Ascolta. Pausa.) Non vuole niente! E allora perché mi ha chiamato?.. (Ascolta. Pausa.) Esattissimo! Ammiro la sua perspicacia. È insensato domandarle il movente dei suoi atti o delle idee che le passano pel capo. Neanche ai savii bisognerebbe rivolgere di simili domande. La ossequio. (Ripone il microfono sul cavalletto.)

(Agnese e Francesco tacciono ancora. Ciascuno dei due è intento al silenzio dell'altro.)

Francesco

… E abbiamo, una volta di piú, taciuto abbastanza, dopo di avere, una volta di piú, abbastanza parlato. Torna alle tue occupazioni, tu, come, alla men peggio, io tornerò alle mie. Tant'è: o parlando o tacendo, noi ci aggiriamo in un laberinto: nel piú intricato dei laberinti. Avremmo, forse, potuto uscirne solamente se fosse crollato il tuo ermetico orgoglio. Esso è incrollabile, perché custodito dall'istinto. Non troveremo mai una via di uscita.

Agnese

(con un accento coraggioso che squarcia la tristezza) Io l'ho trovata!

Francesco

Non lo credo.

Agnese

Sí, l'ho trovata.

Francesco

Sei presa da uno sdegno che sempre piú allontana da te e da me la probabilità di trovarla.

Agnese

L'ho trovata, l'ho trovata, Francesco!

Francesco

Ma che stai per propormi, Agnese?! Tu mi fai tremare. Una perfida temerità lampeggia nei tuoi occhi.

Agnese

Perfida, no: astiosa, bensí, e ribelle, come la temerità di chi, all'approssimarsi di un immane pericolo immeritato, insorge con tutte le sue forze per superarlo e per trionfarne!

Francesco

Quale sarebbe la via di uscita che hai trovata?

Agnese

Noi dobbiamo separarci.

Francesco

(in un afflusso d' amarezza) Questo sai volere, raccogliendo le mie angosce e i miei gemiti? Questo sai offrirmi per placarmi, tu che sei stata per me la donna unica e che hai assorbita tutta la mia essenza di uomo? Ah, che desolazione! E che miseria!

Agnese

Io ti ripeto, ogni giorno, ogni giorno, che nulla mi ha mutata, che nulla mi muterà mai. Te lo ripeto a fronte alta e con la voce ferma. E a fronte alta, come una martire cristiana, subisco di essere dilaniata dalla tua diffidenza che non si determina in nessun perché, che non parte da nessuna circostanza visibile, che non denunzia nessun segno di defezione del mio cuore e dei miei sensi nei nostri rapporti coniugali. Somiglia al coltello di un chirurgo capriccioso caparbio audace e inesperto che si ostini a sbrandellare le carni di un corpo sano per cercarvi una rovina che non c'è. È uno scempio inaudito! Io sono stanca! Non ne posso piú! Non ne posso piú! Non resisto piú! E anche tu sei stanco!.. Sei stanco della tua travagliata e vana inchiesta. Sei stanco della tua crudeltà che ti ha logorato non meno di quanto abbia logorato me. Eppure continui a non aver fiducia nella interezza del mio affetto di moglie e d'amante, e quotidianamente la tua diffidenza ricomincia a dilaniare, a sbrandellare… No! No! È troppo! Noi ci separeremo, e Dio, se vuole, ci assisterà!

Francesco

Sta' tranquilla, Agnese. Ci separeremo. (Con apparente calma) Che per molti motivi questa soluzione sia logica non me lo dissimulo. E se non fosse o non mi sembrasse logica?.. A me basterebbe a renderla necessaria il fatto stesso che tu la proponi. Dicendo: «separiamoci», tu schianti i pochi puntelli dell'edificio sconnesso. E non c'è piú modo di sorreggerlo!.. (Svoltando) Fortunatamente, non abbiamo figli. È stata una beffa infame che il destino ha gettata sui bollori della nostra unione. Nondimeno, ora, per noi è una sagace fortuna. Senza figli, il separarci sarà la cosa piú spiccia e piú semplice del mondo: spiccia e semplice come sono, in generale, le grandi tragedie della vita!.. (Si leva, si morde un pugno, cammina per la stanza, sbandato. Poi, si ferma.) E cosí, in due minuti, tutto è accomodato, tutto è definito. Non piú legami, non piú controlli di sentimenti e di pensieri. Non piú lo scempio inaudito!.. Ciascuno di noi due non apparterrà che a sé medesimo. Tu ti porterai via la tua verità salvandola dalle mie intransigenti e cupide investigazioni. E io resterò vedovo, saturandomi d'un rancore innocuo per te e guardando discendere in un baratro, insieme col passato, la mia povera felicità ridotta in frantumi.

Agnese

E non anche la mia, forse?.. Non anche la mia?.. Dillo! Dillo!

II
Suora Marta

(dalla sinistra, prima d'entrare) Permesso?

Francesco

(ricomponendosi) Avanti, Suora Marta. Che c'è?

Suora Marta

(entrando) Il professor Bernardi ha quasi terminata la sua visita alle ricoverate.

Francesco

(battendosi la fronte con la mano) Ah già! C'è la visita del professor Bernardi!..

 
Suora Marta

(comprende di essere – involontariamente – importuna.) Ma non si scomodi, direttore. Il professor Bernardi mi ha raccomandata di comunicarle che, se lei ha da fare, egli non vuole disturbarla. Ha soggiunto che, dovendo trattenersi ancora in questa città, avrebbe il tempo di ritornare per salutarla.

Francesco

Piú o meno, ho sempre da fare.

Suora Marta

Gli riferirò che lei si scusa per oggi.

Francesco

No, Suora, no. Che penserebbe di me?.. Io non l'ho accompagnato durante la sua ispezione scientifica affinché il contegno delle ricoverate non risentisse della mia presenza, della mia immediata vigilanza. E mi pare che egli abbia apprezzata questa mia scrupolosità. Ma adesso mi è doveroso parlargli, mi è doveroso di stare un po' con lui. Gli direte che io lo aspetto qui o che mi faccia avvertire appena si sarà sbrigato.

Suora Marta

Sta benissimo. (Via.)

Francesco

Ed eccomi assillato, eccomi vessato dai miei doveri e dalle mie responsabilità quando vorrei potermi sottrarre a tutto quello che mi ricorda di essere vivo!

Agnese

(già in piedi) Le tue responsabilità e i tuoi doveri sono provvidenziali oggi e saranno provvidenziali in avvenire. Non lamentartene. Io te l'invidio!.. T'impediranno di abbatterti. Impegneranno le tue ore in un'attività che, per quanto imposta, ti sarà poi di sollievo.

Francesco

(acido, e torvo) Mi condanneranno a uno sforzo di sdoppiamento: a uno sforzo in cui corre il rischio di spezzarsi chi non possegga l'elasticità di coscienza per la quale è facile infingersi o mentire! (Un intervallo.) E siamo intesi.

Agnese

Siamo intesi davvero, Francesco! (Tutta raccolta, esce.)

Francesco

(tra sé – scervellandosi)… Ghermire quello che è dentro l'involucro che si può toccare, quel che è al di là della fisonomia e dei gesti che si vedono, al di là della voce e della parola che si odono: questo è il problema insolubile!..

III
Bernardi

(nella stanza contigua, a sinistra) Grazie, gentilissima Suora, e non mi dimentichi!

Francesco

(si sforza di assumere un atteggiamento di cordiale cortesia e gli va incontro.) Favorisca, Professore! Favorisca!

Bernardi

(avanzandosi) Sono a lei, collega. (È un uomo sulla cinquantina. Alto. Magro. Adusto. Elegante. Disinvolto. Barbetta a punta, brizzolata. Naso lungo, arcuato. Sopracciglia convergenti. Sguardo fosforescente, penetrante. Ha un po' un'aria da Mefistofele bonario. Il suo sorriso è buono. Parla con aristocratica affabilità e con ricercatezza, ascoltandosi, assaporando la frase fiorita arguta.)

Francesco

Ella mi ha sospettato di tanta indifferenza da rinunziare a mietere súbito le sue impressioni e a darle súbito qualche schiarimento! Mi faceva torto.

Bernardi

Pardon!.. L'indifferenza è spesso un'affermazione di serenità. Mi sarebbe parsa legittima in lei. E anche piú legittima mi sarebbe parsa una piú limitata tolleranza della mia indiscrezione.

Francesco

Un linguaggio cosí umile è paradossale sulla bocca dell'insigne professor Antonio Bernardi.

Bernardi

Una vera indiscrezione è stata la visita che ella mi ha consentita. Ciò che giustifica l'indiscrezione è la speciale fama di cui Ella gode e di cui è circondato questo monastico rifugio della psicopatia femminile. Una attrattiva irresistibile!

Francesco

(con dignitosa modestia) La fama di cui godo?.. Io sono l'ultimo arrivato.

Bernardi

Last not least, come sottilmente dicono gl'inglesi.

Francesco

Ma è certo che questo rifugio non è che l'abbozzo di una Casa di Salute.

Bernardi

Protesto, collega! Molto piú di un abbozzo!

Francesco

Minuscola. Rachitica. Incompleta. E mi cruccio di non avere i mezzi per ampliarne la capacità ospitale, per svilupparne l'efficienza.

Bernardi

Già troppa la sua abnegazione! È notorio che ella giuoca e perde alla roulette dell'altruismo tutte le sue entrate di possidente.

Francesco

Mio padre mi lasciò un titolo di conte che ho seppellito e un po' di proprietà che onoro col dedicarne le non larghe rendite a un'opera di soccorso.

Bernardi

E non trova appoggi finanziarii per una fondazione d'indole cosí filantropica?!

Francesco

Cercandone, forse ne troverei. Ma avendo voluto adottare dei metodi esclusivamente miei, ho dovuto serbare al Ricovero un carattere di personale esperimento e di personale filantropia. Inferme che paghino, difatti, non ne ammetto se non in linea eccezionale, e sempre che io abbia un posto disponibile l'offro a qualche inferma povera o accolgo gratuitamente quella che mi sia portata, come una naufraga, dalla marea delle sue sventure.

Bernardi

Tutto ciò è sublime!

Francesco

No, non è sublime. C'è in me – gliel'ho confessato – un'ambizione di autonomia, una ostinata insubordinatezza.

Bernardi

Anche questa «insubordinatezza» accede alla sublimità. Nella cura della follia o della semi-follia ella si è proposto di sostituire l'influsso dell'Idealismo ai dettami positivistici. Verso le vie del cielo! Coelum accipere!

Francesco

Mettiamo i punti sugl'i, Professore. Non vorrei che mi si tacciasse di cecità. Secondo me, l'Idealismo è creatore o coefficiente di coesione morale, e, secondo me, coesione morate è sanità della mente, è vigoria dell'anima. Io sostituisco l'influsso dell'Idealismo ai dettami positivistici solamente quando la causa della follia o della semi-follia non permanga nel dominio del clinico e quando, perciò, il positivismo onesto non abbia nulla da fare. Idealista, sí. Cieco, no.

Bernardi

Evidentissimo, perdiana!

Francesco

Tuttavia, lo so che nel campo della scienza ufficiale io non sono che un reprobo, un traditore.

Bernardi

La scienza ufficiale è in piena bancarotta, non vale la pena di esserle devoto.

Francesco

M'incoraggia a tradirla proprio lei che è un ortodosso?

Bernardi

Un miscredente, sono! Un malinconico miscredente! La piú nera miscredenza mi si è infiltrata dentro e non mi lascia piú. Sono da compiangere, io. Lei, almeno, può illudersi di utilizzare il suo idealismo procedendo da un punto di partenza che, après tout, non è arbitrario. Si chiama psichiatria la dottrina che riguarda le malattie mentali. La parola stessa di questa denominazione già implica che in origine la sede di tali malattie è stata ritenuta la psiche, ovverosia l'anima, che sarebbe il cosiddetto principio spirituale della vita. Ella ha quindi il diritto di concludere: curiamo l'anima. E ha, inoltre, quello di ridere in faccia ai psichiatri incondizionatamente materialisti che della vita ostentano rinnegare il principio spirituale, mentre, per tacito consenso, lo ammettono nella denominazione della loro dottrina. Il guaio grosso è per me, che ho professato il positivismo e ogni giorno ne ho costatato il fiasco, che era, poi, il mio fiasco! Non sapevo piú da che parte voltarmi. Interrogavo i fatti a uno a uno per cavarne l'indicazione di una cura diritta e razionale. Fatica da Sisifo! Il positivismo applicato alla psichiatria è un ammasso di preconcetti cristallizzati, i quali danno sempre ai fatti le medesime fisonomie, false e bugiarde. E poiché essi mi restavano addosso, appiccicati come crittogame, e non c'era mezzo di espellerli, i fatti mi restavano davanti come sfingi perverse, a confondermi, a sfidarmi, a dileggiarmi, a provarmi l'inanità della mia scienza, a irritarmi fino alle piú estreme conseguenze. Le attesto che talvolta ho sentito d'impazzire anch'io.

Francesco

E no, Professore! Questa è una iperbole! Una triste iperbole!

Bernardi

(spiccando le sillabe) «Ho sentito – ripeto – d'impazzire anch'io». Mi esprimo con esattezza storica, egregio collega. Mi è accaduto precisamente di avvertire i prodromi di uno squilibrio cerebrale. Se ne meraviglia molto?.. Ci asterremo, per altro, dall'asserire che sia un caso originalissimo. Parecchi squilibrî cerebrali, latenti o flagranti, contristano la famiglia dei psichiatri, e non è mai da escludere la possibilità che un medico di pazzi impazzisca.

Francesco

(con un lieve sorriso) Ma ella ha i connotati della piú solida e piú resistente saggezza.

Bernardi

L'opinione plebea che molti savi sembrino pazzi e viceversa… non è del tutto infondata.

Francesco

L'esperienza discerne.

Bernardi

Discerne sempre – me lo consenta – attraverso la stalattite del nostro convenzionalismo. Noi non sappiamo differenziare la follia dalla saggezza che per quei connotati i quali proprio noi abbiamo attribuiti all'una e all'altra.

Francesco

(turbandosi) Il suo scetticismo inesauribile sconforta e disorienta… E nessuno può esserne piú sconfortato e piú disorientato di me. (Con un distacco di voluta disinvoltura) Ma, Dio buono, non l'ho ancora invitata a sedere. Prego… Prego… Meglio tardi che mai.

Bernardi

… Non m'ero accorto di stare in piedi. Siederò.

(Seggono sul divano.)

Francesco

(scusandosi) Vivo da un pezzo fuori del mondo. Comincio a perdere le abitudini della buona educazione.

Bernardi

C'è da compiacersene. La buona educazione è ingannevole come il belletto.

Francesco

E le sue impressioni, dunque?

Bernardi

Non se ne disinteressa neppure dopo che mi sono cosí cordialmente discreditato?

Francesco

Non è uomo lei da discreditarsi in cinque minuti.

Bernardi

Ma vedrà che altri cinque mi basteranno. Partie remise, a breve scadenza! Le mie impressioni … Devo premettere che, da quando ho avuta la visione chiara della inettitudine in cui mi dibattevo, ho piantata la mia clientela, mi son munito di una valigia e mi son dato a un faticoso tourisme. A cinquant'anni – l'età classica dei lauri e dei riposi accademici – io faccio un modesto viaggio… d'istruzione. Vado attorno per conoscere la clientela altrui e l'altrui esercizio professionale con la speranza d'imbattermi in qualcosa che mi dia un po' di nuovo nudrimento. Ero bene informato dei suoi criterî, emergenti dal libro che ella ha scritto in collaborazione col compianto Paolo Gemmi – un idealista che, morendo di suicidio, non ha di certo corroborato l'Idealismo – e, quantunque io aborrissi ferocemente quei criterî come astrazioni teoriche, varcando la soglia della sua Casa di Salute ho armistiziata la mia ostilità, con una tendenza conciliativa. Mi son detto: «Chi sa!.. Vediamo di che si tratta, de visu et auditu.» E piú mi ha ammansito la sua spontanea decisione di non presenziare i miei colloqui con le ricoverate. I nevrastenici, i nevropatici, gli aberrati, gli alienati, e perfino gli ebeti, alla presenza del medico curante – particolarmente se sia anche il loro benefattore – , serbano, come per un mimetismo servile, un contegno che non corrisponde davvero al loro grado di mentalità. Somigliano – diciamolo pure – alle bestie in cospetto del padrone che le abbia ammaestrate. Sicché, ella eliminava l'esibizione degli effetti effimeri e illusorî. Bellissimo gesto!

Francesco

Un gesto di rudimentale lealtà.

Bernardi

Ed oltremodo lieto ero che, tutto sommato, un inconsueto ottimismo mi scortasse.

Francesco

Ebbene?

Bernardi

Mi affretto a dichiararle che i primi scandagli mi hanno pienamente soddisfatto. Riscontravo in quelle menti un assetto singolare, una notevolissima coordinazione nei rapporti col mondo esteriore, uno svolgimento del pensiero abbastanza vicino alla continuità logica. Ma, purtroppo, egregio e caro collega, la insistenza della mia ispezione ha mutati in ortiche i fiori còlti dal mio neo-ottimismo. Dubbi su dubbi!..

 
Francesco

Gradirei qualche esempio, Professore.

Bernardi

Piuttosto li riassumo e glieli sottometto in forma interrogativa, con la piú nitida schiettezza. Non sono forse – domando io – irreperibili o dissipati, in quelle menti, i segni della personalità e del libero arbitrio? Convinto di avere piú o meno raddrizzate dieci, dodici, quindici menti, non le ha, forse, ella, invece, soppresse o represse in una specie di uniformità, quasi che le abbia chiuse in tanti astucci simili? E questi risultati non sarebbero forse dovuti… a un potere formidabile della sua volontà, in cui la vecchia scienza riscontrerebbe di leggieri una influenza tutta positivistica e tutta divergente dall'influsso di quell'idealismo che ella, in buona fede, intende di utilizzare?.. Ecco le ortiche, collega.

Francesco

Se ella, professore, si trattenesse qui una intera giornata, si persuaderebbe che l'uniformità subisce tante variazioni quante sono le mie ospiti. Gli elementi che compongono la loro personalità – l'origine, l'atavismo, il temperamento, le condizioni sociali, le efflorescenze della vita vissuta – si modificano, ma non spariscono. La cura dell'anima vuole e può aspirare a rendere fissa e predominante, in dieci, in dodici, in quindici cervelli una forza direttiva unica che tende a salvarli: non vuole e non può staccarli dalla esistenza individuale, dagli elementi che la compongono. E se ella, trattenendosi qui una intera giornata, mi stesse accanto, si persuaderebbe che questa forza direttiva non è determinata da un potere formidabile della mia volontà, il quale minacci il libero arbitrio come il potere d'un ipnotizzatore, ma sibbene da una dolce disciplina genuinamente educativa che avvia alla bontà, all'orrore per il peccato, alla fraternità cristiana, alle gioie del benessere fornito dalla virtù!

Bernardi

… Una certa dose di haschich, servita a cento mussulmani diversi, discopre ugualmente a ognuno di essi il paradiso di Maometto!.. Ma non badi alle mie divagazioni… e, soprattutto, non pensi che io ardisca di combatterla nelle sue trincere. La malattia dell'autocritica fa dell'«insigne professore Antonio Bernardi» un fantaccino disarmato e sprovveduto di umor bellico. Non rintuzzo, non polemizzo, e, timidamente, mi ritraggo.

Francesco

Ahimé!.. Sono io indotto a polemizzare! Polemizzo, le garantisco, piú con me stesso che con lei. E polemizzano cosí tutti coloro che temono d'errare. I dubbi da lei esposti trovano un propizio terreno nella mia coscienza, dove… (una densa mestizia lo adombra) ogni dubbio molto facilmente alligna.

Bernardi

(vivace) In altri termini, siamo tra noi meno lontani che non sembri, e ben presto cammineremo a braccetto su una via di mezzo. Ella avrà continuato a sperimentare, io avrò continuato a istruirmi. Saremo – non se ne accori – piú inetti di oggi. Ma auguriamoci che, ciò non ostante, accompagnandoci a vicenda, riesciremo ad affrancarci dai dubbii spinosi e quindi dal timore d'errare.

Francesco

Sarebbe un beneficio per chi ha bisogno dell'opera nostra.

Bernardi

Sarebbe un beneficio per noi, collega! L'uomo che non teme d'errare è probabilmente un imbecille, ma è sempre un uomo felice. E sur ça, prendo congedo.

Francesco

(dissimula un moto di sollievo, facendo atto di sollecita condiscendenza.)

(Si alzano. Si stringono la mano.)

Bernardi

Le proffero toto corde, Francesco Floriani, la mia amicizia e la mia gratitudine.

Francesco

Rifiuto la gratitudine, accetto l'amicizia. (Scorciando) La sua carrozza, Professore, è al cancello del giardino?

Bernardi

No. L'ho lasciata giú, alla svolta. Ho voluto discendere lí per ammirare dappresso il marmoreo angioletto che addita, con l'indice teso, l'asilo salutare.

Francesco

Una puerilità.

Bernardi

Un gentile simbolo poetico.

Francesco

(precedendolo verso il fondo) Per di qua, Professore. Da questa parte troverà piú presto la sua carrozza.

Bernardi

Non si dovrebbe scegliere la via piú breve uscendo da un luogo donde si esce a malincuore…

Francesco

(sulla porta gli dà il passo. E via, con lui.)

IV
Il Guardiano

(entra, zelantissimo, dalla sinistra, togliendosi il berretto.) Signor Direttore… (È un omino attempato, segaligno, arzillo, col naso aguzzo, con gli occhietti neri, tondi, mobilissimi, lucidi.) (Guarda attorno.) Non c'è… (Consulta il suo orologio.) Le quindici e tre minuti! (Severo) A quest'ora non dovrebbe muoversi dal suo studio. (Consulta di nuovo l'orologio.) Precisamente: le quindici e tre minuti! (Ricorda, brontolando, gli ordini del Direttore:) «Dalle quindici alle diciassette ricevo tutti. Annunzierai chiunque chieda di essere ricevuto.» E poi?.. Non c'è! (Scontento ed energico, chiama:) Signor Direttore!.. Signor Direttore!..

Francesco

(dal fondo) Perché gridi cosí, Michele?

Il Guardiano

Per chiamarvi.

Francesco

Di': che vuoi?

Il Guardiano

Che voglio?.. Eseguo i vostri ordini con l'orologio alla mano. (Lo cava fuori ancora una volta) «Dalle quindici alle diciassette ricevo tutti. Annunzierai chiunque chieda di esser ricevuto.»

Francesco

Oggi, no.

Il Guardiano

(burbero) Oggi, no?!.. E non mi avete avvertito! Voi rimettete la testa sul collo a coloro che l'hanno perduta, e a me la fate perdere.

Francesco

Non chiacchierare troppo. Michele, e modera il tuo zelo. Chi c'è di là?

Il Guardiano

Un tale a cui non garbava di declinare il suo nome. Pretendeva di non essere annunziato. Pareva che entrasse in un caffè, in una trattoria, o peggio. – «Di qui, senza nome, non si passa!» – «Io sono sempre passato e passerò.» – «E io, da sei mesi che mi pregio di stare al servizio del dottor Francesco Floriani come custode della sua Casa di Salute, non vi ho mai visto. Voi non passerete!»

Francesco

Ti lodo, Michele, ma adesso non ti dispiaccia di abbreviare.

Il Guardiano

L'ho messo alle strette e finalmente mi ha incaricato di annunziare (calcando le parole:) «Ulrico Nargutta, ex pazzo.»

Francesco

(con una certa emozione) Ulrico Nargutta!.. Fallo passare! Fallo passare immediatamente!.. È come una persona di famiglia. Sii molto riguardoso con lui; e gli permetterai di entrare e di uscire quando vorrà.

Il Guardiano

Non devo annunziare – caso mai – nessun altro?

Francesco

Nessun altro. Vai, Michele! Non indugiare di piú.

Il Guardiano

(con autorità) E mi raccomando: niente contrordini.

Francesco

Niente contrordini, non dubitare.

Il Guardiano

(impettito e minaccioso) Si presenti anche il signor Domineddio, lo mando al Diavolo!

Francesco

(tra sé) Venga, venga il mio vecchio amico! Con lui non sarò obbligato a reprimermi, a mascherarmi… (S'appressa alla porta dalla quale è uscita Agnese, e v'inoltra lo sguardo.)

V
Ulrico

(comparisce dal lato opposto, e si ferma profilandosi in una comica prosopopea.) Ulrico Nargutta, ex pazzo!

Francesco

(si volta. – Non si raccapezza.) Tu sei Ulrico?!

Ulrico

Ne sono sicuro.

Francesco

In fede mia, incontrandoti per istrada, non avrei potuto ravvisarti. Lascia che ti abbracci, disertore! Ho molto piacere di averti recuperato.

Ulrico

Recuperatissimo!

Francesco

(abbracciandolo) Ma ti sei proprio costruito un altro aspetto!

Ulrico

S'intende bene! Non piú capelli lunghi, non piú la selvatica vegetazione della barba e dei baffi, viso limpido, bocca sorridente, un elegante monocolo che rende vezzoso l'occhio piú guercio: tutto un insieme conveniente e quasi attraente. Veste nuova per l'uomo rinnovato! Il pazzo che tu non sapesti guarire non c'è piú. Fammi le tue congratulazioni, e dichiara che come medico sei una bestia.

Francesco

Lo dichiaro volentieri, e non esito a congratularmi con te.

Ulrico

Non ci vediamo, su per giú, da un anno, a misura di calendario.