Una Ragione per Correre

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CAPITOLO DUE

Avery raggiunse il Boston Harbour & Shipyard vicino al Callahan Tunnel, che univa il North End a East Boston. La marina era su Marginal Street, proprio lungo l’acqua.

Il posto brulicava di poliziotti.

“Porca miseria,” commentò Ramirez. “Che diavolo è successo qui?”

Avery entrò lentamente sulla marina. Auto della polizia erano parcheggiate in maniera casuale, insieme a un’ambulanza. Gruppi di persone che volevano usare le loro barche in quel luminoso mattino si aggiravano nei dintorni, chiedendosi che cosa avrebbero dovuto fare.

Parcheggiò ed entrambi uscirono mostrando il distintivo.

Oltre il cancello principale e l’edificio c’era un grande molo, da cui spuntavano due pontili in una forma a V. La maggior parte della polizia era assiepata attorno all’estremità di uno dei due pontili.

All’orizzonte si stagliava il capitano O’Malley, vestito in abito scuro e cravatta. Era impegnato in un’intensa discussione con un altro uomo in uniforme da poliziotto. A giudicare dai gradi sul petto, Avery immaginò che l’altro uomo fosse il capitano dell’A7, il dipartimento che gestiva tutta East Boston.

“Guarda quello,” Ramirez indicò l’uomo in uniforme. “È appena uscito da una cerimonia o cosa?”

Gli agenti dell’A7 gli lanciarono delle occhiatacce.

“Che cosa ci fa qui l’A1?”

“Tornate al North End!” gridò qualcun altro.

Il vento colpì Avery in faccia mentre camminava lungo il pontile. L’aria era salata e piacevole. Si strinse la giacca in vita perché non si aprisse con l’aria. Le violente raffiche di vento stavano mettendo Ramirez in difficoltà, continuando a scompigliargli i capelli perfettamente pettinati.

A lato del pontile spuntavano delle banchine ad angolo perpendicolare, ed erano tutte piene di barche. Sull’altro lato erano allineate altre imbarcazioni: motoscafi, costose navi a vela e grossi yacht.

Una banchina separata formava una T con l’estremità del pontile. Un unico yacht di media grandezza era ancorato al suo centro. O’Malley, l’altro capitano e due agenti stavano parlando, mentre un team della Scientifica passava al setaccio la barca e scattava delle foto.

O’Malley aveva lo stesso aspetto arcigno di sempre: capelli tinti di nero tagliati corti e un volto da ex pugile, corrucciato e rugoso. Strizzava gli occhi per il vento e sembrava turbato.

“Eccola, è qui,” disse. “Dalle una chance.”

L’altro capitano aveva un’aria regale e maestosa: capelli brizzolati, un volto magro e uno sguardo imperioso sotto le sopracciglia corrugate. Era molto più alto di O’Malley e sembrava non riuscire a credere che l’altro capitano o qualche esterno stesse sconfinando nel suo territorio.

Avery salutò tutti con un cenno.

“Che succede, capitano?”

“È una festa?” sorrise Ramirez.

“Togliti quel sorriso dalla faccia,” sibilò l’imponente capitano. “Questa è la scena di un crimine, giovanotto, e mi aspetto che la tratti come tale.”

“Avery, Ramirez, questo è il Capitano Holt dell’A7. È stato tanto gentile da…”

“Gentile, un cazzo!” sbottò lui. “Non so che cosa abbia in mente il sindaco, ma se crede di potere pestare i piedi alla mia divisione, non ha capito un accidente. Ti rispetto, O’Malley. Ci conosciamo da molto tempo, ma questo è inaudito e tu lo sai. Come ti sentiresti se entrassi nell’A1 e cominciassi a dare ordini?”

“Nessuno vuole prendere il controllo su niente,” disse O’Malley. “Credi che mi piaccia? Abbiamo già abbastanza lavoro dalle nostre parti. Il sindaco ci ha chiamato entrambi, non è così? Avevo in mente una giornata del tutto diversa, Will, quindi non comportarti come se questa fosse una mia dimostrazione di forza.”

Avery e Ramirez si scambiarono uno sguardo.

“Quale è la situazione?” chiese Avery.

“È arrivata una chiamata questa mattina,” disse Holt e accennò allo yacht. “Una donna trovata morta su quella barca. È stata identificata come una libraria della zona. Da quindici anni ha una libreria esoterica su Summer Street. Niente sulla sua fedina penale né alcuna attività sospetta.”

“Tranne per il modo in cui è stata assassinata.” O’Malley subentrò. “Il Capitano Holt, qui, stava facendo colazione con il sindaco quando è arrivata la chiamata. Il sindaco ha deciso che voleva venire a vedere con i suoi occhi.”

“La prima cosa che ha detto è stata: ‘Perché non affidiamo il caso a Avery Black?’” concluse Holt lanciando un’occhiataccia ad Avery.

O’Malley cercò di alleggerire la situazione.

“Non è quello che mi hai detto, Will. Hai detto che i tuoi uomini sono arrivati, non hanno capito cosa stavano guardando e quindi il sindaco ha suggerito che chiedessi a qualcuno con dell’esperienza in queste faccende.”

“È lo stesso,” ringhiò Holt sollevando pomposo il mento.

“Vai a dare un’occhiata,” disse O’Malley indicandole lo yacht. “Vedi cosa riesci a trovare. Se torna a mani vuote,” aggiunse verso Holt, “ce ne andremo per la nostra strada. Ti sembra giusto?”

Holt si allontanò a grandi passi verso gli altri due detective.

“Quei due sono della sua squadra Omicidi,” li indicò O’Malley. “Non guardarli. Non parlare con loro. Non irritare nessuno. Questa è una situazione molto delicata. Tieni la bocca chiusa e dimmi che cosa vedi.”

Mentre si avvicinavano al grosso yacht, Ramirez praticamente aveva l’acquolina in bocca.

“Questo è un gioiellino,” disse. “Sembra un Sea Ray 85 Sedan Bridge. Due piani. Sopra c’è l’ombra e dentro l’aria condizionata.”

Avery rimase colpita.

“Come fai a sapere tutte queste cose?” chiese.

“Mi piace pescare.” Ramirez scrollò le spalle. “Non l’ho mai fatto su niente del genere, ma un uomo può sognare, giusto? Una di queste volte dovrei portarti a fare un giro sulla mia barca.”

Ad Avery non era mai piaciuto molto il mare. La spiaggia, a volte; i laghi, assolutamente; ma le barche a vela e a vapore in mezzo all’oceano? Attacchi di panico. Lei era nata e cresciuta in pianura e il pensiero di ritrovarsi in mezzo alle onde, senza sapere che cosa ci fosse in agguato al di sotto, non le faceva venire in mente niente di buono.

Mentre Avery e Ramirez gli passavano accanto e si preparavano per salire sulla barca, Holt e i suoi due li ignorarono. Un fotografo a tribordo scattò un’ultima foto e fece segno a Holt. Si fece strada lungo la murata a tribordo e agitò le sopracciglia verso Avery. “Non guarderai mai più uno yacht allo stesso modo,” scherzò.

Una scaletta argentata conduceva sul lato della barca. Avery si arrampicò, appoggiò i palmi sulle finestre oscurate e scivolò verso la prua.

Una donna di mezza età dall’aspetto pio e con scompigliati capelli rossi era stata lasciata sulla prua della nave, appena sopra le luci laterali. Era stesa di lato e tutta incurvata, rivolta verso est, con le mani strette alle ginocchia e la testa china. Se fosse stata seduta diritta sarebbe sembrata addormentata. Era completamente nuda e l’unica ferita visibile era una linea scura attorno al collo. Gliel’ha spezzato, pensò Avery.

Ciò che distingueva la vittima, oltre alla nudità e a quella pubblica esposizione della sua morte, era l’ombra che gettava. Il sole era alto. Il suo corpo era leggermente alzato e l’ombra lunga e distorta creava una sua immagine speculare.

“Porca puttana,” sussurrò Ramirez.

Come Avery faceva quando puliva le superfici di casa sua, si abbassò e lanciò uno sguardo alla prua della barca. O l’ombra era una coincidenza, oppure era un segno importante dell’assassino, e se ne aveva lasciato uno, poteva averne lasciato anche un altro. Andò da un lato all’altro della nave.

All’accecante luce del sole, sulla superficie bianca della barca proprio sopra la testa della donna, tra il suo corpo e l’ombra, Avery notò una stella. Qualcuno aveva usato le dita per disegnare una stella, con la saliva o l’acqua salata.

Ramirez gridò verso O’Malley.

“Che cosa ha detto la scientifica?”

“Hanno trovato della peluria sul corpo. Potrebbero venire da un tappeto. L’altra squadra è ancora all’appartamento.”

“Quale appartamento?”

“L’appartamento della donna,” gridò O’Malley. “Crediamo che sia stata rapita da lì. Non ci sono impronte da nessuna parte. Il nostro uomo potrebbe aver indossato dei guanti. Come l’abbia portata fin qui, su una banchina ben visibile, senza essere visto da nessuno, è un mistero. Qui ha oscurato alcune delle telecamere della marina. deve averlo fatto subito prima dell’omicidio. Probabilmente la donna è stata uccisa la notte scorsa. Il corpo sembra indisturbato, ma il coroner deve ancora esaminarlo.”

Holt sbuffò rivolto verso nessuno in particolare.

“Questa è una perdita di tempo,” sbottò a O’Malley. “Che cosa può dirci quella donna che i miei uomini non hanno già scoperto? Non mi importa del suo ultimo caso, né del suo personaggio pubblico. Per quel che mi riguarda è solo un avvocato fallito che ha avuto fortuna con il suo primo grosso caso perché un serial killer, che lei ha difeso in tribunale, le ha dato una mano!”

Avery si alzò, si appoggiò al parapetto e osservò Holt, O’Malley e gli altri due detective sulla banchina. Il vento le mosse la giacca e i pantaloni.

“Ha visto la stella?” chiese.

“Che stella?” gridò Holt.

“Il suo corpo è piegato di lato e verso l’alto. Alla luce del sole, crea un’ombra identica alla sua forma. Ben distinta. Sembrano quasi due persone, schiena contro schiena. Tra il suo corpo e l’ombra qualcuno ha disegnato una stella. Potrebbe essere una coincidenza, ma la posizione è perfetta. Forse siamo fortunati, se l’assassino l’ha disegnata con la saliva.”

 

Holt si consultò con uno dei suoi uomini.

“Hai visto una stella?”

“No, signore,” rispose un detective biondo e snello con gli occhi marroni.

“La Scientifica?”

Il detective scosse la testa.

“Ridicolo,” borbottò Holt. “Il disegno di una stella? Potrebbe averlo fatto un bambino. Un’ombra? La luce crea le ombre. Non c’è niente di speciale in questo, detective Black.”

“A chi appartiene lo yacht?” chiese Avery.

“Un vicolo cieco.” O’Malley scrollò le spalle. “Un grosso imprenditore edile. È in Brasile per affari. È via da un mese.”

“Se la barca è stata pulita un mese fa,” disse Avery, “allora la stella è stata lasciata lì dall’assassino, e dato che si trova perfettamente tra il corpo e l’ombra, deve significare qualcosa. Non sono certa di cosa, ma qualcosa.”

O’Malley lanciò un’occhiata a Holt.

Holt sospirò.

“Simms,” disse all’agente biondo, “fai tornare la Scientifica. Occupati di quella stella, e anche dell’ombra. Ti chiamo quando abbiamo finito.”

Miseramente, Holt guardò Avery e infine scosse la testa.

“Fatele vedere l’appartamento.”

CAPITOLO TRE

Avery si incamminò lentamente lungo il corridoio del palazzo buio, con Ramirez al fianco e il cuore che le batteva forte per l’anticipazione come faceva sempre quando arrivava su una scena del crimine. In quel momento desiderava essere ovunque tranne che lì.

Si liberò di quella sensazione. Si concentrò e si costrinse a osservare ogni dettaglio, per quanto minuscolo.

La porta dell’appartamento della vittima era aperta. L’agente di sorveglianza al di fuori si spostò e permise ad Avery e agli altri di passare sotto il nastro della scena del crimine per entrare.

Uno stretto corridoio conduceva al soggiorno. Accanto si apriva la cucina. Non si vedeva niente di fuori dall’ordinario, solo un bell’appartamento. Le pareti erano dipinte di grigio chiaro e c’erano librerie ovunque. Pile di libri erano accatastate a terra. Dai davanzali pendevano piante. Davanti alla televisione era sistemato un divano verde. Nell’unica camera da letto, il letto era in ordine e coperto da una trapunta di pizzo bianco.

L’unico segno evidente di disordine nell’appartamento era nel soggiorno, dove era stato chiaramente tolto un tappeto. Il contorno polveroso, insieme allo spazio più scuro, era stato contrassegnato da numerose targhette gialle della polizia.

“Che cosa ha trovato qui la scientifica?” chiese Avery.

“Niente,” rispose O’Malley. “Niente impronte. Niente riprese delle telecamere. Al momento brancoliamo nel buio.”

“È stato preso qualcosa dall’appartamento?”

“Niente che noi sappiamo. Il barattolo degli spiccioli è pieno. I suoi vestiti sono stati lasciati in ordine nel cesto della biancheria. I soldi e la sua carta d’identità erano ancora nelle tasche.”

Avery si prese il suo tempo.

Come era sua abitudine, si mosse per piccole sezioni e ne osservò ognuna con attenzione: le pareti, il pavimento e le assi di legno, tutti i ninnoli sugli scaffali. Spiccava una foto della vittima insieme a due amiche. Si fece un appunto mentale di scoprire i loro nomi e di contattarle entrambe. Studiò le librerie e le pile di libri. C’erano cataste di romanzi d’amore. Il resto era per lo più su argomenti spirituali: auto-aiuto e religione.

Religione, pensò Avery.

La vittima aveva una stella sopra la testa.

Una stella di Davide?

Avendo osservato il corpo sulla barca e l’appartamento, Avery iniziò a formarsi mentalmente un’immagine dell’assassino. Doveva averla attaccata dal corridoio. L’omicidio era stato rapido e non aveva lasciato tracce, né erano stati commessi errori. I vestiti e gli effetti personali della vittima erano stati lasciati in un punto ordinato, in modo da non disturbare l’appartamento. Solo il tappeto era stato spostato, in quell’area e attorno ai bordi c’era della polvere. Qualcosa in quel dettaglio faceva pensare a un possibile attacco di rabbia nell’assassino. Se era stato tanto meticoloso con tutto il resto, rifletté Avery, perché non pulire la polvere ai lati del tappeto? Ma poi perché prendere il tappeto? Perché non lasciare tutto in condizioni perfette? Ripensò a quello che doveva essere successo: le aveva spezzato il collo, l’aveva spogliata, aveva messo via i vestiti e lasciato tutto in ordine, ma poi l’aveva arrotolata in un tappeto e l’aveva portata fuori come un selvaggio.

Si diresse alla finestra e fissò la strada al di sotto. C’erano un paio di punti dove qualcuno avrebbe potuto nascondersi e osservare l’appartamento senza essere notato. Un punto in particolare la chiamava: un vicolo stretto e buio dietro a una recinzione. Eri lì? si domandò. Stavi guardando? Aspettavi il momento giusto?

“Beh?” chiese O’Malley. “Che cosa pensi?”

“Abbiamo un serial killer tra le mani.”

CAPITOLO QUATTRO

“Il killer è un maschio ed è forte,” continuò Avery. “Ha sopraffatto la vittima e ha dovuto trasportarla fino alla banchina. Sembra una vendetta personale.”

“Come fai a saperlo?” chiese Holt.

“Perché darsi tanta pena per una vittima casuale? Non sembra che abbia rubato niente, quindi non è stata una rapina. È stato preciso con tutto a eccezione del tappeto. Se passi tanto tempo a pianificare un omicidio, a spogliare la vittima e a mettere i vestiti nel cesto della biancheria, perché prendere una qualsiasi delle sue cose? Sembra un gesto calcolato. Voleva prendere qualcosa. Forse per dimostrare di essere potente? Che poteva farlo? Non lo so. E lasciarla su una barca? Nuda e in bella vista del porto? Quest’uomo vuole essere notato. Vuole che tutti sappiano che ha ucciso. Potrebbe avere un serial killer per le mani. Qualsiasi decisione prenderete su chi si occuperà di questo caso,” e lanciò un’occhiata a O’Malley, “è meglio che facciate in fretta.”

O’Malley si voltò verso Holt.

“Will?”

“Lo sai che cosa ne penso,” rispose Holt con una smorfia.

“Ma farai come ti ha ordinato?”

“È uno sbaglio.”

“Ma?”

“Qualsiasi cosa voglia il sindaco.”

“O’Malley si girò verso Avery.

“Te la senti?” chiese. “Sii sincera. Hai appena chiuso un caso importante di omicidi seriali. La stampa ti ha crocifissa a ogni passo. Ancora una volta avresti tutti gli occhi su di te, ma questa volta anche il sindaco sarà particolarmente attento. Ha chiesto di te nello specifico.”

Il cuore di Avery batté forte. Fare la differenza come agente di polizia era ciò che amava del suo lavoro, ma agognava catturare i serial killer e vendicarne le vittime.

“Abbiamo molti altri casi aperti,” rispose lei. “E un processo.”

“Posso affidare tutto a Thompson e a Jones. Tu potrai supervisionare il loro lavoro. Se ti occupi di questo caso, deve avere la priorità assoluta.”

Avery si voltò verso Ramirez.

“Ci stai?”

“Ci sto.” L’uomo annuì con fermezza.

“Ce ne occuperemo noi allora,” disse lei.

“Bene,” sospirò O’Malley. “Segui il caso. Il capitano Holt e i suoi uomini si occuperanno del corpo e dell’appartamento. Avrai il pieno accesso ai file e la loro totale collaborazione per tutta l’indagine. Will, a chi devono chiedere se hanno bisogno di informazioni?”

“Il detective Simms,” rispose.

“Simms è il capo detective che avete visto questa mattina,” riferì O’Malley, “biondo, occhi scuri, uno tutto d’un pezzo. Il dipartimento A7 si sta occupando sia della barca che dell’appartamento. Simms vi informerà direttamente di ogni indizio che troveranno. Per ora magari sarebbe meglio parlare con la famiglia. Vedi che cosa scopri. Se hai ragione ed è una cosa personale, possono essere coinvolti o avere delle informazioni che potrebbero aiutarci.”

“Ce ne occupiamo subito,” rispose Avery.

*

Una rapida telefonata al detective Simms e Avery scoprì che i genitori della vittima vivevano più a nord, fuori Boston, nella città di Chelsea.

Informare le famiglie era la seconda parte del suo lavoro che Avery detestava di più. Anche se con le persone ci sapeva fare, subito dopo aver saputo della morte di un loro caro c’era un momento in cui emozioni complesse prendevano il sopravvento. Gli psichiatri li definivano i cinque stadi del lutto, ma Avery li considerava una lenta tortura. Prima c’era la negazione. Amici e parenti volevano sapere tutto del corpo, informazioni che avrebbero solo dato loro maggior dolore, e qualsiasi cosa lei gli avesse detto non gli avrebbe fatto accettare la realtà dei fatti. Per seconda arrivava la rabbia: nei confronti della polizia, del mondo, di tutti. Poi era il turno della negoziazione. “È certa che siano morti? Magari sono ancora vivi?” Quelle fasi potevano avvenire tutte in una volta, oppure potevano impiegare anni, o entrambi. Gli ultimi due stadi di solito avvenivano quando Avery se ne era andata: la depressione e l’accettazione.

“Devo dire,” rifletté Ramirez, “che non mi piace trovare cadaveri, ma questo ci lascia liberi di lavorare su un caso e basta. Basta processo e basta scartoffie. Non male, vero? Possiamo fare quello che vogliamo, senza le lungaggini della burocrazia.”

Si tese per baciarle una guancia.

Avery si scostò.

“Non ora,” disse.

“Non c’è problema,” rispose lui con le mani alzate. “Pensavo solo che, sai… ormai tra di noi ci fosse qualcosa.”

“Senti,” disse lei, riflettendo con attenzione sulle sue parole successive. “Tu mi piaci. Mi piaci davvero, ma sta succedendo tutto troppo in fretta.”

“Troppo in fretta?” si lamentò lui. “Ci siamo baciati solo una volta in due mesi!”

“Non è quello che intendo,” spiegò Avery. “Scusa. Quello che sto cercando di dire è che non so se sono pronta per una relazione vera e propria. Siamo partner. Stiamo insieme tutta la settimana. Mi piace flirtare e vederti al mattino. Solo che non so se sono pronta ad andare oltre.”

“Accidenti,” disse Ramirez.

“Dan…”

“No, no.” Sollevò una mano. “Va bene, sul serio. Credo di averlo sempre saputo.”

“Non so dicendo che voglio che finisca tutto,” lo rassicurò Avery.

“Tutto cosa?” chiese lui. “Voglio dire, non lo so nemmeno io! Quando stiamo lavorando, pensi solo all’indagine, e quando provo a vederti dopo il lavoro, è praticamente impossibile. Sei stata più gentile con me quando eri in ospedale che nella vita di tutti i giorni.”

“Non è vero,” ribatté, ma una parte di lei capì che aveva ragione.

“Mi piaci, Avery,” disse lui. “Mi piaci molto. Se hai bisogno di tempo, mi sta bene. Voglio solo essere certo che provi davvero qualcosa per me. Perché se non è così, non voglio sprecare il tuo tempo, né il mio.”

“Sì che provo qualcosa per te,” insistette lei e lo guardò per un rapido istante. “Veramente.”

“Ok,” rispose. “Va bene.”

Avery continuò a guidare, concentrandosi sulla strada e sul nuovo quartiere, costringendosi a ritornare rapidamente in modalità lavorativa.

I genitori di Henrietta Venemeer vivevano in un complesso residenziale appena oltre il cimitero su Central Avenue. Dal detective Simms, Avery aveva saputo che erano entrambi in pensione e probabilmente li avrebbe trovati a casa. Non li aveva chiamati in anticipo. Una dura lezione che aveva imparato era che una chiamata di avvertimento poteva allertare un possibile assassino.

Arrivata all’edificio, Avery parcheggiò ed entrambi si avviarono fino alla porta d’ingresso.

Ramirez suonò il campanello.

Ci fu una lunga pausa prima che una donna anziana rispondesse.

“Sì? Chi è?”

“Signora Venemeer, sono il detective Ramirez del distretto di polizia A1. Sono qui con la mia partner, Avery Black. Possiamo salire per parlare con lei?”

“Chi?”

Avery si fece avanti.

“Polizia,” disse seccamente. “Per favore, apra la porta.”

La porta venne aperta.

Avery sorrise a Ramirez.

“È così che si fa,” disse.

“Non smetti mai di sorprendermi, detective Black.”

I Venemeer vivevano al quinto piano. Quando Avery e Ramirez uscirono dall’ascensore, trovarono una donna anziana che li sbirciava da dietro una porta chiusa.

Avery prese il comando.

“Salve, signora Venemeer,” disse, con la sua voce più chiara e gentile. “Sono la detective Black e questo è il mio partner, il detective Ramirez.” Entrambi mostrarono i distintivi. “Possiamo entrare?”

 

La signora Venemeer aveva una folta capigliatura disordinata proprio come la figlia, solo che la sua era bianca. Portava grossi occhiali scuri e indossava una camicia da notte bianca.

“Di che cosa si tratta?” si preoccupò.

“Credo che sarebbe meglio se potessimo parlare dentro,” rispose Avery.

“Va bene,” mormorò e li lasciò entrare.

L’appartamento puzzava di canfora e vecchiaia. Sul divano c’era un uomo grasso che Avery immaginò essere il signor Venemeer. Indossava solamente boxer rossi e una maglietta che probabilmente usava per dormire, e non sembrò fare caso alla loro presenza.

Stranamente la signora Venemeer si sedette sul divano accanto al marito, senza dare alcuna indicazione su dove potessero sedersi Avery e Ramirez.

“Che cosa posso fare per voi?” chiese.

Alla televisione davano un gioco a premi. Di tanto in tanto, il marito si raddrizzava per applaudire, si riaccomodava e borbottava tra sé e sé.

“Può spegnere la televisione?” domandò Ramirez.

“Oh, no,” rispose la donna. “John deve guardare La Ruota della Fortuna.”

“Si tratta di vostra figlia,” aggiunse Avery. “Dobbiamo davvero parlare con voi, e vorremmo avere la vostra totale attenzione.”

“Tesoro,” disse lei toccando il braccio del marito. “Questi due agenti vogliono parlare di Henrietta.”

Lui si scrollò e ringhiò.

Ramirez spense la televisione.

“Ehi!” gridò John. “Che cosa hai fatto?! Riaccendila!”

Sembrava ubriaco.

Accanto a sé aveva una bottiglia mezza vuota di bourbon.

Avery si affiancò a Ramirez e fece nuovamente le presentazioni.

“Salve,” disse, “io sono la detective Black e questo è il mio partner, il detective Ramirez. Abbiamo delle notizie molto difficili da darvi.”

“Ve lo dico io cosa è difficile!” gridò John. “È difficile dover parlare con un mucchio di poliziotti quando sto guardando il mio programma. Riaccendi quella maledetta televisione!” esplose e cercò di alzarsi dal divano, ma sembrò non riuscire a muoversi.

“Vostra figlia è morta,” disse Ramirez, e si abbassò per guardarlo dritto negli occhi. “Mi ha capito? Sua figlia è morta.”

“Cosa?” sussurrò la signora Venemeer.

“Henrietta?” borbottò John risedendosi.

“Mi dispiace moltissimo,” disse Avery.

“Come?” mormorò la donna anziana. “Io non… no. Non Henrietta.”

“Diteci di che cosa state parlando!” sbuffò John. “Non potete entrare qui e dire che nostra figlia è morta. Che diavolo volete dire?!”

Ramirez si sedette.

Negazione, pensò Avery. E rabbia.

“È stata trovata morta questa mattina,” spiegò Ramirez, “ed è stata identificata per via del suo ruolo nella comunità. Non siamo certi del perché sia successo. Al momento abbiamo molte domande. Per favore, abbiate pazienza e aiutateci a capire alcune cose. ”

“Come?” pianse la madre. “Come è successo?”

Avery si sedette accanto a Ramirez.

“Temo che l’indagine sia ancora in corso. Al momento non possiamo dare informazioni specifiche. Ora abbiamo bisogno di sapere qualsiasi cosa voi possiate dirci per aiutarci a identificare l’assassino. Henrietta aveva un fidanzato? Un amico intimo che voi conosciate? Qualcuno che poteva avercela con lei?”

“È certa che sia proprio Henrietta?” domandò la madre.

“Henrietta non aveva nemici!” gridò John. “Tutti le volevano bene. Una dannata santa, ecco cosa era. Passava una volta alla settimana con la spesa. Aiutava i senzatetto. Non può essere vero. Deve esserci un errore.”

Negoziazione, pensò Avery.

“Vi assicuro,” disse, “che sarete chiamati entrambi per dare un’identificazione certa del corpo. So che è difficile da accettare. Avete appena ricevuto delle notizie terribili, ma vi prego, concentriamoci per cercare di capire chi può averlo fatto.”

“Nessuno!” strillò John. “È chiaramente uno sbaglio. Avete trovato la ragazza sbagliata. Henrietta non aveva nemici,” dichiarò. “È stata investita da un autobus? È caduta giù da un ponte? Almeno dateci una qualche idea di cosa siamo parlando!”

“È stata assassinata,” rispose Avery, “È tutto quello che posso dire.”

“Assassinata,” sussurrò la madre.

“Vi prego,” ripeté Ramirez. “Non c’è niente che vi venga in mente? Qualsiasi cosa. Anche se vi sembra insignificante, per noi potrebbe essere di grande aiuto.”

“No,” rispose la madre. “Non aveva un fidanzato, ma aveva molte amiche. L’anno scorso sono venute qui per il Ringraziamento. Nessuna di loro avrebbe potuto fare qualcosa del genere. Deve essere un errore.”

Li guardò con sguardo supplichevole.

“Deve!”