Prima Che Invidi

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“Non avevo idea che avesse figli.”

“Tendo a non parlare troppo della mia vita privata mentre sono al lavoro. Ma in questo caso, quando in gioco c’è qualcosa di prezioso come la sua carriera, non mi dispiace farle dare una sbirciatina dietro le quinte.”

“Lo apprezzo.”

“Allora... si goda il s​uo weekend. Va bene se ci rivediamo lunedì per decidere cosa succederà in seguito?”

“Bene” disse. Lunedì le sembrava ancora lontanissimo. Perché mentre si alzava dalla sedia, sapeva che la sua prossima destinazione era l'aeroporto. E dopo, sarebbe tornata in Nebraska.

Mentre si faceva strada attraverso l'edificio dell'FBI, si sentiva come se si stesse preparando una trappola da sola. La maggior parte delle persone di solito era perseguitata dai fantasmi del passato. Tuttavia, mentre si preparava a tornare in Nebraska per incontrare sua madre, Mackenzie aveva l’impressione non solo di stare risvegliando quei fantasmi, ma anche di dargli l’occasione di riprendere a perseguitarla.

CAPITOLO SEI

In Nebraska era l’una e un quarto del pomeriggio quando il suo aereo atterrò a Lincoln. Aveva trascorso la maggior parte del volo cercando di pianificare come sarebbe andato il viaggio. Ma fu solo quando sentì le ruote stridere sulla pista di atterraggio che capì che doveva semplicemente togliersi il dente e farla finita. Poteva ancora godersi quella notte tutta per sé in una lussuosa stanza di hotel, che aveva già prenotato. E avrebbe potuto farlo dopo aver affrontato la parte più difficile.

Aveva sfruttato le risorse del Bureau in modo non del tutto regolare per scoprire che sua madre aveva ancora lo stesso lavoro di quando le loro strade si erano incrociate poco più di un anno prima. Faceva ancora parte dell’impresa di pulizie in un Holiday Inn situato nella piccola città di Boone's Mill. E Boone's Mill era a due ore da Belton, la piccola città nella quale era cresciuta, una città che aveva in programma di visitare prima di tornare a casa.

Fu colta da un altro impulso mentre si dirigeva verso la stazione di noleggio auto dell'aeroporto, venti minuti dopo. Sapeva che a circa mezz'ora da quello stesso aeroporto si trovava l'edificio in cui aveva iniziato la sua carriera di detective. Pensò all'uomo con cui aveva lavorato per quasi tre anni, prima che l'FBI le facesse la corte – un uomo di nome Walter Porter che, superando il suo disgusto per dover lavorare con una donna e il suo sessismo radicato, le aveva davvero insegnato molto su quello che ci voleva per essere un bravo poliziotto. Si domandò cosa stesse facendo. Probabilmente era in pensione, ma essere di nuovo lì, così vicino alla centrale, le fece desiderare di vederlo.

Un dente alla volta, disse a se stessa mentre una donna scontrosa dietro il bancone le consegnava le chiavi.

Una volta in viaggio, Mackenzie chiamò il numero dell'Holiday Inn di sua madre, solo per assicurarsi che fosse al lavoro. Scoprì che il suo turno sarebbe terminato mezz'ora dopo, il che significava che Mackenzie sarebbe arrivata troppo tardi per poterla incontrare in albergo. Ma non era un gran problema, visto che aveva anche il suo indirizzo di casa.

Constatò con sorpresa che le piatte pianure e l'atmosfera familiare del Nebraska la calmavano in modo significativo. Non provava ansia o paura all’idea di incontrare sua madre. Semmai, i campi e il cielo le fecero sentire la mancanza di Kevin. Quando si rese conto di non essere mai stata lontana da lui tanto a lungo, provò una stretta al petto. Per un momento fu difficile respirare, poi però pensò a Ellington e Kevin insieme nell'appartamento, mentre il giorno volgeva al termine. Ellington era un padre eccezionale, in modi che la sorprendevano ancora, giorno dopo giorno. Cominciò a capire che forse Ellington aveva bisogno di qualche momento da solo con suo figlio tanto quanto lei aveva bisogno di avventurarsi nel suo passato per cercare di riparare i ponti con sua madre.

Se queste sono emozioni che provano tutti i genitori, forse sono davvero stata troppo dura con mia madre.

Tra tutti i pensieri che le avevano attraversato la mente da quando aveva messo piede sull'aereo a Washington, fu questo a farle salire le lacrime agli occhi. Sapeva che suo padre aveva dovuto affrontare la sua dose di demoni, anche se la loro natura era rimasta vaga, poiché sua madre non l'aveva mai denigrato davanti a lei o Stephanie. Mackenzie cercò quindi di concentrarsi sul fatto che sua madre era rimasta vedova, con due figlie da crescere. Era del tutto possibile (ed era qualcosa che Mackenzie aveva già considerato prima) che il motivo per cui avesse una così alta opinione di suo padre fosse che era morto quando lei era ancora piccola. Da bambina, non aveva avuto motivo di dubitare di lui o di vederlo come qualcosa di diverso dal suo eroe personale. E che dire invece della madre che aveva cercato di crescere due figlie, fallendo e ricevendo il disprezzo non solo di quasi tutta la comunità, ma anche delle sue stesse figlie?

Mackenzie fece un debole sorriso tra le lacrime, mentre le asciugava. Si chiese se quei pensieri fossero improvvisamente diventati così chiari perché ora anche lei era una madre. Aveva sentito parlare di donne che cambiavano molti aspetti del proprio carattere una volta che avevano un figlio, ma non ci aveva mai creduto realmente. E invece eccola qui, la prova vivente di quella teoria. Adesso sentiva che il suo cuore cominciava ad ammorbidirsi per una donna che sostanzialmente aveva demonizzato per la maggior parte della sua vita.

Il Nebraska sfrecciava fuori dal finestrino, riportando Mackenzie al passato. E per la prima volta da quando aveva lasciato lo stato, si ritrovò quasi impaziente di tornare in quel passato e lasciare che i fatti facessero il proprio corso.

***

Patricia White viveva in un appartamento con due camere da letto a dieci chilometri di distanza dall'Holiday Inn, dove lavorava. Si trovava in un piccolo complesso che non era esattamente fatiscente, ma di sicuro aveva bisogno di qualche intervento di manutenzione. Mackenzie aveva il cellulare in mano, l'indirizzo e il numero dell'appartamento sul display grazie alle risorse del Bureau.

Quando si avvicinò all'appartamento di sua madre al secondo piano, non esitò alla porta, né rimase imprigionata nei propri pensieri, come invece si era aspettata. Bussò subito, facendo del suo meglio per non pensarci troppo. L'unica vera domanda era come iniziare la conversazione... come entrare in acqua gradualmente, piuttosto che buttarsi a capofitto per poi ritrovarsi ad annaspare.

Sentì dei passi avvicinarsi dopo pochi istanti. Fu solo quando la porta si aprì e vide l'espressione sorpresa sul viso di sua madre che Mackenzie si bloccò. Non era sicura di quando avesse visto per l'ultima volta sua madre sorridere, quindi quel volto sorridente le dava l’impressione di guardare un’altra donna.

“Mackenzie” disse sua madre con voce esile ed eccitata. “Oh mio Dio, che ci fai qui?”

“Avevo del tempo libero e ho pensato di passare a salutarti.” Non era una bugia, quindi per il momento stava andando bene.

“Senza prima chiamare?”

Mackenzie scrollò le spalle. “Ci ho pensato, ma sapevo anche come sarebbe andata a finire. Inoltre... avevo solo bisogno di evadere per un po’.”

“Stai bene?” sembrava sinceramente preoccupata.

“Sto bene, mamma.”

“Bene, entra, entra. La casa è un disastro, ma spero che tu riesca a non farci caso.”

Mackenzie entrò e vide che l’appartamento non era affatto un disastro. Al contrario, era piuttosto ordinato. Sua madre l’aveva arredato il minimo indispensabile, così per Mackenzie fu facile individuare la vecchia foto di lei e Stephanie sul tavolino accanto al divano.

“Come va, mamma?”

“Bene. Molto bene, in realtà. Ho messo da parte un po’ di soldi qua e là, quindi sono finalmente riuscita a saldare tutti i debiti. Ho avuto una promozione al lavoro... non è molto, ma lo stipendio è più alto e ho alcune signore dell’impresa di pulizie sotto la mia responsabilità. E tu?”

Mackenzie si sedette sul divano, sperando che sua madre avrebbe fatto lo stesso. Fu sollevata quando la imitò. Aveva sempre pensato che dire È meglio se ti siedi suonasse troppo melodrammatico.

“Ecco, ho un po’ di novità”, disse. Iniziò ad aprire la galleria delle foto sul cellulare, scorrendo lentamente in cerca di una foto particolare. “Sai che Ellington e io ci siamo sposati, giusto?”

“Si, lo so. È buffo che lo chiami ancora per cognome. È per via del vostro lavoro?”

Mackenzie non poté fare a meno di ridacchiare. “Sì, penso di sì. Sei arrabbiata per esserti persa il matrimonio?”

“Dio, no. Odio i matrimoni. Potrebbe essere la decisione più intelligente che tu abbia mai preso.”

“Grazie” replicò Mackenzie. I suoi nervi stavano ribollendo come lava mentre le parole successive le uscivano di bocca. “Senti, sono venuta fin qui perché ho qualcos'altro da condividere.”

Detto ciò, le porse il telefono. Sua madre lo prese e guardò la foto di Kevin due giorni dopo la nascita, avvolto nella sua copertina all'ospedale.

“È...?” chiese Patricia.

“Sei diventata nonna, mamma.”

Le lacrime furono istantanee. Patricia lasciò cadere il telefono sul divano e si portò le mani sulla bocca. “Mackenzie... è adorabile.”

“Sì, è vero.”

“Quanto ha? Sei troppo in forma per averlo appena avuto.”

“Poco più di tre mesi” disse Mackenzie. Distolse lo sguardo quando colse un lampo di dolore nei suoi occhi. “Lo so. Mi dispiace. Volevo chiamare prima, per fartelo sapere. Ma dopo l'ultima volta che abbiamo parlato... Mamma, non sapevo nemmeno se volessi saperlo.”

 

“Sì, lo capisco” disse lei immediatamente. “E significa moltissimo per me che tu sia venuta qui per dirmelo di persona.”

“Non sei arrabbiata?”

“Dio, no. Mackenzie... avresti anche potuto non dirmelo affatto e io non avrei mai saputo nulla. Ero rassegnata a non vederti mai più e... e io...”

“Va tutto bene, mamma.”

Avrebbe voluto fare qualcosa, prenderle la mano o abbracciarla. Ma sapeva che una cosa del genere sarebbe sembrata forzata e strana per entrambe.

“Ho comprato un nuovo frullatore la settimana scorsa” disse sua madre improvvisamente.

“Ehm... bello.”

“Bevi Margarita?”

Mackenzie sorrise e annuì. “Dio, sì. Non bevo alcolici da circa un anno.”

“Stai allattando? Puoi bere?”

“Sì, allatto, ma abbiamo abbastanza latte nel congelatore.”

Sua madre fece un'espressione confusa, per poi scoppiare a ridere. “Scusa. È che è tutto così surreale... hai un bambino, conservi il latte materno...”

“Sì, è surreale” concordò Mackenzie. “Come il fatto di essere qui. Quindi... dove sono questi Margarita?”

***

“È stata la tua ultima visita che me l'ha fatto capire” disse Patricia.

Erano sedute sul divano, ognuna con un Margarita in mano. Erano alle estremità opposte, chiaramente ancora non abbastanza a proprio agio per quella situazione.

“Cosa intendi?”

“Non sei stata sgarbata o altro, ma ho capito che te la stavi cavando alla grande. E ho pensato tra me, è venuta per me. So che non sono stata una grande madre... nemmeno lontanamente. Ma sono davvero fiera di te, anche se io non c’entro molto per come sei venuta su. Questo mi ha fatto sentire di potermi migliorare.”

“Infatti è così.”

“Ci sto provando,” disse lei. “Cinquantadue anni e finalmente senza debiti. Certo, lavorare in un hotel non è la più grande delle carriere...”

“Ma sei felice?” chiese Mackenzie.

“Sì. Ancora di più ora che sei venuta a trovarmi e mi hai dato questa meravigliosa notizia.”

“Da quando ho chiuso il caso di papà... non lo so. A essere sincera, credo che cercassi semplicemente di scacciare qualsiasi pensiero su di te. Credevo che, visto che ero riuscita a lasciarmi la storia di papà alle spalle, avrei potuto fare lo stesso con te. Ed ero pronta a farlo. Ma poi è arrivato Kevin, e io e Ellington ci siamo resi conto che in realtà non stavamo offrendo al nostro bambino una famiglia completa, al di là di noi due. Vogliamo che Kevin abbia dei nonni, capisci?”

“Ha anche una zia, sai” le fece notare Patricia.

“Lo so. Dov'è Stephanie, a proposito?”

“Alla fine si è trasferita a Los Angeles. Non so nemmeno che lavoro faccia, e ho paura di chiederlo. Non le parlo da circa due mesi.”

Questo ferì un po’ Mackenzie. Aveva sempre saputo che Stephanie era una specie di mina vagante quando si trattava di qualsiasi tipo di stabilità nella vita. Tuttavia, raramente si fermava a pensare che anche Stephanie fosse una figlia che aveva scelto di vivere una vita quasi completamente distaccata da sua madre. Seduta sul divano, con il Margarita in mano, per la prima volta Mackenzie si domandò come dovesse sentirsi sua madre, sapendo che entrambe le figlie avevano deciso che le loro vite sarebbero state migliori senza di lei.

“Sento di doverti chiedere scusa”, disse Mackenzie. “So che ti ho allontanato molto, dopo il funerale di papà. Avevo solo dieci anni, quindi forse non ero consapevole di quello che stavo facendo, ma... sì. Ho continuato a farlo per il resto della mia vita. Ma stammi a sentire, mamma... Voglio che Kevin abbia una nonna. Sul serio. E spero che lo voglia anche tu.”

Patricia fu di nuovo sopraffatta dalle lacrime. Si sporse sul divano, annullando la distanza tra loro e avvolgendo le braccia attorno a Mackenzie. “Anche io ti ho tenuta lontana” disse Patricia. “Avrei potuto chiamare o fare qualche sforzo. Ma quando ho realizzato che te la sapevi cavare da sola, anche se eri una bambina, ho lasciato perdere. Ero quasi sollevata. E spero che tu possa perdonarmi per questo.”

“Posso farlo. E tu puoi perdonarmi per averti allontanata?”

“L'ho già fatto,” disse Patricia, rompendo l'abbraccio e sorseggiando dal suo Margarita per arginare il flusso delle lacrime.

Mackenzie si sentiva pizzicare gli occhi, ma non era ancora pronta per comportarsi in modo così aperto di fronte a sua madre. Si alzò, si schiarì la voce e buttò giù il resto del suo drink.

“Usciamo di qui,” disse. “Andiamo a cena da qualche parte. Offro io.”

Un'espressione di incredulità attraversò il viso di Patricia White, per poi dissolversi e lasciare il posto ad un sorriso. Mackenzie non ricordava di aver mai visto sua madre sorridere così; era come vedere una persona diversa. E forse era davvero una persona diversa. Se avesse concesso a sua madre una possibilità, forse avrebbe scoperto che la donna che aveva respinto così a lungo non era il mostro che si era convinta che fosse.

Dopotutto, anche Mackenzie era una persona completamente diversa rispetto a quando aveva dieci anni. Accidenti, era una persona diversa anche rispetto a poco più di un anno prima, quando aveva parlato per l'ultima volta con sua madre. Se avere un bambino le aveva insegnato qualcosa, era che la vita poteva mutare alquanto repentinamente.

E se la vita poteva cambiare così rapidamente, perché non potevano farlo anche le persone?

CAPITOLO SETTE

La mattina seguente, Mackenzie si svegliò con una leggerissima sbornia. Riallacciare i rapporti con la madre a cena era stato piacevole, così come i drink che avevano bevuto in seguito. Mackenzie era arrivata alla sua stanza d'albergo – quella lussuosa che lei ed Ellington avevano concordato – ed era scivolata nella vasca con una bottiglia di vino ordinata tramite il servizio in camera. Sapeva che quei due bicchieri extra erano stati probabilmente troppo, ma pensò che se lo meritava, dopo aver cresciuto un essere umano nel suo grembo e aver dovuto rinunciare all'alcool per tutto il tempo della gravidanza – senza dimenticare anche in seguito, durante l’allattamento.

Il leggero mal di testa che aveva quando si alzò dal letto e cominciò a vestirsi era un prezzo minimo da pagare. Era bello essere sola dopo aver iniziato lentamente a ricucire il rapporto con sua madre. Si erano aggiornate a vicenda, condividendo storie e anche alcuni dispiaceri. Lasciandosi, quella sera, si erano messe d’accordo per rivedersi la settimana successiva, dopo che Mackenzie fosse tornata a casa e avesse deciso cosa fare del suo lavoro; adesso c'era solo un'altra voce da spuntare nella lista di Mackenzie, finché si trovava in Nebraska.

Aveva l’impressione di avere chiuso il cerchio. Viaggiare da sola, vedere sua madre, godersi gli ampi spazi aperti che il luogo aveva da offrire. Anche se non era una che si lasciasse andare ai sentimentalismi, non poteva ignorare l’impulso di tornare dalla sua vecchia centrale, quella dove aveva iniziato la sua carriera come detective quasi sei anni prima.

Dopo aver fatto colazione, partì diretta proprio lì. Il dipartimento si trovava a un'ora e mezza di auto dal suo albergo a Lincoln. Il suo volo per Washington sarebbe partito solo sette ore dopo, quindi aveva un sacco di tempo. Onestamente, non sapeva nemmeno perché ci stesse andando. Il suo superiore non le era mai piaciuto e, per quanto si vergognasse di ammetterlo con se stessa, riusciva a malapena a ricordare i colleghi poliziotti. Naturalmente, ricordava l'agente Walter Porter. Era stato suo partner per un breve lasso di tempo, ed era stato al suo fianco durante il caso del Killer dello Spaventapasseri – il caso che alla fine aveva attirato su di lei l'attenzione dell'FBI.

Tutti i ricordi le tornarono alla mente mentre parcheggiava l’auto lungo la strada davanti alla centrale. Adesso sembrava molto più piccola, ma in un modo che la rendeva orgogliosa di saperlo. Più che nostalgia, provava una sensazione di familiarità che le scaldava il cuore.

Attraversò la strada ed entrò, senza riuscire a trattenere un sorriso. Il piccolo ingresso portava al bancone dell’accettazione, che era protetto da un vetro scorrevole. Dietro la donna seduta alla scrivania, c’era un piccolo ufficio, che non sembrava cambiato di una virgola da quando Mackenzie aveva messo piede lì l’ultima volta. Si avvicinò al vetro, felice di trovare un viso familiare, anche se non pensava a quella persona da un sacco di tempo.

Nancy Yule sembrava non essere invecchiata affatto. Aveva ancora le foto dei figli sistemate sulla scrivania, e la stessa targhetta accanto al telefono, che recitava versi della Bibbia che Mackenzie non ricordava.

Nancy alzò lo sguardo e le ci volle qualche secondo per realizzare chi avesse davanti. “Oh mio Dio,” disse poi, alzandosi in piedi e correndo verso l’uscita del cubicolo. La porta si aprì e Nancy si precipitò fuori, avvolgendo Mackenzie in un abbraccio.

“Nancy, come stai?” disse Mackenzie, ricambiando l'abbraccio.

“Come sempre, come sempre” disse Nancy. “Tu piuttosto, come stai? Sei in gran forma!”

“Grazie. Sto bene. Sono appena stata a trovare mia madre e ho pensato di fare un salto per vedere i miei vecchi colleghi, prima di tornare a casa.”

“Abiti ancora a Washington?”

“Sì.”

“Sei ancora nell’FBI?”

“Sì. Posso dire di stare vivendo il mio sogno. Mi sono sposata e ho avuto un figlio.”

“Sono così felice per te,” disse Nancy, e Mackenzie non dubitava della sua sincerità. Un velo di tristezza le calò sul viso, però, quando aggiunse: “Però non sono così sicura che la tua visita qui sarà molto felice. Tutto è cambiato.”

“Tipo cosa?”

“Ecco, il capitano Nelson è andato in pensione l'anno scorso. Il sergente Berryhill ha preso il suo posto. Te lo ricordi?”

Mackenzie scosse la testa. “No, direi di no. Ehi, per caso sai l’indirizzo o il numero di telefono di Walter Porter? Il numero che ho io non è più valido da un po’ di tempo.”

“Oh, tesoro, dimenticavo che tu sei stata sua partner per un po’. Io... insomma, detesto essere io a dirtelo, ma Walter è morto circa otto mesi fa. Ha avuto un terribile attacco cardiaco.”

“Oh” fu tutto ciò che Mackenzie riuscì a dire. Si chiese anche se fosse una persona terribile per non essere troppo rattristata dalla notizia. Onestamente, Porter era stato semplicemente un conoscente di passaggio.

“È terribile” aggiunse. Lanciò un'occhiata attraverso il vetro, nell’ufficio e nei corridoi dove aveva passato quasi cinque anni della sua vita. Quello era l'epicentro di dove aveva effettuato il suo primo arresto, risolto il suo primo caso, e fatto incazzare più e più volte il suo primo supervisore uomo.

Erano tutti bei ricordi, ma non sembravano altro che fotografie sbiadite.

“Forse ci sono alcuni poliziotti di pattuglia con cui hai lavorato” commentò Nancy. “Sauer, Baker, Hudson...”

“Non voglio interrompere il lavoro di nessuno” disse Mackenzie. “Stavo davvero facendo solo una passeggiata lungo il viale dei ricordi e...”

La vibrazione del suo cellulare in tasca la interruppe. Lo afferrò all'istante, immaginando che fosse Ellington con qualche aneddoto buffo su Kevin – oppure un problema di salute. Il piccolo era stato in buona salute per tutti i suoi tre mesi e mezzo di vita e stavano solo aspettando la prima visita dal medico.

Invece, il nome che vide sul display non era assolutamente quello che si aspettava durante il suo weekend sabbatico in Nebraska. Sul display campeggiava il nome McGrath.

“Scusa, Nancy. Devo rispondere.”

Nancy fece un piccolo cenno del capo e tornò dietro la scrivania, mentre Mackenzie rispondeva alla chiamata.

“Pronto, agente White.”

“In base a come risponde al telefono, posso presumere che sarà ancora dei nostri?” esordì McGrath. Non c'era umorismo nella sua voce. Semmai, sembrava quasi che stesse cercando di convincerla.

“Mi scusi, è l’abitudine. Ancora non ho deciso.”

“Be’, forse posso aiutarla. Ascolti... Io rispetto quello che sta passando e apprezzo l'onestà che ha mostrato nel mio ufficio, l'altro giorno. Ma sto chiamando per chiederle una sorta di favore. Non è proprio un favore, in realtà, perché tecnicamente fa parte del suo lavoro, che ancora ha. Ma ho ricevuto una chiamata per un caso, circa un'ora fa. È nel Wyoming, quindi è lì vicino. E dato che si trova nelle vicinanze, ho pensato di farle dare una prima occhiata. Sembra un caso facile. Probabilmente dovrà solo presentarsi là, controllare la scena del crimine e interrogare alcune persone.”

 

“Pensavo avesse detto che rispettava lo scambio che abbiamo avuto nel suo ufficio.”

“È così. Ecco perché sto offrendo il caso prima a lei. È lì vicino, sembra semplice... e immagino che potrebbe essere un buon test per vedere se la sua passione per questo lavoro è ancora viva. Di recente ha anche lavorato su un altro caso che pare simile a questo. Se mi dice di no, va benissimo. Posso inviare qualcun altro là domattina.”

Mackenzie fu sopraffatta dalla sensazione che la sua vita fosse tornata al punto di partenza. Eccola lì, nella centrale dove aveva iniziato come poliziotta piena di speranza con l'ambizione di essere una detective – ambizione che aveva raggiunto in pochissimo tempo. E ora era di nuovo lì, a parlare con il direttore dell'FBI, nemmeno sette anni dopo.

Guardò oltre il vetro, verso le scrivanie, gli uffici e i corridoi. Era facile vedere quegli spazi e ricordare la motivazione che la spingeva allora. La avvertiva ancora, ma era molto diversa da quando era soltanto una poliziotta alle prime armi, una donna in una squadra di quasi soli uomini che voleva cambiare il mondo.

“Semplice quanto?” chiese poi.

“Si sospetta che qualcuno stia uccidendo gli scalatori spingendoli giù da popolari luoghi di arrampicata. L'ultimo è stato nel Grand Teton National Park. Finora, si ritiene che ci siano due vittime.”

“Come facciamo a sapere che non si tratta solo di incidenti tipici di arrampicata su roccia?”

“Ci sono segni di violenza prima della caduta.”

La mente di Mackenzie si era già messa in moto, alla ricerca di possibili risposte, nonostante il caso fosse solo nella fase iniziale. E proprio per questo, capì quale sarebbe stata la sua risposta per McGrath. Erano passati quasi otto mesi da quando aveva fatto qualcosa di attivo sul lavoro; l’eccitazione che la travolse in quel momento era la benvenuta, anche se inaspettata.

“Mi invii i dettagli del caso e l'itinerario di viaggio. Ma voglio tornare a casa entro due o tre giorni.”

“Naturalmente. Non credo sia un problema. Grazie, agente White. Le invierò tutto ciò che ho per e-mail.”

Mackenzie terminò la chiamata e per un momento si sentì come se fosse in mezzo a un sogno surreale. Eccola lì, nella prima centrale di polizia in cui avesse mai lavorato, a rimuginare sul suo passato, cercando di decidere il suo futuro. E adesso era arrivata la telefonata di McGrath, con un caso inaspettato sbucato dal nulla. Sembrava che l'universo stesse cercando di influenzarla nella sua decisione.

“Mackenzie?”

Fu distratta dall'assurdità di tutto ciò dalla voce di Nancy Yule. Sorrise e scosse la testa. “Scusa. Ero solo assorta nei miei pensieri per un attimo.”

“Sembrava una telefonata importante,” disse Nancy. “Va tutto bene?”

Mackenzie si sorprese quando annuì e disse: “Sì. Penso proprio che vada tutto bene.”

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