Morte Sui Binari

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CAPITOLO DUE

Mentre Riley accompagnava April al piano superiore, si domandò se avesse davvero preso la giusta decisione. Ma sentiva l’eccitazione della figlia in merito alla natura della “sorpresa”.

Pensava che April sembrasse anche un po’ nervosa.

Non più nervosa di me, Riley comprese. Ma non avrebbe potuto essere diversamente.

Entrarono entrambe nella camera da letto di Riley.

Un’occhiata all’espressione sul volto della figlia convinse Riley a non fornire alcuna spiegazione anticipata. Andò allora al suo armadio, dove una piccola cassetta di sicurezza, nuova fiammante, era poggiata su una mensola. Digitò dei numeri nella tastiera, poi estrasse qualcosa e lo depose sul letto.

April sgranò gli occhi dinnanzi a quello che vide.

“Una pistola!” esclamò. “E’ …?”

“Tua” Riley disse. “Beh, legalmente è ancora mia. La legge della Virginia dice che non puoi possedere una pistola fino al compimento dei diciotto anni. Ma puoi imparare con questa, fino ad allora. Lavoreremo insieme lentamente, ma se impari a impugnarla bene, allora sarà tua.”

La bocca di April era spalancata.

“La vuoi?” Riley chiese.

April non sembrava sapere che cosa dire.

Era un errore? Riley si chiese. Forse April non si sentiva ancora pronta per questo.

Riley disse: “Hai detto che intendi diventare agente dell’FBI.”

April annuì con impazienza.

Riley disse: “Perciò, ho pensato che fosse una buona idea cominciare con un po’ di addestramento con le armi. Che ne dici?”

“Sì, oh sì” April esclamò. “Questo è magnifico. Davvero, davvero incredibile. Grazie, mamma. Sono un po’ frastornata. Davvero non me lo aspettavo.”

“Neanch’io” Riley disse. “Voglio dire, non mi aspettavo di fare nulla del genere a questo punto. Possedere una pistola è un’enorme responsabilità, e in realtà molti adulti non riescono a gestirla.”

Riley estrasse l’arma dalla custodia e la mostrò ad April.

Lei disse: “Questa è una Ruger SR22—una pistola semiautomatica calibro 22.”

“Una calibro 22?” April chiese.

“Credimi, non è un giocattolo. Non voglio ancora che ti eserciti con un calibro maggiore. Una calibro 22 può essere pericolosa quanto qualsiasi altra pistola, forse persino di più. Vengono uccise più persone con questo calibro rispetto ad altre pistole. Trattala con cura e rispetto. La terrai soltanto per addestrarti. Resterà nel mio armadio per il resto del tempo. Sarà in una cassetta di sicurezza, che potrà essere aperta soltanto con una combinazione. Per ora, sarò l’unica a conoscerla.”

“Certo” April disse. “Non vorrei averla in giro.”

Riley aggiunse: “E preferirei che non lo dicessi a Jilly.”

“E Gabriela?”

Riley sapeva che era una buona domanda. Per quanto riguardava Jilly, era semplicemente una questione di maturità. Avrebbe potuto diventare gelosa e volere una pistola per sé, il che era fuori questione. Gabriela probabilmente avrebbe potuto dimostrarsi allarmata all’idea di April che avrebbe imparato ad usare un’arma.

“Potrei dirglielo io” Riley disse. “Ma non ancora.”

Riley estrasse il caricatore vuoto e disse: “Devi sempre sapere quando la tua arma è carica o no.”

Poi diede l’arma scarica ad April, le cui mani erano un po’ tremanti.

Riley quasi scherzò …

“Mi spiace ma non sono riuscita a trovarne una rosa.”

Ma decise che avrebbe fatto meglio a tenere quella frase per sé. Questo non era affatto un argomento su cui poter scherzare.

April disse: “Ma che cosa ci faccio? Dove? Quando?”

“Adesso” Riley disse. “Coraggio, andiamo.”

Riley ripose la pistola nella propria custodia, e la portò con sé mentre scendevano per le scale. Per fortuna, Gabriela era impegnata in cucina e Jilly era in soggiorno: non si sarebbero accorte di nulla.

April andò in cucina e disse alla governante che lei e Riley stavano uscendo per un po’; entrò in soggiorno e diede la medesima laconica spiegazione a Jilly, che, affascinata da qualcosa alla tv, si limitò ad annuire.

Riley ed April uscirono e raggiunsero l’auto. Riley guidò fino ad un negozio di armi, chiamato Smith Firearms, dove aveva acquistato la pistola soltanto un paio di giorni prima. Una volta entrate, si trovarono circondate da armi di ogni tipo e dimensione, appese lungo le parete o disposte in teche di vetro.

Furono accolte da Brick Smith, il proprietario dell’esercizio. Era un uomo robusto e barbuto, indossava una camicia a quadri e sfoggiava un grosso e cordiale sorriso.

“Salve, Signora Paige” l’uomo disse. “E’ bello rivederla. Che cosa la porta qui oggi?”

Riley rispose: “Questa è mia figlia, April. Siamo qui per provare la Ruger che ho comprato l’altro giorno.”

Brick Smith sembrava divertito. Riley ricordò quando aveva portato lì il suo compagno, Blaine, per comprargli un’arma per l’autodifesa. Quella volta, Brick era sembrato un po’ stupito al vedere una donna acquistare una pistola per un uomo. La sua sorpresa era svanita, quando aveva scoperto che Riley era un’agente dell’FBI.

Ormai non mostrava alcuna sorpresa.

Si sta abituando a me, Riley pensò. Bene. Non è da tutti.

“Bene, bene, bene” l’uomo disse, guardando April. “Lei non mi ha detto che stava acquistando la pistola per la sua bambina.”

Quelle parole scossero leggermente Riley …

“… la sua bambina.”

Si chiese se April si fosse offesa.

Diede un’occhiata alla figlia, e vide che la ragazza sembrava ancora un po’ scioccata dalla situazione.

Immagino che debba sentirsi un po’ come una bambina al momento, Riley pensò.

Brick Smith accompagnò Riley ed April oltre una porta, conducendole in un poligono da tiro incredibilmente ampio sul retro del negozio, poi le lasciò sole.

“Partiamo dalle basi” Riley disse, indicando una lunga lista affissa alla parete. “Leggi queste regole. Chiedi pure, se hai domande.”

Riley restò a guardare, mentre April leggeva le regole, che naturalmente comprendevano tutte le norme essenziali di sicurezza, includendo quella di non mai puntare una pistola in qualsiasi direzione che non fosse lungo la traiettoria di tiro. Mentre la ragazza leggeva con un’espressione seria, Riley percepì uno strano senso di déjà vu. Ricordò quando aveva portato lì Blaine, per comprare e provare la sua nuova arma.

In qualche modo, si trattava di un ricordo amaro.

Durante la colazione a casa dell’uomo, dopo la prima notte in cui avevano fatto l’amore, Blaine le aveva detto esitando …

“Penso che mi serva una pistola. Per proteggere la casa.”

Naturalmente, Riley era stata comprensiva. La vita del compagno era stata in pericolo, sin da quando l’aveva conosciuta. E, in effetti, Blaine aveva avuto bisogno di quella pistola soltanto pochi giorni dopo per difendere non solo se stesso, ma anche l’intera famiglia di Riley da un pericoloso evaso fuggitivo, Shane Hatcher. Blaine aveva quasi ucciso quell’uomo.

Riley provava ancora un forte senso di colpa per quel terribile incidente.

Nessuno è al sicuro con me nella propria vita? si chiese. Tutti quelli che conosco avranno bisogno di pistole per colpa mia?

April terminò di leggere le regole e con Riley si recò verso una delle cabine vuote, dove indossò le protezioni per le orecchie e gli occhi. Riley estrasse la pistola dalla custodia, e la pose di fronte ad April, che la guardò con un’espressione intimorita.

Bene, Riley pensò. Deve sentirsi intimidita.

April osservò: “Questa è diversa dalla pistola che hai comprato per Blaine.”

“Esatto” Riley disse. “Per lui ho preso una Smith e Wesson 686, una revolver calibro 38, un’arma molto più potente. Ma le sue necessità erano diverse. Voleva solo essere in grado di difendersi. Non stava pensando di entrare nelle forze dell’ordine come te.”

Riley prese la pistola, e la mostrò alla figlia.

“Ci sono delle grandi differenze tra una revolver e una semiautomatica. Una semiautomatica ha molti vantaggi, ma anche alcuni svantaggi: capita che si inceppi, o che vi sia una doppia carica, delle difficoltà di espulsione dei bossoli o difetti nel cilindro. Non volevo che Blaine avesse a che fare con questo, non in un caso d’emergenza. Ma, per quanto ti riguarda, beh, potresti benissimo iniziare a imparare come risolvere questi problemi, in una collocazione sicura, in cui la tua vita non è in pericolo.”

Riley cominciò a mostrare ad April quello che aveva bisogno poi di sapere: come inserire i proiettili nel caricatore, come inserire il caricatore nell’arma, e come scaricarla di nuovo.

Spiegando, Riley disse: “Ora quest’arma può essere usata in modalità singola azione o doppia azione. La usi ad azione singola quando ritrai il cane prima di premere il grilletto. A quel punto la pistola si attiva e innesca la modalità automatica. Puoi sparare colpi rapidi, fino a svuotare la cartuccia. Questo è il grande vantaggio di una semiautomatica.”

Tastando il grilletto, Riley continuò: “L’azione doppia è quando fai tutto il lavoro con il grilletto. Quando cominci a tirare, il tamburo si alza, e quando finisci, il colpo viene esploso. Se vuoi sparare un altro colpo, devi ricominciare tutto da capo. Il che richiede più lavoro, il tuo dito dovrà contrastare una forte pressione e l’esplosione dei colpi sarà più lenta. Ed è ciò che voglio che tu faccia per iniziare.”

Poi, spinse un pulsante per portare il bersaglio di carta a sei metri di distanza dalla cabina e mostrò ad April l’atteggiamento e le posizioni adatte delle mani per poter sparare, e anche come mirare.

 

Riley disse: “OK, la tua pistola non è carica. Proviamo a sparare senza colpi.”

Come aveva fatto con Blaine, Riley spiegò ad April come respirare: inalare lentamente mentre prendeva la mira, poi esalare lentamente, mentre premeva il grilletto, così che il suo corpo potesse essere piuttosto immobile quando la pistola avrebbe sparato.

April mirò attentamente alla forma vagamente umana sul bersaglio, poi premette il grilletto svariate volte. Rispettando l’istruzione di Riley, inserì il caricatore nella pistola, assunse la sua posizione, e sparò un singolo colpo.

April emise un grido di sorpresa.

“Ho colpito qualcosa?” chiese.

Riley indicò il bersaglio.

“Beh, hai comunque colpito il bersaglio. E, per essere il tuo primo tentativo, non è niente male. Come ti sei sentita?”

April esplose in una risatina nervosa.

“Sorprendente direi. Mi aspettavo più …”

“Rinculo?”

“Sì. E non era così forte come mi aspettavo.”

Riley annuì e disse: “Vedi, è una delle cose belle di una calibro 22. Non trasalirai o svilupperai altre cattive abitudini. Mentre ti eserciti, prima di giungere alle armi più grandi, sarai pronta a confrontarti con la loro forza. Vai avanti, svuota il caricatore.”

Mentre April sparava gli ultimi nove colpi restanti, Riley notò un cambiamento sul volto della figlia. Era un’espressione determinata, fiera, che la madre comprese di aver visto qualche volta su quel volto prima. Riley provò a ricordare …

Quando è successo? Soltanto una volta, lei pensò.

Poi, il ricordo la investì come un fulmine a ciel sereno …

Riley aveva inseguito il mostro di nome Peterson in fondo all’argine di un fiume. Teneva April in ostaggio, le aveva legato mani e piedi e le puntava una pistola alla testa. Quando la pistola di Peterson s’inceppò, Riley si lanciò su di lui e lo pugnalò, e lottarono nel fiume, finché lui le spinse la testa sott’acqua: stava per affogarla.

Il suo volto emerse per un istante, e lei colse un’immagine che non avrebbe mai dimenticato…

Con polsi e piedi ancora legati, April era in piedi ed impugnava la pistola, che era caduta a Peterson.

April colpì la testa del rapitore con il calcio della pistola …

La lotta terminò alcuni istanti dopo, quando Riley colpì Peterson al volto con una pietra.

Ma la donna non avrebbe mai perdonato se stessa per aver messo la figlia in un tale pericolo.

E adesso, April era lì, a sparare al bersaglio con la stessa espressione violenta sul volto.

Mi assomiglia davvero tanto, Riley pensò.

E se April ci avesse davvero messo cuore e anima in questo, Riley era sicura che sarebbe diventata una buona agente dell’FBI proprio come lei, o forse persino migliore.

Ma era un bene o un male?

Riley non sapeva se sentirsi in colpa o orgogliosa.

Durante la sessione di addestramento, durata circa mezz’ora, April crebbe di sicurezza e precisione, mentre sparava al bersaglio. Quando lasciarono il negozio di armi e tornarono a casa, Riley si sentiva decisamente orgogliosa.

April era euforica e chiacchierona e faceva ogni genere di domanda in merito all’addestramento a cui non vedeva l’ora di sottoporsi. Riley le fornì le migliori risposte possibili, provando a non far trasparire le sue incertezze sul futuro che April sembrava desiderare così tanto.

Appena furono a casa, April disse: “Guarda chi c’è.”

Riley si sentì male, quando vide la costosa BMW parcheggiata di fronte casa. Sapeva che apparteneva all’ultima persona che voleva vedere al momento.

CAPITOLO TRE

Quando Riley parcheggiò il suo modesto veicolo dietro la BMW, si convinse del fatto che le cose stavano per diventare molto sgradevoli in casa sua. Non appena spense il motore, April prese la custodia che conteneva la pistola, e fece per uscire dall’auto.

“Meglio lasciarla qui per ora” Riley intervenne.

Certamente non voleva dare spiegazioni sull’arma al visitatore sgradito.

“Credo che tu abbia ragione” la ragazza rispose, riponendo la custodia sotto il sedile anteriore.

“E non dimenticare di non parlarne con Jilly” Riley precisò.

“Non lo farò” April disse. “Ma probabilmente, già immaginerà che tu avessi qualcosa per me, e me lo chiederà per tutto il tempo. Oh, ma domenica le farai un regalo, e così se ne dimenticherà.”

Un regalo per lei? Riley si chiese.

Poi ricordò: domenica sarebbe stato il compleanno di Jilly.

Riley arrossì.

Aveva quasi dimenticato che Gabriela aveva in programma una festa in famiglia per domenica sera.

E non aveva neppure ancora comprato un regalo per la festeggiata.

Non devi dimenticare! si disse severamente.

Riley ed April chiusero l’auto ed entrarono in casa. Come avevano intuito, il proprietario della macchina costosa, l’ex marito di Riley, era seduto in soggiorno.

Jilly era seduta su una sedia di fronte a lui, con un’espressione impassibile, che dimostrava quanto fosse scontenta della sua presenza.

“Ryan, che cosa ci fai qui?” Riley chiese.

L’uomo si voltò verso di lei, con quel sorriso affascinante che fin troppe volte aveva vanificato la sua intenzione di chiudere definitivamente con lui.

Lui è ancora bello, dannazione, lei pensò.

Sapeva che aveva lavorato molto per apparire in quel modo, e trascorreva molte ore in palestra.

Ryan rispose: “Ehi, è così che si saluta un componente della famiglia? Io sono ancora parte della famiglia, non è vero?”

Tutti rimasero in silenzio per un istante.

La tensione era palpabile e Riley lasciò trasparire la sua delusione sul volto, chiedendosi che tipo di accoglienza si aspettasse il suo ex marito?

Non era andato a trovarle da circa tre mesi. Prima però, avevano fatto un tentativo di riconciliazione. Aveva vissuto lì un paio di mesi più o meno, ma non si era mai trasferito del tutto ed aveva conservato la confortevole casa che una volta aveva condiviso con Riley ed April, prima della separazione e del divorzio.

Le ragazze erano state felici di averlo in casa, finché l’uomo non aveva perso interesse e si era di nuovo allontanato.

Le ragazze ne erano rimaste devastate.

E ora, era di nuovo lì, senza alcun preavviso.

Il silenzio continuava a farla da padrone. Infine Jilly incrociò le braccia e, palesemente irritata, chiese a Riley ed April: “Dove siete state voi due?”

Riley deglutì.

Odiava mentire a Jilly, ma quello sarebbe stato sicuramente un pessimo momento per parlarle della pistola di April.

Per fortuna, April intervenne: “Avevamo soltanto una commissione da sbrigare.”

Ryan guardò April.

“Ehi, tesoro” propose. “Non mi dai un abbraccio?”

April evitò lo sguardo dell’uomo, restando lì a trascinare i piedi per un momento.

Infine, rispose in tono accigliato: “Ciao papà.”

Quasi sull’orlo delle lacrime, si voltò e salì per le scale, diretta in camera sua.

Ryan spalancò la bocca.

“E quello che cos’era?” domandò.

Riley sedette da sola sul divano, provando a trovare il modo migliore per gestire la situazione.

Gli rinnovò la domanda: “Che cosa ci fai qui, Ryan?”

Ryan alzò le spalle.

“Io e Jilly stiamo parlando della scuola, o almeno sto provando a farla parlare della scuola. I suoi voti sono peggiorati? E’ questo che non vuole dirmi?”

“I miei voti sono buoni” ribatté Jilly.

“Allora, vuoi parlarmi della scuola?” Ryan chiese.

“La scuola va bene, Signor Paige” Jilly rispose.

Riley fece una smorfia, e Ryan sembrò ferito.

Jilly aveva cominciato a chiamare Ryan “papà”, proprio prima che se ne andasse.

In precedenza, però, lo aveva chiamato “Ryan”. Riley era certa che Jilly non lo avesse mai chiamato Signor Paige prima d’allora. La ragazza stava esprimendo molto chiaramente quello che sentiva.

Jilly si alzò dalla sedia e disse: “Se sta BENE a tutti, ho dei compiti da fare.”

“Hai bisogno di aiuto?” Ryan chiese.

Jilly ignorò la domanda e andò dritta su per le scale.

Ryan guardò Riley con un’espressione affranta.

“Che cosa succede qui?” disse. “Perché le ragazze sono così arrabbiate con me?”

Riley sospirò amaramente. Talvolta, il suo ex era proprio immaturo, come erano stati entrambi, quando si erano sposati molto giovani.

“Ryan, che cosa diamine ti aspettavi?” chiese, con tutta la pazienza possibile. “Quando ti sei trasferito qui, le ragazze erano così eccitate all’idea di averti in casa. Specialmente Jilly. Ryan, il padre di quella povera ragazza era violento ed alcolizzato. Si è quasi prostituita per allontanarsi da lui, ed ha soltanto tredici anni! Era molto importante per lei avere una figura paterna come te nella sua vita. Non capisci quanto sia stata devastata quando te ne sei andato?”

Ryan si limitò a fissarla con un’espressione perplessa, come se non avesse alcuna idea di ciò di cui stava parlando.

Ma Riley ricordava fin troppo bene le parole che Ryan le aveva detto al telefono.

“Ho bisogno di spazio. L’intera faccenda della famiglia, pensavo di essere pronto, ma non è così.”

E non aveva dimostrato molta preoccupazione nei riguardi di Jilly allora.

“Riley, Jilly è stata una tua decisione. Ma non ho mai avuto alcuna voce in capitolo. L’adolescente problematica di qualcun altro è un peso troppo grande per me. Non è giusto.”

E ora era lì, a interpretare la parte del genitore ferito, perché Jilly non voleva più chiamarlo “papà.”

Era davvero irritante.

Riley non si meravigliò affatto del fatto che le due ragazze si fossero allontanate dalla stanza in quel momento. E desiderava più che mai di imitarle. Purtroppo, qualcuno doveva agire da adulto in quella situazione. E, dato che Ryan ne sembrava incapace, spettava a Riley ricoprire quel ruolo.

Prima che potesse riflettere su quanto dire, Ryan si alzò dalla sedia e andò a sedersi accanto a lei.

Riley lo spinse via.

“Ryan, che cosa stai facendo?”

“Che cosa credi che io stia facendo?”

La voce di Ryan sembrava sensuale ora.

La rabbia di Riley stava aumentando di attimo in attimo.

“Non pensarci nemmeno” esclamò. “Con quante ragazze sei stato da quando te ne sei andato?”

“Ragazze?” Ryan chiese, ovviamente provando a sembrare stupefatto da quella domanda.

“Mi hai sentito. O l’hai dimenticato? Una di loro ha chiamato qui per sbaglio, quando vivevi ancora qui. Sembrava ubriaca. Hai detto che si chiamava Lina. Ma non credo che lei sia stata l’ultima. Quante altre ce ne sono state? Lo sai almeno? Ricordi ancora tutti i loro nomi?”

Ryan non rispose. Assunse un atteggiamento colpevole.

Ogni cosa stava cominciando ad avere senso per Riley. Tutto questo era già accaduto prima, e si sentiva stupida per non esserselo aspettato.

Ryan passava da una ragazza all’altra, e immaginava che cosa avrebbe fatto Riley in tali circostanze.

Non gli importava davvero delle ragazze, nemmeno di sua figlia. Erano semplicemente un pretesto per tornare con Riley.

Riley assunse un’espressione dura e disse: “Credo che faresti meglio ad andartene.”

“Perché? Che cosa c’è? Non ti vedi con qualcuno, vero?”

“Invece, sì …”.

Adesso Ryan sembrava sinceramente perplesso, come se non riuscisse ad immaginare il motivo per cui Riley potesse interessarsi ad un altro uomo.

Poi, aggiunse: “Oh mio Dio. Non è di nuovo quel cuoco, vero?”

Riley emise un verso di rabbia.

Disse: “Sai molto bene che Blaine è uno chef. Sai anche che possiede un bel ristorante, ed April e sua figlia sono migliori amiche. E’ meraviglioso con le ragazze, tutto ciò che tu non sei. E sì, ci frequentiamo, e sta diventando una relazione piuttosto seria. Quindi voglio davvero che tu te ne vada di qui.”

Ryan la guardò per un momento.

Infine, riprese con voce amara: “Stavamo bene insieme.”

L’ex moglie non rispose.

Ryan si alzò dal divano, e si diresse alla porta.

“Fammi sapere se cambi idea” aggiunse mentre usciva dall’abitazione.

Riley fu tentata di dire …

“Ti sbagli.”

… ma riuscì a non dirlo. Restò semplicemente seduta, finché non sentì il rumore dell’auto di Ryan, che si allontanava. Poi, il suo respiro tornò normale.

 

Rimase seduta lì in silenzio per un po’, pensando a quanto era accaduto.

Jilly lo aveva chiamato “Signor Paige.”

Era stato crudele, ma non poteva negare che Ryan lo avesse meritato.

In ogni modo, doveva affrontare la questione; che cosa avrebbe dovuto dire a Jilly in merito a quel tipo di crudeltà?

Essere madre è difficile, pensò.

Stava per chiamare Jilly dalla sua stanza, per parlargliene, quando il suo cellulare vibrò. Era una chiamata di Jenn Roston, una giovane agente con cui aveva lavorato a casi recenti.

Quando Riley rispose alla chiamata, avvertì tensione nella voce di Jenn.

“Ehi, Riley, ho pensato di chiamarti e …”

Cadde il silenzio. Riley si chiese che cosa ci fosse nella mente della collega.

Poi, Jenn disse: “Ascolta, voglio soltanto ringraziare te e Bill per… lo sai… quando io …”

Riley stava per dirle …

“Non dirlo. Non al telefono.”

Per fortuna, la voce di Jenn scemò senza terminare la frase.

Ciò nonostante, Riley sapeva la ragione per cui la ragazza la stava ringraziando.

Durante il caso che avevano appena risolto, Jenn era risultata assente ingiustificata per la maggior parte di una giornata. Riley aveva convinto Bill a coprirla. Dopotutto, Jenn aveva coperto Riley in una situazione simile.

Ma la negligenza professionale di Jenn era dovuta alle richieste di una donna, che era stata sua madre adottiva, ma anche una maestra del crimine. Jenn aveva oltrepassato i limiti della legalità, per occuparsi di un problema per “zia Cora.”

Riley non sapeva esattamente di che cosa si trattasse. Non glielo aveva chiesto.

Sentì Jenn emettere un lieve suono soffocato.

“Riley, stavo pensando. Forse dovrei consegnare il mio distintivo. Ciò che è accaduto potrebbe riaccadere ancora. E potrebbe essere peggio la prossima volta. Ad ogni modo, non penso che sia finita.”

Riley sentiva che la giovane non le stava dicendo la verità.

Zia Cora la sta pressando di nuovo, pensò Riley.

Non ne era sorpresa. Se l’influenza di zia Cora fosse stata abbastanza forte, Jenn avrebbe potuto rivelarsi una vera risorsa all’interno dell’FBI per la donna.

Riley si domandò per un attimo … Jenn dovrebbe rassegnare le dimissioni?

Ma si rispose rapidamente …

No.

Dopotutto, Riley aveva intrattenuto una relazione simile con uno dei peggiori criminali in circolazione, il brillante evaso Shane Hatcher. Era finita quando Blaine aveva sparato ad Hatcher, quasi uccidendolo, e Riley l’aveva catturato. Hatcher era tornato a Sing Sing e, da allora, non aveva rivolto la parola a nessuno.

Jenn sapeva molte cose del rapporto di Riley con il criminale, più di chiunque altro, fatta eccezione per Hatcher stesso, e avrebbe potuto distruggere la carriera di Riley con le informazioni di cui disponeva. Ma era rimasta in silenzio, dimostrandosi leale nei confronti della collega. Riley ora doveva dimostrare a Jenn la stessa lealtà.

Riley disse: “Jenn, ricordi quello che ti ho detto, la prima volta che me ne hai parlato?”

Jenn rimase in silenzio e Riley proseguì: “Ti ho detto che avevamo un patto. Io e te, insieme. Non puoi andartene. Hai troppo talento. Mi capisci?”

Jenn continuava a restare in silenzio.

Riley avvertì il bip, che le indicava un’altra chiamata in linea.

Ignoralo, si disse.

Ma il bip si ripeté. L’istinto suggeriva a Riley che l’altra chiamata fosse per qualcosa d’importante. Sospirò.

Disse pertanto a Jenn: “Ascolta, ho un’altra chiamata. Resta in linea, OK? Proverò a fare in fretta.”

“OK” Jenn rispose, laconica.

Riley passò all’altra chiamata, e sentì la voce burbera del suo caposquadra al BAU, Brent Meredith.

“Agente Paige, abbiamo un caso. Si tratta di un serial killer nel Midwest. Devo vederla nel mio ufficio.”

“Quando?” Riley chiese.

“Immediatamente” Meredith borbottò. “Anche più presto se possibile.”

Riley intuì dal suo tono che si trattava davvero di una questione della massima urgenza.

“Parto immediatamente” rispose. “Chi altro inserirà nella squadra?”

“Spetta a lei decidere” Meredith replicò. “Lei e gli Agenti Jeffreys e Roston avete fatto un buon lavoro insieme con il caso dell’Uomo di Sabbia. Porti entrambi con sé se vuole. E portate le vostre chiappe subito qui.”

Senza aggiungere altro, Meredith pose fine alla chiamata.

Riley tornò in linea con Jenn.

Disse: “Jenn, consegnare il distintivo non è un’opzione. Non al momento. Ho bisogno di te per un caso. Ci vediamo nell’ufficio di Brent Meredith. E sbrigati.”

Senza attendere una risposta, Riley mise fine alla telefonata. Mentre digitava il numero del partner, Bill Jeffreys, pensò …

Forse un altro caso è proprio quello di cui Jenn ha bisogno in questo momento.

Riley sperava che fosse così.

Intanto, provò il familiare intensificarsi della tensione, mentre si precipitava a scoprire quale fosse la natura del nuovo caso.