Za darmo

Il Volto della Morte

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“Shelley,” tuonò Zoe alla radio. “L’estremità del bar, alla tua sinistra. Intercettalo dietro la terza colonna.”

Zoe vide Shelley ascoltare il messaggio e girare bruscamente la testa in direzione del bar. Notò la colonna e si diresse velocemente in quella direzione, e nello stesso istante anche Zoe riprese a correre, seguendo la sua collega sia con le gambe che con lo sguardo.

Un’ultima fila di tavoli da superare …

Jimmy Sikes scattò di lato, evitando l’agente in avvicinamento, e deviò verso il bar, i suoi piedi aggirarono la quarta di una fila di colonne, oltrepassandola.

“Fermo!”urlò Shelley, poi si sentì uno scricchiolio, il rumore di un corpo che sbatteva sul pavimento.

La visuale di Zoe era bloccata dalla terza colonna; non riusciva a vedere né Shelley né Jimmy, ma nessuno dei due era più spuntato. Zoe girò l’angolo, tirando un sospiro di sollievo alla vista di Shelley che ammanettava i polsi di Jimmy con una precisione da addestramento.

Arrivò, un po’ a corto di fiato e in preda gli effetti dell’adrenalina che aveva invaso il suo corpo durante l’inseguimento, mentre Shelley stava finendo di leggere a Jimmy i suoi diritti. Gli altri poliziotti le raggiunsero, afferrando l’uomo dalle spalle per scortarlo verso il parcheggio. Zoe fece un altro respiro, sorridendo e dando il cinque a Shelley.

“L’abbiamo preso, Z,” disse Shelley, ridendo.

E Zoe si domandò per quale motivo non fosse più così sicura di aver preso proprio il loro uomo.

CAPITOLO TREDICI

Zoe sprofondò su una sedia nell’ufficio dello sceriffo, completamente concentrata sullo schermo del suo computer. Lui lo aveva ruotato sulla scrivania per permetterle di guardare il segnale video mentre, nella stanza accanto, Shelly era seduta insieme a Jimmy Sikes.

“Probabilmente non siete abituate a questo,”disse lo sceriffo, sia per scusarsi che per difendere il suo distretto. “Di sicuro non abbiamo il budget di cui disponete al Bureau. Nessun falso specchio né attrezzature di sorveglianza high-tech. Non abbiamo lo spazio.”

“Nessun problema,”gli rispose Zoe, facendo un cenno in direzione dello schermo. “Posso vedere tutto da qui.”

“È sicura che la sua collega se la caverà lì dentro, da sola? Voglio dire, pensavo fosse lei l’agente esperto.”

“L’Agente Speciale Rose se ne occuperà benissimo,”disse Zoe, sorridendo. Non lo fece per rassicurarlo o incoraggiarlo, ma semplicemente perché trovava divertente il suo dubbio. “È famosa per gli interrogatori. Stia a vedere.”

L’uomo si accomodò alla sua scrivania, la vecchia pelle della sedia scricchiolò sotto il suo peso,e guardò in silenzio insieme a Zoe.

Shelley era già inquadrata sullo schermo, seduta di fronte a Jimmy Sikes, il quale era ammanettato a una gamba del tavolo perché non tentasse alcun gesto. Lui la fissò per diversi minuti, rosicchiando una delle sue ruvide, sporche unghie, mentre lei era intenta a leggere i documenti senza dire una parola. Li sfogliava con molta calma, pagina dopo pagina, senza mai alzare lo sguardo.

Zoe era preoccupata; non per Shelley, ma per Sikes. Era più pesante di quanto avesse voluto. Riteneva che la scena del crimine avesse indicato un uomo più leggero. Sikes aveva messo su qualche chilo dall’ultimo aggiornamento dei suoi dettagli personali. Inoltre, il modo in cui masticava le sue unghie era … sbagliato, in qualche modo. Era in contrasto con la meticolosità del killer, garantita dal fatto che non avesse mai lasciato dietro di sé alcuna traccia.

Sikes stava diventando sempre più nervoso: iniziò a muovere il corpo da un lato all’altro, sputando un unghia masticata sul pavimento. La tecnica di Shelley stava funzionando, lo aveva preso in contropiede. Si aspettava un interrogatorio rabbioso, magari un vecchio poliziotto brizzolato che cercasse di intimidirlo. Non era abituato al silenzio, né tantomeno al sorriso calmo e amichevole che Shelley gli rivolgeva di tanto in tanto, tra una pagina e l’altra dei documenti.

Shelley finì di leggere i registri e alzò lo sguardo, assumendo una postura più comoda e aperta. “Sig. Sikes,”disse cordialmente. “Jimmy, se mi permette.”

Lui la guardò senza rispondere nulla, guardandola di sbieco come un cane in trappola.

“Ha dei precedenti alquanto interessanti, o sbaglio?” Lo disse con un sorriso, come per incoraggiarlo a vantarsi delle sue gesta piuttosto che per giudicarlo.

“Ho scontato la mia pena.”

“Cos’ha detto, Jimmy?”

“Le ho detto che ho scontato la mia pena. Ho chiuso. Non potete più punirmi per quello.”

“Beh, in realtà possiamo, Jimmy. Perché lei è stato rilasciato in libertà condizionata, giusto?” Shelley fece finta di consultare la documentazione, ma Zoe sapeva che la sua collega aveva già memorizzato tutto. “Per lesioni aggravate, a quanto pare. Un crimine violento.”

Jimmy non aggiunse nulla al silenzio che si instaurò tra di loro, ma si voltò soltanto per sputare un’altra unghia, che colpì il pavimento con un rumore sordo che soltanto Zoe riuscì a cogliere. Il rumore della verità. Il loro killer non l’avrebbe mai fatto. Mai lasciarsi alle spalle tracce di DNA.

“E dato che si trovava in libertà vigilata, Jimmy, non avrebbe dovuto lasciare lo stato, o sbaglio? Nonostante ciò, abbiamo registrazioni che mostrano lei e la sua auto arrivare fin qui dalla casa di sua sorella Manda. Ha attraversato il Missouri ed è arrivato qui, in Kansas. Un viaggio piuttosto lungo, no?”

Jimmy si spostò, i suoi occhi si poggiarono sulla superficie del tavolo. Stava pensando a qualcosa, il suo sguardo era distaccato, distratto. Zoe scosse il capo. È stato tutto un errore. Il loro assassino era intelligente, calmo, attento. Avrebbe parlato, avrebbe tirato fuori un qualche tipo di alibi preparato in anticipo. Non avrebbe mai permesso a Shelley di incastrarlo in quel modo.

“Ha anche saltato la verifica con il suo sorvegliante; in pratica, sta rischiando di tornare dentro per una violazione. Un vero peccato. Preferirei vederla riabilitato piuttosto che costretto a passare altro tempo dietro le sbarre.” Shelley finse di controllare tutti i dettagli riportati nel registro, quindi lo chiuse e lo mise da parte. “Naturalmente, potrei essere in grado di aiutarla. Perché non è questo il motivo per il quale l’abbiamo arrestata, no?”

Jimmy girò la testa, stringendo gli occhi. “… No?”

Shelley gli sorrise come se fossero grandi amici. “No, Jimmy. L’abbiamo arrestata per gli omicidi che ha commesso questa settimana.”

Jimmy Sikes quasi cadde dalla sedia. “Cosa? Che sta dicendo!”

Shelley fece un mormorio di disapprovazione e scosse il capo. “Andiamo, andiamo. Non menta, Jimmy. Non con me. Sono la sua migliore occasione per ottenere un buon accordo con il giudice, capisce? Posso aiutarla a trovare una soluzione, ma soltanto se mi racconta la verità.”

“Io non ho ucciso nessuno!”urlò Jimmy, scuotendo con rabbia la propria testa. “Non so per cosa vogliate accusarmi, ma volevo soltanto spassarmela un po’. Questo è tutto. Nessun omicidio.”

E Zoe gli credeva completamente. Era tutta una perdita di tempo. Jimmy Sikes non era il loro uomo, non lo era mai stato. Era scritto in ogni parte trasandata del suo corpo, in quella incasinata mancanza di intelligenza diffusa sul suo viso, nella sua scelta di parole, nelle sue azioni. Persino nel suo peso corporeo.

Attese. Shelley avrebbe chiarito il malinteso. In fin dei conti, dovevano rispettare la procedura. Se non l’avessero fatto, si sarebbero chiesti tutti per quale motivo Zoe non avesse seguito ogni pista a sua disposizione.

Shelley incrociò le braccia sul tavolo, continuando a sorridere. “Bene, Jimmy, perché non mi parla degli ultimi giorni, allora? Con parole sue. Così saremo in grado di chiarire questo sciocco equivoco.”

Jimmy boccheggiò, quindi scosse nuovamente la testa in modo selvaggio. “So cosa avete in mente voi sbirri. Niente da fare. No. Non vi dirò nulla. Darete la colpa a me, facendomi sembrare un idiota. Conosco gli sbirri.”

Shelley sospirò, appoggiando la testa su una mano. “Non sono un poliziotto, Jimmy. Sono dell’FBI. E questa conversazione è registrata. Non sto cercando di ingannarla. Le do la mia parola.”

“Mi è già successo.” Jimmy scosse il capo. “No. Niente da fare. So come funziona. Cercherete di incastrarmi come quella schizzata della mia ex e il suo compare poliziotto. Con voi non ci parlo.”

Shelley lo guardò in silenzio, lasciando che si calmasse. “Se non ha niente da nascondere, farebbe meglio a dirmelo, Jimmy. Se ha degli alibi, possiamo verificarli. Vedere se compare in qualche filmato delle telecamere di sorveglianza. Ci sono sempre telecamere di sorveglianza. Anche qui dentro.”

Jimmy guardò in alto, cercando freneticamente nel punto indicato da Shelley, fino a quando non vide gli obiettivi e li fissò, facendo leggermente rabbrividire Zoe al pensiero che i loro sguardi si fossero incrociati, anche se, ovviamente, lui non avrebbe potuto vedere attraverso la telecamera come invece poteva fare lei.

“Allora, capisce, Jimmy? Nessuno può metterle in bocca parole che non ha detto. È tutto registrato. E se cercassi di ingannarla, perderei il mio lavoro.”

Jimmy si voltò verso Shelley, sudando. “Non cercherete di incastrarmi?”

“Mi dica cos’è successo e le dirò se può andare,” rispose Shelley, accentuando le ultime parole per assicurarsi che afferrasse il concetto. “È l’unica maniera che ha per uscire da qui. E mi creda, desidero più di lei che qui dentro non sia seduto un uomo innocente.”

Jimmy si appoggiò allo schienale della sedia, la catena delle sue manette tintinnò e quasi lo spinse in avanti quando cercò di allontanare un po’ troppo le braccia. Fece un respiro profondo, quindi rivolse lo sguardo a Shelley. “Mi trovavo nel casinò dei Potawatomi. Ho fatto un colpo grosso, capisce? Mi sono seduto di fronte a questo novellino e l’ho ripulito completamente, e anche un suo amico.”

 

“E questo quando è successo?”

“Credo … quattro, cinque giorni fa? Forse quattro. Non ricordo con esattezza.”

“Si è diretto al casinò da casa di Manda?”

“Si.”

Shelley controllò gli appunti che aveva scritto durante la telefonata con Manda. “Era sei giorni fa, Jimmy.”

“Beh, cazzo,”disse lui, e scoppiò a ridere.

“Quindi, ha fatto questo colpaccio, giusto? Un sacco di soldi?” Shelley si sporse in avanti, rivolgendogli tutta la propria attenzione.

“Più di quanti ne abbia mai visto.” Jimmy annuì. “Poi ho fatto un salto al bar e ho pensato, nah, non dovrei restare da queste parti. Il ragazzino e il suo amico, i buttafuori, magari ce l’hanno con un ex-detenuto con un sacco di culo.”

“Quindi dov’è andato?”

“Mi sono rimesso in auto e ho guidato fino al bar successivo, appena fuori dall’autostrada. Sono rimasto lì fino all’orario di chiusura, quindi ho dormito qualche ora sul sedile posteriore e ho guidato fino a raggiungere un altro bar.”

Shelley stava controllando i documenti, confrontando i suoi avvistamenti con la storia che lui le stava raccontando, ma sentendo quest’ultima frase si fermò e li mise giù. “Mi sta dicendo, Jimmy, che ha bevuto per gli ultimi cinque giorni di fila?”

Jimmy scrollò le spalle. “Ho anche passato un po’ di tempo in un paio di casinò. Sono superstizioso. Ogni volta che vinco, vado avanti.”

Shelley cliccò sulla parte posteriore della penna, facendo fuoriuscire la punta. “Ho bisogno che lei mi fornisca i nomi e le posizioni di questi casinò e dei bar, Jimmy. Se la sta cavando molto bene. Sarà fuori di qui in pochissimo tempo.”

Zoe stava già inserendo il nome del primo bar sul suo cellulare, cercandone la posizione e il numero di telefono. Uscì dalla stanza e iniziò a chiamare, guardando la porta chiusa da una finestra, mentre Shelly finì di prendere appunti e si alzò per lasciare la camera.

“Pronto? Si, vorrei parlare con il direttore. Sono l’Agente Speciale Zoe Prime, FBI,”disse al telefono, cogliendo lo sguardo di Shelley mentre entrava nel corridoio. “La sto chiamando per chiederle di inviarmi il video di sorveglianza di qualche sera fa per aiutarci con un’indagine.”

Tra Shelley, Zoe, lo sceriffo e la sua squadra, rintracciarono tutti i luoghi in cui Jimmy aveva detto di essere stato. Nonostante le sue tempistiche fossero leggermente errate, distorte senza alcun dubbio dall’alcol e dal modo differente in cui il tempo sembrava trascorrere all’interno dei casinò, i suoi alibi vennero confermati, dopo svariate ore di approfondite ricerche nei filmati inviati tramite e-mail.

Era visibile nei video delle telecamere di sorveglianza durante i presunti orari di tutti gli omicidi.

Dal primo all’ultimo.

Shelley chiuse violentemente il suo portatile sulla scrivania in preda alla frustrazione. “Dobbiamo lasciarlo andare. Non è lui,”disse.

“Comunque lo consegneremo per violazione della libertà vigilata,” le ricordò lo sceriffo. “Vado a fare qualche chiamata. Vorranno riportarlo nel suo stato d’origine.”

Lasciò sole Shelley e Zoe nella loro stanza delle indagini, mentre gli altri erano già usciti dopo aver controllato i propri filmati. Rimasero soltanto loro due, ancora una volta con uno sguardo basso, nella stessa posizione in cui si trovavano prima di localizzare Jimmy Sikes.

“Lo prenderemo,”disse Shelley, con aria stanca. “Ce la faremo. Questo è stato soltanto un piccolo contrattempo.”

Zoe annuì. “So che ce la faremo. Ma volevo farlo prima che ci fosse un’altra vittima. Abbiamo perso del tempo prezioso con Sikes.”

“Come facevi a sapere dove sarebbe stato?”

Zoe sollevò la testa in risposta a questa domanda improvvisa, schivando immediatamente lo sguardo di Shelley quando si accorse che lei la stava fissando insistentemente. “Cosa intendi?”

“Tu e io avevamo gli stessi dati,”rispose Shelley. “Ne sapevi quanto me. Ma sei riuscita a beccarlo al casinò, nonostante fosse impossibile sapere con certezza che sarebbe stato lì. Poi, quando ha cercato di fuggire, sapevi in quale direzione si sarebbe mosso. Mi hai indicato l’esatta posizione in cui avrei potuto fermarlo.”

Zoe non disse nulla. In teoria, non c’era stata alcuna domanda. Avrebbe potuto continuare a guardare i documenti che aveva davanti, in silenzio, lasciando che gli occhi vagassero sulle parole e sulle foto senza però concentrarsi su nulla.

“Come lo sapevi?”ripetè Shelley.

Zoe sentì qualcosa in gola, un nodo che minacciò di mandare giù le facili scuse che aveva preparato. Forse avrebbe potuto ammetterlo. Magari Shelley avrebbe capito. Era stata piuttosto comprensiva finora, gentile, buona. Forse con lei avrebbe potuto confidarsi.

Ma le persone nel mondo che avevano sentito parlare della sua sinestesia, i numeri e gli schemi che svolazzavano davanti ai suoi occhi ovunque guardasse, si contavano sulle dita di una sola mano. E un segreto così scrupolosamente custodito, questa capacità che aveva fin dall’infanzia, e poi la diagnosi cheaveva ricevuto da ragazza, non poteva essere rivelato tanto facilmente.

“È soltanto una combinazione di fortuna ed esperienza,” rispose Zoe, voltando pagina senza aver letto una sola parola. “Quando l’avrai fatto per tanto tempo, come me, sarai in grado di capire le cose un po’ più facilmente. In due parole, formulerai quella che secondo te è l’ipotesi migliore e ti augurerai di averci visto giusto.”

Ma adesso c’era qualcosa nell’aria; una sensazione, sospesa così pesantemente sulla testa di Zoe che era sicura avesse assunto una manifestazione tangibile. Questa sensazione le comunicava che Shelley stava guardando verso di lei e aveva capito che non le stava dicendo tutta la verità.

“Soltanto fortuna? È così che sapevi che avrebbe deviato a destra piuttosto che continuare a dirigersi verso il punto in cui gli altri lo stavano aspettando?”

C’era un forte scetticismo nel tono di Shelley, una durezza e un’inflessibilità che Zoe aveva già sentito molte volte. Era la voce di sua madre, quella della sua insegnante, le voci dei pochi amici che aveva avuto prima che inevitabilmente rimanessero inquietati da lei e smettessero di chiamarla. A conti fatti, era la voce che avevano tutti quando smettevano di credere che lei non fosse uno scherzo della natura.

Hai il diavolo dentro di te, bambina.

Gli attimi trascorsero, la pelle di Zoe si accapponò sotto la maglietta, il sudore iniziò a darle prurito. Shelley non le credeva. Era il momento giusto per confessare tutto? Se avesse continuato a fingere, sarebbe stato peggio? Shelley avrebbe voltato pagina, trovato un nuovo partner, e già questo sarebbe stato piuttosto pesante da digerire, perché Zoe stava davvero cominciando ad abituarsi a lei. O, ancora peggio, avrebbe riferito tutto ai loro superiori.

Era il momento giusto per dirgilelo?

Il telefono squillò, squarciando il pesante silenzio e cogliendole entrambe di sorpresa, affondando nella tensione che si era instaurata tra le due come un coltello caldo nel burro. Shelley si precipitò a rispondere, lasciando cadere sulla scrivania i fogli che teneva in mano e indirizzando la sua sedia girevole verso il telefono.

“Pronto?... Si?”

A Zoe bastò l’espressione di Shelley per capire che non si trattava di buone notizie.

Lei riattaccò, il suo viso era diventato pallido. “C’è un altro cadavere,”disse. “Lo sceriffo ci accompagnerà sul posto. Non è lontano. Invierà una squadra insieme a noi.”

Zoe sentì un macigno cadere sullo stomaco. La scorsa notte si erano fatte scappare il loro uomo, e lui non le aveva graziate. Nonostante se lo aspettasse, la notizia la colpì come un pugno in faccia. Un’altra persona aveva perso la vita, perché Zoe non era stata abbastanza pronta per salvarla.

“Abbiamo perso tempo con Sikes,”disse Shelley, con un tono spento. Sembrava sotto shock, come se potesse rimanere immobile a lungo nella stessa posizione.

Ma non potevano permetterselo proprio adesso. Dovevano muoversi. Cercare indizi, fermarlo prima che colpisse di nuovo. Zoe afferrò il suo taccuino, la tazza di polistirolo con il caffè e la borsa, e si diresse verso la porta. “Qualche dettaglio?”

“Soltanto la posizione, per ora,”rispose Shelley, scuotendo la testa e riprendendosi dallo stordimento. Quindi mosse la testa lateralmente, in modo brusco, cambiando tono.“Aspetta un secondo.”

Shelley andò verso la mappa sulla parete, afferrando una puntina rossa e cercando i nomi dei luoghi per un istante, prima di inserirla in una determinata posizione.

“Lì?”domandò Zoe, provando una totale confusione. “Sei sicura?”

“È quello che ha detto lo sceriffo,”confermò Shelley.

Zoe diede un’ulteriore occhiata alla mappa, quindi si voltò per uscire dalla stanza e correre in direzione del parcheggio. Era tutto sbagliato, dannazione! Tutto sbagliato! Non era distante dalla loro posizione, ma comunque lo era rispetto a dove previsto. Come aveva fatto a sbagliarsi?

La linea retta smise di essere tale: questa nuova puntina deviava a sinistra e si posizionava sotto l’ultima, mentre quella precedente era a destra e sotto l’omicidio iniziale.

Non si trattava di una linea retta.

Possibile che fosse una curva?

CAPITOLO QUATTORDICI

Zoe lasciò guidare Shelley, sedendosi accanto a lei, assorta nei propri pensieri. Numeri, figure, curve. Era vero? Aveva interpretato le tracce in maniera errata per tutto questo tempo?

L’auto percorse stradine secondarie e sentieri sterrati, il tragitto più breve possibile secondo lo sceriffo. Lui faceva strada, guidando una malconcia vettura della polizia che aveva sicuramente visto giorni migliori, incurante di preservare le sospensioni o i pneumatici. La loro auto era a noleggio, quindi non avrebbe assolutamente potuto subire lo stesso tipo di trattamento.

Zoe osservava il panorama sfrecciare attraverso il finestrino, stringendo la cintura di sicurezza nel punto in cui faceva presa sul petto. Soffriva sempre di mal d’auto sul sedile del passeggero. Tenere la cintura lontana dal collo le diede un po’ di sollievo.

Svoltarono in un’autostrada, costeggiata da un’ampia striscia di terreno sterrato e roccioso, con alberi che crescevano al di là di esso. Era evidente che il lavoro di uomini e macchine aveva ripulito quello spazio. Nessun albero cresceva spontaneamente in linea retta; gli schemi della natura erano piuttosto cerchi, spirali. Era da questo che l’assassino stava traendo ispirazione?

La presenza di due auto appartenenti alla stazione di polizia indicò la loro destinazione prima ancora che lo sceriffo svoltasse, fermando il proprio veicolo accanto a loro. Shelley sospirò, chiaramente sollevata, mollando la presa del volante.

“Ricordami di non andare mai in auto con quell’uomo,”disse, scuotendo la testa e fermandosi dolcemente sul ciglio della strada, lontano dal traffico.

Zoe saltò fuori dall’auto, ansiosa di raggiungere il cadavere e vedere in che condizioni si trovasse. Era la loro prima occasione di trovare il corpo ancora in posizione sulla scena del crimine, prima che questa venisse analizzata e la vittima venisse portata via, diretta verso il tavolo del medico legale. Ci sarebbero stati sicuramente più indizi, qui. Cose che gli investigatori non avrebbero notato; cose che soltanto Zoe avrebbe potuto vedere.

Un paio di uomini di mezza età, pallidi come cenci, erano appoggiati al cofano di una delle auto della polizia; indossavano classiche e scialbe tenute da caccia di colore marrone e verde. Lo sceriffo andò sparato verso di loro e Zoe fece lo stesso, dando un’occhiata alle sue spalle per controllare che Shelley la stesse seguendo.

“Sceriffo, questi sono i due cacciatori che hanno rinvenuto il corpo,”stava dicendo il giovane vice. “Sono un po’ scossi, ma non hanno visto molto.”

“Non avete notato la presenza di un’altra persona, nel bosco?”domandò Zoe bruscamente, interrompendo la risposta farfugliata dallo sceriffo.

I cacciatori la guardarono con occhi spalancati, voltandosi confusi verso lo sceriffo. Con un movimento impaziente, Zoe estrasse il distintivo dalla tasca e lo mostrò ai due, in modo che capissero la sua appartenenza all’FBI.

 

“Non abbiamo visto né sentito nulla,”disse uno degli uomini. “Eravamo appostati nel bosco dalle prime luci del mattino, in silenzio, concentrati sui versi degli animali. Se fosse successo qualcosa nelle vicinanze, ce ne saremmo accorti.”

“Come avete trovato il cadavere?”domandò Zoe.

“Ci stavamo preparando per tornare a casa,”spiegò l’altro, con un sorriso afflitto. “Non avevamo preso nulla. Gli uccelli non la smettevano di fare casino. Pensavamo si fossero accorti della nostra presenza e cercassero di segnalarla in modo che nulla si avvicinasse a noi. Di solito dopo un po’ si calmano, ma questi non l’hanno fatto. Quindi, dopo qualche ora, abbiamo pensato fosse meglio andare via.”

“Ed è stato allora che abbiamo visto la volpe,”si intromise l’altro. “Muso a terra, fiutava qualcosa. Non appena ci ha visto, si è spaventata ed è schizzata via nella direzione opposta; ma il sole stava sorgendo e quindi siamo riusciti a vedere cosa stesse fiutando.”

“Sangue,”specificò il primo cacciatore. “Sangue dappertutto, sul terreno. Una scia. Enormi macchie di sangue. All’inizio abbiamo pensato si trattasse di un animale ferito. Ma seguendo la traccia, non molto distante, abbiamo trovato …”

Tacquero entrambi, abbassando lo sguardo, rivivendo indubbiamente ciò che avevano visto.

“Grazie per il vostro aiuto, signori,”disse delicatamente Shelley, mentre Zoe si allontanò da loro e si diresse tra gli alberi. Non avevano più nulla da dirle.

Non dovette andare lontano. Qualcuno aveva già posizionato diversi segnaposti e numeri, i quali seguivano un percorso sul terreno spoglio, attraverso gli alberi. Guardando indietro lungo il loro tragitto, potè seguirli verso una strada d’accesso nella quale lo sceriffo aveva evitato di posizionarli, un punto abbastanza lontano dall’autostrada da non attirare troppo l’attenzione.

Zoe si fermò, tornando indietro. Aveva la sensazione che la storia partisse da quella strada, e voleva ricostruirla in ordine cronologico. Dispose i numeri in maniera sensata.

Sul sentiero d’accesso c’era una grande macchia di sangue, un fiotto che doveva essere fuoriuscito come conseguenza dell’attacco iniziale. Una scarica di adrenalina che ha forzato il cuore a battere più velocemente, o forse il movimento compiuto dalla donna quando ha spinto via il suo assassino. Non si trattava di un omicidio come gli altri. No, non era affatto come gli altri. Zoe non era neanche sicura che questa potesse essere opera dello stesso uomo.

Guardando avanti, notò i segnaposti, ciascuno posizionato in corrispondenza di una macchia di sangue. Ce n’erano così tante. Doveva trattarsi di una ferita profonda. L’intervallo tra i segnaposti, diversi centimetri alla volta, le suggerirono un movimento rapido. La sistematicità delle distanze tra le bandierine, beh … quella aveva a che fare con un battito cardiaco.

Lasciare una traccia così evidente, che poteva essere analizzata proprio come una serie di impronte di pneumatico, non era assolutamente tipico del loro uomo. Non solo, ma la vittima non era morta dove lui l’aveva trovata. Questo era già di per sé un fatto insolito. Il loro assassino sceglieva accuratamente le sue vittime e per loro non c’era alcuna possibilità di fuggire né di essere scoperte. Le lasciava in bella vista, fidandosi del fatto che sarebbe già stato lontano prima che qualcuno si accorgesse della sua presenza.

No, Zoe non riusciva assolutamente a vedere la mano del loro uomo su questa scena. Seguì le tracce di sangue, a volte semplici gocce, altre volte pozze più grandi. I calcoli, che scorrevano come un fiume in piena davanti ai suoi occhi, le suggerirono il battito accelerato di un cuore stretto nella morsa del panico, una corsa a perdifiato, un passo falso qua e là. Le mani attorno alla ferita si strinsero dopo pochi passi, restringendo la portata del flusso sanguigno ai due lati ma senza interromperla del tutto; ogni tanto sgorgavano altre gocce, dando vita a uno schema particolarmente singolare.

Sebbene in questo punto il terreno fosse troppo asciutto e solido per mostrare impronte chiare di passi, Zoe riuscì comunque a individuarle in base alle ondate e alle pozze di sangue, uscito più pesantemente ogni volta che i piedi della donna si erano posati, scossi dall’impatto con il suolo. La sua gola era stata tagliata, facendo uscire il sangue dall’alto, lasciando che si raccogliesse secondo uno schema più ampio rispetto a quello che si sarebbe verificato se la ferita fosse stata più in basso. La quantità indicava una fuoriuscita arteriosa, non una semplice ferita superficiale. Non c’era da meravigliarsi che fosse morta. Ne era già uscito così tanto, e non era ancora nel bosco.

Il sangue le stava dando molte informazioni, quasi troppe da assimilare tutte insieme. La distanza: la donna era protesa in avanti durante la fuga, il suo corpo era inclinato, ma non abbastanza distante da terra come sarebbe stato il suo collo se fosse stata in piedi. Intervallo, velocità: molto veloce, la corsa di qualcuno che giustamente temeva per la propria vita. Due millimetri, tre centimetri, cinque centimetri. Tutte quelle lacune le raccontarono una storia di disperazione.E la perdita di sangue delineò anche un’immagine, litro dopo litro, che Zoe contò nella propria testa mentre proseguiva. Quasi due litri, ancora prima di entrare nel bosco.

Sotto la coltre di alberi le tracce divennero più evidenti, sebbene distorte dagli effetti della natura. Il paesaggio diventò tridimensionale, le macchie di sangue erano presenti anche sui tronchi degli alberi e sulle radici esposte, sulle rocce e sulle foglie basse. Non faceva alcuna differenza per i numeri, che continuarono comunque a dirle tutto. Effettuavano una modifica in base a un cumulo di terra sollevato di cinque centimetri, calcolavano la distanza dal suolo al collo della donna. Sapevano che non era assolutamente in posizione verticale. Il suo corpo era collassato in basso mentre si muoveva in avanti. Un litro e mezzo.

Zoe si rese conto che la donna aveva inciampato ed era caduta, rialzandosi poco dopo per continuare a scappare; ora stava quasi strisciando, camminava carponi cercando di allontanarsi ulteriormente. Le tracce di sangue erano diverse in questo punto, uscivano da una ferita che si trovava a soli trenta centimetri o meno dal suolo, più simile a un flusso che a uno schizzo. Niente più macchie a corona. Quasi due litri, poi poco più di due litri.

Infine era caduta, e Zoe abbassò lo sguardo in direzione degli occhi oscenamente aperti di una ragazza morta, la sua gola spalancata come se fosse un secondo sorriso, le sue mani strette in una presa mortale sui lembi di una maglietta strappata.

Zoe si accovacciò, ignorando il vice posizionato davanti al cadavere e anche la presenza di Shelley, che stava arrivando dietro di lei. Doveva leggere quelle tracce, comprenderne il significato, vedere tutto ciò che a chiunque altro sfuggiva. Era opera del loro uomo? O no?

La ragazza giaceva in posizione supina, ma le macchie di sangue accanto a lei le raccontarono un’altra storia. Si era spostata, oppure era stata spostata, alla distanza di un corpo; all’inizio era distesa sul ventre, le mani serrate in gola. Il sangue era fuoriuscito da entrambi i lati del collo, laddove la ferita non poteva essere chiusa, formando due pozze che si erano distribuite sotto di lei come macabre ali. Dalla sola larghezza delle pozze, insieme a ciò che aveva già visto, Zoe capì che era uscito troppo sangue perché chiunque potesse sopravvivere. Soltanto quelle “ali” ne contenevano un altro litro. Era morta dissanguata.

Ali… Zoe guardò più attentamente, i suoi occhi si spalancarono lentamente quando realizzò cosa stesse guardando. L’associazione simbolica delle pozze di sangue era quella di una macchia di Rorschach, uno schema all’interno di qualcosa che non era proprio uno schema. La macchia era quasi perfettamente simmetrica, proprio come una di quelle famose schede. Tutto questo aveva un significato, ne era sicura, lo sentiva. Significava qualcosa per lui.