Il Risveglio Del Killer

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CAPITOLO SEI

Il cellulare di Riley vibrò, mentre Blaine guidava diretto a Fredericksburg. Fu sorpresa e turbata vedendo chi la stava chiamando.

Si tratta per caso di un’emergenza? si chiese.

Gabriela non la chiamava mai soltanto per chiacchierare, e non aveva telefonato durante le loro due settimane al mare. Aveva soltanto inviato qualche messaggio a Riley, ogni tanto, per informarla che tutto andava bene a casa.

L’ansia di Riley aumentò, quando, rispondendo, avvertì una nota di preoccupazione nella voce di Gabriela …

“Señora Riley, quando sarà a casa?”

“Tra circa mezz’ora” Riley rispose. “Perché?”

La governante sospirò, per poi aggiungere …

“Lui è qui.”

“Chi?” fu la domanda di Riley.

Gabriela non rispose e Riley capì …

“Oh mio Dio” disse. “Ryan è lì?”

“Sí” Gabriela rispose.

“Che cosa vuole?” fu la nuova domanda di Riley.

“Non lo ha detto. Ma ha accennato che si tratta di una cosa importante. La sta aspettando.”

Riley pensò per un attimo di farsi passare Ryan al telefono. Ma cambiò subito idea: qualunque cosa Ryan volesse, sicuramente non avrebbe potuto discuterne al telefono in quel momento. Non con tutti lì presenti in auto.

Così rispose: “Digli che arriverò presto a casa.”

“Va bene”.

Messo fine alla chiamata, Riley rimase a guardare fuori dal finestrino del SUV.

Dopo un momento, Blaine disse: “Ecco … ti ho sentito parlare di …?”

Riley annuì.

Sedute dietro, ed immerse nella musica, le ragazze non avevano ascoltato nulla di quanto fosse era detto fino ad allora.

“Cosa?” April chiese. “Che cosa c’è?”

Riley sospirò e disse: “E’ tuo padre. E’ a casa e ci sta aspettando.”

April e Jilly sbottarono.

Jilly si lamentò: “Non potevi dire a Gabriela semplicemente di mandarlo via?”

Riley fu tentata di dire che avrebbe voluto tanto farlo, ma non sarebbe stato giusto assegnare alla donna quel compito.

Così rispose …

“Sai che non posso farlo.”

April e Jilly gemettero entrambe con sgomento.

Riley comprendeva benissimo come si sentissero le sue due figlie. L’ultima visita inaspettata di Ryan a casa loro era stata sgradevole per tutti, Ryan incluso. Il suo tentativo di ammaliare le ragazze, affinché gli permettessero di tornare nelle loro vite si era rivelato disastroso. April era stata fredda con lui, e Jilly si era dimostrata addirittura molto sgradevole.

Riley non poteva biasimarle.

Troppe volte ormai, Ryan aveva illuso entrambe di potersi ancora comportarsi da padre. Aveva deluso quelle speranze più volte e le ragazze non volevano avere niente a che fare con lui.

Che cosa vuole adesso? Riley si domandò, sospirando di nuovo.

Di qualunque cosa si trattasse, sperava che non avrebbe rovinato lo stato di buon umore in cui si trovavano tutti, dopo la vacanza che avevano appena fatto. Erano state due settimane piacevoli, nonostante l’incubo di Riley su suo padre. Da allora, aveva fatto del suo meglio per allontanare dalla mente la telefonata di Meredith.

Ma la notizia di Ryan sembrava aver innescato di nuovo i suoi pensieri cupi.

Un martello, pensò.

Qualcuno è stato ucciso con un martello.

Si disse che aveva fatto la cosa giusta a dire no al Capo Meredith. Inoltre, l’uomo non l’aveva più richiamata, il che sicuramente significava che non era affatto preoccupato dalla cosa dopotutto.

Probabilmente, non era nulla, pensò.

Soltanto un caso di cui la polizia del posto potrà occuparsi.

*

L’ansia di tutti aumentò, mentre Blaine accostava il suo SUV di fronte alla villetta di Riley. Una costosa Audi era parcheggiata di fronte. Si trattava naturalmente dell’auto di Ryan, ma Riley non ricordava se fosse la stessa auto che aveva l’ultima volta che era stato lì. Gli piaceva acquistare gli ultimi modelli, a prescindere dal costo.

Quando ebbero parcheggiato, Blaine esitò. Voleva aiutare Riley e le sue due figlie a portare i bagagli in casa, ma …

“Sarà strano?” chiese a Riley, che soffocò un gemito.

Naturalmente, pensò.

Blaine e Ryan si erano visti raramente, ma quegli incontri erano stati poco amichevoli, almeno da parte di Ryan. Blaine aveva fatto del suo meglio per essere gentile, ma Ryan si era dimostrato scontroso ed ostile.

Riley, April e Jilly riuscirono facilmente a portare i bagagli in casa tutti in una volta. Non avevano bisogno realmente dell’aiuto di Blaine, e Riley non voleva che Blaine si sentisse a disagio, eppure …

Perché diavolo Blaine dovrebbe sentirsi a disagio in casa mia?

Dire a Blaine e Crystal di andarsene non era una soluzione a questo problema.

Riley si rivolse a Blaine: “Venite dentro.”

Il gruppo portò tutti i bagagli in casa. Gabriela lo accolse alla porta, accompagnata dalla cagnolina di Jilly, Darby, un animaletto caratterizzato da grandi orecchie, che saltellò intorno a loro contenta, mentre Gabriela non sembrava così felice.

Mentre appoggiavano i bagagli all’entrata, Riley vide Ryan seduto in soggiorno. La sua ansia aumentò, vedendo che l’uomo aveva due valigie accanto a sé …

Ha intenzione di restare?

La gatta bianca e nera di April, Marbles, era sdraiata comoda sul suo grembo.

Ryan sollevò la testa, cessando di accarezzare la felina.

Sorrise debolmente e disse con voce piuttosto patetica …

“Una gatta e una cagnolina! Wow, che novità!”

Visibilmente infastidita, April tolse Marbles dal grembo di Ryan.

L’uomo ne rimase ferito, naturalmente. Ma, ancora una volta, Riley comprendeva bene lo stato d’animo di April.

April e Jilly si diressero verso le scale ma Riley le richiamò …

“Aspettate, ragazze. Non avete qualcosa da dire a Blaine e Crystal?”

Sembrando vergognarsi un po’ per la propria mancanza di buone maniere, le due sorelle ringraziarono Blaine e Crystal per la splendida vacanza che avevano passato insieme.

Crystal le abbracciò entrambe. “Ti chiamo domani” disse ad April.

“Ora portate le vostre cose con voi” Riley disse loro.

April e Jilly afferrarono obbedientemente le loro valigie. Jilly prese la maggior parte delle loro cose, visto che April teneva ancora Marbles con una mano. Poi, andarono di sopra, e Darby le seguì. Passarono pochi momenti ed il rumore delle porte delle loro camere che si chiudevano risuonò nella casa.

Gabriela guardò Ryan preoccupata, e si diresse al proprio appartamento.

L’uomo si volse verso Blaine e disse timidamente: “Ciao, Blaine. Spero che abbiate tutti avuto una buona vacanza.”

Riley spalancò la bocca per la sorpresa.

Sta provando ad essere gentile, pensò.

Ora era certa che dovesse esserci qualcosa di terribile in ballo.

Blaine rivolse a Ryan un breve cenno, e disse: “E’ stata grandiosa, Ryan. Tu come stai?”

Ryan scrollò le spalle e non disse nulla.

Riley era determinata a non lasciare che Ryan limitasse il suo comportamento.

Baciò gentilmente Blaine sulle labbra e disse: “Grazie per la meravigliosa vacanza.”

Blaine arrossì, ovviamente imbarazzato dalla situazione.

“Grazie a te, e alle tue ragazze” l’uomo rispose.

Crystal strinse la mano di Riley e la ringraziò.

Blaine mimò silenziosamente a Riley: “Chiamami dopo.”

Riley annuì, e Blaine e la figlia raggiunsero il SUV.

La donna fece un respiro profondo e si voltò a guardare l’unica altra persona rimasta in soggiorno.

Il suo ex-marito la osservò silenziosamente con occhi imploranti.

Che cosa vuole? si chiese ancora una volta.

Di solito, quando Ryan si faceva vedere, lei era immediatamente consapevole che fosse ancora un bell’uomo, un po’ più alto, grande e più atletico di Blaine, e sempre perfettamente pettinato e vestito. Ma, stavolta, era diverso in qualche modo: appariva trascurato, triste e distrutto. Non lo aveva mai visto in quelle condizioni.

Riley stava per chiedergli che cosa non andasse, quando l’uomo disse …

“Forse potremmo bere qualcosa?”

Riley guardò il suo volto per un istante. Era teso e giallastro. Si chiese …

Si è messo a bere ultimamente?

Ha bevuto qualche drink prima di venire qui?

Considerò brevemente di negargli tale richiesta, poi uscì dalla stanza raggiungendo la cucina, e versò del bourbon con ghiaccio per entrambi. Portò i bicchieri in soggiorno e sedette su una sedia di fronte a lui, aspettando che dicesse qualcosa.

Infine, con le spalle curve, disse con voce sommessa …

“Riley, sono rovinato.”

La bocca di Riley si spalancò.

Che cosa significa? si chiese.

CAPITOLO SETTE

Mentre Riley era seduta a fissarlo, Ryan ripeté quelle parole …

“Sono rovinato. Tutta la mia vita è rovinata.”

Riley ne fu scioccata. Non riusciva a ricordare l’ultima volta in cui lui si fosse espresso in un tono così sconfortato. L’arroganza e la sicurezza erano più nel suo stile.

“Che cosa vuoi dire?” gli chiese.

L’uomo fece un lungo e triste sospiro, per poi rispondere: “Paul e Barrett, mi vogliono fuori dallo studio legale.”

Riley non riusciva a credere alle proprie orecchie.

Paul Vernasco e Barrett Gaynor erano stati i partner di Ryan da quando i tre avevano fondato insieme lo studio. Per di più, erano stati gli amici più vicini a Ryan.

 

Lei chiese: “Che cosa è successo?”

Ryan alzò le spalle e disse con voce reticente: “Qualcosa che ha a che fare con la mia responsabilità con lo studio … non so.”

Ma Riley intuì che sapeva esattamente il motivo per cui lo stavano estromettendo.

E le ci volle poco per indovinare la ragione.

“Molestie sessuali” azzardò.

Ryan sussultò a quelle parole.

“Ascolta, è stato tutto un equivoco” replicò.

Riley dovette quasi mordersi la lingua per impedirsi di dire …

“Certo, scommetto che è così.”

Evitando lo sguardo dell’ex-moglie, Ryan proseguì: “Si chiama Kyanne, è una collega ed è giovane …”

Quando la sua voce si bloccò per un momento, Riley pensò …

Naturalmente è giovane.

Sono sempre giovani.

Ryan disse: “E pensavo che fosse una cosa reciproca. Dico davvero. Abbiamo iniziato a flirtare, entrambi, credimi. Poi, è successo che … beh, è andata da Paul e Barrett a lamentarsi di un brutto ambiente lavorativo. Hanno provato a gestirla con un accordo di riservatezza, ma lei non ha accettato. Nulla sarebbe bastato direi, tranne che io me ne andassi.”

Poi, divenne di nuovo silenzioso, e Riley provò a comprendere tutto ciò che l’uomo non aveva detto. Non era difficile ricostruire uno scenario ipotetico. Ryan si era fatto affascinare da una collega carina ed estroversa, forse una giovane ambiziosa intenzionata ad un’eventuale collaborazione.

Fin dove si è spinto Ryan? si domandò.

Dubitava che le avesse promesso una promozione in cambio di favori sessuali …

Lui non è quel tipo di uomo viscido, pensò.

E forse Ryan diceva anche la verità in merito all’attrazione reciproca, almeno all’inizio. Forse avevano persino avuto un rapporto consensuale. Ma, all’improvviso, le cose si erano guastate, e alla donna, Kyanne, non era piaciuto quello che stava accadendo tra loro.

Probabilmente con buona ragione, Riley immaginava.

Inevitabilmente Kyanne aveva pensato che il suo futuro nello studio legale fosse in qualche modo connesso al suo rapporto con Ryan, che era un socio dopotutto. Esercitava il potere nel loro rapporto.

Eppure, qualcosa a Riley proprio non tornava …

Disse: “Quindi, Paul e Barrett ti vogliono fuori? E’ la loro soluzione?”

Ryan annuì, e Riley scosse la testa, incredula.

Paul e Barrett non erano esattamente dei Boy Scout, e Riley aveva sentito per caso delle discussioni piuttosto volgari tra i tre partner nel corso degli anni. Senz’altro, sapeva che il loro comportamento non era migliore di quello di Ryan, forse anche di gran lunga peggiore.

Replicò: “Ryan, hai detto che lei non ha firmato un accordo di non divulgazione.”

Ryan annuì e prese un sorso del suo drink.

Con molta cautela, domandò: “A quanti accordi di non divulgazione per molestie sessuali hai lavorato negli anni?”

Ryan sussultò di nuovo, e Riley seppe che aveva colto nel segno.

Poi, aggiunse: “E Paul e Barrett, quanti accordi di non divulgazione hanno dovuto negoziare per se stessi?”

Ryan esordì: “Riley, preferirei non mettermi nei …”

“No, certo che no” Riley l’interruppe. “Ryan, sei stato il capro espiatorio. Lo sai, vero? Paul e Barrett stanno provando a ripulire l’immagine dello studio, facendo sembrare che applichino una politica di tolleranza zero nei confronti delle molestie. Sbarazzarsi di te è un modo per riuscirci.”

Ryan alzò le spalle e disse: “Lo so. Ma che cosa posso fare?”

Riley certamente non aveva una risposta. Non intendeva mostrarsi comprensiva con lui. Si era scavato la fossa da solo per anni. Nonostante ciò, odiava il tiro mancino che i soci gli avevano tirato.

Ma sapeva che lui non poteva farci proprio niente. Inoltre, c’era dell’altro che la preoccupava.

Annuendo verso le valigie, la donna chiese: “Per cosa sono queste?”

Ryan guardò i bagagli per un momento.

Poi, disse con voce spezzata: “Riley, non posso andare a casa.”

Riley fu percorsa da un fremito.

“Che cosa intendi?” gli chiese. “Hai perso la casa?”

“No, non ancora. E’ solo che …”

La voce di Ryan scemo, poi disse …

“Non posso affrontarlo da solo. Non posso vivere in quella casa da solo. Continuo a ricordare i bei momenti con te ed April. Continuo a ricordare quanto abbia rovinato tutto nel peggiore dei modi per tutti noi. Quel posto mi spezza il cuore, Riley.”

Tirò fuori il suo fazzoletto e si asciugò gli occhi. Riley era scioccata. Aveva raramente visto l’ex-marito in lacrime. Era quasi sul punto di piangere lei stessa.

Ma sapeva di avere un serio problema da risolvere al momento.

Disse allora con tono gentile …

“Ryan, non puoi restare qui.”

Ryan si accasciò sulla sedia, come un palloncino bucato. Riley avrebbe voluto che le sue parole non fossero state così dolorose. Ma doveva essere onesta.

“Ho la mia vita ora” disse. “Ho due ragazze da crescere. Ed è una bella vita. Io e Blaine abbiamo una relazione seria, davvero seria. Infatti …”

Fu quasi sul punto di rivelargli del piano di Blaine di ampliare la sua casa.

Ma no, sarebbe stato troppo, decise.

Così aggiunse: “Puoi vendere la nostra vecchia casa.”

“Lo so” Ryan disse, continuando a piangere a bassa voce. “Voglio farlo. Ma nel frattempo … proprio non posso viverci.”

Riley avrebbe voluto poter fare qualcosa per confortarlo, prendergli la mano, abbracciarlo, o dimostrargli conforto con un altro gesto fisico.

Era invitante, e parte dei vecchi sentimenti che nutriva per lui stavano riemergendo ma …

Non farlo, si disse.

Resta fredda.

Pensa a Blaine.

Pensa alle ragazze.

Ryan singhiozzava pateticamente. Con voce davvero agitata, disse …

“Riley, mi dispiace. Voglio ricominciare tutto daccapo. Voglio essere un buon marito e un buon papà. Senz’altro, posso farlo se … ci riproviamo.”

Continuando a mantenere una distanza fisica tra loro, Riley rispose …

“Ryan, non possiamo. E’ troppo tardi per questo.”

“Non è mai troppo tardi” Ryan pianse. “Andiamo via, noi due, rimettiamo insieme i pezzi.”

Riley ne rimase scioccata.

Non sa che cosa dice, pensò.

Ha un esaurimento nervoso.

Era certa che l’uomo avesse bevuto prima di raggiungerla.

Poi, con una risata nervosa, disse …

“Ci sono! Andiamo allo chalet di tuo padre! Non ci sono mai stato, riesci a crederci? Nemmeno una volta in tutti questi anni. Possiamo passarci qualche giorno e …”

Riley l’interruppe bruscamente: “Ryan, no.”

Lui rimase a fissarla, come se non potesse credere alle proprie orecchie.

Con tono più gentile, Riley disse: “Ho venduto lo chalet, Ryan. E anche se non fosse così …”

Poi, restò in silenzio per un momento, e continuò …

“Ryan, devi venire tu fuori da tutto questo. Vorrei poterti aiutare, ma non posso.”

Le spalle di Ryan si abbassarono e i singhiozzi si fecero più lievi. Sembrava stesse riflettendo sulle parole di Riley, che continuò: “Sei un uomo tenace, intelligente ed intraprendente. Puoi venirne fuori. So che puoi. Ma non posso aiutarti. Non sarebbe giusto per me, e, se sei onesto con te stesso, sai che non farebbe bene nemmeno a te.”

Ryan annuì tristemente.

“Hai ragione” disse, con voce più ferma ora. “E’ un mio casino e devo sistemarlo io. Mi dispiace di averti disturbata. Ora vado a casa.”

Quando l’ex-marito si alzò in piedi, Riley disse …

“Aspetta. Non sei in condizioni di guidare fino a casa. Lascia che ti accompagni. Puoi tornare a prendere la tua auto quando starai meglio.”

Ryan annuì di nuovo.

Riley tirò un sospiro di sollievo: non aveva dovuto litigare per convincerlo, mentre temeva di dovergli strappare le chiavi della sua auto dalle mani con la forza.

Riley osò infine prenderlo per il braccio, guidandolo fino alla sua auto. L’uomo sembrava davvero aver bisogno del suo sostegno fisico.

Restarono entrambi in silenzio durante il tragitto. Quando accostarono davanti alla grande e bella casa che una volta condividevano, Ryan riprese: “Riley, c’è qualcosa che vorrei dirti. Io … io penso che tu sia stata davvero brava. E ti auguro ogni bene.”

Riley sentì un nodo in gola.

“Oh, Ryan …” iniziò.

“No, per favore, ascoltami, perché è una cosa importante. Io ti ammiro. Hai fatto tante cose grandiose. Sei stata una grande mamma per April, ed hai adottato Jilly, e stai iniziando una nuova relazione, e posso dire che è un uomo favoloso. E tutto mentre svolgi il tuo lavoro, fermi i cattivi, salvi vite. Non so come tu ci sia riuscita. La tua vita è completa.”

Riley ne fu profondamente sorpresa e turbata al contempo.

Quando era stata l’ultima volta che Ryan le aveva detto una cosa simile?

Non aveva proprio idea di che cosa dire.

Con suo sollievo, Ryan uscì dall’auto senza aggiungere altro.

Riley restò a fissare la casa, mentre Ryan entrava. Empatizzava davvero con lui. Non riusciva ad immaginare di affrontare quella casa da sola, non con tutti i ricordi che conteneva, belli o brutti.

E quelle parole che lui aveva detto …

“La tua vita è completa.”

Sospirò e mormorò ad alta voce …

“Non è vero.”

Era ancora difficile per lei, crescere due ragazze mentre svolgeva un lavoro intenso e spesso pericoloso. Era attratta in troppe direzioni, aveva troppi impegni, e non aveva ancora imparato a gestire tutto.

Sarebbe sempre stato così?

E che posto avrebbe occupato Blaine?

Un matrimonio felice era possibile per lei?

La spaventava l’idea di potersi ritrovare come Ryan un giorno.

Poi, si allontanò dal luogo in cui aveva vissuto, e guidò fino a casa.

CAPITOLO OTTO

Riley andava avanti e indietro sul pavimento del suo soggiorno.

Si disse che avrebbe dovuto provare a rilassarsi ora, che aveva imparato tutto sul rilassarsi durante la sua recente vacanza. Ma, rifletttendo, si ritrovò a ricordare quello che il padre le aveva detto nell’incubo …

“Sei una cacciatrice, come me.”

Ma, senz’altro, non si sentiva una cacciatrice al momento.

Piuttosto come un animale in gabbia, pensò.

Era appena tornata a casa, dopo aver accompagnato le figlie a scuola per il loro primo giorno. Jilly era felice di poter finalmente frequentare lo stesso liceo di sua sorella. I nuovi studenti e i loro genitori presero parte al consueto benvenuto nell’auditorium, poi fecero un rapido giro delle aule degli studenti. April era riuscita a raggiungere Riley e Jilly per il giro.

Sebbene Riley non avesse avuto la possibilità di parlare ad ognuno degli insegnanti, era almeno riuscita a salutare e a presentarsi come madre di Jilly e far conoscere April come la sorella. Alcuni dei nuovi insegnanti di Jilly avevano conosciuto April negli anni passati e ne avevano un buon ricordo.

Quando Riley aveva voluto andare in giro per la struttura dopo l’orientamento, entrambe le ragazze l’avevano presa in giro.

“A fare che?” April aveva chiesto. “Andare a tutte le lezioni di Jilly?”

Riley aveva detto che forse avrebbe voluto farlo, provocando un lamento di disperazione di Jilly.

“Ma-a-mma! Sarebbe così poco fico!”

April aveva riso e detto: “Mamma, non fare la chopper.”

Quando Riley chiese che cosa fosse un “chopper”, April la informò spiegandole che quella parola significava “genitore elicottero.”

Uno di quei termini che dovrei imparare, Riley pensò.

Comunque, Riley aveva rispettato l’orgoglio della figlia minore ed era tornata a casa. Gabriela era andata a pranzo con uno dei suoi numerosi cugini, per poi andare a fare la spesa.

Devo reagire, pensò.

Riley andò in cucina a prepararsi uno spuntino. Poi, si costrinse a sedere in soggiorno e accese la tv. Le notizie erano deprimenti, perciò passò ad una soap opera diurna. Non conosceva affatto la trama ma era divertente, almeno per un po’.

Tuttavia presto la sua attenzione scemò, e si trovò a pensare a quello che Ryan aveva detto durante la sua tremenda visita, quando era tornata dalla spiaggia …

“Non posso affrontarlo da solo. Non posso vivere in quella casa da solo.”

 

Al momento, Riley aveva una precisa idea di come si sentisse.

Lei e il suo ex-marito erano più simili di quanto volesse ammettere?

Provò a convincersi del contrario. A differenza di Ryan, si prendeva cura della sua famiglia. Più tardi quel giorno, le ragazze e Gabriela sarebbero state tutte a casa e avrebbero cenato insieme. Forse questo weekend Blaine e Crystal si sarebbero uniti a loro.

Quel pensiero le ricordò che Blaine si era mostrato un po’ riservato nei suoi confronti dopo l’incontro con Ryan. Riley ne comprendeva bene il motivo. Non aveva voluto parlare con Blaine di quella visita, sembrandole una questione troppo intima e personale, ed era solo naturale che Blaine si sentisse a disagio.

Il suo primo impulso fu di chiamarlo immediatamente, ma sapeva che Blaine stava dei mando molto tempo al suo ristorante dopo la fine della vacanza.

Perciò, Riley era lì e si sentiva terribilmente sola nella sua stessa casa …

Proprio come Ryan.

Non poté fare a meno di sentirsi un po’ in colpa verso l’ex-marito, sebbene non riuscisse a comprenderne la ragione. Non aveva alcuna colpa di quanto stava andando male nella vita dell’uomo. Tuttavia, avvertiva il forte desiderio di chiamarlo e scoprire come stesse, forse dispiacersi un po’ con lui. Ma, naturalmente, si trattava di un’idea incredibilmente stupida. L’ultima cosa che doveva era dargli dei falsi segnali, inducendolo a sperare che potessero tornare di nuovo insieme.

Mentre i personaggi della soap opera litigavano, piangevano, si schiaffeggiavano e andavano a letto tra loro, un pensiero si fece largo nella mente di Riley.

Talvolta, la sua vita a casa, la sua famiglia e i suoi rapporti non le sembravano più reali di quello a cui stava assistendo alla tv. La presenza effettiva dei suoi cari tendeva a distrarla dal suo profondo senso di isolamento. Ma persino qualche ora da sola in casa era sufficiente a ricordarle dolorosamente di quanto si sentisse sola dentro.

C’era uno spazio vuoto dentro di lei che poteva riempire soltanto con …

Cosa, esattamente?

Il lavoro.

Ma quanto contava il suo lavoro, per se stessa o per gli altri?

Ancora una volta, ricordò una frase pronunciata dal padre in quell’incubo …

“E’ una dannata vita folle quella che hai, cerchi giustizia per gente che è già morta, quindi proprio chi non ha più bisogno di giustizia.”

Lei si chiese …

Questo è vero?

Quello che faccio è davvero inutile?

No, era ovvio: spesso fermava assassini che certamente avrebbero colpito di nuovo, se avessero potuto.

Salvava vite, alla fine, più di quante riuscisse ad immaginare.

Eppure, per far sì che lei potesse avere un lavoro da svolgere, qualcuno doveva uccidere, e qualcuno doveva morire …

Comincia sempre con la morte.

E, il più delle volte, i suoi casi continuavano ad ossessionarla e perseguitarla persino dopo che erano stati risolti, dopo che gli assassini venivano uccisi o consegnati alla giustizia.

Spense il televisore, che ora la stava soltanto irritando. Poi, tornò a sedersi, chiuse gli occhi e pensò al suo caso più recente, quello di un serial killer in Georgia.

Povera Morgan, pensò.

Morgan Farrell era la moglie di un uomo ricco ma violento. Quando era stato brutalmente accoltellato a morte nel sonno, Morgan era sicura di essere la colpevole dell’omicidio, sebbene non riuscisse a ricordare di aver commesso il fatto. Era sicura di averlo dimenticato, per via delle pillole e dell’alcol.

Ed era stata orgogliosa di quello che credeva di aver commesso. Aveva persino chiamato Riley al telefono per dirglielo …

“Ho ucciso il bastardo.”

Morgan era innocente, in realtà. Un’altra donna folle aveva ucciso il marito di Morgan, ed altri mariti ugualmente violenti.

La donna, vittima anche lei dell’ultimo marito, aveva deciso di farsi giustizia da sola e di farne una missione, diretta a liberare le altre donne dal dolore. Riley l’aveva fermata prima che uccidesse erroneamente un uomo, la cui unica colpa era di amare la moglie, disturbata e delirante.

Riley rivisse la scena nella sua mente, dopo aver lottato contro la donna a terra, e averle messo le manette …

“Adrienne McKinney, è in arresto.”

Ma Riley si ritrovò a chiedersi …

E se tutto fosse finito in maniera diversa?

E se fosse stato possibile salvare un uomo innocente, spiegare alla donna l’errore che aveva commesso, per poi semplicemente lasciarla andare?

Lei avrebbe continuato ad uccidere, fu la sua conclusione.

E gli uomini che aveva ucciso avrebbero meritato di morire.

Allora che tipo di giustizia aveva servito davvero quella volta?

La disperazione si impadronì di Lei al ricordo delle parole del padre …

“E’ una vita dannatamente folle e inutile quella che hai.”

Da un lato, stava disperatamente provando a vivere la vita di una madre che cresceva due figlie e quella di una donna innamorata di un uomo che sperava di sposare. A volte, quella vita sembrava davvero funzionare per lei, e sapeva che non avrebbe mai cessato di continuare così.

Ma, non appena si ritrovava da sola, quella vita ordinaria sembrava irreale.

Dall’altro lato, invece, lottava contro orribili ostacoli per abbattere i mostri. Il suo lavoro era fondamentale per lei, sebbene troppo spesso cominciava e terminava in pura futilità.

In quel momento Riley si sentiva molto triste. Sebbene fosse presto, fu tentata di versarsi da bere. Mentre combatteva quella tentazione, il suo telefono squillò. Quando vide chi la stesse chiamando, trasse un enorme sospiro di sollievo.

Questo era reale.

Aveva del lavoro da fare.

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