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Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 2

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Calvisio (Seto), e propriamente Calwitz, musico dottore nella scuola di San Tommaso in Lipsia, nato nella Turingia nel 1556, e morto a Lipsia nel 1617, è molto famoso per i suoi talenti in musica, per la sua erudizione nella cronologia e nella lingua latina. Nel 1592, pubblicò egli: Melopœia, sive melodiæ componendæ ratio, quam vulgo musicam practicam vocant. Questo libro è per così dire, tutto d'oro, secondo il Brossard, e il migliore di tutti quanti trattano a quell'epoca della composizione a più parti. Vi ha fra le altre cose un'eccellente prefazione nella quale dopo aver fatta vedere la differenza della musica degli antichi greci, e latini da quella del suo tempo, egli afferma che la musica a più parti non si cominciò a introdurre che circa il 1300. Abbiamo inoltre di quest'autore un'opera su la musica, intitolata: Exercitatio musica, etc. Lipsiæ 1611. Calwitz fu uno de' primi a adottare e commendar l'uso delle sette sillabe a dinotare le sette note della scala, per così evitare la sconvenienza delle mutazioni nell'antica maniera di solfeggiare. Walther dà dei dettagli bastanti per quel che riguarda i suoi talenti e le sue produzioni in musica, ma bisogna ancora aggiungervi le seguenti opere, cioè: 1. De initio et progressu musices, et aliis quibusdam ad eam rem spectantibus exercitatio praemisso praelectioni musicae, in ludo Senatus Lipsiensis ad D. Thomam, Lipsiae, 1600 in 8º. Quest'opera contiene i principali avvenimenti della storia della musica ben seguiti ed esattissimamente sviluppati. 2. Exercitationes musicae tres de praecipuis in arte musicâ quaestionibus institutae, Lipsiae 1611, in 8º. 3. Il 115º salmo per dodici voci in tre cori, Lipsia, 1615 in fol. 4. I salmi di Davide posti in canto da prima dal fu Mr. Cornelio Becker, e ridotti a quattro voci da Seto Calwitz, Lipsia 1617, in 8º, e molte altre composizioni per chiesa.

Calvoer (Gaspare), nato a Hildesheim li 8 novembre 1650, morto nel 1725, sovrintendente a Clausthal. Oltre la piccola opera intitolata: De musicâ ac sigillatim de ecclesiasticâ eoque spectantibus organis, Lipsiæ 1702, in 4º, di cui parla Walther, ha trattato ancor della musica di chiesa nel vol. 2º del suo Rituale ecclesiasticum. Scrisse eziandio l'introduzione alla temperatura pratica di Sin, che contiene alquanti arcani della musica, e che si trova ancora nel Vorhemache der gelehrsamkeit: ossia gabinetto di erudizione di Falsio, pag. 567 – 624. Fu ancora Calvoer che incoraggiò e sovvenne il giovane Telemann, per fargli proseguire la carriera musicale, che egli senza lui avrebbe abbandonata.

Cambini (Giuseppe), nato in Livorno verso il 1750, si stabilì a Parigi dopo il 1770. Nella sua giovinezza ebbe la riputazione di eccellente violinista. Le sue opere impresse sono: Cinque dozzine di sinfonie; dodici dozzine di quartetti concertanti pel violino: più opere di trio, duetti e di sonate sì per violino, come per il forte-piano, il flauto e 'l violoncello. La sua musica instromentale è stata ricercata dagli amatori all'epoca della sua pubblicazione; la cantilena ne è amabile e corretta la composizione. Cambini non si è limitato a comporre solo della musica, egli pubblicò nel 1788, diversi solfeggi, di una difficoltà che va per gradi, per l'esercizio del fraseggiare, dello stile e dell'espressione, con alcune necessarie osservazioni ed un basso in cifre per l'accompagnamento. Si dice ch'egli abbia in manoscritto un suo Trattato di composizione, che studiato aveva sotto il pad. Martini.

Campbell (dottor), professore di medicina in Edimburg, pubblicò ivi nel 1777 una sua opera col titolo: De musices effecta in doloribus leniendis aut fugiendis. Il dr. Lichtenthal la cita con elogio nel suo Trattato dell'influenza della musica sul corpo umano (Milano, 1811).

Campion, membro dell'Accademia di musica di Parigi, sul principio del secolo 18º, diè al pubblico un Trattato di accompagnamento e di composizione secondo la regola delle ottave di M. Maltot, suo predecessore nel posto all'Accademia.

Campioni (Carlo-Antonio), maestro di cappella del gran duca di Toscana dopo il 1764 viveva da prima in Livorno, d'onde fece incidere in Londra i suoi trio per violino. Facevasene allora così gran conto che furon contraffatti in Olanda e in Germania. Divenuto maestro di cappella travagliò per la chiesa. Nel 1767, compose un Te Deum che fu eseguito da un'orchestra di dugento persone. Egli possedeva una delle più belle collezioni di musica vocale de' maestri del secolo 16º, e 17º (V. Burney t. 1.).

Camprà (Andrea), nato a Aix nella Provenza nel 1660, fu successivamente maestro di musica delle cattedrali di Tolone, di Arles, di Tolosa e venne nel 1694 in Parigi, ove fu ricevuto maestro di cappella della cattedrale. Dopo avere lungamente goduta la più grande riputazione, morì a Versaglies nel 1744 in età di 84 anni. “Due uomini, dice l'ab. Laugier, si sono particolarmente distinti nella composizione de' religiosi nostri cantici; Camprà e la Lande. Camprà uno de' più bei genj per la musica, che siano ormai comparsi, tutto dovette alla natura, e non gli fu d'uopo di studio se non per lo sviluppo di tutte le molle di sua brillante immaginazione. La Lande men felicemente nato per giugnere alla perfezione, fu obbligato a spianarsene il cammino mercè un'assidua ed ostinata fatica. Il primo, più fecondo e più ardito, fu alcuna volta il bersaglio della troppo grande sua facilità. Il secondo, più riserbato e più saggio, fu sovente troppo schiavo della severa sua correzione. Camprà, spirito vivace e leggiero, non si diè mai la pena di limare e finir le sue opere; tutto vi comparisce tocco al primo colpo; ma con un sì prodigioso naturale, che si crederebbe i suoi canti essersi fatti da per loro medesimi, e che per comporli, egli non ha avuto bisogno che scriverli. La Lande, spirito lento e riflessivo, nulla ha prodotto che non sia travagliato all'estremo; si sente che egli ha ritoccato più volte, che non è riuscito se non a forza di studio e di pazienza. Camprà non è stato pressochè mai mediocre: o è sublime, o è piano: o niente egli esprime, o esprime divinamente, è un fuoco che scintilla e si estingue; egli ha dei slanci che incantano e dei sdrucciolamenti che rivoltano; quand'egli ha delle grazie, le ha tutte; quando piace, niuno quant'egli. La Lande, più sostenuto, è molto uguale a se medesimo; egli non è abitualmente sublime, e non è mai pur basso: la natura non sempre il serve bene, l'arte mai l'abbandona: trovansi di raro in lui que' pezzi amabili, che Camprà rende così ingenui e così toccanti quando gli riesce di far bene; ma non vi si scorgono, come in cotesto, di que' luoghi comuni e triviali, che sono il supplizio delle orecchie delicate. Il carattere di la Lande è più serio: quel di Camprà è più ridente: la musica del primo è sempre più dotta; quella del secondo è abitualmente più vera. La Lande è un artista che maggiormente si stima; Camprà è un seduttore che infinitamente fa amarsi.” (Apologie de la musique p. 122). Passa quindi l'ab. Laugier a far l'analisi della musica dei Salmi composti da Camprà. “Evvi, egli dice, un'immagine più nobile delle grandezze di Dio, quanto il Quis sicut Dominus del suo Laudate pueri? un'espressione più forte della di lui onnipotenza, quanto il Conturbatæ sunt gentes, grandioso magnifico coro del Deus refugium? una più ardita insinuazione della confidenza che Dio inspira, quanto il Propterea non timebimus del medesimo salmo? un quadro più soave delle sue bontà come il Memoriam fecit del Confitebor? una rappresentazion più naturale della fuga miracolosa delle onde in presenza di Mosè, come il Mare vidit et fugit dell'In exitu? e cento altri ammirabili luoghi, che dico? anzi inducenti alla disperazione per tutti coloro che hanno a percorrere la stessa carriera, ec.” (ibid.)

Cannutiis (Pietro de), di Potenza nel regno di Napoli de' frati minori conventuali, e professore di musica su la fine del 15º secolo; da Tevo e da Martini viene annoverato tra gli autori di musica, perchè nel 1501, pubblicò egli in Firenze un trattato col titolo di Regulæ florum musicæ (Walther).

Canovio (Alessandro), uno de' più dotti italiani che nel 15º secolo coltivarono la teoria musicale: scrisse su i principj specolativi di quest'arte, che manoscritti conservansi nella biblioteca dell'Istituto di Bologna, e di cui fan menzione Haym e Fontanini nella loro Biblioteca italiana. Un altro dello stesso nome Canovio assai più recente fece imprimere verso il 1780, in Parigi sei duetti per flauto e violino, ed altrettanti in Venezia.

Cantemiro (Demetrio), principe di Valachia al servigio di Pietro il Grande imperator delle Russie, celebre per le vaste sue cognizioni nelle scienze, è stato direttore dell'Accademie di Pietroburgo. Egli morì nelle sue terre d'Ucrania in molta stima presso a' suoi sudditi nel 1723. Tra le molte di lui opere vi è ancora un'Introduzione alla musica turca, stampata in lingua moldava; e nella sua Storia compita della Turchia egli dice di essere stato il primo ad introdurre nel 1691, le note della musica presso i Turchi in Costantinopoli, e che egli ha formato non solo una collezione di canzoni turche, ma anche un'istruzione su la musica di questa nazione. Quest'ultima, come ce lo assicura Mr. Reichardt, si è perduta nel mare; ed in quanto alle note, niun Turco oggidì ne ha la menoma cognizione (V. Hunstmagazin).

Capella (Marziano Mineo Felice), nato in Africa, viveva in Roma verso l'anno 490 di G. C. onorato come si crede, della dignità proconsolare. Egli fu uno de' pochi latini scrittori della greca armonia: il suo barbaro poetico-prosaico, e greco-latino linguaggio, e la sua affettata e dura collocuzione sono manifesti indizj di aver egli scritto in assai barbari tempi. Coll'occasione di qualche maritaggio (per quanto pare del suo scritto) della primaria nobiltà, compose egli le Nozze della Filologia, nel cui nono libro dà un compendio degli scritti armonici di Aristide Quintiliano. Egli scrisse da poeta non mai da armonico, comeché il di lui compendio non sia privo dell'intelligenza dell'arte. Meibomio ha dato questo suo libro di Musica nella raccolta dei Greci Musici alla fine del secondo tomo, a Amsterdam 1652, in 4º. Marciano mette in bocca d'una Dea il suo ragionamento dell'armonia, benchè questa s'ignorasse allora dai mortali. La divisione della battuta in otto parti non si trova che in questo scrittore, quantunque non sia aliena da' Greci pratici: del rimanente costui nulla ha di nuovo, e detta il sistema equabile de' Greci tale, quale si trova nel primo libro di Aristide. L'erudizione da lui raccolta alla pag. 177 di quella edizione, sopra i prodigj adoperati dalla musica, deve considerarsi come una finzion da poeta: manca in questi l'esattezza storica e regna l'iperbole da per tutto. Pur nondimeno tutta l'enciclopedia de' secoli barbari consisteva in questo libro delle Nozze filologiche, ossia Trattato delle sette Arti liberali di Capella, come espressamente lo dice Gregorio di Tours nel libro decimo della sua storia.

 

Capelli, compositore italiano de' nostri giorni, ha scritto la musica del dramma di Achille in Sciro, e quella del salmo 116º in latino a quattro voci, con molte altre ariette e cantate. Nel 1783, comparve di lui nel pubblico una canzonetta di Metastasio con accompagnamento di un Violino, e nella Gazzetta di musica di Bossler, trovasi in oltre di sua composizione una scena di un'opera italiana, per un soprano, in partitura.

Capocino (Alessandro), nato nel ducato di Spoleto, viveva in Roma nel 1620, ove ha egli scritto cinque libri di musica. (V. Joecher)

Capranica (Cesare), maestro di musica in Roma sulla fine del secolo 16º, diè quivi al pubblico: Brevis et accurata totius Musicæ notitia, Romæ 1591, in 4º. Quest'opuscolo poco interessante fu ristampato in Palermo nel 1702, per opera di don Vincenzo Navarra prete beneficiato della cattedrale, con alcune di lui correzioni. Della stessa famiglia Capranica di Roma troviamo ne' Viaggi musicali di Burney, (tomo 11), una giovine cantatrice Rosa di nome, allieva della Mingotti, dopo il 1773, a Monaco al servigio dell'elettor di Baviera. Essa veniva allora da Roma, e cantava con una straordinaria nettezza; e di una maniera molto aggradevole.

Caprara, maestro di cappella dell'imperatore in Vienna, nel 1736 vi dirigeva al teatro di quella città una numerosa orchestra de' migliori musici.

Caramuele de Lobkowitz (Giovanni), dottore e professore in teologia, vescovo di Vigevano, dell'ordine de' Cisterciensi, nato a Madrid nel 1606, oltre a molte sue opere di altro argomento una ven'ha pubblicata in Roma su la musica, ella ha per titolo: Arte nueva ec. cioè Nuova arte della musica inventata da san Gregorio nel 600; corretta l'anno 1026 da Guido Aretino; restituita alla primiera sua perfezione l'anno 1620, da Fr. Pietro de Urenna, ora ridotta a questo breve compendio, l'anno 1644, in 4º, Roma. La stessa opera è stata impressa ancora in Vienna nel 1745. Chi ne brama ulteriori dettagli, potrà consultare Walther e Arteaga, tom. I, cap. 4, pag. 203.

Carapella (Tommaso), maestro di cappella in Napoli verso il 1700. Il P. Martini nella sua Storia parla vantaggiosamente del di lui stile madrigalesco. In Napoli si è stampata nel 1728 una collezione di cantate a 2 voci composte da questo autore.

Carbasus (L'abbate). Nel 1739, comparve sotto questo nome un opuscolo in 12º, col titolo di Lettre sur la mode des instrumens de musique: M. de Boisgelou riguardava come pseudonimo quest'autore.

Carbonel (Gius. Franc. Narcisso), figliuolo di Giuseppe Natale Carbonel inventore di uno stromento detto galoubet, e morto nel 1804, nacque in Vienna d'Austria nel 1773. Allorchè i suoi parenti vennero a Parigi egli non aveva più di cinque anni: suo padre insegnogli gli elementi della musica, ed allorchè si stabilì la scuola reale del canto verso il 1783, egli fu del numero de' ragazzi scelti per entrarvi, e vi proseguì in una maniera più estesa, i suoi studj musicali. Fu anche del numero di coloro, le di cui felici disposizioni dando delle speranze, meritarono delle pensioni. Benchè allievo, egli esiggeva 400 lire per anno. Aveva allora una graziosa voce di soprano, e cantava in tutte le messe solenni eseguite nelle chiese di Parigi: a quest'epoca cantò tre volte sin nella cappella del re, ove i capi della scuola reale desideravano di farlo sentire. Egli fu allievo nella scuola di Gobert per il cembalo; di Rodolphe e di Gossec per l'armonia e la composizione; di Piccini, Langlé e Guichard per il canto. Verso il 1787, egli fece eseguire al Concerto Spirituale una scena di sua composizione (la Morte del principe Leopoldo di Brunswick). Egli stesso cantovvi la prima aria con la sua voce di soprano; ma nello spazio de' due pezzi che cantavano Rousseau e Chardini, la commozion naturale a un ragazzo di quattordici anni produsse in lui tale rivoluzione, che affrettò il cambiamento della sua voce, e senza avere provato altro effetto della mutazione, cantò egli il trio che termina la scena, metà in voce di soprano, metà in voce di tenore. Dopo quest'epoca non ha conservati che de' tuoni medj bastanti per dare le sue lezioni come professore di canto. Tra gli allievi ch'ha formati in Parigi, vi si distingue Mad. Scio celebre attrice del teatro Feydeau. Carbonel è autore di più scene ed oratorj eseguiti nel Concerto Spirituale, e di tre opere di sonate per il piano-forte stampate con altri pezzi separati in Parigi.

Carcani (Giuseppe), maestro di cappella agl'incurabili in Venezia, nato a Crema nella terra ferma, cui propose il medesimo Hasse per suo successore, allorchè lasciò quel posto per rendersi a Dresda. Si conservano ancora molte di lui composizioni: nel 1742, egli compose l'opera Amleto per il teatro di Venezia. Egli fu uno de' primi, secondo il Carpani, a scrivere delle sinfonie in Italia, secondo l'uso di allora, a primo e basso e non più. (V. letter. 1.)

Caresani (Cristofaro), organista nella real cappella di Napoli verso il 1680, viene annoverato tra i migliori compositori del suo tempo. I suoi duetti, che comparvero nel 1681, sono singolarmente pregiatissimi: i terzetti o solfeggi, esercizj a tre voci su gl'intervalli della scala che le vanno appresso, dovrebbono essere in tutti i conservatorj e in tutte le scuole di canto. Mr. Choron li ha inseriti nel libro IIº de' Principj della Composizione delle scuole d'Italia, Parigi 1808.

Carestini (Giovanni), detto il Cusanino, dalla famiglia dei Cusani di Milano, che lo prese sotto la sua protezione dall'età di dodici anni, nacque a Monte-Filtrano nella Marca di Ancona, e brillò quasi per quarant'anni su la scena, come uno de' primi cantanti. Dal 1733 sino al 1735, cantò in Londra sotto Hendel; fu quindi a Parma, d'indi a Berlino nel 1754. L'anno di poi fu finalmente a Pietroburgo, nel teatro dell'opera sino nel 1758, che fu l'anno medesimo in cui fè ritorno alla sua patria per gustarvi il riposo, ma poco tempo dopo egli vi finì di vivere. Hasse ed altri gran maestri dicevano che nulla erasi inteso quando non si fosse inteso il Carestini. Non ostante la sua gran perfezione, ei studiava continuamente, e un giorno rispose ad un amico che avendolo sorpreso in tale occupazione, glie ne mostrò la sua sorpresa: Come volete che io soddisfaccia altrui, se io non so soddisfare me stesso. Egli aveva nel medesimo tempo l'azione così perfetta, che unita alla sua bella figura, sarebbe stata sola bastante per renderlo famoso. Quantzio parlando di lui, così s'esprime: “Aveva egli una delle più forti voci di contralto; saliva dal re sino al sol: era inoltre sommamente esercitato ne' passaggi che egli eseguiva a via di petto, conforme a' principj della scuola di Bernacchi, e della maniera di Farinelli. Era egli assai ardito, e spesso felicissimo nelle variazioni.” In Dresda e a Berlino fu principalmente ove si perfezionò nell'esecuzion dell'adagio.

Carilles (Pasquale), nato in Madrid nel 1770, fu allievo di Manuele Carilles suo padre, violinista della cappella reale di S. M. Cattolica. I suoi grandi progressi sul violino lo fecero entrare ne' suoi più freschi anni presso la duchessa di Ossuna sino al 1788. Egli occupò nello stesso tempo il posto di violinista al teatro del Los canos del Peral, come nella real cappella di Lasdelcalzas. Da quest'epoca sino al 1792, percorse la Spagna: al suo ritorno in Madrid, fu successivamente primo violino della musica del fratello del duca di Medina-Celi, e di quella della Duchessa madre di Ossuna. Nel 1793 portossi in Lisbona, e percorrendo nuovamente la Spagna nel 1797, il suo talento interamente formato gli attirò tutti i suffragj: visitò ancora l'Olanda e l'Inghilterra, ma in Francia la vanità e la millanteria di essersi spacciato in tutte le compagnie di Parigi come il primo violino del mondo, fecelo sfigurare alcun poco. Invitato a sonare il primo di un quartetto di Haydn, in compagnia di Kreutzer, Rode e Lamarre, questi tre bravi artisti postisi a gara a chi meglio di loro adornava le sue parti, lo misero in tal disordine che il povero Carilles restò compiutamente smarrito, e bisognò tornarsene prestamente in Ispagna. Ma nel 1800, fecesi sentire con applauso e con buon successo a Bordeaux, a Tolosa, a Marsiglia, a Lione e finalmente in Parigi sul teatro dell'Accademia; egli si è ora stabilito a Nantes, ed applicato a tenere scuola, forma continovamente degli allievi che gli fanno onore.

Carissimi (Giacomo), maestro della cappella pontificia e del collegio di Roma verso il 1609, fu riguardato in tutta l'Europa come il più valente compositor del suo secolo, ed egli ha conservata cotesta riputazione nelle generazioni di appresso. Carissimi fu il maestro di Cesti, di Scarlatti, di Bononcini, di Bassani e di più altri. A lui attribuiscono generalmente gl'Italiani l'attuale modificazione del recitativo, che Caccini, Peri e Monteverde avevano veramente trovato prima, ma a cui non avevano data ancora che imperfetta forma. Carissimi il perfezionò dandogli un canto più facile, più naturale, e vie più ravvicinandolo all'accento del parlar familiare. Egli fu eziandio il primo che diè qualche movimento ed alcune figure al basso, fino allora assai pesante e monotono; idea di cui in appresso si servì Corelli con tanto successo nelle sue composizioni. Fu ancora egli il primo ad unire e introdurre nelle chiese l'accompagnamento della musica instrumentale ne' mottetti; e si dà anche per certo essere egli stato il primo inventor delle cantate: pare pur nondimeno che egli abbia cominciato soltanto a servirsene per la chiesa e per soggetti sacri. Le più celebri fra le sue cantate sono il Giudizio di Salomone ed il Sacrifizio di Gefte. Si fanno generalmente grandi elogi de' suoi mottetti, e si cita particolarmente quello che comincia, Turbabuntur impii: Galuppi facevane grande stima. Il suo stile era dolce, fluido, senza che perciò fosse men sublime e men nobile. Signorelli dice che quando egli veniva lodato per la facilità del suo stile, rispondeva: Ah! questo facile quanto è difficile!

Carlenças (Giovenale de), autore di un'opera intitolata: Essai sur l'histoire des belles lettres, des sciences et des arts, 4 vol. in 8º, 1751. Quest'è una storia ristretta dello spirito umano, un colpo d'occhio sopra le scienze, e sopra l'arti d'eloquenza, della poesia, della musica ec. “Esaminare, dice l'autore de la Nouvelle Bibliothèque d'un homme de goût, (Paris 1808, tom. 4), esaminare senza veruna eccezione ciascuna scienza, ciascun'arte in particolare, darne da prima un'idea giusta, chiara, e precisa, fissare ad epoche certe la loro origine, i loro progressi, la lor decadenza, il loro risorgimento; seguirle presso tutti i popoli che le han coltivate, e fare il carattere di tutti quegli che vi si sono distinti o per le loro scoverte, o pe' loro scritti: ecco in qual maniera si è condotto de Carlenças nell'esecuzione del suo libro, e si vede che questo piano corrisponde perfettamente all'idea che fa nascere nello spirito dei lettori il titolo del suo libro.”

Carletti, abbate in Roma, uno dei redattori del Giornale delle belle arti, nella parte della poesia e della musica, che pubblicavasi in Roma nel 1788, e ne' seguenti anni.

Carlo VI, Imperatore di Germania nel 1711, morto nel 1740, gran conoscitore ed amatore della musica e fornito di tutte le cognizioni che formano un vero virtuoso. Egli stabilì in Vienna un musico liceo, dove insegnavasi a tutto rigore il contrappunto, massimamente il fugato: era egli stesso gran contrappuntista e dilettavasi moltissimo a comporre e a cantare de' canoni, ch'egli inoltre faceva scrivere da' migliori maestri italiani e tedeschi. Un giorno ch'egli sonava al forte-piano lo spartito di un opera di Fux, suo antico maestro di cappella, che gli volgeva le foglie, esclamò questi con entusiasmo: Ah! vostra Maestà potrebbe esser maestro di cappella da per tutto! Al suo tempo il gran Porpora se ne viveva povero ed ozioso in Vienna, perchè la sua musica non piaceva a quell'intelligente sovrano, trovandola troppa piena di trilli e di mordenti. Hasse detto il Sassone, che era allora maestro della sua Corte, e che stimava il Porpora, dopo aver fatto un oratorio per S. M. ebbe l'ordine di farne un secondo. Egli, che era ottima persona, pregò il direttore dalla musica di corte perchè ottenesse da S. M., che in vece sua lo scrivesse il valente Porpora. Fattane la proposizione al sovrano, rispose egli da prima che non amava quello stile caprino e balbettante; ma lodata la generosità del richiedente, finì col dire che, se ciò stavagli a cuore, glie lo accordava. Hasse tutto lieto corse colla buona novella al collega, ma lo avverte di moderarsi ne' trilli. Porpora scrive, e per tutto l'oratorio non mette un trillo, un mordente. Si fece al solito la prova generale davanti all'imperatore, il quale incantato della nuova maniera del Porpora, andava dicendo “È tutto un altro: non vi son trilli;” quando eccoci alla fuga che chiudeva il sacro componimento, e che? Comincia il tema da quattro note trillate, e d'un trillo passandosi nell'altro, così si forma il soggetto. Ognun sa, che nelle fughe il soggetto scorre da una all'altra parte e si rimescola, senza mutarsi. Quando l'Imperatore, che dicono non rideva mai, udì nel gran pieno della fuga questo diluvio di trilli che pareva una musica di paralitici arrabbiati, non potè più contenersi, e proruppe in uno scoppio di ridere clementissimo che fece poi la fortuna del Porpora. Alla protezione e all'onore di poeti cesarei da Carlo VI accordato al Zeno e al Metastasio dee la musica i preziosi loro drammi, che tanto contribuirono a' suoi rapidi avanzamenti e alla sua perfezione.

 

Caroli (Angelo), buon compositore in Bologna verso il 1710, era partigiano dell'accompagnamento di gran rumore, di cui da qualche tempo in quà si è fatto tanto abuso. Nel 1723, egli pubblicò quivi l'opera in musica Amor nato tra l'ombre, ed alcuni anni più tardi una bellissima serenata, che ebbero allora un felice successo.

Carpani (Giuseppe), buon poeta italiano ed intendentissimo di musica a' nostri tempi, non so se della stessa famiglia di Gaetano Carpani, compositore per chiesa verso il 1750; egli ha pubblicato in Milano nel 1812 le Haydine ovvero Lettere su la vita e le opere del celebre maestro Giuseppe Haydn dedicate al R. Conservatorio di musica di Milano, in 8º. Ecco l'idea che dà egli stesso di quest'opera. “Io scrissi unicamente, (son le sue parole) per l'onore di un Artista incomparabile, e pei progressi di un'Arte che amo sopra ogni altra, e vorrei perciò esser letto da tutti, e per le curiosità che contengono, non che per le musiche quistioni che vi si agitano, potranno non dispiacere… Io mi son uno che nato nel paese della musica, e dotato dalla natura di due buone orecchie, sentii fin dalla culla amore per questa dolcissima Arte, pascolo delle anime grandi, sollievo delli infelici, e trattenimento quasi universale d'ogni Essere animato. Non contento della fisica dilettazione, amai d'internarmi nella metafisica di questa scienza, e scoprirne, per quanto era concesso al mio tenue ingegno, le fonti e le ragioni del bello che è a lei proprio, onde vieppiù gustarlo. Contrassi perciò amicizia con molti de' più celebri artisti del p. p. secolo, che fu il secol d'oro della musica, e singolarmente col maestro Haydn, che il padre dee dirsi della musica istrumentale. Questi studj, e questi legami mi posero in istato di compilare la vita di Haydn, e di favellare della di lui arte. È innegabile che questa scienza va ognidì più decadendo, perchè, abbandonate le tracce de' buoni compositori, si è andato in cerca di novità pericolose”. (Triste, tristissima verità, che non può abbastanza inculcarsi a' giovani compositori d'oggigiorno!) “E gli uni hanno sostituito il capriccioso al vero, altri l'erudito al bello, e quasi tutti hanno confusi i generi, e volte le spalle alla natura; con che un bello fittizio si è introdotto, che invece di parti luminosi, produce degli aborti di effimera durata. Mi parve ciò posto, opera e dovere d'ogni buona persona l'opporsi, per quanto da noi dipende, e far argine a questa rovina”. Questo dotto biografo di Haydn tesse adunque con i lumi di una sana e giudiziosa critica la storia dell'arte musicale dello scorso e del presente secolo in quindici lettere, in uno stile facile e grazioso, evitando, come dice egli stesso, le aride espressioni tecniche e le astruse ricerche dell'acustica e del contrappunto, ed occupandosi principalmente della parte estetica, che d'ordinario è la più trascurata dai maestri e che ha più bisogno delle altre di essere inculcata.

Carré (Luigi), dell'Accademia delle Scienze, morto in aprile del 1711; fu incaricato dall'abbate Bignon di fare la descrizione di tutti gl'istrumenti in uso nella Francia. Egli pubblicò pienamente una Teoria generale di suono, e nel 1709, diè la proporzione che aver debbono i cilindri, per formare, col mezzo de' loro suoni, gli accordi della musica.

Carré (Fra Remigio), monaco benedettino laico, è autore del Maestro de' Novizj nell'arte del cantare, Parigi 1744, in 4º. Nel Giornale de' Letterati, che stampavasi in Parigi, dell'anno 1745, si fa l'elogio di questo libro. All'articolo della voce, il frate Remigio fa il panegirico del vino, lo raccomanda per tutti i morbi, e dice: Il vino solo senz'altro fa quasi altrettanto che gli altri medicamenti insieme. Vi si trovano ancora alcune altre proposizioni che non sono men curiose e bizzarre.

Cartaud de la Vilate (Mr.), autore di un Essai historique & philosophique sur le goût, a Paris 1735, in 12º. Nella seconda parte di questo Saggio vi si trovano molte riflessioni che fa quest'autore su la musica in generale, su la musica italiana, su la francese, e su i cambiamenti da alcuni anni in quà fatti in quest'ultima. “I partigiani di Lully, egli dice, gridano che l'armonia prende un tuono geometrico che disgusta il cuore: convengono essi, che questa musica è dotta e bene eseguita, ma che interessa meno le passioni di quella del Lully. De' begli accordi ben variati, ma sprovveduti di sentimento, sono effettivamente uno studio per gl'intendenti, e cagione di noja e di sonno per quei che temono si fatte ostruzioni.” L'autore per ultimo esamina in che consiste il Geometrico dell'armonia. Pare che egli intenda poco questa materia.

Cartier (Giovan-Battista), nato nel contado di Avignone, fu scolare del Viotti per il violino nel 1783. Egli entrò nell'orchestra dell'opera nel 1791, e Paisiello il nominò nel 1804, membro della musica particolare di S. M. Senza che fosse egli professore del Conservatorio di Parigi, Mr. Cartier ha contribuito con le sue opere a formare i migliori violinisti usciti da quella scuola. Egli ha dato successivamente le tradizioni di Corelli, di Porpora e di Nardini, pubblicando le sonate di questi tre valenti maestri. Segli deve in oltre l'Arte del violino, ossia la Divisione delle scuole, per servir di compimento al metodo di violino del Conservatorio, in un vol. in fol. Ella è questa una scelta delle migliori sonate estratte dalle opere de' violinisti delle tre scuole, Italiana, Francese e Tedesca. Mr. Cartier promette di recente la tradizione dell'Arte dell'archetto di Tartini, e un Saggio storico e ragionato sopra l'arte del violino. In tutte le orchestre de' teatri di Parigi vi sono de' di lui allievi, che fanno molto onore al maestro e all'arte.