Za darmo

Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 1

Tekst
0
Recenzje
iOSAndroidWindows Phone
Gdzie wysłać link do aplikacji?
Nie zamykaj tego okna, dopóki nie wprowadzisz kodu na urządzeniu mobilnym
Ponów próbęLink został wysłany

Na prośbę właściciela praw autorskich ta książka nie jest dostępna do pobrania jako plik.

Można ją jednak przeczytać w naszych aplikacjach mobilnych (nawet bez połączenia z internetem) oraz online w witrynie LitRes.

Oznacz jako przeczytane
Czcionka:Mniejsze АаWiększe Aa

Bernardi (Stefano) fioriva verso il 1634. Fu nominato maestro di cappella della cattedrale di Verona nel 1623. Egli è autore di un'opera didattica, a cui diè per titolo: Porta musicale, Verona 1615, in 4º, e ristampata in Ven. 1639. Questo trattato elementare ha il doppio merito della chiarezza e della precisione.

Bernardi Valernes (Eduardo-Gius.) nato a Bonnieu, presso Apt nel 1763, membro di più società scientifiche e musicali. Ebbe egli ottimi maestri di musica per il violino e la composizione nel tempo de' suoi studj. Dall'età di diciotto anni diessi interamente all'arte musicale: ha fatto imprimere de' duo, delli trio in concerto per il violino, delle sinfonie ed overture a grande orchestra e un'opera di un solo atto (Antonio e Camillo), che è sul gusto italiano, ed ha molte altre opere in manoscritto. Mr. Valernes possiede la più preziosa e la più rara collezione di musica francese, tedesca ed italiana, sì vocale che instrumentale. Possiede in oltre i migliori violini e violette de' più celebri autori, tra gli altri il violino Amati: grande amico e difensore di Pleyel, con cui quest'artista ha composto tutta la sua musica.

Bernasconi (Antonia) nipote del celebre compositore Andrea Bernasconi da Verona al servigio della corte di Baviera; recitò la prima volta da primo soprano nel 1764, la parte di Alceste, che Gluck aveva composta per essa, che era allora in Vienna. Si è fatta poi ammirare da prima donna su i gran teatri d'Italia, e quello di Londra.

Bernelino dotto ecclesiastico dell'undecimo secolo, scrisse un piccolo trattato sotto il titolo: De citâ et verâ divisione monochordi in diatonico genere, che si conservava nella biblioteca della regina Cristina al Vaticano. L'abbate Gerbert ha pubblicato questo manoscritto nel primo vol., p. 312, della sua storia degli autori di musica sacra.

Bernhold (Giov. Baltas.), professore di teologia a Altorf. Mitzler, nella sua Bibliot. di musica, t. III, p. 233 e 371, ci ha conservato un trattato della Musica di chiesa, di cui egli è l'autore.

Bernier (Niccola), morto in Parigi nel 1734, fu maestro della Santa-Cappella, e quindi della cappella del re. Nel suo soggiorno in Roma, volle egli aver notizia delle partiture del Caldara, e non trovando altro mezzo di giungervi, fecesi ricevere in sua casa in qualità di domestico. Un giorno, trovato avendo sul tavolino un pezzo di musica che Caldara non aveva ancora terminato, Bernier prese la penna, e 'l compì. Dopo quest'avventura furono ambidue per sempre uniti colla più stretta amicizia. I mottetti di Bernier sono molto stimati, e specialmente il suo Miserere. Questo maestro dicesi essere stato il più gran contrappuntista che avesse ormai avuto la Francia. La scuoia quivi da lui stabilita era riguardata come la migliore. “Di tutti i moderni compositori che hanno più fama, dice Laborde, non ve ne ha sei che sappiano scrivere la fuga più semplice, come la scriveva il menomo scolare di Bernier. Dicasi pure quel che si voglia, la fuga sarà sempre la pietra di paragone pel compositore; e chi non la sa maneggiare di tutte le maniere, mai non sarà che uno scarabocchiatore di note.”

Bernone di Augia, dottissimo alemanno dell'undecimo secolo, fu da prima monaco dell'ordine di san Benedetto a San-Gallo, e quindi abbate di Reichenau nella Svevia. Ei morì li 7 giugno 1048. Joecher cita i seguenti titoli de' suoi scritti sulla musica: I. De mensura monochordi; II. De regulis symphoniarum et tonorum; III. Libellus tonarius; IV. Musica etc., il di cui prologo fu per la prima volta pubblicato da don Bern. Pez benedettino nel suo thesaur. anecdot. (V. Cave Hist. Lit. t. IJ.) Queste quattro opere MS. si conservano nella bibliot. dell'università di Lipsia. (V. Gerbert, loc. cit. tom. II.)

Bernoulli (Giovanni) cel. professore di matematiche, della reale accademia delle scienze di Parigi, di quella di Prussia e dell'istituto di Bologna, nato in Basilea nel 1667, ed in età di 80 anni morto nel 1748. Mr. d'Alembert e Formey hanno scritto il suo elogio (V. Melang. de litter. tom. 2; Elog. des. acad. de Berlin, t. 1). Fra le tante opere di mattematica di questo valentuomo vi ha un Discorso che riportò il premio dall'accademia di Parigi nel 1736, nel quale propose egli un altro metodo diverso da quello del Newton, e più facile su la propagazione del suono. Ma sì l'uno che l'altro metodo hanno incontrato delle opposizioni nei geometri, perchè amendue suppongono, che il suono si trasmetta per fibre longitudinali vibranti, che si formano successivamente, e sono sempre uguali fra loro, e questa supposizione nè è dimostrata, nè appoggiata su sode pruove.

Bernoulli (Daniele) figliuolo del precedente e il più illustre de' suoi fratelli tutti abili nelle mattematiche, morto l'anno 1782. Egli era membro delle accademie delle scienze di Berlino, di Parigi e di Pietroburgo. Abbiamo di lui assai scritti su l'Acustica: Iº Sur le son et sur les tons des tuyaux des orgues: cioè sul suono e su i tuoni delle canne degli organi. Mem. de l'acad. de Paris 1762. IIº De chordis vibrantibus, in Comm. Act. Petropol. t. 3: IIIº Mémoires sur le son; ossia memorie sul suono, (Mem. dell'acad. de Berlin: 1753, et Nov. Comm. acad. petropolit. t. XV et XIX). La disputa ch'egli ebbe con i due più profondi geometri del suo secolo d'Alembert ed Eulero sopra questo argomento “fece germogliare, dice Andres, molte nuove ed interessanti verità su le oscillazioni delle corde e dell'aria; su la formazione del suono, su gli stromenti da corda e da fiato, e su molti altri punti riguardanti questa materia.”

Bertini (Salvadore). Si permetta alla tenerezza di un figlio il rendere questo tributo di riconoscenza alla memoria di un padre cotanto virtuoso, e di un artista non meno celebre, che pel suo merito ha dritto quanto altri di quì occupare un articolo. Mio padre nacque in Palermo l'anno 1721, e sin dalla prima età mostrò i semi di quella pietà veramente cristiana, che andò crescendo per gradi sino alla morte, e di quei talenti e felici disposizioni per la musica, senza delle quali è sempre sordo Apollo e pegaso restìo. Per buona fortuna trovavasi amico di suo padre D. Pietro Pozzuolo maestro di musica ed eccellente contrappuntista di quei tempi, e padre del fu Dr don Stefano professore illustre di medicina in questa regia università: frequentando la di lui casa passava costui qualche tempo nell'ammirare la bella voce del ragazzo, che fornito di un sensibilissimo orecchio ripeteva alcune arie da lui sentite in chiesa con la più grande esattezza d'intuonazione e di tempo. Cominciò a dargli allora le prime lezioni di musica, e vedendo che molto ne profittava, consigliò il padre suo che lo mandasse a studiarla in Napoli, ove sempre con grandissimo lustro ha fiorito quest'arte. Dopo aver egli fatto dunque i studj nel collegio de' gesuiti sino alla logica, fu quivi mandato nel conservatorio della pietà, di cui era allora maestro il cel. Leonardo Leo, e per il corso di otto anni ne apprese la buona scuola e la composizione. Nel 1746, epoca della morte del gran maestro Leo, mio padre in età appena di 25 anni, dopo aver dati dei saggi dei suoi talenti e del suo valore in quest'arte, fu dall'ambasciadore di Francia, alla di cui moglie e figliuole dava egli lezione di musica, invitato a portarsi a Pietroburgo per maestro della corte, avendo avuto l'incarico detto ambasciadore di proccurare per questo onorevolissimo impiego un giovine italiano, che ad una buona condotta unisse molta perizia nella musica, ed a cui promettevasi un considerevole onorario, e la libertà di tornare in patria, quando ei volesse, con assegnargli una ricca pensione. A tale proposizione mio padre rispose di voler consultarne pria il suo spiritual direttore, e questo buon prete facendogli riflettere che andava in un paese diviso dalla comunione della vera chiesa, in mezzo a' pericoli ed al lusso di una gran corte, lo svogliò in maniera che malgrado le insinuazioni dell'ambasciadore e le proteste che perderebbe così gl'inviti d'una fortuna, alla quale tanti ansiosamente aspirano, risolutamente negossi, ed a lui venne sostituito il Pistojese Manfredini. Dopo alcun tempo tornato in Palermo scrisse egli in musica alcune opere per quel teatro: la sua maniera giunse tutta nuova: ad una somma facilità di stile, ad un canto ammirabile, ad una sensibile espressione, ed un'armonia pura e brillante, tosto si riconobbe lo scolare del gran Leo. Non si era intesa fino allora in Palermo altra miglior musica che quella del Perez: questo valentuomo fu il primo ad applaudire alla nuova maniera di comporre di mio padre e a pubblicarne da per tutto l'elogio, e risoluto di andarsene via a cercare per se miglior fortuna, gli cedette col reale consenso il posto di maestro della real cappella a condizione che gli avrebbe ancora ceduto l'onorario, allorchè avrebbe trovato fuori una decente situazione, come in fatti gli riuscì, divenendo dopo alcun tempo maestro della corte di Portogallo. Mio padre dopo aver sofferta una grave tempesta nel ritorno di un secondo viaggio da Roma e da Napoli, si stabilì in Palermo adempiendo il voto che in quell'occasione aveva fatto di non scrivere altra cosa che Messe, Salmi, Oratorj e simili. Il suo stile di chiesa, benchè sia ora un pò fuor di stagione per non farsi più differenza tra lo stil di teatro e quel di chiesa, è semplice chiaro, e più sostenuto da una divota armonia, che dal fracasso dello strumentale. Tra le sue carte di chiesa massimamente distinguonsi la solenne Messa di requiem pei funerali del re Carlo III, scritta l'anno 1790, (Veggasi l'elogio che ne fa l'ab. di Blasi nella Relazione dei funerali di detto monarca, Pal. 1790 in fol.) un Miserere a due cori per la R. C. per gli officj della settimana santa, ed un altro Miserere a 4 voci per i Venerdì della quaresima. Mio padre non ebbe altra ambizione in questa vita che di adempire esattamente i doveri di un buon cristiano, di un buon padre di famiglia, e della sua professione. I suoi costumi, la sua probità, il suo attaccamento ragionevole e sincero alla religione, lo rendevano ancora più commendevole de' suoi talenti. Egli accettò con una rassegnazione veramente cristiana gl'incomodi d'una penosa infermità quai forieri di una prossima partenza: la sua sofferenza non venne meno nel corso di assai lunghi e vivi dolori; ed egli morì di una maniera assai edificante ai 16 di dicembre del 1794 in età di 73 anni.

 

Bertini, nato a Tours, fu educato nella cattedrale di questa città, e i suoi talenti gli fecero ottenere il posto di maestro della scuola musicale di Mans. Essendosi rifuggito in Parigi nel tempo del furore rivoluzionario, fu strettamente unito al principe di Bouillon, che amava e proteggeva gli artisti. Si hanno di M. Bertini messe, mottetti, oratorj e romanzi. Benedetto-Augusto Bertini figliuolo del precedente nacque a Lione nel 1780. Le prime lezioni di musica e di forte-piano furongli date da suo padre. Li gennajo 1793, egli lasciò Parigi e si rese a Londra, ove per sei anni ebbe dall'ill. Clementi delle lezioni di piano-forte, e soprattutto di composizione. Tornato a Parigi nel 1806, ha pubblicato per le stampe dal 1807 sino al 1810, due opere di sonate, e quattro capriccj.

Bertizen (Salvadore), ha pubblicato in Londra, nel 1781, un'opera intitolata: Principj della musica.

Berton (Arrigo-Montan) figlio di Pietro Berton celebre maestro di musica molto stimato da Gluck, e morto in Parigi nel 1780. Arrigo nacque in Parigi nel 1767; a sei anni apprese la musica. Formò egli il suo gusto nell'ammirare le opere di Gluck, di Piccini, di Sacchini e d'altri gran maestri, e pieno di un nobile ardore, e a dispetto della decisione del suo maestro, che non aveva saputo indovinarlo, si mise a studiar la sua arte sulla partitura della Frascatana del cel. Paesiello. Tormentato vivamente dal bisogno di farsi conoscere, e di sostener la gloria di un nome già reso chiaro dal padre suo, dimandò ed ottenne da Mr. Moline un dramma comico, intitolato la Dama invisibile, di cui ne compose la musica. L'opera non fu così tosto terminata, ch'egli provò la più forte inquietudine sul giudizio che recar si potrebbe della sua composizione, ed egli era in questo stato di ansietà, quando una dama sua conoscente prese il suo spartito e portollo al celebre Sacchini, per averne il suo parere. Questo gran maestro esaminò l'opera con seriosa attenzione, e venendo a sapere la decisione che l'autore non sarebbe mai in istato di comporre, non solo chiese di vederlo, e lo rassicurò su que' vani timori; ma lo costrinse a venir tutti i giorni a faticare in sua casa. Egli lo prese in tale stima ed affetto, che chiamavalo suo figliuolo, e gli servì di guida sino alla morte avvenuta nel 1786. Mr. Berton diè principio alla sua carriera di compositore in quello stesso anno, di sua età 19, da più oratorj, che furono accolti della più onorevol maniera. Nel 1787 diede al Teatro italiano la sua prima opera Le promesse di matrimonio, che ebbe il più compito successo, e dopo quest'epoca è andato costantemente con maggiore fortuna. Egli entrò nel Conservatorio di Musica, dacchè fu eretto questo stabilimento, in qualità di professor di armonia, posto ch'egli occupa sin oggi con sommo onore. Nel 1807, egli fu nominato direttore dell'opera buffa, piazza che occupò per due anni. Sotto la sua direzione il repertorio fu arricchito dei capi d'opera di Mozart e di molti della scuola italiana, e l'orchestra pervenne nell'esecuzione al più alto grado di perfezione: lasciò questa piazza per entrare all'Accademia imperiale di Musica, ove occupa ora quella di capo della scuola di cantare. Questo compositore, oltre le numerose opere, che ha già date al pubblico, è anche autore di un Albero genealogico degli Accordi; di un metodo di armonia, e di un Dizionario degli accordi. Le sue composizioni musicali sono pressocchè innumerabili, e l'amore della verità ci fa avanzare, che molte ve ne ha delle quali una sola pur basterebbe per assicurargli una distinta riputazione.

Bertoni (Ferdinando) maestro di cappella nel Conservatorio dei Mendicanti a Venezia, quivi nato nel 1727, discepolo del P. Martini, fu da prima organista nella cappella di san Marco: e poi professore di musica nel Conservatorio degl'incurabili a Venezia. Nel 1770, mostrossi come compositore in varj generi; ma non fu che l'anno 1776 allorchè acquistossi gran fama per la sua opera l'Orfeo, scritta pel teatro di Venezia, e che fu con entusiasmo applaudita. Nè fu meno ammirato nel 1778, a Padova, pel suo Quinto Fabio: benchè dovesse veramente una gran parte de' suoi successi all'inimitabile Pacchiarotti, che cantava la parte di Fabio. Nel 1779, egli si portò a Londra, e vi ottenne tutti i suffragj. Comechè le sue composizioni non brillano per la ricchezza dell'invenzione, distinguonsi non per tanto mercè una dolce e penetrante armonia. Non dee dunque recar maraviglia, s'ei fu chiamato sette volte come maestro di musica a Torino, ove si usa di una estrema circonspezione nella scelta dei compositori per l'opera. Fu solamente in Roma ove non si rese giustizia a' suoi talenti; ma quivi stesso non si potè esser lungamente insensibile agl'incanti sparsi nelle sue composizioni, e gli universali applausi lo ricompensarono ben presto delle pene, che cagionato gli avevano la prevenzione e le cabale de' suoi detrattori. Egli diede una luminosa prova di sua modestia nella prefazione del suo Orfeo, stampato in partitura a Venezia, ove confessa non essere stato senza timore nell'avere intrapresa la musica di quel dramma, sul quale Gluck prima di lui aveva faticato con tanto successo, e ch'egli credeva non dovere la buona accoglienza che aveva ottenuta, se non all'attenzione ch'aveva avuto di seguire passo a passo l'andamento di quel gran compositore, e di trar profitto nel tempo stesso degli avvertimenti del poeta.

Bethizy (Mr.) è autore di un'opera intitolata Exposition de la théorie et de la practique de la musique, suivant les nouvelles découvertes, in 8º, 1752, di cui vi ha una seconda edizione nel 1762. La teoria della musica vien trattata in quest'opera dietro i principj di Rameau; ma in quanto alla pratica o la composizione, l'autore dimostra quanto siano difettosi codesti principj, ed egli li corregge secondo le regole generalmente adottate dagli musici. “Questo libro, dice Mr. d'Alembert, mi è sembrato chiaro e metodico, e può riguardarsi pei dettagli di pratica, come un supplemento al mio.” (Discours prélimin. aux Elém. de mus.)

Bettinelli (ab. Saverio) exgesuita assai noto in Italia e fuori per il gran numero delle dotte sue opere, era nato in Mantova l'anno 1718, e cessò di vivere nel dì 13 settembre 1808, a 90 anni dell'età sua. Egli era stato professore di belle lettere e di storia per sette anni nel collegio dei Gesuiti di Parma sino al 1759, dove gli si confidarono delle più illustri famiglie d'Italia, e d'alcuna eziandio di oltre monti cento e più giovani, che con valor d'ingegno, ardor di ben fare, ed emulazione di studj alle di lui moltiplici industrie largamente risposero. Frutto di codeste lezioni fu la dottissima opera del Bettinelli intitolata: Risorgimento d'Italia negli studj, nelle belle arti e ne' costumi dopo il mille, tom. 2 in 8º, Bassano 1786, nella quale benchè non tratti egli di proposito della musica, ragionando però con viste filosofiche di tutte le belle arti, incidentemente dovette discendere anche a questa; e nel capitolo, che è il quarto del secondo tomo, su la musica, tesse egli in brieve la storia del tardo rinascimento di quest'arte nell'Italia, de' suoi successivi progressi, e dell'attuale suo stato con osservazioni piene di precisione e di gusto, e con tale leggiadria di stile e chiarezza, che merita ben la preferenza sopra qualunque altro storico, il quale con pesante ed inutile erudizione ne spaventa i lettori. La conseguenza, con cui egli conchiude questo capitolo, è che sin ora la musica non ha trovato il suo vero risorgimento per niun modo ed età nell'Italia. “Oserò io dire agli Italiani, egli dice, come altri disse a' Francesi, voi non avete musica? Egli intese troppo poca, ed io troppa intenderei dire. Tutto è pieno di canto, e di suono, ma dov'è la Musica? dove quell'arte sicura; che principalmente unita alla poesia parla, dipinge, muove, rapisce, come altrove ho detto? Mi guardin pur bieco dall'alto delle loro scene, ed orchestre i professori, e i dilettanti, tra' quali non son del bel numero uno. Io dirò loro un'altra sentenza più ardita, ed è Voi non avete orecchio, ed io l'ho, perchè ho quello della natura, voi quello della professione, e del pregiudizio. Ma basta… allora troverem forse il risorgimento di quest'arte quando avremo l'equivalente d'una Poetica di Aristotele, e di Orazio, di una Rettorica di Marco Tullio e di Quintiliano a fissarlo in musica con generale consentimento.” Contro tale conclusione insorsero, benchè con somma pulitezza, il Conte Giordano Riccati, e il P. Sacchi: ma le loro ragioni abbagliano solamente, non convincono, e quelle del Bettinelli rimangono a mio avviso trionfanti. Che se dopo di lui si son fatte delle buone Poetiche, delle eccellenti Rettoriche in riguardo alla musica, l'uomo però non ci fa dimenticar giammai di quella divisa: video meliora proboque, deteriora sequor. Bello è ancora a leggersi ciò che dice il Bettinelli su le cagioni del poco effetto che fa oggidì la musica sulle nostre passioni, nell'altra sua eccellente opera intitolata Dell'entusiasmo delle belle arti. “Se i cantor, suonatori e compositori di musica non fossero mercenarj cotanto e dipendenti da circostanze e da capricci sì strani, onde è lor tolta la libertà e l'ardire dell'entusiasmo, il sentirebbono anch'essi, il farian palese più che non fanno. Pur la musica per sua natura non è diversa da poesia ed eloquenza ed ebbe dagli antichi nome e uffizio con esse, e più d'esse produsse mirabili effetti. Certo nulla è di più intimo e caro all'anima, più efficace a levarla in alto, a dipingerne i moti e farli sentire, ad eccitare gli affetti, e sino a nostri organi della voce son flauti e lire, come le nostre passioni han lor toni corrispondenti nel canto e nel suono al dir d'alcuno. Sembra almeno che i gai e vivaci sian della gioja, rapidi e acuti dell'ardimento, teneri e lenti della tristezza, della pietà, dell'amore, duri e interrotti dell'odio, dell'ira, della ferocia, così del resto. Ma basti dire che in ogni tempo e nazione un solo fu l'entusiasmo poetico e il musicale in tutti i teatri barbari, greci, romani ed europei moderni, benchè oggi sì travisata e corrotta sia quest'alleanza, sì bel dono della natura” (Dell'entus. part. 1).

Bettoni (ab. don Bartolomeo) da Bergamo, Pastore Arcade autore delle Osservazioni sopra i Salmi in 2 tomi in 8º pubblicato per le stampe del Locatelli in Bergamo l'anno 1786, e dall'autore dedicate a Mons. Dolfin vescovo di quella città. Il primo volume contiene sette Dissertazioni, la sesta delle quali tratta della Musica degli antichi, ed in particolare degli Ebrei a' tempi di Davide e di Salomone; e la settima: dei titoli de' salmi, e d'altri incisi appartenenti alla musica, che vi si leggono: ove degli strumenti musici degli Ebrei. L'autore non vi reca che un'erudizione molto usata e comune: grazioso però e leggiero ne è lo stile, e pura la lingua, per il che fassi leggere con piacere.

Bevin (Elway), eccellente contrappuntista, canonico ed organista della chiesa collegiale di Bristol, allievo di Tallis, ma perdette ben presto questa piazza, perchè fu scoperto esser cattolico. Il dottor Child fu uno de' suoi discepoli. La maniera di comporre un canone era prima di lui poco comune in Inghilterra. Tallis, Byrd, Waterhouse e Farmer erano principalmente celebri in questo genere di composizione: ma ciascun canone era un enimma per la forma con la quale il pubblicavano. Bevin, all'opposto, pubblicò generosamente, a vantaggio dei musici principianti, il risultato delle sue lunghe ricerche, e della sua esperienza; in una dissertazione ch'ei fece imprimere in Londra nel 1631, sotto questo titolo: Brevis introductio in musicam, in 4º, nella quale trovansi eziandio alcuni canoni scelti. Compose in oltre la musica di molti pezzi per chiesa, e di alcuni cori in concerto. V. Hawkins.

Beurhusio (Federico) scrittore tedesco del 16º secolo, la sua opera ha per titolo: Erothematum Musicæ libri duo, cioè: “Saggi sulla musica in due libri”, a Norimberga 1585.

 

Beyer, tedesco di origine, fisico stabilito a Parigi, inventò quivi una nuova specie di forte-piano, con corde ossia strisce di cristallo, a cui Franklin diede il nome di glass-chord, e sul quale il maestro di cembalo Sconck si fece sentire per il corso di quindici giorni di seguito, nel mese di novembre 1785. Si è di poi usato quest'instromento con successo all'accademia imperiale nel terzo atto de' Misterj d'Iside, per accompagnare Boccoride.

Beyer (Giov. Samuele). Walther cita di lui un'opera col titolo, Primæ lineæ musicæ vocalis, di cui se n'è pubblicata una seconda edizione nel 1730.

Bianchi (Francesco) maestro di cappella a Cremona, e rinomato compositore, nel 1775 scrisse a Parigi pel teatro italiano la musica dell'opera la Réduction de Paris, e nel 1777, quella del Mort marié. Nel 1780, egli era cembalista all'opera buffa stabilita di recente da Piccini. Nel medesimo anno compose per Firenze il dramma Castore e Polluce, che ebbe un prodigioso successo. Nel 1784, scrisse in Napoli il Cajo Mario, e poi il Demofoonte, l'Arbace, Piramo e Tisbe, Scipione Africano nel 1787; Artaserse in Padova; Pizzarro in Venezia, e il Ritratto in Napoli nel 1788. Sonovi inoltre di lui tre sonate pel cembalo con accompagnamento di violino. Egli è attualmente in Londra. Nel 1804 e 1807, si è rappresentata a Parigi una sua graziosa opera buffa, la Villanella rapita.

Bianchini (Francesco) nacque in Verona nel 1662, e morì in Roma nel 1729. Egli fondò l'accademia degli Aletofili di Verona, fu bibliotecario di Alessandro VIII, canonico di S. Maria della Rotonda, prelato domestico e secretario delle conferenze per la riforma del calendario. Gli abitanti di Verona gli hanno eretto un busto. Tra le numerose opere che ha scritto, vi si distingue per l'erudizione quella che ha per titolo: De tribus generibus instrumentorum musicæ veterum organicæ, in 4º Romæ 1742.

Biedermann (Giov.) rettore a Freyberg nella Misnia, nel 1749, pubblicò un programma: De vitâ musicâ ex Plauti mostellar, Act. scen. 11. Molti conoscitori in musica, avendolo letto, credettero scoprirvi delle invettive contro la musica in generale, il che fece all'autore molti nemici. Questa disputa l'obbligò a pubblicare in sua difesa altri due scritti a Lipsia e a Freyberg nel 1750. Se ne può vedere il dettaglio nel primo capitolo della Scienza musicale di Adlung.

Biferi il figliuolo, maestro di cappella in Parigi, nato in Napoli, fece imprimere a Parigi, nel 1770: Traité de musique abrégé, nel quale egli tratta del canto, dell'accompagnamento sul forte-piano, della composizione e della fuga: la sua maniera è chiara e precisa.

Biffi (Antonio) veneziano, maestro di cappella in S. Marco e nel conservatorio dei Mendicanti, fioriva al principio del prossimo passato secolo. Allorchè egli era giunto a trovare un motivo grazioso, aveva l'arte di estenderlo e di variarlo al segno di non faticar mai l'orecchio nel sentirlo ripetere. Oltre alla sua musica di chiesa, compose alcuni Oratorj, come il figliuol prodigo nel 1704.

Biffi (Egidio) de' frati minori conventuali in Italia, e valentuomo nella musica, scrisse un Trattato di regole per il contrappunto, che manoscritto possedeva il p. Martini, e di cui fa sovente egli uso nella sua storia.

Bigati, suonatore assai distinto di violoncello, allievo del celebre Tartini, fu condotto in Francia dal suo condiscepolo Fischer. Gli due amici si fermarono a Avignone, ove Bigati si stabilì interamente. Questo artista può considerarsi come uno de' migliori accompagnatori del suo tempo: egli improvvisava seguitamente, e con la più grande facilità, sopra tutti i pezzi che sentiva, o di cui se gli offeriva la parte recitante: Boccherini essendo ad Avignone, Bigatti lo accompagnò ne' suoi primi quintetti, quivi eseguiti per la prima volta. Quel celebre compositore avendo inteso vantare la facilità che aveva Bigati nell'improvvisare, levogli d'innanzi la parte, del basso di accompagnamento, e rimase assai soddisfatto di quello che gli sostituì. Desiderò ancora d'intenderlo nelle lezioni delle tenebre. È uso nelle città meridionali della Francia, e particolarmente in Avignone, che nei tre giorni della settimana santa, queste lezioni siano cantate sul libro, con un solo accompagnamento di basso. Bigati per farsi sentire da Boccherini, accompagnava Dubrieul celebre cantante di tenore. Gli due artisti cercavano a gara di sorpassarsi l'un l'altro, allorchè un non previsto accidente sopraggiunse a guastare gli sforzi de' due rivali. Un canonico di assai corta vista, era molto attaccato ad un suo rosso cagnolino: in sua assenza, il cane trovò mezzo di sortire dalla casa e venne a raggiungere il suo padrone. Costui, chiamando l'animale, lo menò fuori della chiesa, ma ben tosto il cane venne a ritrovarlo. Il canonico, dato in impazienza, lo ricondusse un'altra volta sino alla porta, dove avendolo bastonato, gli vide prendere il cammino per la casa. Rientrato in chiesa, il canonico andava al coro per ripigliare il suo posto, allorchè scorgeva nell'ombra una cosa che andava e veniva; crede che fosse ancora il suo cane. Inquietito, pensa di dargli un calcio; ma per disavventura, egli s'indirizza al violoncello di Bigati, cui rovescia nel tempo stesso a terra con l'istromento, e cadendo eziandio egli medesimo, mena seco al suo cadere Dubrieul, che ne riportò una forte contusione sul labbro.

Bigatti (Carlo) nato a Milano nel 1778, da un pittore di storia, si portò ancor giovane in Bologna per prender lezioni di contrappunto dal P. Mattei, allievo e successore di Martini. Fu quindi diretto da Zingarelli, e compose molte messe e mottetti che ebbero del successo in alcune chiese di Milano. Portossi quindi a Marsiglia, ove Mr. Mei gli diede alcune lezioni per perfezionarlo nel contrappunto. Da quest'epoca in poi egli ha pubblicato presso a venticinque opere come messe, mottetti, ed arie con variazioni pel forte-piano, di cui Bigatti è un eccellente sonatore, e riesce molto non che nell'esecuzione de' pezzi di cembalo, ma ancora nell'accompagnare il canto.

Billington (mad.) una delle prime cantatrici di Londra in più teatri dell'Inghilterra, della Francia e d'Italia. In occasione della musica funebre in onore di Hendel, nel 1786, cantò essa con mad. Mara, accompagnata da un'orchestra di 712 musici. L'anno d'appresso venne a Parigi, ove fecesi sentire in diversi concerti, e riunì i suffragj di tutti gl'intendenti, tra' quali deesi rimarcare il cel. Piccini. In una rappresentazione del Ratto di Proserpina, opera di Winter in Londra nel 1804, furono in gara di virtù e di talenti ella e mad. Grassini. Il grande Haydn era entusiasta di questa celebre cantante, e nella dimora ch'ei fece in Londra, frequentava la sua casa: spiritosa fu una risposta di Haydn a questa virtuosa, e degna del più elegante cortigiano. Ella erasi fatta ritrattare dal celebre Reynolds. La Billington vi era rappresentata in figura di una santa Cecilia, che gli occhi rivolti al cielo, sta ascoltando un coro d'angioli posti nell'alto in atto di cantare. Volle la Billington, che l'amico Haydn vedesse questo ritratto, e le dicesse il suo parere. Egli, dopo averlo osservato, si volse alla Signora, e le disse: “il ritratto è somigliante, ma io vi trovo un grande errore” – “quale?” (Reynolds era presente) – “il pittore, ripiglia Haydn, ha preso quì un equivoco madornale; egli ha dipinta voi che state ascoltando gli angioli; doveva dipingere gli angioli che stanno ascoltando voi” – la Billington commossa al seducente elogio, gittò le braccia al collo del critico gentile, e con quelle labra, che inspirato avevano così graziosa riflessione lo ricompensò al momento della medesima. È per la Billington, che l'Haydn scrisse la sua Arianna abbandonata e la migliore in questo genere delle opere sue (V. Carpani Lett. 13ª).