Za darmo

Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 1

Tekst
0
Recenzje
iOSAndroidWindows Phone
Gdzie wysłać link do aplikacji?
Nie zamykaj tego okna, dopóki nie wprowadzisz kodu na urządzeniu mobilnym
Ponów próbęLink został wysłany

Na prośbę właściciela praw autorskich ta książka nie jest dostępna do pobrania jako plik.

Można ją jednak przeczytać w naszych aplikacjach mobilnych (nawet bez połączenia z internetem) oraz online w witrynie LitRes.

Oznacz jako przeczytane
Czcionka:Mniejsze АаWiększe Aa

Bach (Giov. Michele) era da prima cantante a Tonlie; ma egli vi rinunziò e viaggiò in Olanda, Inghilterra e in America. Di ritorno nella Germania, studiò per qualche tempo a Hottinga nel 1779, e quindi si stabili a Güstrow nel ducato di Mecklemburgo, ove era ancora l'anno 1793. Egli pubblicò a Cassel nel 1786, in lingua tedesca: Instruzione sistematica per apprendere il basso continuo, e la musica in generale, per que' che vogliono insegnare, come per quei che vogliono apprendere, in 4.º (V. l'Almanac. di Mus. di Forkel, 1784).

Bacchini (don Benedetto) monaco ed abbate della congregazione di Monte-Casino, bibliotecario di Modena, e letterato insigne, non che profondo antiquario, e critico giudizioso. Egli era nato nel 1651 a Borgo san Donnino, nel ducato di Parma, e fattosi benedettino nel 1667 si diè allo studio con tale applicazione, che diede molto a dubitar di sua vita. Rimesso in salute diè principio in Parma al Giornale dei Letterati opera periodica, che fece spiccare la profonda dottrina e lo squisito giudizio del dotto monaco, ma che gli trasse addosso un gran numero di nemici, e così possenti essi furono, che giunsero ad oscurarlo nello spirito del duca Ranunzio II, in guisa che l'anno 1691 questo principe bandì il giornalista da' suoi stati. D. Benedetto ritirossi in Mantova, ed alquanti mesi dopo Francesco II, duca di Modena, lo chiamò in sua corte, e fecelo suo istoriografo e bibliotecario. Nel mese di luglio dell'anno 1721 fu dall'università di Bologna nominato professore di storia ecclesiastica, e pochi giorni dopo gravemente ammalatosi terminò ivi la sua vita all'età di 69 anni. Egli lasciò molte dottissime opere tra le quali evvi una erudita dissertazione de sistris, eorumque figuris ac differentis, a cui Giacomo Tollio professore in Utrecht ha aggiunta una sua dissertazione sullo stesso argomento ed alcune note, ch'egli ivi pubblicò per le stampe l'anno 1696.

Bacchio seniore fioriva sulla fine del secondo secolo dell'era cristiana. Egli è autore di una Introduzione alla musica ossia degli Elementi della greca musica in forma di dialogo. Questi è l'unico fra' greci armonici, che insegnò la musica col solfeggio e con le note dell'intonazioni senza calcolo ed in conseguenza da puro pratico. Dai desiderosi di profittarne deve farsi più studio di Bacchio, che di nessun altro dei greci o latini armonici; benchè senza la previa lezione di Aristide Quintiliano, per la di lui troppa concisione sia malagevole il capirlo in qualche parte. Bacchio c'insegna molti punti pratici, da niun altro dettati ne' loro libri. Le note con cui egli contrassegna le corde, se Meibomio non si fosse presa la pena di rovesciarle e cambiarle, accomodandole a quello di Alipio, potevano dare gran lume per interpretare i canti greci rimastici, e gli altri che si trovassero; ma questo ardito grammatico, mancando di tempo o di posatezza per riflettere su i libri, che c'interpretò, in questa ed in altre parti dell'arte de' greci ci cagionò più danno che vantaggio, e stabilì fra' letterati più pregiudizj che luminosi principj. Barette, Roussier, e Rousseau saranno risponsabili agli amatori della greca musica di non aver fatto riflessione bastevole su i pregiudzj del Meibomio, e di averli con le loro eleganti penne autorizzati (Veggasi il Requeno Saggi tom. 1). Franchino Gaffurio da Lodi nel 15º secolo, e nel seguente Mersenne e Meibomio ci hanno data la versione latina del dialogo di Bacchio. In un manoscritto ben corretto dello Scaligero, dice il Meibomio trovarsi un altro trattato di questo greco scrittore sulla Musica-pratica, con alcuni altri frammenti relativi allo stesso argomento, ch'egli promise di dar poi, greci e latini, trovandovisi più vestigj dell'antica (Fabricc. Bibl. Gr. tom. 2).

Bachmann (Christof-Luigi) studiò nel 1785, nell'università d'Erlang, e vi fece imprimere un'opera in 4º, sotto questo titolo: Entwurf ec., cioè: Idee di un corso di teoria della musica, in quanto è utile agli amatori di quest'arte. È dessa una copia esatta della Dissertaz. del dottor Forkel su lo stesso soggetto.

Bachmann (Francesco) dotto medico della Germania, ed autore di un'opera latina, che ha per titolo: De effectibus musices in corpore humano, Lipsiæ 1734. Vi si trovano delle buone osservazioni e degli sperimenti sull'utilità della musica in certe malattie, per cui merita di esser letta secondo il D.r Lichtenthal, che, nel suo trattato dell'influenza della musica sul corpo umano, ne fa onorevole menzione.

Bacilly (Benigno de) abile compositore del secolo 17º, scrisse un libro intitolato: Remarques curioses sur l'art de bien chanter: cioè Curiose osservazioni sull'arte di cantar bene, Parigi 1668.

Bacone (Roggero) francescano inglese, morto nel 1294, è autore di un libro: De valore musices. Evvi un altro Bacone (Francesco), barone di Verulamio, cancelliere d'Inghilterra, che col suo profondo genio e la forza del suo intendimento spuntar fece i crepuscoli della vera filosofia in mezzo alle tenebre ed all'oscurità del suo secolo. Nacque egli l'an. 1560 e morì a 9 di Aprile del 1626. Le note della musica, di cui egli ragiona nella sua storia naturale, provano che era ancora profondamente versato ne' principj della composizione musicale. (V. Hawkins.)

Baehr (Giov.), secondo altri Beer, maestro di concerto del duca di Weissenfels, nacque nel 1652, e morì nel 1700. Walther racconta che un certo duca avendolo incaricato di comporre un'opera, egli la terminò in sei settimane, e dimandò cento scudi. Questi furongli pagati, a condizione ch'ei canterebbe alla tavola del duca; il che egli accettò. Il duca, dopo di averlo inteso: Non sarebbe possibile, gli disse di far che un asino canti così bene? – Se vostra altezza può giugnervi, lo dichiaro primo maestro di musica dell'universo. – Baehr è un impertinente. – Io nol sono d'oggi solamente. Egli ha lasciate le seguenti opere: Bellum musicum, 1701, in 4º; Musicalische discurse, Raggionamento di musica, 1719; Schola phonologica, ossia scuola della voce, o del canto. (V. Walther ed Ehrenpforte).

Baglivy (Giorgio) nato in Ragusa, dopo aver fatti i suoi studj in Napoli, e in Bologna stabilissi a Roma, e vi fu professore di medicina. L'imperiale società di Augusta, e la reale di Londra lo ammisero tra' loro socj; egli morì nel più bel fiore delle sue speranze nel 1707 in età di soli 38 anni. Baglivy ha pubblicato un Trattato particolare, che merita di esser consultato, e che porta il titolo di Dissertazione sugli effetti della musica nelle malattie cagionate dalla morsicatura della tarantola, Roma 1696. E benchè contro della medesima abbia scritto il ch. Francesco Serao, professore di medicina nella reale università di Napoli, le sue Lezioni accademiche della tarantola (Napoli 1742, in 4º), dove s'impegna a provare non esser quel morbo e la sua pretesa curazione col suono che una mera impostura, tuttavia altri professori dottissimi, e di costui più recenti confermano le osservazioni e gli sperimenti del Baglivio, e raccomandano la musica come uno de' più valevoli rimedj in siffatta malattia: tali sono un Kahler, un Staroste, un Mojon, un Lichtenthal ec.

Baillot (Pietro), nato circa il 1770, a Passy presso Parigi, ove suo padre per lo innanzi avvocato al parlamento, aveva stabilita una casa di educazione, prese quivi le prime lezioni di musica e di violino, da poco buoni maestri. Verso il 1784, suo padre avendo ottenuto una commissione di procuratore del re a Bastia, portovvi seco la sua famiglia; ma egli morì ben tosto, e Baillot trovossi in una assai penosa situazione. Mr. de Boucheporn intendente dell'isola di Corsica, commosso da questo infortunio, offrì alla vedova d'incaricarsi dell'educazione di suo figlio. Egli lo associò a' suoi figli, e fecelo seco lor viaggiare. Così è ch'egli andò in Roma, ove soggiornò lungamente, ed ebbe Polani per maestro, eccellente professore della scuola di Tartini. Tornato a Parigi nel 1790, fu presentato a Viotti, cui egli sorprese per la maniera ardita e franca di suonare, e che volendo obbligarselo, gli offrì un posto nell'orchestra allora sì ammirabile del teatro di Monsieur di cui egli era direttore. Nel 1795, presentossi al Conservatorio, ove riunì in suo favore tutti i voti, e fu nominato professore. In questa qualità pubblicò egli l'eccellente Metodo di violino adottato dal Conservatorio, ed al quale i bassi in contrappunto di Cherubini posti sotto agli esempj, danno un nuovo rilievo agli occhi de' compositori. Egli ha anche ordinato il Metodo di violoncello adottato dal Conservatorio, e di cui lo stile è stato ammirato dai musici. Nel 1806, Baillot secondo il cattivo esempio di un gran numero di virtuosi de' nostri giorni, stimò a proposito di viaggiare nella Russia e in Germania. Questi viaggi che durarono sino nel 1809, hanno in tutto il settentrione d'Europa giustificata la celebrità, che ve l'aveva preceduto. Di ritorno alla patria Mr. Baillot ha ripreso le sue funzioni al Conservatorio, e la sua scuola produce ivi gran numero di eccellenti allievi. Egli si è occupato ancora della composizione, ed ha pubblicato finora circa a dieci opere di duo, trio e concerti. Qualunque sia il piacere che si prova nel sentirglieli eseguire, gli amatori preferiscono di veder applicare piuttosto il suo talento a quei di Viotti e di Boccherini, ch'egli rende con quella perfezione, alla quale sembra impossibile il poter aspirare.

Baj (Tommaso) autore del Miserere, che ordinariamente si canta il giovedì santo nella cappella del papa in Roma, era nato a Crevalcore presso Bologna, verso il 1650, e morto in Roma nel 1718. Il suo Miserere è un capo d'opera per la prosodia e per la giusta accentuazione delle parole. Questo pezzo è il solo tra le moderne produzioni, che abbia ottenuto l'onore di essere ammesso nella cappella pontificia.

 

Balhorn (Luigi-Gugl.) nato nel ducato di Holstein, oltre una quantità d'altre opere, pubblicò: Prolusio de phonascis veterum, vocis formandæ conservandæque magistris, Alton e ad Hannover. Egli morì li 20 maggio del 1777.

Ballière (Carlo-Luigi-Dionisio) nato in Parigi a 9 maggio 1729 e morto a Rouen alli 6 novembre 1800. Egli acquistò delle cognizioni molto estese nella chimica, nelle matematiche, nella storia, nelle belle lettere e nella poesia. La sua riputazione gli acquistò delle relazioni con J. J. Rousseau, d'Alembert, Diderot, Voltaire, Fontenelle, e più altri. L'accademia di Rouen, di cui egli era membro, approvò la sua Théorie de la Musique, in 4.º a Paris 1764. Quest'opera è divisa in due parti. La prima, che contiene la teoria generale, è l'esposizione delle leggi della musica pura e semplice, come ci è stata data dalla natura. La seconda contenendo la teoria della musica moderna, è un ritratto delle alterazioni introdotte da' moderni nella musica naturale, e di quelle che la pratica rende indispensabili. L'A. per render semplice il suo oggetto, considera qui il suono relativamente alla musica: ma la sua teoria è essenzialmente viziosa, imperocchè la scala de' suoni vi è fondata su i tuoni del corno di caccia. Ecco il giudizio che ne dà un moderno scrittore, il quale alla cognizione di una profonda teoria ha unita ancora una ben meditata pratica. “Ad onta di alcuni sbagli, ei dice, l'opera di Mr. Ballière annunzia dello spirito e qualche instruzione, almeno nella fisica e nella geometria; ma non bisogna cercare nè musica, nè buon senso presso uno scrittore, che vedendosi in aperta contraddizione con la pratica, giunge fino a sostenere che la scala vocale sia falsa. Quando si arriva fino a tal punto, altro non si prova, se non che s'ignora affatto cosa sia lo applicare le scienze alle arti.” (V. Choron Notions élément. d'Acoustiq. Paris 1808.)

Banchieri (Don Adriano) Bolognese, monaco olivetano e dotto scrittore di musica su la fine del secolo 16º e i principj del seguente. Le sue opere, riferite diligentemente da Walter, sono troppo importanti per essere qui omesse. Conclusioni nel suono dell'organo, di D. Adr. Banchieri, olivetano, ed organista di san Michele in Bosco, novellamente tradotte e dilucidate in scrittori musici ed organici celebri, opera 20ª in Bologna 1609, in 4.º; Cartella musicale, Ven. 1613, in 4º; Duo in contrappunto sopra ut, re, mi, fa, sol, la, Venezia 1613, in 4º; Duo spartiti al contrappunto in corrispondenza tra gli dodici modi, ed otto tuoni, sopra li quali si pratica il metodo di fugare le cadenze con tutte le risoluzioni di seconda, quarta, quinta diminuita e settima, con le loro duplicate: come si trasportano gli modi per voci e stromenti così acuti come gravi, ec., Ven. 1613, in 4º; Moderna Pratica musicale, opera 37ª, Venezia 1613, in 4º; Cartella musicale nel canto figurato e contrappunto, Ven. 1613, in 4º. Il P. Martini cita in oltre del Banchieri Lettere Armoniche. Questo dotto monaco, per rimediare all'imperfezione della scala diatonica di Guido, aggiunse la settima monosillaba Bi per bequadro, e Ba per bemolle al settimo suono di essa, ed egli riferisce che questa addizione era stata sommamente approvata in Roma: sicchè l'addizione del Si fatta poi dai francesi, benchè più comoda alla pronunzia, e comunemente adottata oggidì, è posteriore a quella degl'italiani, come con la testimonianza di Banchieri lo ha provato Rousseau nel suo Dizionario (Art. si).

Bann (Giov. Alberto): non sappiamo altro di questo autore se non ciò che ne rapporta il dotto Cristoforo Augusto Heumann nella sua Introduzione alla Storia letteraria (Hannover 1746), cioè che egli pubblicò un libro col titolo: De Musicæ natura e ortu et progressu, Amsterdam 1645, e che va unito ad una collezione di opuscoli sul metodo de' buoni studj.

Banti (La signora): nata a Crema nel 1757, ella è morta in Bologna li 18 febrajo 1806. Era questa donna una cantatrice del primo ordine, che meritato aveva il sopprannome di virtuosa del secolo: recitò da prima donna su i teatri d'Italia, di Parigi e di Londra, ove brillò, per il corso di nove anni, col medesimo successo. Fu aperto il suo corpo, e trovossi che i polmoni avevano un considerabilissimo volume.

Barbaro (Daniele) nobile Veneziano. Questa illustre famiglia è stata la sorgente di più letterati: Daniele seguì le orme de' chiari suoi antenati, non che nell'applicazione alle scienze e alle belle-lettere, ma anche nello zelo per la prosperità ed i progressi de' buoni studj, ne' mezzi che liberalmente somministrava alle persone di lettere, e nella corrispondenza ed amicizia ch'egli trattenne con tutti i dotti uomini del suo secolo. Giulio III, l'anno 1552, il creò coadjutore del patriarcato d'Aquileja, e nel 1563 egli intervenne al concilio di Trento, ove diè grandi pruove di sua dottrina, e morì quindi a Venezia nel 1570, in età di 67 anni. Filosofo, matematico, teologo e letterato insieme, Daniele illustrò colle sue opere le scienze tutte, nelle quali erasi esercitato. Nella copiosa raccolta, che possedeva il P. Martini in Bologna, dei Scrittori di Musica, dice egli stesso esservi un Trattato MS. della Musica di questo autore, scritto in lingua italiana, e probabilmente autografo (Storia ec. tom. 3, p. 449). Egli tratta ancor della Musica nelle sue annotazioni a Vitruvio, di cui diè al pubblico una buona traduzione italiana nel 1566.

Barca (P. don Alessandro) delle scuole pie, pubblico professore di diritto canonico nell'università di Padova, e vice-segretario per le scienze in quell'accademia. Nelle relazioni accademiche dell'ill. ab. Cesarotti due se ne trovano di altrettante memorie ivi recitate dal P. Barca intorno alla Musica, noi le rapporteremo per intero, dar non potendone un saggio più preciso e così ben fatto. La prima Memoria è dell'anno 1783, ed eccone il ragguaglio che ne dà il Cesarotti. “La matematica presiede ugualmente all'armonia metaforica delle sfere, e alla reale della musica. Coltivatore appassionato dell'una e dell'altra facoltà il P. Profr. Barca essendosi proposto di dar una nuova teoria di musica appoggiata a un principio del tutto nuovo e generale, vi preparò la strada con una Memoria preliminare, frutto del suo zelo accademico, la di cui lettura occupò successivamente varie sessioni. Delle due parti in cui è divisa, presenta prima una descrizione del fenomeno dell'armonia e delle consonanze, descrizione che in ogn'altro caso avrebbe potuto omettersi (essendo il fenomeno non punto nuovo) ma che in questo si rendeva necessaria, perchè dal modo con cui viene esposta dal N. A. risulta tale l'effetto delle consonanze semplici, quale finora non fu osservato da alcuno. Tutti i teorici da qualche tempo avevano nell'armonia riconosciuto il basso fondamentale, vale a dire convenivano universalmente nel riconoscere nell'armonia di più suoni un suono principale e dominante sostenuto e rinforzato dagli altri. Ma non s'erano però avveduti che lo stesso appunto accadeva anche nelle semplici consonanze; e che sempre anche in esse i due suoni equivalevano a un solo che l'altro sostiene e rinforza; o se pure l'avevano osservato, era però sfuggito alla comune osservazione esser questo suono ora il grave, ed ora l'acuto dei due, talora, quel ch'è più, in alcune successioni anche di consonanze semplici un terzo diverso dagli altri due: in quella maniera stessa che sempre accade nell'armonia piena di terza maggiore alla terza minore, e alla sesta maggiore, e all'opposto nell'armonia piena di terza minore alla terza maggiore e alla sesta minore. Certo adunque il P. Barca di portar la materia alla più esatta precisione, e di metterla in lume non osservato premise a ragione la descrizione del fenomeno. Di questa, come d'un esatto ragguaglio per paragonar le cause agli effetti, fa uso il N. A. nella seconda parte della sua Memoria, in cui prende ad esaminare le teorie della musica, non però tutte, ma quelle soltanto che appogiate alla semplicità delle ragioni delle consonanze contengono molto di vero, e avendo perciò qualche cosa di comune col suo nuovo principio possono dare alla sua dimostrazione un qualche esterno risalto. Fa egli pertanto successivamente varie opportune riflessioni sulle teorie del Galileo, del Cartesio, dell'Eulero, e del Diderot, le quali riflessioni, oltre al portar l'esame delle suddette teorie a una non comune esattezza, e indicar i difetti di ciascheduna relativi ai proprj loro supposti, danno alfine un risultato uniforme, vale a dire essere insufficiente qualunque teoria di sola semplicità, a render ragione del fenomeno dell'armonia e delle consonanze, come fu dall'A. precedentemente descritto. Questa conclusione sarà il fondamento dal quale dovrà partire il N. A. quando verrà poi a comunicarci il suo nuovo principio teorico d'un'arte che tanto interessa: l'universale ignora quanto debba a quelle scienze astratte e severe, di cui talora più d'uno domanda spensieratamente a che pro? Così è; la società non ha verun'arte non dirò di comodo, ma di delizia e di lusso che non sia dovuta pressochè interamente alle fatiche dei dotti.” La seconda Memoria è dell'anno 1787, e questo è il ragguaglio che ne dà il Cesarotti. “Gustar la musica, egli dice, è dono universal degli orecchi, saper la ragione, per cui si gusta è pregio particolar dello spirito, e pregio così raro che non è ancora ben certo se alcuno il possegga per modo da spiegar adeguatamente tutti i musicali fenomeni. Così certamente non sembra al N.A., il quale da qualche anno si occupa nel rintracciar il principio d'una nuova teoria della musica. Aveva già egli mostrato nella precedente Memoria che in due sole maniere si cercò finora, e doveasi cercar dai filosofi di render ragione delle consonanze e dell'armonia, che l'una si appoggiava all'assuefazione dell'organo, e alla ragione di tale o tal circostanza, coll'altra se ne rintracciava il fondamento nella metafisica del piacere, e nelle immediate sue cause, che alla prima classe appartenevano le teorie di risonanza e di terzo suono, alla seconda le teorie di semplicità di ragioni, le quali tuttochè diversificate nell'esposizione presso il Galileo, il Cartesio, l'Eulero e 'l Diderot hanno però tutte la stessa base, e che finalmente sì l'una che l'altra specie di teorie erano del pari lontane dal presentarci un vero e assoluto principio generatore e spiegator dei fenomeni. Siccome però alla semplicità di ragioni non può assolutamente negarsi una qualche porzion d'effetto, come pur fu mostrato altrove dall'autore stesso; così dietro a questa considerazione spera egli di esser finalmente giunto alla scoperta di cotesto desiderato principio, ch'egli fa consistere nella semplicità combinata colla proporzione. A sgombrar gli equivoci, egli prende tosto a spiegarci cosa egli intenda per proporzione relativamente alla musica e al bello fisico, e avendo nella proporzione presa in generale distinto tre specie di ragionevolezza, di natura, d'instituzione, di convenienza, conchiude che il bello di proporzione non dee cercarsi nelle proporzioni astratte, ma nell'esemplare stesso del bello fisico, con cui quelle non sempre e assolutamente convengono. Quindi perchè l'esemplar fisico abbia la bellezza di proporzione, vi ricerca tre condizioni, commensurabilità nelle parti, relazione fra esse, e ordine proporzional dei rapporti, dalle quali condizioni riunite risulta il massimo effetto del bello musico. La commensurabilità consiste nella semplicità di ragioni, la quale ammettendo il più e 'l meno si propone a misurarla un calcolo proprio; la relazion delle parti, oltre all'ajuto ch'ella deve alla detta semplicità, è non poco sostenuta dai fenomeni delle risonanze e del terzo suono; finalmente la terza condizione dell'ordine dei rapporti è quella che identifica la nuova teoria, e la rende atta a spiegar que' fenomeni, che ad ogn'altra spiegazione resistono. Con queste tre condizioni vengono determinate le ragioni musiche consonanti, e tutti i casi d'armonia consonante per terza maggiore e terza minore, e tutto corrisponde così esattamente al fenomeno delle consonanze e dell'armonia, che sembra quasi il fenomeno, come si esprime l'A., dedotto dalla teoria piuttosto che la teoria immaginata dietro il fenomeno.” Nel primo tomo dei saggi scientifici dell'Accademia di Padova pubblicato nel 1786, si trovano le due Memorie del P. Barca sotto il titolo d'Introduzione ad una nuova teoria di musica.

 

Bardi (Giovanni de') fiorentino dei Conti di Vernio nel secolo 17º, cavaliere virtuoso e liberale, di gran cuore, di ottimo gusto, di gentilezza somma, di molta cognizione in ogni genere di letteratura e conseguentemente stimatore giusto e amante de' letterati, a' quali ogni ajuto e favore somministrava. Egli riuniva in sua casa i primi uomini nella musica, che erano allora in Firenze, dove passavan le ore non come è il costume de' nostri tempi, in oziose cicalate, in giuoco rovinoso, frutto della trascurata educazione e della pubblica scostumatezza, ma in dilettevoli e virtuose adunanze, ove la coltura dell'ingegno, il non frivolo spirito e l'attica urbanità vedevansi rifiorire insieme col sincero amor delle lettere, e delle utili cognizioni. I loro ragionamenti cadevano per lo più su gli abusi introdotti nella moderna musica, e su la maniera di restituire l'antica da tanto tempo sepolta sotto le rovine dell'impero romano. Fra questi i più celebri erano Vincenzo Galilei, padre del Colombo della nuova filosofia, Girolamo Mei e Giulio Caccini, le di cui dotte opere sulla musica dir si possono il risultato di quelle erudite conversazioni. Il conte di Vernio divenne poi Maestro di camera a' servigi di papa Clemente 8º, e finì i suoi giorni in Roma con la meritata riputazione di gran letterato e di protettor delle lettere. Nel secondo tomo delle opere di Giambattista Doni stampate in Firenze nel 1763, si trova di Giovanni de' Bardi Discorso a Giulio Caccini, Detto Romano, sopra la Musica antica, e 'l cantar bene, pubblicato per la prima volta per opera di Ant. Franc. Gori, e Giovanbatt. Passeri (V. nouv. dictionn. de Bibliogr. par M. Fournier, Paris 1809).

Baron (Ernesto Gottlieb) musico di camera del re di Prussia, nacque a Breslavia nel 1696; dopo aver fatti i suoi studj entrò nel 1728 al servigio del Duca di Saxe-Gotha, e finalmente nel 1730, si stabilì in Berlino, ove due anni dopo fu ricevuto alla cappella reale, alla quale restò attaccato sino alla morte. Egli pubblicò in Berlino nel 1756 Saggio di una dissertazione su la melodia, in tedesco: e nelle Memorie di Marpurg, tom. II, Pensieri sopra diversi oggetti di musica.

Barthelemy (ab. Giangiacomo) nato a Cassis presso Aubagne li 20 Gennaro del 1716; mandato da' suoi in Marsiglia sotto il P. Renaud dell'oratorio vi apprese l'arabo, il siriaco e 'l greco, e vi abbracciò lo stato ecclesiastico, quindi venne a Parigi, ed un viaggio che fece in Italia accrebbe le sue cognizioni. Al suo ritorno l'accademia delle iscrizioni, e la società reale di Londra si diedero premura di annoverarlo tra' loro membri. Le Memorie della prima contengono gran numero de' suoi scritti: si sono stampate a parte molte altre di lui opere, tra le quali la più celebre è quella intitolata, Voyage du jeune Anacharsis, a Paris 1788, 4 vol. in 4º. L'ab. Barthelemy, che aveva profondamente studiate l'arti e le usanze de' Greci, nel terzo tomo tratta a lungo della greca Musica, della sua origine, de' suoi progressi e della sua decadenza all'epoca in cui egli finge il viaggio del suo scita filosofo. Egli impiegò trent'anni nel comporre quest'opera, e non furono perduti. I filosofi, gli storici, gli uomini di gusto vi trovarono tutto ciò che poteva istruirli e piacer loro: stile piacevole, tratti delicati, passaggio felice da un soggetto grave ad un altro più ridente, ricche dipinture, giudizj rapidi e adeguati, erudizione immensa ed assai ben messa in uso. Questi vantaggi così rari in una sola opera l'han posta tra le migliori, che abbia prodotte il secolo decimottavo. Tuttavia il Cesarotti non lascia di farne la seguente critica in una lettera scritta in francese a Mr. Merian. “Io trovo, egli dice, questo libro dell'Anacarsi un poco inferiore alla sua celebrità: non già che non possa a giusto titolo lodarsi, ma parmi che il pubblico non l'abbia messo al suo rango. Egli è una collezione di estratti molto ben fatti di tutto ciò che riguarda i greci: egli è un mosaico faticato con molta maestria, ma non è poi al fondo che un'opera di erudizione scritta con grazia. Io vi veggo il piano di un uomo dotto, e l'esecuzione di un letterato; ma non vi riconosco l'uomo di genio, il filosofo profondo, il critico delicato ed imparziale. Non è, nè un romanzo interessante tessuto su le orme della storia, nè una storia ragionata della religione, del governo e delle arti de' greci; nè un parallelo ingegnoso e piccante de' costumi antichi e moderni. Quel che vie più mi disgusta si è che l'autore facendo sembianza di volermi regalare di tutto questo, e dopo avermi adescato con tale lusinga, mi scappa dalle mani, e mi dà il cambio senza consultar troppo il mio gusto. Cosicchè, per dirla daddovero, ella è un'opera difettosa in tutti i generi. Vi ha, io ne convengo, de' quadri, de' caratteri, alcuni pezzi di eloquenza, ma manca d'insieme, d'azione, d'interesse sì drammatico, che filosofico; tutto vi è interrotto, sdrucito, minuzzato; i fatti più rimarchevoli vengono soffocati da lezioni monotone e da minuti dettagli. Anche fino i viaggi non son regolati da un piano, nè condotti dalle circostanze; si va, si viene, si torna senza che se ne sappia abbastanza il motivo. In oltre egli è desso Anacarsi? e non vi vedete voi già sotto questa maschera il buon abate Barthelemy, che si mostra, e nemmeno egli vuole che si prenda scambio!” Cheche sia di tutto ciò, l'opera è stata tradotta in tutte le lingue delle nazioni culte; in inglese, Londra 1794, 7 vol. in 8º; in italiano, Venezia 1791, 12 vol. in 12º, nel quarto tomo della quale edizione il Traduttore vi ha aggiunta un'Appendice al capitolo dell'autore sulla Musica de' greci: egli dice di avere consultato il codice originale dal secolo 12º o 13º degli Armonici di Tolomeo, che si trova nella Biblioteca de' cisterciensi di san Michele di Murano presso Venezia, e nel quale codice va aggiunto un trattato di Aristosseno sinora inedito, e diverso del tutto da quanto corre sotto a nome di questo scrittore armonico. Il traduttore in questa appendice pretende di dar nuovi lumi sopra questo argomento, che a suo parere mancavano nell'opera dell'autore francese, ma parmi che il lettore possa dire alla fine col Comico: Fecistis probe: incertior sum multo quam dudum. Tra le opere dell'abate Barthelemy un'altra se ne trova, che riguarda la musica: essa è intitolata, Entretiens sur l'état de la musique grecque au quatrieme siecle avant l'ere chretienne, a Paris 1777, in 8º, cioè Trattenimenti sullo stato della musica greca intorno al quarto secolo innanzi l'era cristiana, ove trovansi delle eccellenti riflessioni sulle cause del dicadimento del gusto in quest'arte a quell'epoca. L'ab. Barthelemy non ostante l'alta riputazione di cui godeva, e la saggia sua condotta fu una delle vittime della rivoluzione: egli all'età di 78 anni posto in prigione nel 1793, soffrì senza esser punto commosso la perdita di sua libertà, ed attendeva con serenità e calma la fine de' suoi giorni, allorchè fu reso in seno della sua famiglia. Pochi giorni dopo leggendo la quarta epistola del primo libro di Orazio parve che si fosse addormentato, ed egli più non esisteva. Le lettere il perdettero a' 30 Aprile del 1795.

Bartoli (Daniele) nato a Ferrara nel 1608, fecesi gesuita nel 1623, oratore celebre pel suo tempo; filosofo e purista in materia di lingua, si rese molto commendevole per i suoi talenti, non che per la beltà e nitidezza della sua dizione. Egli pubblicò gran numero di opere tutte in lingua italiana: il suo stile è di un genere nuovo, vivo, energico, solido e piccante, ma troppo ricercato e raramente fluido e naturale: tuttavia egli è riguardato come uno de' più puri scrittori della lingua italiana. Le sue opere che non riguardano la storia, sono state raccolte e pubblicate in Venezia nel 1717, 3 vol. in 4º, tra queste ve ne ha una che ha per titolo: Del suono, de' tremori armonici, e dell'udito, e della quale se ne sono fatte varie edizioni a parte, come in Roma 1672, in 12º; e in Bologna 1780. Quest'opera, che tratta dell'Acustica, non è senza merito. Mr. Chladni (Traité d'Acoustiq. a Paris 1809.) la cita con elogio. Il pad. Bartoli morì nel 1685 in età di 77 anni.