Za darmo

La plebe, parte IV

Tekst
0
Recenzje
iOSAndroidWindows Phone
Gdzie wysłać link do aplikacji?
Nie zamykaj tego okna, dopóki nie wprowadzisz kodu na urządzeniu mobilnym
Ponów próbęLink został wysłany

Na prośbę właściciela praw autorskich ta książka nie jest dostępna do pobrania jako plik.

Można ją jednak przeczytać w naszych aplikacjach mobilnych (nawet bez połączenia z internetem) oraz online w witrynie LitRes.

Oznacz jako przeczytane
Czcionka:Mniejsze АаWiększe Aa

– Luigi… il nostro Luigi fu arrestato questa sera… E se non lo salviamo noi, egli dovrà salire sulla forca!..

Per Candida fu, come se ricevesse nella faccia e nel petto l'urto d'un colpo materiale: si lasciò andare indietro sui cuscini impallidita come una morta, gli occhi sbarrati da uno sgomento indicibile; ma la riazione fu lesta a venire. Quella che le tornava un'esagerazione, le apparve con tutti gl'indizi della falsità. L'azione, le parole, l'aria del volto della cortigiana non furono più per lei che un sanguinoso oltraggio, cui quella donna perduta aveva avuto la temerità di venirle ad infliggere nella sua casa medesima. Il sangue le salì di bel nuovo alla faccia a ricolorarle più vivacemente le guancie, a ridonare più fuoco allo sguardo. Fulminò d'un'occhiata imponente la sciagurata che le stava dinanzi, e il disprezzo non consentendo al suo sdegno di pronunziare pure una parola, non fece altro che allungare il braccio verso il cordone del campanello. La Zoe, con un balzo da tigre a ghermir la preda, le fu sopra, le afferrò quel braccio e stringendolo colla sua mano nervosa, da lasciarvi sulla pelle liscia e finissima l'impronta delle sue piccole dita, disse piano, con un fiero sogghigno:

– La badi, non faccia imprudenze. Cacciarmi per mezzo de' suoi domestici di casa sua, è presto detto, ma non può farsi così presto e così piano che non ne nasca uno scandalo. Il darmi retta è non solo nell'interesse di Luigi, che deve starle a cuore a Lei, come sta a me, ma nell'interesse suo: la lo dovrebbe capire, senza ch'io mi sfiati a dirglielo.

Candida fu quasi dominata da quella violenza; non pensò a riluttare; il suo braccio rimase inerte; il suo capo si trasse in là, e gli occhi si sottrassero allo sguardo ardente di quelli della cortigiana. Successe un momento di silenzio.

– Lasciatemi: disse poi la contessa con accento di comando e di superba impazienza, movendo il braccio per isvincolarlo dalla stretta di quella mano il cui contatto le era più doloroso d'un'offesa.

Zoe lasciò andare la mano della contessa e incrociò nuovamente le braccia al seno.

– Che cosa volete da me? Che siete venuta a pretendere qui colle vostre menzogne?

– Menzogne! ripetè la cortigiana col suo sogghigno. Ah Lei ricorre al comodo spediente di non credere. Le ripeto che Luigi Quercia fu arrestato e che lo aspetta la forca, perchè gli è accusato di parecchi assassinii e depredazioni…

Abbassò ancora la voce e soggiunse:

– E l'accusa è vera. Quercia è il famoso medichino capo della cocca.

Candida non ebbe altra forza che quella di mandare un fievol grido.

– Che cosa voglio e pretendo? continuava la Zoe: che voi sua amante… al pari di me… più di me… mi aiutiate a salvarlo; che non lo lasciate passare dalle vostre braccia a quelle della morte la più ignominiosa.

La contessa chiamò a raccolta tutta la dignità e tutto il coraggio che ancora le rimanevano.

– Strano modo di venire ad implorare la mia protezione pel vostro amante, assalendomi con calunnie e minaccie, non so se più assurde o ridicole… Uscite; io non posso e non voglio far nulla per voi nè per quel cotale… E s'egli è quello sciagurato che voi dite, ben lo colpisca la vendetta delle leggi.

La Leggera guardava con profondo stupore la donna che così le parlava; ad un punto proruppe con un'esclamazione che pareva un ruggito:

– Ah sì?.. Ah gli è così che la prendete?.. Implorare io?.. Dove avete visto, da che avete capito che io venga ad implorarvi?.. vengo a comandare… Voi non volete far nulla per quel cotale?… Vi dico io che farete… Potevate addirittura affermare che voi non l'avete mai visto, nè conosciuto… Ecco come sono queste gran dame che si chiamano oneste, e che non hanno per noi che disprezzo. Ci vengono a rapire i nostri amanti, a rubare il mestiere, e quando si sono saziate dei loro vergognosi capricci, con fronte spudorata vi negan tutto, coprono la loro infamia del loro blasone; fanno cacciare alla porta quella ch'esse chiamano una donna perduta, abbandonano nella disgrazia colui che pur ieri onoravano dei loro amplessi… Infamia ed ipocrisia!.. Voi valete assai meno di noi, signora… Ma vi dico che io – la quale non abbandono chi amo – io non permetterò che sia così. Ho in mano il mezzo di farmi obbedire, e mi obbedirete… Conveniva essere più prudente per prepararvi il comodo spediente del diniego… Ho in mano io le lettere d'amore che avete scritte a Quercia l'assassino.

Candida, senza più forza, non seppe dare altra risposta che mandare una voce di disperazione; ma di botto la sua fisionomia espresse ancora maggiore l'angoscia, la vergogna e lo spavento, mentre gli occhi fissavano atterriti appiè del letto. La Zoe si volse a guardare, e vide colà apparire il cranio giallo e gli occhi viperini del conte Langosco.

– Voi insultate mia moglie, credo: disse il marito di Candida con espressione di supremo disprezzo ed autorità: v'impongo di rispettarla.

La cortigiana, come domata da quell'aspetto, dallo sguardo e dall'accento, fece un passo indietro e non ribattè parola. Langosco si avanzò così da mettersi in mezzo fra Zoe e sua moglie, e senza pur volgere un'occhiata a quest'ultima, ripigliò a dire:

– Ho udito nominare certe lettere… che possono essere interessanti per noi… Ho io inteso bene?

– Sì, signor conte: rispose la Leggera.

– E le sono in poter vostro?

– Sì signore.

– Bene!.. Gli è dunque un affare… Si tratta di compra e vendita… Non è alla moglie che dovevate indirizzarvi, ma al marito… Venite meco di là.

Zoe parve esitare un momento: guardò la contessa che si sarebbe detta svenuta, se non avesse avuto larghi e spaventati i suoi grandi occhi neri, guardò il conte che nascondeva il suo furore sotto il solito ghigno sardonico delle labbra sottili, ed alla moglie prestava tanta attenzione, come se non esistesse, e rispose con una insolente crollatina di spalle:

– La moglie o il marito fa il medesimo: fra loro se l'aggiusteranno come lor piace; in faccia al mondo è una causa sola ed un medesimo interesse.

Passarono nell'appartamento del conte. Questi, appena entrato nello stanzino che avrebbe potuto chiamarsi il suo studio, se mai fosse stato presumibile ch'egli studiasse, piantato a mezzo la stanza, fermò que' suoi occhi grifagni in volto alla cortigiana e le disse con accento in cui il disprezzo e la minaccia non erano temperati che da quel certo riguardo che la sua galanteria serbava pur sempre per qualunque giovin donna in qualsiasi grado e condiamone la fosse:

– Gli è dunque un ricatto, un chantage, quello che vieni ad esercitare qui da noi, la mia bella giovane?.. Bene! Non perdiamo tempo. Quanto ne vuoi di quelle lettere?

– La libertà di Luigi.

Langosco crollò le spalle con impazienza.

– Non dire e non farmi dire delle parole inutili. Due mila lire ti bastano?

Zoe tentennò il capo.

– Tre?.. Cinque?.. Otto mila lire, via.

– Nè anco venti… Le ripeto, signor conte, che voglio la libertà di Luigi. Non è per altro che son venuta.

– Non ti capisco: spiegati.

– Quelle lettere darò a Lei od a sua moglie quel dì, in cui Luigi sarà uscito di carcere.

– Sei matta… Bisogna domandare alla gente cosa che si possa fare.

– E questo, Lei, se vuole, lo può fare.

– Come?

– Con quel denaro ch'Ella è disposta a spendere per riavere quelle lettere, si può comprare qualche guardiano; coll'autorità e le protezioni di cui Ella dispone si può ottenere che qualche occhio si chiuda… Quercia può di questa guisa trovare aperta la sua prigione, pronta una carrozza ed un passaporto e…

Il conte l'interruppe.

– È questo il solo partito che tu venga a propormi, il solo che tu voglia accettare?

– Il solo.

– Olà! Che interesse ci hai tu cotanto a salvar la pelle di quello sciagurato?

Gli occhi della cortigiana brillarono stranamente, ed ella rispose con accento di voce più sommesso, quasi cupo:

– L'amo.

– Oh oh, tu!.. Esclamò il conte; ma l'espressione scettica e sardonica del suo sorriso mefistofelico si dileguò in presenza della risolutezza e della serietà che erano impresse sulla faccia della Zoe; egli riconobbe lo stampo della passione, e meravigliato di quel miracolo che aveva creduto impossibile nell'animo di quella venduta, s'inchinò leggermente:

– E tu fuggiresti con lui?

– Forse!

– Per andare a vivere da tortorelle in una solitudine: une chaumière et son cœur. Che strana razza di gente che siete!.. Senti, Zoe. Tu mi domandi una cosa che non si deve fare. Capirai che non si può rispondere lì su due piedi un sì, e neppure un no, quando tanto interesse è in giuoco. Lasciami pensare. Promettimi intanto una cosa: che di quelle tali lettere non farai uso nessuno, finchè tu non abbia perduta ogni speranza di salvare… colui.

– Glie lo prometto.

– Io ti farò sapere la mia decisione fra pochi giorni.

Zoe si mosse per partire; ma fatti pochi passi, s'arrestò, e venendosi a piantare di nuovo in faccia a Langosco, disse con forza quasi feroce:

– Badi che vane promesse non mi potranno ingannare; e che saprò ricorrere a tali cautele da premunirmi contro ogni tradimento.

Il conte non rispose; lasciò partire la cortigiana, poscia avvoltosi ben bene entro la sua pelliccia, senza servirsi della carrozza, a piedi s'avviò di buon passo verso l'abitazione del generale Barranchi.

Questi aveva ricevute le relazioni compiute ed esatte delle importanti operazioni eseguite quella sera dalla sua Polizia: stupito, egli stesso, lieto e superbo dei risultamenti ottenuti, si fregava le mani per un trionfo di cui egli non aveva il menomo merito.

La comparsa di Langosco lo fece ricordarsi che a quel successo mancava una sola circostanza per essere compiuto: ed era che non si aveva potuto trovare quelle lettere di cui aveva promesso il ricupero al suo buon amico. Ma quando appena ebbe incominciato a dire tale non affatto lieta novella al marito di Candida, questi lo interruppe.

 

– So che non le avete rintracciate, diss'egli: ma so eziandio dove le sono e dove si possono pigliare.

– Ah sì? esclamò il generale con aria tra meravigliata ed incredula. Sentiamo un po'.

– Le ha in suo potere Zoe, la mantenuta del Principe.

Barranchi guardò Langosco con un certo stupore, ma nello stesso tempo si rimpettì, ed atteggiò la sua persona ad una mossa di orgoglioso soddisfacimento.

– Ah ah! voi credete, caro conte, di venirci ad apprendere una novella mai più sospettata… Udite, ed ammirate come la mia Polizia è ben fatta. In questo stesso momento uno de' nostri più fidi, più segreti, più sicuri agenti, quello a cui molto si deve nello scoprimento di questa rete infernale, trovasi in casa la Leggera a farvi una minuta perquisizione, appunto per trovarvi quello che voi desiderate. Domani mattina prima che siate levato, riceverete il plico che conterrà tutte quelle carte; potete dormir tranquillo con questa certezza.

Ma il domattina, invece del plico che Barranchi gli aveva promesso, il conte di Staffarda ricevette il bigliettino seguente:

«Conviene che le relazioni avute da voi e quelle che a me pervennero fossero false, o che quel demonio d'una Zoe sia stata avvisata in qualche modo; il fatto è che per quanto minutamente siasi perquisita tutta la sua abitazione, nulla si rinvenne, nè quelle tali lettere, nè altro che la potesse compromettere. Ho dato tuttavia ordine che la si arrestasse; e vedremo se la prigione la farà parlare.»

Langosco sgualcì con mano rabbiosa quel pezzo di carta, stette un poco a meditare, e poi rispose al comandante della Polizia:

«Credo inutile sostenerla in carcere; quella donna non parlerà. Libera, potrò trattare con essa ed ottenere la consegna di quei fogli, che voglio avere a qualunque costo; e poichè nessuna prova ci avete contro di colei, io vi consiglio e vi prego di metterla in libertà. Eviterete così anche la collera del Duca.»

Mandò sollecitamente il biglietto al suo indirizzo.

– Purchè, disse fra sè, quella sciagurata nello sdegno di vedersi presa, non pensi di subito a vendicarsi con quell'armi che ha tra mano.

Ma la Zoe, in grazia del maggior interesse che aveva in vista, represse il furore onde in fatto era occupata. Ecco il bigliettino che a sua volta, appena libera, scrisse al conte Langosco:

«Ella aveva promesso di non ricorrere a tradimenti. Ho imparato che valore hanno le sue promesse. Ecco ora l'ultimo patto che le vengo a dettare: se fra una settimana L. non è libero, quelle lettere faranno il giro di tutta Torino. Nè creda impedire in altro modo qualsiasi questo fatto. Dovessi anch'io sparire dalla faccia della terra, quei documenti sono in luogo sicuro ed in mano di tale che eseguirà ad ogni costo la mia volontà.»

Or ecco di che guisa l'accorta Zoe aveva sottratto le lettere di Candida alla ricerca della Polizia.

Uscendo dal palazzo di Staffarda, dopo i colloquii avuti colla contessa e col conte, la cortigiana era salita nella carrozza, dove stava attendendola palpitante la Maddalena.

– Ebbene? Aveva domandato costei colla sollecitudine della maggiore ansietà.

– Ebbene: aveva risposto la Leggera, tutto ancora agitata dalla passione che l'aveva mossa in que' narrati abboccamenti: ebbene li tengo per i capelli e li farò marciare a mio talento… Vi è tutto da sperare.

Maddalena in uno slancio di gioia riconoscente, prese la mano della Zoe e la baciò con calore.

– Oh oh! esclamò la elegante mantenuta del Principe con un accento strano in cui c'era ironia, commozione, sdegno e simpatia nello stesso tempo: cara la mia ragazza, tu ami dunque molto quel birbone di Luigi?

– Tanto, tanto! rispose la giovane col più sincero espandersi della passione.

– Dovremmo essere nemiche ed odiarci, poichè l'amo anch'io. Ma tu non sei come quella superba impostora di contessa. Tu lo ami per lui e non per te. Possiamo intenderci, noi due. Ah! due donne che amano sono una gran potenza, sai; e lascia fare che fra noi due lo salveremo. Di poi, per contrastarcelo, ci caveremo anche gli occhi…

– Ah no! proruppe Maddalena, cui la bellezza, la risoluzione, la vivacità, la passione della cortigiana soggiogavano. Io sento di non esser nulla, di non poter nulla. La mi adopri come vuole, prenda la mia vita se occorre: lo salvi solamente, ed io sparirò nell'ombra per lasciarla felice con lui.

– Povera fanciulla! disse Zoe, passandole un braccio intorno al collo. Sei tu forse quella che merita più d'essere amata… E gli uomini son essi degni di un simile amore?.. Bah! Forse che si ama per merito e ragione?.. Quello che avverrà fra noi non so; per ora sento che ti voglio bene e t'ammiro.

E tratta a sè la faccia animata della ragazza del volgo, le diede un bacio di sorella.

– Di te, dunque: continuava: mi fido come di me stessa. Dà ben retta. Per obbligare ad agire secondo le nostre voglie il conte e la contessa ho un talismano che solo fa tutta la mia forza, e di cui per ciò essi hanno massimo interesse a spogliarmi. Questo talismano sarà più sicuro nelle tue mani che nelle mie. Conviene che tu mi prometta di non mostrarlo a nessuno, di non farne cenno con anima viva, di nasconderti con esso e di non restituirlo poscia che a me, nelle mie mani, quand'io te lo ridomandi.

Maddalena promise.

– Or bene, vieni meco nella mia casa ed io te lo consegnerò di presente, perchè temo qualche tentativo per privarmene.

Entrando in casa, Zoe apprese che vi era tuttavia Bancone; senza preoccuparsene il meno del mondo, ella condusse Maddalena nel suo elegante camerino da toelette, e chiuse là dentro le consegnò il pacco delle lettere della contessa di Staffarda.

– Ed ora dove pensi tu andarti a rimpiattare?

– Ci ho la mia camera; ma colà non oso riparare per paura ci vengano gli arcieri.

– Hai ragione. Bisogna assolutamente trovare altro ricovero. Aspetta un poco. Te lo procurerò io.

Passò di là nel salotto da pranzo, dove trovò il banchiere milionario, sbottonato il panciotto, disfatto il nodo della cravatta, arrovesciata la testa sulla spalliera della poltrona, russare con voce sonora, saporitamente addormentato.

La Leggera inzuppò nell'acqua l'angolo d'una servietta, e bagnò al dormiente la fronte e le tempia. Bancone si svegliò senza sussulto e, vistasi innanzi la bellezza sorridente della cortigiana, fece un beato sorriso ancor esso.

– Tò, m'ero addormentato… Tanto meglio! Così il tempo della tua assenza mi è passato più presto… Sognavo di te, sai, sognavo che tu mi facevi sul ventre i passi di danza che ballavi con tanta grazia sul dorso nudo del cavallo al galoppo… Sei stata lungo tempo fuor di casa?.. Hai finito i tuoi misteriosi affari?.. Sei tornata definitivamente e possiamo stare allegri insieme senza che nessun più venga a disturbarci?

– Quante domande! rispose Zoe con tutta la grazia seducente di cui era capace. Vi risponderò pregandovi di farmi un piacere… che sarà un piacere anche per voi.

– Che cosa? domandò Bancone stirandosi.

– Non ci avete mica nessun'abitatrice nel vostro appartamentino, dove, di nascosto dalla moglie, andate a fare delle orgie da scapolo, viziosone che siete?

Il banchiere fece saltare la sua pancia enorme in una grassa risata di soddisfazione.

– Eh eh! Bisogna bene darsi un po' di buon tempo. La bellezza virtuosa di mia moglie m'annoia come una quaresima; vado a fare di quando in quando un po' di carnovale.

– Sentite. Si tratta di ricoverare e nascondere in quel vostro così ben riposto quartieretto una bella ragazza.

Il vecchio satiro drizzò le orecchie e si levò sulle anche.

– Oh oh! esclamò egli, guardando incredulo la cortigiana: una bella ragazza! Davvero?

– Sicuro: quella medesima che avete visto qui poco fa, e che non vi dispiacque, io me ne sono accorta, vecchio peccatore.

– Sì, la è un discreto tocco di grazia di Dio. Ma perchè ricoverarla, perchè nasconderla?

– Vi rincresce fare a me ed a lei questo piacere, procurare a voi medesimo questo vantaggio?.. Lasciate stare: ricorrerò ad un altro.

– No, no. Sono disposto ad obbedirti.

– Quella giovane è perseguitata da qualcheduno, è venuta a raccomandarsi a me; voglio salvarla, ed ho pensato il meglio fosse di affidarla alla vostra generosa protezione.

– Affidala pure: disse il vecchio libertino, nei cui occhi brillavano le fiamme d'una oscena cupidigia: la sarà in buone mani.

– Va bene… Vengo a consegnarvi tosto la giovane… La mia carrozza è ancora bella ed allestita sotto il portone. Voi salite in essa colla ragazza e… e buona notte.

– Come! Come! esclamò il banchiere meravigliato: così subito?

Ma la Leggera già era sparita dietro le cortine dell'uscio.

Bancone si mescette un bicchiere di Sciampagna e lo bevette d'un fiato per rischiararsi le idee. Cinque minuti dopo vide ricomparire la Zoe che si traeva per mano la Maddalena. Si levò in piedi e sorresse alla tavola il suo corpo oscillante.

– Dunque, diss'egli, aitandosi della persona colla grazia d'un orso che si dimena entro la gabbia di un serraglio, mia bella giovane tu hai da essere la mia ospite?

Maddalena lo guardò colla sua petulante figura e fece un sorriso poco rispettoso; la Leggera le si chinò all'orecchio e le susurrò alcune parole, alle quali ella non rispose che con una crollatina di spalle chiaramente significante: «Bah! ciò poco m'importa.»

– Non perdete più tempo: disse Zoe: sono le undici e mezzo, e più. Andate.

Il vecchio libertino osò abbandonare l'appoggio della tavola e fece due passi barellando verso la cortigiana.

– Crudele! mormorò con occhi che volevano essere espressivi d'un amoroso rimprovero ed erano in realtà imbamboliti dall'ebbrezza: hai il coraggio di scacciarmi di casa tua…

Zoe lo afferrò ad un braccio per aiutarlo a rimettersi in equilibrio sulle gambe podagrose, e gli accennò Maddalena che aspettava presso l'uscio con una certa impazienza.

– Avrete un fortunato compenso… nella buona opera che state per fare.

– Ah birbona!.. susurrò il Creso della banca con quel suo certo sorrisaccio; poi, parlando a Maddalena: vieni qua, soggiunse, vienmi presso, biricchina… Così; dàmmi il braccio… Perbrio! che braccio sodo… Dunque, buona notte, Zoe. Andiamo.

Appena furono usciti, la Leggera chiamò a sè i servi.

– Chiunque v'interroghi, non direte che qui venne una giovane e che la è partita con Bancone.

Ottenutane questa promessa, ordinò si spegnessero tutti i lumi, si ridusse nella sua camera, e in pochi minuti fu spogliata ed a letto. Eravi essa appena coricata, quando si udirono forti colpi al portone da via. Il portinaio svegliato si recò a vedere che fosse: successe un breve e vivace parlamentare fra quelli che picchiavano di fuori e il portiere all'interno, quindi il portone s'aprì e i passi pesanti di molte persone suonarono su per le scale. La Zoe stava ascoltando questi rumori con interesse, quasi con ansia, dubitosa che quest'incidente la dovesse riguardare, quando a levarle ogni dubbio sentì una violenta scampanellata all'uscio del quartiere.

– È una visita della Polizia, ci scommetto: disse ella fra sè con un sorriso di trionfo. La Maddalena è partita a tempo.

La sua fante le si precipitava in istanza, mezzo spoglia, assai sgomenta.

– Ah signora, esclamava con voce tremante, è la forza, è l'autorità, vogliono entrare ad ogni costo… Domandano di Lei… o mio Dio! o mio Dio!

La Leggera si sollevò un poco in mezzo alla candida neve delle sue lenzuola, puntando il gomito ai guanciali ornati di ricche balze di mussolina ricamata, incrociò al petto il suo giaco da notte ricco di trine stupende e con atto superbo ed imponente da regina esclamò imperiosamente:

– Qui non ha da entrare nessuno… Non lasciate entrare nessuno.

– Siamo già entrati: rispose una voce fiacca, affranta, ma in cui suonava una certa maligna ironia, e in mezzo alle cortine dell'uscio Zoe vide la faccia pallida ed infermiccia di Barnaba, e dietro lei i ceffi caratteristici degli arcieri da cui s'era fatto accompagnare.

La Zoe riconobbe di subito nell'uomo che le si affacciava, quel cotale che da assai tempo si aggirava intorno all'abitazione di lei, gli occhi rivolti alle finestre della medesima, e che la sua vanità femminile aveva preso per un timido amatore. Luigi aveva avuto ragione: egli era invece una spia. Essa lo fulminò con un'occhiata di sdegnoso disprezzo e con un accento degno compagno di quello sguardo, domandò:

 

– Chi siete? Che volete? Che modo è questo d'introdursi nella casa d'una donna?

Barnaba parve esitante; si sarebbe detto che su quella soglia trovava un inciampo che stentava a superare; nella sua faccia scialba e sempre impassibile eravi pure come un'ombra di misteriosa emozione; i suoi occhi al fondo delle incavate occhiaie, velati quasi sempre, avevano ora uno strano bagliore, mentre, trascurato ogni altro oggetto, si fissavano sulle forme giovanili, leggiadre, procaci della cortigiana a mezzo seduta sul suo letto.

Era davvero un'originale, irritante, potente bellezza quella che splendeva dagli occhi, dal volto, da tutte le membra della giovine donna. Le sue chiome abbondanti di color fulvo, slacciate, le pendevano in ciocche ondulate che avevano i riflessi dell'oro, intorno al collo candidissimo ed a perfezione tornito, sulle spalle, venivano a battere come una carezza su quel turgido seno, il cui candore appariva traverso le trine, come l'argenteo chiaror della luna traverso le squarciate nubi. Sacerdotessa della voluttà, la sua espressione suprema, quella in cui tutte s'appuntavano le espressioni delle sue sembianze, de' suoi atti, d'ogni sua mossa, era l'espressione della voluttà. Anche nello sdegno di quel momento c'era una grazia, un fascino malvagiamente provocatore delle sensuali passioni dell'uomo.

Dopo un istante ella ripetè, ancora più sdegnosa di prima, le sue richieste a Barnaba, il quale gli occhi fissi su di lei, il respiro leggermente affannoso, nè parlava, nè si moveva. Allora l'agente della Polizia si riscosse, vinse la sua emozione, ricoprì nuovamente la faccia della maschera d'una gelata indifferenza, e con voce sorda ed affaticata rispose:

– Siamo la Polizia; e veniamo a perquisire la vostra casa. Nessuno si mova e nessuno fiati. Dobbiamo frugare scrupolosamente cose e persone. Credo che ad alcuno non verrà in mente la pazzia d'una resistenza.

La donna con un sobbalzo si drizzò del busto sui cuscini ricamati del suo letto.

– Cose e persone avete detto? Domandò ella con inesprimibile accento di fiero disdegno:

– Sì: disse freddamente Barnaba: e per togliervi più presto a questa seccatura e lasciarvi tosto libera e tranquilla comincieremo da voi.

Fece alcuni passi verso il letto della cortigiana, ma più incerta che mai era la sua andatura e le mani gli tremavano.

Le pupille di Zoe mandarono fiamme: con un moto rapido e violento si torse della persona verso il comodino, ne aprì il cassetto e toltone uno stile damaschinato, di bella fattura, lo impugnò risolutamente colla piccola destra nervosa. L'avreste detta una Lucrezia romana.

– Guai chi mi tocca! gridò essa fremendo.

Il poliziotto ebbe sulle pallide labbra un sogghigno indefinibile d'ironia insieme e di compassione e di profonda mestizia.

– Tanto sforzo di coraggio starebbe bene, diss'egli, se si volesse attentare alla vostra virtù, ma questo non è ora il caso. Dovreste sapere che contro la forza non vale la ribellione dello sdegno. Se voi… od altri per voi… tentò un giorno salvare la vostra innocenza dalla brutalità d'un prepotente, che valse?

Queste parole che le ricordavano un tristo episodio della sua prima adolescenza, quasi della sua infanzia infamemente corrotta da uno scellerato, sovraccolsero potentemente e stranamente la donna. Quella disgraziata ventura ella non aveva raccontata mai; il miserabile che l'aveva fatta sua vittima era morto; il suo compagno di stenti che era stato testimonio inorridito ed impotente era scomparso. Come poteva sapere alcuna cosa di quel dramma quest'ignoto? E sapeva egli veramente, od era il caso soltanto che gli aveva posto in bocca quelle parole che sembravano fare allusione alla sventurata vicenda? Non ebbe campo per allora a meditare su codesto, perchè l'agente di Polizia, assumendo un tono imperioso e solenne continuava:

– E noi siamo la legge, signora, noi siamo l'autorità, ed a noi non si resiste.

Si volse agli arcieri che dietro di lui s'erano inoltrati nella stanza.

– Disarmate quella donna: comandò.

In un attimo due uomini furono allato della Zoe, le ebbero afferrate le braccia e toltole di pugno il ferro. Allora ella vide avanzarsi su di lei e starle sopra la faccia terrea di Barnaba; allora sentì sulla sua persona il contatto di due mani che parevano frementi. Trasalì, come corse le vene da un brivido di ribrezzo, mandò un gridolino di rabbia repressa, slanciò uno sguardo di ferocia impotente su quel volto pallido, macilento, incavato, che incombeva sul suo. I loro sguardi s'urtarono come due saette che s'incontrino per aria volando, parve se ne sprigionassero scintille. Nessuno dei due cedette e si abbassò innanzi all'altro; ma nelle pupille di quell'uomo che le parvero in fondo alle occhiaie come belve appiattate in fondo ad una caverna, Zoe travide un fuoco profondo, cupo, terribile, credette travedere un pauroso mistero.

– Chi è quest'uomo? domandò a sè stessa. Che vuol egli da me? Perchè mi pare che costui debba entrare nella mia vita?

La perquisizione, come già sappiamo, non ebbe risultamento di sorta. Zoe arrestata venne il giorno dopo messa nuovamente in libertà. Verso sera di quel giorno medesimo, ella riceveva da mano ignota un bigliettino scritto col lapis che riconobbe tosto di pugno del medichino.

Esso non conteneva che queste poche righe:

«Sono nelle carceri senatorie. Confido in te. Oro e protezioni ci vuole. Verrà a tempo opportuno un uomo a mettersi teco in rapporto. Per ora agisci con prudenza. Quell'uomo che ci ha spiato, che mi ha arrestato, Barnaba, ha qualche ragione personale contro me o contro te. Cerca d'accostarlo, studialo, tenta di sedurlo. Non mi pare impossibile.»

Erano due giorni che la Zoe non poteva scacciare di mente il pensiero di quell'uomo cui anche Luigi veniva ora a ricordarle. Per quanto avesse frugato e rifrugato nelle sue memorie, non aveva trovato nulla che le rammentasse aver avuta con lui relazione.

– Lo cercherò; si disse; voglio penetrare questo mistero.

Come il medichino fosse riuscito a far pervenire quel biglietto alla Leggera, vedremo di poi. Ora torniamo indietro d'alquanto e rechiamoci al letto di morte dell'usuraio Nariccia.