Za darmo

Una notte bizzarra

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IV

La bella ignota era caduta sulla poltrona accanto al canapè. Lo sforzo di quella scena difficile l'aveva svigorita per modo da non sentirsi più reggere in piedi.

– Oh, signore! – mormorò ella, più che non dicesse – la mia gratitudine…

– Nulla, nulla, non mi ringraziate! – interruppe il mandarino. – Ditemi piuttosto, se non è un prentender troppo, chi siete voi, o signora, voi che vi fate di punto in bianco mia moglie, mi togliete dalla fronte quell'aureola di vergine… e martire, la quale mi si confaceva pur tanto?

– Signore… – balbettò la povera bella, – o signore… voi siete così buono, avete un cuor così nobile…

– Signora, io non ho cera qui sotto le mani per turarmi gli orecchi, come fece Ulisse, allorquando egli ebbe a trovarsi in un caso simile al mio; ma vi giuro che, se voi proseguite a parlarmi così dolcemente, io supplirò alla cera colla palma delle mani. —

E dicendo queste parole, le quali arieggiavan assai più il madrigale che l'invettiva, Roberto Fenoglio fe' il doppio gesto di un uomo che vuol turarsi gli orecchi.

Era grazioso in quell'atteggiamento, il nostro mandarino posticcio; e la signora, quantunque il momento non fosse da ciò, non potè rattenersi dal ridere.

– Ah, vi pigliate anche giuoco di me, bella e terribile sconosciuta? – incalzò Roberto Fenoglio. – Avete ragione, in fede mia. Eccomi ammogliato senza saperlo, e con chi? con una donna contemplata dall'articolo 185 del Codice penale.

– Oh! – esclamò la signora alzandosi in piedi.

– Non vi adirate per sovra mercato, signora! – fu sollecito a soggiungere Fenoglio. – L'articolo 185 non può offendere la dignità della donna. Ma in fine, i fatti enunciati vi accusano; la prevenzione è contro di voi. Chi inseguivano quei due degni tutori dell'ordine pubblico, se non voi? se non una… horresco referens… una rivoluzionaria?

– Mio buon signore, – disse la sconosciuta, accennandogli con atto leggiadro, che volesse chetarsi un tratto, – io vi prego, per quella cortesia che m'avete dimostrata fin qui, ad usar pazienza ancora un tantino. Tutto quello che è avvenuto stanotte ha bisogno di una spiegazione, e voi, gentile come siete, mi darete agio ad esporre le mie ragioni.

– Tolga il Cielo che io voglia condannarvi senza ascoltarvi – rispose Roberto Fenoglio. – Non siamo più ai tempi della inquisizione, la Dio mercè, ed io son qui tutto orecchi ad udirle, queste vostre ragioni.

– Or bene, signore, parlerò… Ma anzitutto, voi siete un gentiluomo, e…

– E me ne vanto, signora! Ho sempre saputo custodire i segreti che mi furono confidati, e tanto più facilmente, in quanto che io sono l'uomo più smemorato che viva sotto la cappa del cielo. Tutto ciò che ode il mio orecchio destro non ha neppure il tempo di giungere all'orecchio sinistro, che io già l'ho dimenticato.

– Tanto meglio! Sappiate dunque che la rivoluzionaria c'è, e appunto quella che i due uomini della Questura cercavano…

– Ah! voi lo confessate? Ma come mai una così leggiadra donnina (scusate la schiettezza, ma io amo dire anzitutto la verità, la pura verità, niente altro che la verità), come mai una così leggiadra donnina, quale voi siete, va a ficcarsi in questi viluppi?

– Ringrazio i vostri occhi dell'inganno in cui mostrano d'essere, – rispose ella, sorridendo traditorescamente, – ma non debbo lasciar del pari in errore il vostro giudizio. Quella rivoluzionaria, di cui si parla, non sono io; siete contento?

– Respiro, signora, respiro; ma proseguite, di grazia!

– Ecco dunque; – continuò la signora, – questa rivoluzionaria è mia amica. Rivoluzionaria! Anche il vocabolo è improprio, imperocchè essa non è che la moglie di un ottimo cittadino, il quale è condannato nel capo e vive lontano dal suo paese, amandolo da lungi e facendo voti perchè si muti quest'ordine di cose, che nessun italiano di core…

– Dovrebbe tollerare! – conchiuse Roberto Fenoglio.

– Ah, son lieta di parlare con un uomo! – disse la signora, stendendo la mano a Roberto, che l'afferrò prontamente e vi stampò un rispettoso bacio, se pure è vero che i baci siano una testimonianza di rispetto.

Ella ritrasse dolcemente la sua mano e proseguì:

– La mia buona Erminia (così ella si chiama) non è qui venuta per cospirare, sibbene per vedere un suo figliuoletto che ha lasciato a Genova in casa de' suoi congiunti, e che da qualche settimana era infermo. La poverina, giunta ieri, mi ha fatto pregare stanotte di recarmi da lei, e voi potete argomentar di leggieri che io non mettessi indugio a contentarla. Il mio servitore mi accompagna fino alla porta, e lo rimando a casa per maggior precauzione. Ora ecco che, mentre io salgo le scale, odo rumor di passi… intimorita, mi ritraggo; essi mi hanno sentita, e giù per le scale verso di me! Allora io non so più quel che mi faccia, esco fuori, e senza pure voltarmi indietro, vengo a rifugiar nel portico di questo palazzo, sperando che non mi abbiano veduta ad entrarvi. Ero in errore; mi seguono; io salgo pian piano fin qui… trovo un uscio aperto, e voi sapete il rimanente, voi che mi avete presa a proteggere, senza pur sapere chi io mi fossi. E di ciò permettete che vi ringrazi, o signore, poichè, sebbene per me non avessi nulla a temere, la mia dignità di donna era tuttavia a repentaglio, nel trovarmi sola, di notte, e inseguita a quel modo!.. Ah, mio Dio? rabbrividisco al solo pensarvi.

– Avete ragione, signora, – disse Roberto, com'ella ebbe finito il suo discorso, – avete ragione. Una donna sola, di notte, e così bella, come voi… Ma perchè siete voi così bella? —

E uscendo in questa esclamazione, improvvisa, Roberto Fenoglio mandò un lungo sospiro.

– Che cosa avete? – domandò ella a sua volta.

– A-ing-fo-hi! – rispose egli sospirando da capo.

– E che cosa vuol dire quest'altra frase?

– Vuol dire, o signora… Ma anzitutto, mi promettete di non andar in collera?

– Ve lo prometto, purchè non mi diciate

complimenti.

– Oh, saranno verità sacrosante: vi dirò quello che sento e nulla più. Sapete voi che cosa avvenga allo zolfo quando un raggio di sole, attraversando il fuoco di una lente, viene a percuotergli sopra?

– Credo che si accenda, ma non potrei giurarlo, perchè non m'intendo di fisica.

– Oh, giuratelo, signora mia, giuratelo pure! Cotesto è avvenuto a me, dacchè voi siete entrata qui, cioè, mi spiego, da quando io mi sono svegliato. Voi siete il raggio di sole; l'occasione bizzarra che vi ha condotto qui è la lente; lo zolfo infine sono io, Roberto Fenoglio, avvocato, e scapolo per giunta. Siete nubile voi?

– No, signore.

– Ah! c'è un marito!..

– Neppure; egli c'è stato.

– Siete vedova, dunque! Vedova! oh dolce nome! siete vedova, e siete bella! Ma tutto ciò è un sogno… Abbandonarsi all'ignoto! lasciar operare il caso!.. L'ignoto è venuto, il caso ha operato un miracolo!

– Che dite voi ora?

– Lasciatemi dire, o signora; parlo col mio angelo custode. Non credete che io ci abbia un angelo custode? È lui che vi ha condotta quassù: consentite che io adori in voi i decreti della divina Provvidenza. E l'esservi voi dichiarata mia moglie non è forse una voce del cielo? La vocazione di Abramo è stata determinata da assai più lievi cagioni. Insomma, o signora, vengo difilato alla conclusione del mio discorso, che vi sarà parso sconclusionato; ma io m'intendo e basta. Che direste voi di un uomo non vecchio, nè al tutto sgradevole, e con ventimila lire di entrata senza contare uno zio materno, decrepito, senza figli, e con mezzo milione?

– Direi, – rispose la signora che sapea stare alla celia, – ch'egli è un uomo fortunato.

– Non mi avete inteso; mi spiegherò meglio. Che direste di quest'uomo, se egli vi proferisse la mano, dopo avervi umilmente chiesto la vostra?

– Direi ch'egli è un bel pazzo, a concepire di così fatti disegni e più pazzo ancora a dirli a me, la prima volta che egli mi vede, e in una somigliante occasione. —

Roberto Fenoglio chinò il capo e lasciò cader le mani penzoloni lungo i braccioli della scranna sulla quale era venuto a sedersi per cominciare il suo dialogo.

– Tutte così, le donne! – esclamò egli, sospirando.

– Tutte così, voi dite? e perchè di grazia?

– Perchè? – ripetè con accento di amarezza Roberto Fenoglio. – Voi mi chiedete ancora il perchè! Perchè esse si dilettano a tormentare il cuore di un uomo, lo girano e rigirano per tutti i versi, scherzandovi su colle loro unghie feline che lacerano dovunque toccano e fanno spicciare il sangue. Dite loro: vi amo, lo dite con tutta la sincerità dell'anima vostra, ed elleno vi ridono sul viso con aria d'incredulità. Per esse l'amore non esiste che allo stato di vecchiezza; lo fanno nascere dalla consuetudine, vi negano ch'e' possa essere il risultato di una commozione subitanea. L'amore per gradi; che bella cosa! Ma qual è, dopo quant'altri gradi incomincia quello in cui si può dire vi amo ed esser creduti? Io mi ribello, o signora, contro questa falsa teorica. Voi stessa, che la lodate palesemente, non ne credete in cuor vostro una jota. Ma essa vi torna acconcia per guadagnar tempo, per pigliarvi diletto dei nostri tormenti… Orvia, signora, non crollate la vostra testolina a quel modo! Lasciatevi dire la verità da un uomo che riceve per la prima volta la scossa elettrica! Io non ho amato mai, sebbene molte fiate siasi potuto argomentare il contrario, da certe vaghe apparenze. Questo affetto che io vi confesso candidamente ora, è già padrone di me. Se la cosa dovesse procedere diversamente, se io dovessi innamorarmi di voi a gradi, a gradi, avreste ragione a non usarmi misericordia, perchè io sarei un uomo da nulla. Come è nato questo amore? Non lo so. La novità del caso era fatta piuttosto per ispirarmi la diffidenza; ma non ne fu nulla. Se debbo confessarvi un mio sospetto, vi dirò che vi ho amato in quel momento che avete posto il vostro braccio sotto il mio. In quella dolce pressione che volea dirmi: salvatemi! io ne ho sentito un'altra che diceva: amatemi. Ho inteso la vostra preghiera, ho accettato il vostro comando; perchè una corrente elettrica mi ha signoreggiato ad un tratto. E subito, comunque turbato, ho messo ogni mia virtù a tornarvi utile. Chi, se non il cuore, mi ha detto allora che voi eravate una gentildonna? Sì, una gentildonna; questa persuasione si è trasfusa a quel contatto in tutto l'esser mio, ed io non ho sospettato di sapere il vostro nome per obbedirvi, come non lo chiedo ora, innanzi di confessarvi che vi amo. E adesso ridete pure, ridete liberamente di me!

 

– Perchè riderei? – chiese la sconosciuta, con piglio soave. – A schietto parlare schietta risposta. Che cosa direste voi di una donna, la quale, alle prime parole di un uomo che ella vede per la prima volta, gli rispondesse: vi credo, e accettasse di grand'animo l'amor suo?

– Direi che ella è una donna superiore a tutte le altre, o, per rubare una sua magnifica frase al divino Petrarca, «colei che sola a me par donna

– No, signor Fenoglio, non lo direste, o, dicendolo, non lo pensereste. Se questa donna non conosce ancora quest'uomo…

– Ma neppure io, o signora, conoscevo voi, e tuttavia…

– Gran bella ragione! – interruppe la donna. – Vedete mo il gran risico che correvate voi! Ed è egli possibile che il vostro senno non vi dimostri la grave, la profonda differenza che corre tra un cuor d'uomo e un cuore di donna? Che sacrifizio fa l'uomo ad amare e a dirlo, egli tentatore, egli padrone di perdere nel giuoco quel tanto appena che ha messo di posta? Noi, povere donne, quando amiamo (il che più veramente ci avviene che a voi, e con più violenza di subitanea passione che voi non crediate) paghiamo i nostri errori col dispregio di noi medesime. Non parlate più? Non crollate più a vostra volta il capo, in segno di incredulità? Vedete pure che non avevate ragione, e, schietta come sono, vo' confessarvelo. Ho detto testè: se questa donna non conosce ancora quest'uomo… e ho detto male, poichè io già vi avevo conosciuto, sebbene da mezz'ora, più addentro che se la nostra conoscenza già contasse anni di vita. Siete un galantuomo e un gentiluomo, ed io vi ho veduto alla prova. Credete pure che io so rendervi giustizia! Noi povere donne non possiamo parlare liberamente come voi fate… E per legge di natura, e per vincolo di educazione, noi siamo il sesso debole; non abbiamo altra arma migliore in nostra difesa che la diffidenza, la eterna diffidenza.

– Il sesso debole! – soggiunse Roberto. – Siamo noi il sesso debole!

– Quando ci amate, s'intende. Ma dura così poco in voi, questo stato di malattia! La convalescenza è sempre assai pronta, e ripigliate sempre le forze smarrite. —

Roberto Fenoglio rimase muto. Era quella la più eloquente risposta che egli potesse dare alla sconosciuta. Ella aveva ragione sulle generali, e sebbene egli non avesse torto nel suo caso particolare, non era quello il momento per costringerla a riconoscerlo.

Perciò, tacendo egli, v'ebbe un tratto di pausa nel dialogo. Roberto, colla fronte china, contava i pezzettini di marmo del suo pavimento a mosaico; la signora guardava Roberto, aspettando che dicesse qualcosa.