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Il nome e la lingua

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Z serii: Romanica Helvetica #142
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2. Le varietà dialettali della Svizzera italiana: classificazioni pre-ascoliane

Di questi tre egregi autori, MontiMontiPietro è per avventura il più erudito, CherubiniCherubiniFrancesco il più accurato e copioso, BiondelliBiondelliBernardino il più metodico. Se di più saldi accorgimenti scientifici non fu dato loro di profittare, ciò non diminuisce la riconoscenza che ad essi è dovuta; e nessun’altra regione italiana può vantare un tale complesso di simultanei lavori.

G.I. AscoliAscoliGraziadio Isaia, Saggi ladini, AGI, I, 1873, p. 252.

2. 1. Le prime classificazioni: da DanteAlighieriDante a FernowFernowCarl Ludwig

Nel primo libro del De vulgari eloquentia, DanteAlighieriDante divide i volgari italiani in due principali raggruppamenti, separati dalla barriera geologica del crinale appenninico. Nella descrizione dantesca, riferita a una carta geografica nella quale la penisola era orientata all’inverso della consuetudine moderna, il versante «di destra» corrisponde alla dorsale tirrenica mentre quello «di sinistra» indica il fianco adriatico:

Diciamo dunque per prima cosa che l’Italia è divisa in due parti, una di destra e una di sinistra. E se qualcuno chiede qual è la linea divisoria, rispondiamo brevemente che è la giogaia dell’Appennino; la quale, a seconda che il colmo della vena acquifera faccia sgrondare le acque o di qua o di là in rivoli divergenti, così le fa colare, per lunghi canali, ora nell’uno ora nell’altro litorale, come descrive Lucano nel secondo libro: e la parte destra ha come sgrondatoio il Mar Tirreno, la sinistra defluisce nell’Adriatico.1

All’interno di questi due raggruppamenti DanteAlighieriDante individua, determinandole su base prevalentemente geografico-politica e non sull’osservazione ravvicinata dei tratti linguistici, quattordici principali aree dialettali. Ad ovest: una parte dell’Apulia, Roma, il Ducato di Spoleto, la Toscana, la Marca Genovese, la Sicilia e la Sardegna; ad est: la restante Apulia, la Marca Anconetana, la Romagna, la Lombardia, la Marca Trevigiana con Venezia, il Friuli e l’Istria. Queste, a loro volta, si differenziano internamente in varietà regionali, municipali e rionali:

Dunque la sola Italia si presenta differenziata in almeno quattordici volgari. E tutti questi volgari si differenziano ancora al proprio interno, come ad esempio in Toscana i senesi e gli aretini, in Lombardia i ferraresi e i piacentini; e persino entro la stessa città si coglie una certa variazione, come abbiamo detto più sopra nel capitolo precedente. Pertanto, a voler contare le variazioni primarie e secondarie e subsecondarie del volgare d’Italia, anche solo in questo minimo angolo di mondo si arriverebbe alla millesima diversificazione della lingua, anzi si arriverebbe anche molto più in là.2

La mappatura geografica dei dialetti italiani proposta da DanteAlighieriDante, ignorata o negletta per secoli, fu solo occasionalmente ripresa tra il Trecento e il Novecento. Le osservazioni dantesche sono impiegate, ad esempio, nella La clef de langues del piemontese Carlo DeninaDeninaCarlo (1731-1812), redatta in francese e dedicata a NapoleoneBonaparteNapoleone nel 1804.3 Quella di DeninaDeninaCarlo è una ricerca sulla comune origine delle principali lingue europee, che precorre il metodo comparativo in senso stretto. Al paragrafo intitolato Observations sur les Dialectes, l’autore recupera acriticamente la schematizzazione proposta nel De vulgari eloquentia, sulla base della quale elabora una semplificazione ulteriore:

En Italie, dans le quinzième siécle, on en comptoit quatorze [dialectes] qui auroient encore pu se subdiviser en quarante ou cinquante et beaucoup plus encore, lorsque dans la Romagne, dans la Toscane, et en Lombardie on pouvoit compter plusieurs républiques ou principautés indépendantes. Nous pouvons à présent en distinguer cinq ou six principaux, qui sont le Napolitain, le Romain, le Toscan, le Vénitien, le Bas- et le Haut- Lombard; comprenant sous le nome de Bas-Lombard celui que l’on parle depuis Bologne et Ferrare jusqu’à Milan, et sous le nom de Haut-Lombard le Piémontois.4

Anche lo storico dell’arte pomerano Karl Ludwig FernowFernowCarl Ludwig (1763-1808), nell’opera intitolata Römische Studien, edita l’anno della sua morte, espone una classificazione dei dialetti italiani fondata sul divisorio appenninico, ricollegandosi di fatto alla tradizione dantesca. Tuttavia, FernowFernowCarl Ludwig rinnova la trafila degli studi precedenti proponendo un primo approfondimento sulle singole aree dialettali d’Italia, distinte fra loro mediante l’individuazione di tratti linguistici caratterizzanti, documentati con alcuni saggi di scrittura o con un campionario lessicale e fraseologico a seguito di ogni descrizione. Nel paragrafo relativo alla varietà milanese (Die Mailandische Mundart), incluso nel capitolo sui dialetti italiani (Über die Mundarten der Italienischen Sprache), si legge inoltre la prima, benché sommaria, classificazione delle varietà dialettali parlate nella Svizzera italiana.5 FernowFernowCarl Ludwig sostiene infatti che nelle aree lacustri del Cantone Ticino, nei dintorni del Lago Ceresio e del Maggiore, si parli una varietà alpina del dialetto milanese, contaminata dalla prossimità e dagli scambi cospicui con la Svizzera di lingua tedesca. Le sue osservazioni, fino a questo punto sostanzialmente corrette, assumono in seguito toni eccessivamente assertivi, che deformano il quadro della situazione linguistica reale. L’autore afferma infatti che a causa dell’influsso transalpino le varietà locali risultano difficilmente comprensibili dai parlanti altri dialetti italiani:

Sie hat [il milanese], wie mehrere Mundarten Italiens, einen dialetto urbano und einen dialetto rustico. Jenen spricht das Volk in Mailand; diesen sprechen die Landleute der umliegenden Gegend. Eine Unterabteilung des leztern ist auch die Mundart, welche von den Umwohnern des Luganer- uns Comer-Sees gesprochen wird, deren vielen des leztern nach Deutschland auswandern und Handel treiben. Diese leztere ist sehr unverständlich, und selbst Italiener aus andern Gegenden verstehen sie nur mit Mühe. Die Mundart der Umwohner des lago Maggiore gehört gleichfals hieher; aber an den westlichen Ufern desselben geht sie schon in die piemontesische über.6

Nei primi decenni dell’Ottocento, in anni coevi o immediatamente successivi alle descrizioni scorse nelle pagine precedenti, si assiste nella Lombardia, con centro a Milano, a un rinnovo dell’interesse e a una sensibilizzazione nei riguardi del dialetto.7 In questo clima culturale sono poste le basi di importanti opere dialettologiche, tra cui gli Studii linguistici di Bernardino BiondelliBiondelliBernardino, che sull’impronta della distribuzione geografica delle antiche popolazioni italiche opera una suddivisione dialettale in sei famiglie (gallo-italica, ligure, tosco-latina, veneta, carnica e sannitico-iapigia);8 le importanti raccolte e compilazioni lessicologiche di MontiMontiPietro; e infine, i vocabolari e l’ambizioso progetto della Dialettologia italiana di CherubiniCherubiniFrancesco, teso a procurare una descrizione complessiva delle varietà dialettali italiane, assecondando un proposito già settecentesco, di De Brosses ad esempio, condiviso poi da Muratori e successivamente anche da CesarottiCesarottiMelchiorre, che a proposito scrisse:

È d’uopo far uno studio di tutti i dialetti nazionali, e tesserne dei particolari vocabolari, studio raccomandato a ragione dallo stesso de Brosses e dal sensato Muratori, studio curioso insieme e necessario per posseder pienamente la lingua italiana, per conoscer le vicende e trasformazioni dello stesso vocabolo, e sopra tutto per paragonar tra loro i diversi termini della stessa idea e le varie locuzioni analoghe; valutarne le differenze, rilevar i diversi modi di percepire e sentire dei vari popoli, indi trarre opportunamente partito da queste osservazioni, e supplir talora con un dialetto alle mancanze d’un altro.9

2.2. L’area svizzero-italiana nelle classificazioni di CherubiniCherubiniFrancesco

Francesco CherubiniCherubiniFrancesco è stato uno dei pionieri dello studio metodico dei dialetti e nella prima metà dell’Ottocento si può forse considerare il più importante dialettologo ante litteram d’Italia.1 La sua notorietà si deve principalmente alla compilazione del Vocabolario milanese-italiano, apparso in due tomi nel 1814 e successivamente ampliato e ripubblicato in quattro volumi tra il ’39 e il ’43, seguiti da un supplemento postumo del ’56 curato dagli amici Giuseppe VillaVillaGiuseppe e Giovanni Battista de CapitaniDe CapitaniGiovanni Battista. Le ricerche del lessicografo non erano però circoscritte alla sola area linguistica milanese o lombarda ma avevano un respiro sovraregionale, che nel limite delle possibilità pratiche comprendeva tutte le varietà del territorio italiano. Come naturale in questo giro d’anni, la dialettologia empirica di CherubiniCherubiniFrancesco si collocava nella tradizione di una linguistica descrittiva e classificatoria, non ancora allineata alle più recenti acquisizioni della comparatistica europea.2 L’assenza di rigore scientifico da parte dello studioso è tuttavia da imputare alla mancanza di strumenti e alla difficile reperibilità di interlocutori e informatori sul territorio, nonché all’ampiezza della sua ricerca, sostenuta da un’operosità instancabile ma inevitabilmente caotica.

L’interesse dialettologico di CherubiniCherubiniFrancesco si sviluppava in orizzontale, prediligeva cioè l’ampiezza dell’indagine all’approfondimento della singola varietà. Le sue classificazioni dei dialetti italiani, benché supportate da una raccolta precaria e disomogenea di materiali linguistici, sorprendono per estensione e per l’incessante rielaborazione alla quale furono sottoposte nel corso degli anni, al passo con le acquisizioni del lessicografo. Le proposte operate in questo senso da CherubiniCherubiniFrancesco a partire dal 1824 evolvono e sono aggiornate sino alla morte avvenuta nel 1851, termine ante quem per lo schema dei dialetti sul quale si configura l’imponente progetto della Dialettologia italiana.

 

Una prima catalogazione complessiva è tentata dal lessicografo nel Prospetto nominativo dei dialetti italiani (1824), posto in appendice alla sua traduzione dell’opera Uebersicht aller bekannten Sprachen und ihrer Dialekte del filologo russo-tedesco Friedrich AdelungAdelungFriederich von, pubblicata a San Pietroburgo nel 1820. Nel saggio di AdelungAdelungFriederich von le varietà del Ticino sono subordinate al Milanese («a. del Lago di Lugano | b. del Lago di Como | c. del Lago Maggiore | d. della Valle Lucernone od Onsernone»), il quale è classificato come dialetto, paritariamente, ad esempio, al Basso Lombardo, che comprende le sotto-varietà del «Modanese; Ferrarese; Bresciano».3 In appendice al trattato, CherubiniCherubiniFrancesco aggiunge un sintetico prospetto dei vernacoli italiani – da lui allestito come struttura di base per il progetto di un Dizionario italiano-dialetti – mediante il quale intende revisionare e migliorare quello presentato nell’opera del tedesco. Lo riferisce la Nota del traduttore che precede il Prospetto nel volume del 1824:

Le divisioni e suddivisioni qui riportate dall’illustre Autore si possono dire esatte a sufficienza per un Prospetto generale qual è il suo. Siccome però egli stesso nella Prefazione che ha premessa al suo libro invita chiunque a porgergli modo di renderlo più che si possa perfetto, così io credo non gli sarà per riuscire discaro che io aggiunga qui un Prospetto nominativo dei varj dialetti italiani quale fu da me compilato or sono parecchi anni acciocchè mi servisse di base nel lavoro che io sto eseguendo d’un Dizionario complessivo di tutte le voci dei dialetti medesimi.4

L’allestimento di un repertorio lessicografico di tutti i dialetti d’Italia si rivelò essere un progetto troppo imponente e rimase tra le ricerche incompiute dello studioso assieme all’opus magnum della Dialettologia italiana, rispetto alla quale il Vocabolario italiano-dialetti doveva essere un sussidio pratico, nel quale s’intendevano riunire e sistemare i materiali raccolti. La documentazione elaborata in questo ambizioso cantiere è oggi tràdita da alcuni codici della Biblioteca Ambrosiana di Milano, in parte strutturati in parte disordinati e compositi, che conservano il materiale accumulato in decenni di costante lavoro: ritagli, elenchi lessicali e fraseologici, raccolte di poesia dialettale, schede biografiche, lettere di informatori sparsi per l’Italia e minute di varia natura.5 Questi materiali non consentono una ricostruzione organica del lavoro, ma offrono un’interessante prospettiva sul laboratorio dello studioso, sulla sua pratica empirica della dialettologia.

Fra questi, nei fondi dell’Ambrosiana si conserva un manoscritto intitolato Saggio di vocabolario dei Dialetti italiani, con un’impostazione analoga a quella degli atlanti linguistici o dei repertori italiano-dialetto, composto da ventotto carte autografe datate gennaio 1824:

Saggio di Vocabolario dei dialetti italiani compilato da Francesco CherubiniCherubiniFrancesco. Consiste nella sola combinazione alfabetica MA del Dizionario italiano coi corrispondenti vocaboli de’ singoli italiani dialetti che tengon dietro a ciascuna voce italiana cominciante p[er] de[ett]a combinazione. Gennaio 1824.6

L’esperimento è costituito da un elenco di lemmi in italiano inizianti per ma- seguiti dai corrispettivi dialettali nelle varietà documentate mediante raccolte di prima mano o con il tramite degli informatori sparsi per la penisola. I dialetti considerati nell’abbozzo del repertorio, il cui numero esiguo e la scarsa diversificazione geografica denunciano l’arretratezza della ricerca, possono variare leggermente a seconda dell’entrata. Ad esempio, in una stampa di prova a uso personale del lemma madia, che lascia tuttavia presagire una prima intenzione di allestimento editoriale del vocabolario, sono censite le varietà seguenti:

sicil.[iano], mil.[anese], com.[asco] sviz.[zero], lodig.[iano], tort.[onese], pav.[ese], bresc.[iano], mantov.[ano] veron.[ese], padov.[ano], napol.[etano], venez.[iano], cremon.[ese], cremas.[co], berg.[amasco], genov.[ese], piem.[ontese], bolog.[gnese], ferrar.[ese], friul.[ano], sard.[o].7

Le varietà dialettali della Svizzera italiana sono raggruppate e genericamente definite con l’etichetta Svizzero, nonostante in questo giro d’anni il lessicografo riconoscesse la diversità linguistica interna alla regione, schematizzata nel Prospetto nominativo dei dialetti italiani, licenziato nella primavera del 1824. Nel saggio, come si deduce dall’elenco dei dialetti censiti, risulta evidente la netta sproporzione tra la rappresentazione delle varietà dialettali settentrionali, specie quelle lombarde, a fronte di quelle meridionali (molto ridotte) e delle varietà centrali, completamente trascurate.8

Un’ulteriore testimonianza in questo senso è rappresentata dall’esperimento attorno alla voce raganella edito da Giuseppe BanfiBanfiGiuseppe in apparato alla terza edizione del suo Vocabolario Milanese-italiano ad uso della gioventù (1852); a riprova delle lacune documentarie di cui sopra, si sono perse le tracce del manoscritto impiegato da BanfiBanfiGiuseppe per questa pubblicazione, che risulta a oggi irreperibile o distrutto. Nel paragrafo intitolato Saggio della “Dialettologia italiana” di Francesco CherubiniCherubiniFrancesco è proposto un corrispettivo del lemma raganella in ognuno dei suddialetti delle sedici principali aree dialettali d’Italia: alto lombardo o piemontese, basso lombardo, tirolese, genovese, veneziano, friulano, romagnolo, marchigiano, toscano, romano, napoletano, calabrese, sardo, cimbro, retico; una classificazione per famiglie dialettali che risulta meno approfondita ma più equilibrata di quella del 1824, e sembra orientarsi su una mappatura vicina a quella proposta alle carte 223-224 del codice M 68 suss., sul quale ci soffermeremo più avanti. La prima nota appuntata da BanfiBanfiGiuseppe nelle pagine della Prefazione, oltre che presentare il saggio del repertorio italiano-dialetti pubblicato, offre alcune informazioni utili per orientarsi nella vicenda filologica dell’opera:

Nella Ambrosiana giaciono vari manoscritti di dialetti di questo sapientissimo filologo ed educatore. La Dialettologia Italiana consta di 12 grossi volumi in foglio. In capo a ogni facciata l’autore scrisse, cominciando dal primo volume, e per alfabeto, una o due o anche tre voci principali della lingua, e sotto, nei tre casellini in cui è distinta ogni pagina, pose la voce vernacola accosta al nome del paese dov’è parlata. Tutti i vernacoli divise in 16 gruppi, di che diamo qui presso un saggio sulla parola Raganella. L’ultimo volume è destinato solamente alla Storia Naturale, ed è il più compiuto. È lavoro che per tirarlo a fine, non basta la vita di sei uomini; e il CherubiniCherubiniFrancesco stesso n’era persuaso; onde, in fronte a ciascun volume, oltre a una epigrafe latina a ciò o ad altro alludente, scrisse: Dialettologia Italiana che si verrà compilando da Francesco CherubiniCherubiniFrancesco o da chi altri verrà dopo morto lui. Qua e là di quella sua opera veramente colossale e nella letteratura forse unica al mondo pel suo genere, avverte egli che in fogli volanti e in altri attaccati ai detti volumi scrisse a lungo della sua Dialettologia; ma sì gli uni fogli che gli altri non si trovano.9

Ma torniamo, dopo questo breve excursus, alla catalogazione delle varietà vernacolari proposta da CherubiniCherubiniFrancesco nel Prospetto nominativo dei dialetti italiani. Le poche pagine collocate in appendice al volume di AdelungAdelungFriederich von presentano una classificazione dei dialetti ripartita in undici gruppi (il lombardo, il genovese, il veneziano, il friulano, il romagnolo, il toscano, il romano, il napoletano, il siciliano, il sardo e il corso) e seguita da una suddivisione particolare interna a ognuna delle aree menzionate. Nel sottoparagrafo relativo al Basso Lombardo, che completa con l’Alto Lombardo o piemontese la famiglia, sono indicizzate le varietà del Cantone Ticino, considerate suddialetti milanesi e diversificate internamente in due gruppi, coincidenti con il Sopra- e il Sottoceneri. Nel Prospetto nominativo dei dialetti italiani è infatti distinto il Luganese (con il mendrisiotto, implicitamente compreso), ritenuto peculiare rispetto alle altre varietà dialettali Delle Valli Svizzere italiane, censite separatamente: «Lucernone o Onsernone; Magia e Lavizzara; Centovalli e Intragna; Verzasca; Pian di Magadino e Bellinzona».10 Da subito, dunque, CherubiniCherubiniFrancesco distingue due delle tre maggiori fasce che caratterizzano la geografia linguistica del territorio Svizzero italiano. Ovvero, differenzia i dialetti alpini e prealpini, diffusi nel territorio situato al nord del Monte Ceneri, da quelli parlati nei distretti di Lugano e Mendrisio, al sud del valico.

Nel Prospetto nominativo dei dialetti italiani, CherubiniCherubiniFrancesco include sotto l’etichetta Lombardo pressoché tutte le varietà identificate successivamente da BiondelliBiondelliBernardino come gallo-italiche. All’interno di questo gruppo, come anticipato, il lessicografo opera una distinzione geografica tra Alto lombardo (i dialetti piemontesi) e Basso lombardo (i dialetti lombardi ed emiliani), analoga a quanto proposto da DeninaDeninaCarlo nel saggio La clef de langues; il superamento di questa classificazione è uno degli aspetti sui quali si delinea più chiaramente lo sviluppo della visione di CherubiniCherubiniFrancesco in merito alla geografia dialettale d’Italia. Negli anni successivi, a questo proposito, il lessicografo nega qualsiasi discendenza della sua impostazione dagli studi di DeninaDeninaCarlo, ritenuti «smilze osservazioni», e sostiene che il parallelismo sia originato da un’intuizione indipendente, poligenetica. Lo documenta una postilla manoscritta appuntata nel codice che conserva l’abbozzo della sua Dialettologia italiana:

Il DeninaDeninaCarlo chiamava già Alto Lombardo il parlare di tutto il Piemonte, e Basso Lombardo quello dei paesi che veggonsi da Bologna e Ferrara fino a Milano. Ed io pure, senza punto aver vedute quelle smilze osservazioni del DeninaDeninaCarlo, nei primi anni di queste mie ricerche avevo così denominato quegli idiomi.11

A seguire, nell’indice dei Linguaggi stranieri (parlati in Italia) situato nell’ultima parte dell’appendice allestita da CherubiniCherubiniFrancesco, il lessicografo registra l’impiego in alcune Valli Svizzere italiane del Romanzo o Retico o Rumansch, definito un dialetto in parte latino e in parte germanico: «a. Leventina | b. Bregno o Blenio o Brejn | c. Engaddina | aa. Alta | bb. Bassa». In disaccordo con la classificazione proposta da AdelungAdelungFriederich von, i dialetti lombardo-alpini parlati nelle valli Leventina e Blenio sono dunque sostanzialmente scambiati per varietà del romancio. L’equivoco è la riprova della scarsa conoscenza da parte di CherubiniCherubiniFrancesco dei vernacoli più remoti e isolati, solo parzialmente documentati con indagini di prima mano o per mezzo di informazioni, eterogenee per qualità e quantità, trasmesse da collaboratori in loco. I confini linguistici stabiliti con questi tentativi di classificazione dovevano apparire confusi al lessicografo ed erano di fatto strettamente connessi alle definizioni degli studiosi che lo hanno preceduto.

Prescindendo dalle banalizzazioni e dalle imprecisioni della classificazione elaborata da CherubiniCherubiniFrancesco nel Prospetto nominativo dei dialetti italiani, è significativo l’impiego, in anticipo di oltre un decennio sull’opera storico-statistica di FransciniFransciniStefano, del concetto moderno di “Svizzera italiana”: la denominazione impiegata dal lessicografo è infatti riferita a una regione linguistico-culturale comprendente il Ticino e le valli Grigioni di lingua romanza. In questo torno d’anni, è tuttavia probabile che l’uso di tale locuzione da parte di CherubiniCherubiniFrancesco non fosse programmatico ma rispondesse a una categorizzazione spontanea, pratica e intelligente.

 

Alcuni difetti, non limitati all’area alpina, presenti nella classificazione proposta con il Prospetto nominativo dei dialetti italiani del 1824, apparivano chiari agli esperti del tempo. Lo documenta, ad esempio, una lettera inviata a CherubiniCherubiniFrancesco il 20 dicembre 1827 da Giuseppe BoerioBoerioGiuseppe, nella quale sono discusse le scelte operate relativamente alle varietà a lui più note, quelle dell’Italia settentrionale e segnatamente nord-orientale:

Ho veduto volentieri l’AdelungAdelungFriederich von con la divisione più esatta dei dialetti italiani. Su che se mi fosse lecito di far osservazioni direi che il bergamasco è dialetto differente dal bresciano e non suddialetto, perché è differente nella coniugazione de’ verbi, nella inflessione della pronuncia e in tantissimi [sic] voci. E direi non meno che il Padovano ha per suddialetto il così detto Pavano (che vuol dir Padovano) che si parla in alcune ville e che ha termini proprii i quali non sono intesi da’ Padovani della Città.12

Mosso forse anche dalle osservazioni di BoerioBoerioGiuseppe, in questo giro d’anni CherubiniCherubiniFrancesco mise mano e aggiornò parte dello schema messo a punto nel 1824. Nel codice M 68 suss., conservato presso l’Ambrosiana, è infatti legato un ritaglio dell’appendice con alcune postille e correzioni autografe. Questi interventi, che non modificano sostanzialmente l’impianto del catalogo, aggiungono alcune precisazioni significative nel paragrafo relativo al Milanese: al capoverso Luganese viene aggiunto «e Mendrisiotto», estendendo di fatto la varietà all’intero Sottoceneri; al punto concernente i dialetti delle Valli Svizzere italiane è aggiunta nell’intestazione la nota «e affini» e sono incluse, in coda all’elenco, le varietà del «Locarnese» e del «Grigione di Val Bregaglia», posto tra parentesi. La parentetica segnala un’esitazione, ribadita dal fatto che la Val Bregaglia è inclusa, mediante un’aggiunta autografa, anche in coda al paragrafo dedicato al Romanzo o Retico o Rumaunsch.13 Trascrivo di seguito le sezioni relative al dialetto milanese e al romancio complete delle postille autografe, aggiunte in una data posteriore non determinabile con certezza:

SUDDIVISIONI PARTICOLARI corretto della mia giunta all’AdelungAdelungFriederich von

I. Il Lombardo

[…]

2. Il Basso Lombardo

α. Il Milanese, che ha per suddialetti

 a. Il Pavese

 b. Il Lodigiano

 c. Il Novarese

 d. Il Comasco

 e. Il Piacentino

 f. Il Cremonese

 g. Il Cremasco.

 h. Quelli del lago maggiore.

 j. Il Luganese e Mendrisiotto.

 l. Il Basso Valtellinese.

 m. Quelli delle Valli Svizzere italiane e affiniLucernone o Onsernone.Magia e Lavizzara.Centovalli e Intragna.Verzasca.Pian di Magadino e Bellinzona e il Locarnese.(Il Grigione di Val Bregaglia)*

[…]

IV. Il Romanzo o Retico o Rumaunsch (in parte latino e in parte germanico).

Nelle Valli Svizzere italiane

1 Leventina

2 Bregno o Blenio o Brejn o Blegno.

3 Engaddina.

1 Alta. Val Bragaglia.

2 Bassa.14

Questo tentativo giovanile è rifiutato alcuni decenni più tardi nell’Introduzione alla Dialettologia italiana, nella quale si legge: «Quel mio scritto fu ben lontano, non che dalla precisione dovuta, neppur da una mezzana verità».15

Tra le carte di CherubiniCherubiniFrancesco, una fase intermedia della classificazione dei dialetti si osserva nello schema intitolato Divisione generale dei dialetti, tràdito da un autografo legato nel codice M 68 suss., che raccoglie disordinatamente alcuni documenti relativi al progetto della Dialettologia italiana. Trascrivo di seguito i paragrafi che riguardano l’area lombarda e svizzero-italiana:

DIVISIONE GENERALE DEI DIALETTI

I. Il lombardo si divide in alto lombardo e basso lombardo

All’alto lombardo appartengono i subdialetti

1° milanese

2° piemontese

3° bresciano

Al basso lombardo appartengono i subdialetti

1° mantovano

2° ferrarese

3° parmigiano

4° modanese

5° bolognese

Appartengono al dialetto milanese i subdialetti

1° pavese

2° novarese

3° comasco

4° lodigiano

5° cremonese

6° del Lago Maggiore

7° delle Valli prossime alla Svizzera

1 Onsernone, Lucernone

2 Bregno

3 Intragna

8° del Lago di Lugano

9° del Lago di Como

[…]

XV. La lingua romanza dividesi in

1° Valtellinese

2° dell’Engaddina

3° della Valle di Bregno16

Questa schedatura modifica la distinzione tra «alto» e «basso lombardo» proposta nel 1824, pur mantenendo la struttura di base dello schema. La fisionomia dei due gruppi è infatti sensibilmente modificata: l’etichetta «Alto lombardo o Piemontese» del Prospetto nominativo dei dialetti d’Italia è ridotta a «Alto lombardo», che raggruppa i suddialetti piemontesi e lombardi, risultando così speculare al «Basso lombardo», la famiglia che include i suddialetti emiliani. Nel sottoparagrafo relativo ai suddialetti del gruppo milanese sono inoltre censite separatamente le varietà del Lago Maggiore (6°) e di Lugano (8°), oltre a quelle delle «Valli prossime alla Svizzera» (7°). Ovvero, secondo l’indice stilato dall’autore: «a. Onsernone | b. Lucernone | b. Bregno | c. Intragna».17 Come osservato nella classificazione precedente, nell’ultimo paragrafo dello schema, intestato la «Lingua romanza», sono distinte tre aree riconducibili o contigue al territorio della Svizzera italiana: «1° Valtellinese | 2° Dell’Engaddina | 3° Della Valle di Bregno».18 L’inclusione della Valtellina e della valle di Blenio tra le regioni nelle quali si parla una varietà di romancio è indicativa del fatto che a quest’altezza cronologica permaneva la poca chiarezza relativa ai confini linguistici delle vallate alpine. Questo fatto, assieme alla mancata distinzione tra il bresciano e il bergamasco, rappresenta un indizio utile per stabilire una datazione approssimativa del manoscritto. Infatti, nella presente schedatura, come in quella proposta nel 1824, il bresciano è considerato una famiglia dialettale, suddivisa internamente nelle sottovarietà bergamasca e in quella del lago di Garda (il gardesano). Questa classificazione, come osservato nell’estratto citato sopra, è corretta da Giuseppe BoerioBoerioGiuseppe nel 1827 ed è di conseguenza modificata nella catalogazione definitiva del 1851, che vedremo fra breve. Sulla scorta di queste informazioni interne è possibile congetturare che il documento raccolto in M 68 suss. sia redatto prima del 1827, in un periodo imprecisato tra il 1824 e la ricezione della missiva di BoerioBoerioGiuseppe.

L’ultimo stadio della classificazione dei dialetti d’Italia curata da CherubiniCherubiniFrancesco risale al 1851 ed è trasmessa nell’abbozzo manoscritto della Dialettologia italiana oggi conservato nel codice T 40 inf. della Biblioteca Ambrosiana di Milano. Questa versione, forte dell’esperienza maturata negli anni dal lessicografo e del ricco materiale lessicale raccolto mediante indagini sul campo o con la collaborazione di una fitta rete di informatori, presenta delle significative innovazioni. La più importante, per quel che ci concerne, è il superamento della distinzione tra il dialetto alto e basso lombardo. Ne consegue che il piemontese è separato dal milanese. Allo stesso modo, anche le varietà della Svizzera italiana (definite Valligiano italo-svizzero, rovesciando gli elementi della formula oggi più consueta e impiegata da CherubiniCherubiniFrancesco nel 1824) acquistano autonomia: i dialetti sopracenerini sono infatti distinti dalla famiglia lombarda; fanno eccezione, coerentemente alla suddivisione elaborata nelle classificazioni cronologicamente precedenti, le varietà «Luganese e Mendrisiotto», incluse al settimo punto del paragrafo Suddialetti del Lombardo Milanese.19