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Il nome e la lingua

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Z serii: Romanica Helvetica #142
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55

A proposito delle giornate di studio organizzate nel giugno del 1971 a Lugano per celebrare i cento anni di Chiesa, Roedel scrive che «il “Simposio di studi per i cento anni di Francesco Chiesa”, singolare simposio che a me parve svolgersi più che un tantino all’insegna della disconoscenza» (ROEDEL 1977: 97).

56

ORELLI 2015: 255-256. A questo si potrebbe aggiungere la velenosa allusione nel romanzo Il sogno di Walacek del cugino Giovanni (ORELLI 1991: 78): «E Francesco Chiesa avrebbe tenuto un discorso botanico moralistico per dire che calpestando il fiore italiano cresciuto nel giardino svizzero lo svizzero danneggiava il suo stesso giardino. A Chiesa bisognava dare il Gran Premio Schiller bis e tris».

2.2. La lingua italiana: dalle Lettere iperboliche al Galateo della lingua

1

CESCHI 1992: 61. Sulle “rivendicazioni ticinesi” cf. CODIROLI 1989: 33-35.

2

CESCHI 1992: 63.

3

CHIESA 1908. Affermazioni analoghe ritornano nel discorso tenuto da Chiesa a Ginevra il 9 marzo del 1913: «La parola non è semplicemente un fenomeno esterno, uno strumento fortuito con cui l’uomo palesa il suo pensiero, ma è lo stesso pensiero, il quale non assumerebbe consistenza se già, al momento del suo nascere, nelle forme ancor tacite e tuttavia precise della parola non si raccogliesse» (CHIESA 1914: 7); e in una missiva del novembre 1919 inviata a Bertoni: «No, caro mio. La lingua (permettimi di ripetere un’immagine già da me usata) è come il battito del cuore, che s’ode alla superficie, ma non è, no, un fenomeno della superficie. È l’espressione del nostro più intimo del nostro più vivo» (cito da BERTONI, CHIESA 1994: 42).

4

BIANCONI 1956: 91; alla domanda di Bianconi sull’origine della consapevolezza relativa all’italianità e alla necessità di difendere la specificità culturale del Ticino Chiesa rispose: «Nel 1909 il professor Salvioni appunto lanciò l’idea di fondare una sezione svizzero-italiana della “Dante Alighieri”; io preparai un manifesto in cui la questione della nostra italianità era chiaramente affermata».

5

Sulla rivista si vd. MARCHAND 2004 e ELLI 2005.

6

CHIESA 1976: 14, CHIESA 2017: 12 e SALTINI 2004: 46.

7

CHIESA 1976: 21-22.

8

Cf. CASTAGNOLA 2009: 121.

9

Alcuni appunti di Codiroli riguardo la lingua delle Lettere iperboliche sono in CHIESA 1976: 14-16.

10

A proposito si leggano le parole di Motta in CHIESA 1927: 80: «Questo vigile amore della lingua, che il Chiesa ha inculcato ai propri allievi con l’insegnamento e a tutti i Ticinesi con i libri, non è soltanto un fatto letterario, ma anche un fatto politico d’importanza rilevante».

11

CHIESA 1936: 179: «I pastori che passano l’estate sulle alpi, discendon di tanto in tanto nel villaggio a rinnovar le provviste, e le provviste sono: pane, vino, sale e giornali. E in alcuna di quelle alte capanne, simili a tante trogloditiche, in quell’odore acre di latte cagliato, di fumo, di sterco bovino, più d’una volta mi è accaduto di trovar chi sapeva fin l’ultime minuzie della politica cantonale e mondiale, chi, a me che parlavo dialetto, si studiava di rispondere in lingua»; e CHIESA 1931: 45: «Le chiedo in dialetto: “Che strada l’è questa chi?” Risponde, sforzandosi di dare alle sue parole la forma ed il tono della buona lingua: “È la strada romana”. Mi guarda con un specie di fiero sorriso e passa».

12

CHIESA 1942.

13

Ivi: 29.

14

Ivi: 28.

15

MONTALE 1976: 274-275.

16

MIGLIORINI 1975: 150.

17

CHIESA 1942: 15. Chiesa è ovviamente consapevole che «ci sono certe particolarità della pronuncia toscana che bisogna assolutamente lasciare al paese d’Arno», e menziona in particolare la spirantizzazione prodotta dalla gorgia.

18

Ivi: 18-19. Cf. SALVIONI 1907: 152.

19

CHIESA 1942: 12.

20

CHIESA 1942: 13.

21

CHIESA 1942: 17.

22

Ivi: 18.

23

Ivi: 23.

24

Ivi: 25.

25

Ivi: 26.

26

Ibidem.

27

Ivi: 62 e 47.

28

Ibidem.

29

Ivi: 65.

30

Ivi: 43.

31

Ivi: 45.

32

Ivi: 66.

33

Ivi: 52.

34

Cf. LURATI 1976: 151-152. Lurati trascrive l’attestazione del 1280 trovata in antichi documenti bleniesi: «illi qui non sunt valedanos Belegnii, non possint nec debeant esse testes nec producere testes contra valedanos secundum consuetudinem Belegnii» (152).

35

Cf. ivi: 165 e PETRALLI 1990: 190. Sarà allora imprecisa l’inclusione del termine tra i «vocaboli che in italiano non esistono», sostenuta nell’articolo L’italiano nei giornali ticinesi: saggio di analisi linguistica, diretto da POZZI 1965: 46.

36

Ad esempio, si vd. CHERUBINI 1839-1856, 3: 322 (s.v. pertoccà) ‘spettare, appartenere, toccare’, ZALLI 1820, 2: 176 (s.v. pertochè) ‘appartenere, toccare, spettare’, TIRABOSCHI 1873: 964 (s.v. pertocà) ‘spettare, toccare, appartenere, essere dovuto’ e PERI 1847: 439 (s.v. pertouccaa) ‘appartenere, pertenere, spettare, toccare’.

37

CHIESA 1942: 52.

38

PORTA 1975: 346.

39

Ivi: 227-228.

40

ORELLI 1989: 903 e ISELLA 2009: 59.

41

CHIESA 1942: 52.

42

Ivi: 68.

43

Ivi: 73.

44

Questa abitudine è documentata, ad esempio, in CONTINI, RIPA DI MEANA 1989: 146.

45

D’ANNUNZIO 2005, 1: 311.

46

CARDUCCI 2004: 482.

47

 

CHIESA 1942: 78.

48

Ivi: 39.

49

CHIESA 1976: 88.

50

CHIESA 1942: 54.

51

ORELLI 1989: 895-898.

2.3. La lingua letteraria di Chiesa

1

FONTANA 1974b: 41.

2

MIGLIORINI 1975:149 e CHIESA 1976: 7.

3

REYNOLD 1960-63, 3: 170.

4

ORELLI 1989: 901.

5

MENGHINI 1942-1943: 100.

6

BOTTA 2009: XVI.

7

CHIESA 1903, CHIESA 1904 e CHIESA 1907.

8

PAVARINI 2000: 478-479.

9

BOTTA 2009: XXI. Per quanto concerne la scelta delle parole-rima è importante il modello pascoliano, che suggerisce l’uso di rime difficili e scarsamente attestate nella tradizione (per esempio su parole vuote), cf. ivi: XXVIII.

10

Ivi: XXVI.

11

Ivi: XXXVn.

12

SERIANNI 2009: 29.

13

APL, fondo de Haller-Chiesa, sc. 15, Corrispondenza, fascicolo Salvioni, 15.5.1903.

14

FONTANA 1974: 34 e FONTANA 1974b: 41.

15

Trascrivo da BOTTA 2009: XIX.

16

CHIESA 1971: 86.

17

Cf. BIANCONI 1956: 186: «I crepuscolari le piacevano? Non direi molto, le effusioni sentimentali, i piagnistei non mi sono mai andati molto a genio, da giovane poi meno che meno».

18

Cf. BOTTA 2009: XII-XIII.

19

FONTANA 1974: 44.

20

FONTANA 1974b: 42.

21

CHIESA 2015: 23.

22

Lo scrive Lucini nella sua Prefazione a LINATI 1912: 7. Ne riferisce BONALUMI 1988: 44.

23

BIANCONI 1971: 45-46. Gli interventi sulla lingua furono forse almeno in parte dovuti ai pareri negativi suscitati all’apparizione del romanzo, di cui riferisce BOTTA 2009: 25-28. Si legga ad esempio un passo estrapolato da una lettera di Arminio Janner, che scriveva: «C’è il capitolo secondo che è una meraviglia di baccano nostrano. Forse però ha esagerato stavolta colle forme dialettali. È una vera fiera di lombardismi» (ivi: 26).

24

Cf. ROEDEL 1977: 100-101.

25

Cito da ivi: 114-115.

26

FONTANA 1967: 508-509.

27

PAPINI 1942: 291-292; cf. inoltre CASTAGNOLA 2009: 122-123.

28

SNIDER 1971 e CASTAGNOLA 2009: 119.

29

SNIDER 1971.

30

CARDUCCI 2004: 460, vv. 83-84: «La favella toscana, ch’è sì sciocca | Nel manzonismo degli stenterelli».

31

BO 1975: 152, FONTANA 1972: 220 e MEDICI 1995: 111.

32

Cf. CODIROLI 1992: in particolare 43-76; su Angioletti si veda inoltre CONTINI 1933 e AGLIATI 1996.

33

Il programma completo del Circolo italiano di Lettura è riprodotto in CODIROLI 1992: 105-106.

34

CHIESA 1945.

35

Cito da ORELLI 1986: 11.

36

Il primo articolo di Angioletti pubblicato sul supplemento quindicinale è significativamente intitolato Nuove tendenze nella letteratura italiana (ANGIOLETTI 1940).

37

L’attività degli intellettuali italiani al microfono della Radio della Svizzera italiana è oggetto di studio di VALSANGIACOMO 2015.

38

Per un approfondimento sul tema si vd. MORININI 2018, PAGANINI 2014 e MARCHAND 2003. Sulla plaquette svizzera di Saba si vd. i contributi di PAGANINI 2008 e CASTELLANI 2001.

39

CHIESA 1941b e MANZONI 1906.

40

BIANCONI 1971: 46.

41

Ibidem.

42

Si veda, ad esempio, la lettera spedita da Giovanni Laini, docente nell’ateneo friburghese, al grigionese Felice Menghini il 13 marzo 1944: «Per il Vigorelli non saprei che fare, tanto più che ai rifugiati è interdetta ogni attività lucrativa. Mi pare strano, però, che non possa frequentare un’università: qui a Friburgo è potuto giungere Ferrata, per esempio. Già, ma bisogna essere in grazia del Contini… il quale è la persona più antipatica ch’io abbia incontrato finora. Si atteggia a padreterno, vuol dar dei punti ad Arcari, di cui invidia il prestigio, lancia chi batte la gran cassa per lui, come è stato il caso per lo studente Orelli, cui ha rifatto tutte le poesie, per fargli avere il Premio Lugano… Una vera indecenza, per non dire insolenza» (cito da PAGANINI 2007: 209) .

43

Cito da MARTINONI 1988: 92. Per quando concerne le polemiche relative all’attribuzione del premio si veda, ad esempio, l’articolo anonimo A chi spetta il dovere della stroncatura in GAZZETTA TICINESE 1944.

3.1. La storia di un concetto

1

VASARI 1986.

2

Sull’argomento si vd. soprattutto i contributi di ORELLI 1986, 1989 e 1996.

3

FRANSCINI 1953: 71.

4

SALVIONI 1902: 201.

5

BONALUMI 1989: 38.

6

Cf. BERTONI, CHIESA 1994: 230, lettera di Bertoni a Chiesa del 23 aprile 1933: «Ordunque… Io speravo di trovarti sabato in otto a Bellinzona, dove sono andato a buscarmi un malanno, quello della febbre d’influenza, in aggiunta a quell’altro maggior malanno d’aver accettato la presidenza di quella disgraziata commissione. Non c’eri e dal verbale avrai visto che si è concluso poco di conclusivo».

7

NESSI 1936, 1: s.i.p.

8

GENASCI 2009.

9

DELL’ERBA 2013.

10

Cito da BERTONI, CHIESA 1994: 41n.

11

BERTONI 1919.

12

Cito da BERTONI 1941: 87.

13

CLAVIEN 1993: 42.

14

APL, Fondo Francesco Chiesa, Corrispondenza, fascicolo Gonzague de Reynold, n. 1.

15

CLAVIEN 1993: 42.

16

ERNST 1945.

17

CLERC 1950: 185.

18

CALGARI 1958.

19

Cf. PUSTERLA 2014: 536 e JANNER 1937: 113-114.

20

Ibidem.

21

Ivi: 115, ne riferisce PUSTERLA 1989: 57. Si vd. inoltre MEDICI 1995: 110.

22

POZZI 1976: 209, ne riferisce PUSTERLA 1989: 55.

23

PUSTERLA 1989 e 2014.

24

Ivi: 536.

25

Ivi: 531.

26

MONTALE 1976: 273.

27

PUSTERLA 2014: 533.

3.2. Un caso esemplare: la posizione di Giorgio Orelli

1

ORELLI 1992.

2

FRISCH 1991: 17.

3

 

Cf. PUSTERLA 2014: 537.

4

LUKÁCS 1964: 334.

5

Alcune notizie a proposito sono in MARTINI 2017: 22.

6

CONTINI 1944: 263. L’affermazione di Contini, che promuoveva Orelli a miglior poeta svizzero di lingua italiana dopo la sola plaquette Né bianco né viola, ponendosi in una posizione polemica rispetto alle opere dei ben più affermati Chiesa, Zoppi e Abbondio, fu ricevuta male dalla critica ticinese. Si veda, ad esempio, JANNER 1945: 27: «E ci tocca ora leggere nell’ultimo numero di Lettres, la rivista di poesia che esce a Ginevra, tutto dedicato alla modernissima letteratura italiana, che le “gentil Giorgio Orelli est le meilleur poète suisse de langue italienne”. E chi così scrive è il giovane e brillantissimo critico Gianfranco Contini, il quale gode ormai fama europea. Accidenti che cantonata abbiamo preso [nel ritenere poco interessante la poesia di Orelli]. Per fortuna nostra il giudizio di un altro critico, di non minor fama europea, il Korrodi della Nuova Gazzetta di Zurigo, ci rialza un po’ il morale. Non che sia d’accordo con noi. Tutt’altro! Ma il suo giudizio è tutto l’opposto di quello di Contini. Il Korrodi […] afferma che per conoscere l’animo del Ticino bisogna conoscere i suoi poeti migliori: e questi migliori poeti egli elenca in questo ordine: Chiesa, Zoppi, Angela Musso Bocca, Bianconi. Di Orelli non c’è qui affatto traccia. Respiriamo. Su Chiesa, quale primo non ci può essere discussione […]».

7

CONTINI 1945: s.i.p. ma 28.

8

FEF, Fondo Contini, Corrispondenza 1757. Orelli Giorgio, novembre 1945, ora edita in SOLDINI 2001: 196.

9

ANCESCHI 1952.

10

CONTINI 1980: 16. Si veda la poesia Elegie Romane IX tradotta da G. Orelli in GOETHE 1957 (43, v. 13, «poi che avantutto alla lusingatrice») e in GOETHE 1974 (87, v. 13, «Poi che anzitutto alla lusingatrice»). Infine, cf. ORELLI 2017: 60-61: «Venne in mente a Giuseppe che conosceva un alto funzionario delle Ferrovie Federali, uno ch’era arrivato in alto più per politica che per i suoi meriti; oh, un supponente qualsiasi che non sapeva nessuna lingua come si deve, un antipatico».

11

Si vd. MORININI 2015.

12

Cf. CONTINI 1980: 17 e ANCESCHI 1952: 24.

13

ORELLI 1967. La stessa denominazione, anche con gli elementi rovesciati, è impiegata in tipologie di testo differenti, ad esempio nella breve introduzione al catalogo MARIONI 1966: s.i.p. ma 6: «Se così fosse, non avrei assolutamente nulla da dire sul mio amico svizzero di Lombardia»; o ancora nell’articolo ORELLI 1953: «Sono dipinti di Attilio Balmelli e Italo Valenti: lombardo della Svizzera, il primo opera nel rifugio di Semione; il secondo è lombardo schietto, di Milano, e quanto non è “a casa”, è molto probabile che si trovi ad Ascona».

14

ORELLI 2018: 99.

15

A questo riguardo si vd. JENNI 1975: 45 e PUSTERLA 2014: 537-538.

3.3. La letteratura “nella” Svizzera italiana

1

Cf. SCAFFAI 2017: VII.

2

BONALUMI, MARTINONI, MENGALDO 1997.

3

CALGARI 1958: 333.

4

Cf. ORELLI 1989: 888n.

5

FASANI 1987: 25.

1.1. Lessico e identità nella Svizzera italiana

1

Cf. SKENDEROVIC 2015.

2

FRISCH 1967: 100.

1.2. La percezione del vicino lombardo o italiano

1

LSI, 5: 387, s. v. svizzer.

2

Nei dizionari ottocenteschi la diffusione della voce è attestata, forse in ragione di una sua peculiarità intonativa e non lessicale, unicamente da CHERUBINI 1839-1856 (4: 354, s.v. Taliàn: «Taliàn. Italiano. L’Aretino, il Mauro, il Villani dissero anche Taliano») e da TIRABOSCHI 1873 (686: «Italià e Talià. Italiano, e dal Cellini fu scritto pure Taliano»). Il termine è tuttavia registrato nel DI (2: 565); in SALVIONI 1975: 336: «È frequente l’apocope di vocale atona iniziale […] per i-: talian it-»; e nel lucchese SALVIONI 1905: 256: «Talia Taliano». Si veda inoltre la poesia di Carlo Porta intitolata Gent corrii a vedè on peschesc, vv. 19-20: «Adess mò che l’avii vist | tant Talian, come Todisch» (PORTA 1975: 783).

3

Cf. FALOPPA 2009: 520.

4

Il termine napoli indica per estensione «dell’Italia meridionale; napoletano, meridionale emigrato, terrone (e ha una connotazione fortemente spreg.)» (GDLI, 11: 175; DI, 3: 396).

5

Cf. CALMO 1888: 255, ne riferisce DI, 3: 383.

6

Cf. ARETINO 2014: 650, ne riferisce DI, 3: 383.

7

ZAMBRINI 1853: 34.

8

ANGIOLINI 1897: 512-513.

9

LURATI 1976: 76. Cf. CHERUBINI 1839-1856, 4: 447 (s.v. trentìn): «Colui che attende a segare alberi, tagliar ciocconi, e scassare; e ciò ancorché non sia né di Trento né straniero qualunque. È come sinonimo di Resegòtt – I Trentìn sono la più parte montanari del Piacentino o del Genovesato che scendono ne’ varj paesi di Lombardia a segar assi, ecc.».

10

Ibidem e SALVIONI 1900b: 645; cf. LSI, 3: 876, s.v. piasentìn; LSI, 2: 658, s.v. genovés; LSI, 4: 705, s.v. valtolìn.

11

Cf. LURATI 1976: 76. Cf. LSI, 1: 289, s.v. bèrgom.

12

ORELLI 1991b: 37.

13

DONATI 1942: 17n.

14

BOCCACCIO 1832: 45-46; cf. DI, 1: 317.

15

Cf. FALOPPA 2009: 43-46.

16

Sulla voce terrone si vd. TRIFONE 2010: 35-36 e 47-51.

17

Si veda, ad esempio, VSI, 2: 29, s. v. badin: «Nomignolo dato al bracciante lombardo o all’italiano in genere, soprattutto il terrazziere, addetto a lavori che richiedono l’uso del badile»; ANGIOLINI 1897: 63, s.v. badilânt: «Badilante: giornaliero che lavora adoperando il badile».

18

CHERUBINI 1814, 1: 54 (s.v.).

19

ANGIOLINI 1897: 63, s.v. badîn.

20

MALASPINA 1856-1859, 1: 135, s.v. badén.

21

PELLANDINI 1895-1896: 194.

22

Cf. KELLER 1935, riportato in VSI, 2: 29.

23

Cf. VSI, 2: 29-30, s. v. badin.

24

Si veda, ad esempio, ZALLI 1820, s. v. badöla: «baggeo, sciocco, moccicone, mocceca, baseo, babbeo, babbaccio, scimunito, sciocco».

25

MAGGI 1964, 1: 428.

26

BAM, A 34 suss., c. 18r.

27

MANZONI 2006: 541.

28

LSI, 2: 381, s.v. falcìn e LSI, 1: 857, s.v. códiga.

29

Il composto imperativale “mangia male” è da ricondurre a numerose occorrenze parallele, tra le quali, oltre a quelle di maggiore forza figurativa (mangiabambini, mangiamadonne, mangiapreti), si attestano esempi analoghi, connessi alla dieta povera e alla realtà rurale: mangiacacio (GDLI, 9: 651: «Scherz. Pastore, pecoraio»), mangiacavoli (GDLI, 9: 651: «Gran mangiatore di cavoli; persona di gusti grossolani e volgari»), mangiacipolle (GDLI, 9: 651: «Chi mangia abitualmente cipolle o cibi ugualmente considerati vili; persona miserabile, meschina»), mangiafagioli (GDLI, 9: 651: «Gran mangiatore di fagioli; persona di gusti grossolani, volgare, sciocca»), mangiafrumento (GDLI, 9: 651: «Chi si nutre soltanto o prevalentemente di cibi a base di frumento») e passim.

30

Da annettere d analoghe formazioni sintagmatiche: polenta e mòta per ‘il necessario, i mezzi di sostentamento’, polenta e aria dra Val Nésa/dru San Salvadóo, polenta e man, polenta e odóo, polenta e rèff négro, polenta e tocalá tutti per ‘polenta scondita, non accompagnata da altri cibi’ (LSI, 4: 57, s.v. polenta).

31

AURELI 1851: 341.

32

L’origine dei due termini non è trasparente, il VSI (5: 379, s. v. cirle) riporta: «gerg. Pidocchio (VColla); Secondo il corrispondente di Certara i cirle sarebbero i pidocchi più piccoli e mobili, di contro a lia, i pidocchi turgidi dai movimenti lenti. Ambedue i termini assumono pure il significato traslato di “italiano”» e risulta voce «del gergo dei calderai ambulanti, di origine incerta ma probabilmente di ragione fonosimbolica».

33

Cf. LSI, 3: 906, s.v. piöcc: ‘Persona spilorcia, avara’. Lo stesso significato si ritrova ampiamente in area lombarda, si vd. ad esempio CHERUBINI 1839-1856, 3: 355, s.v. pioeuggiaria: ‘Pidocchieria. Spilorceria. Grettezza. Estrema avarizia’ e ANGIOLINI 1897 602-3, s.v. pioeucc: ‘Uomo avaro e sudicio’. La risemantizzazione del termine si spiega più chiaramente osservando alcune fraseologie comuni nella Svizzera italiana, ad esempio: Pelá o scortigá o spelecá (fin) un piöcc, significa ‘essere avido di denaro, avaro’; un significato affine hanno poi anche le frasi Spacaa un piöcc in düü, Scortigaa o spelaa un piöcc per vénd la pèll, e infine Spelaa un piöcc par faa un tabár (LSI, 3: 906, s. v. piöcc). Delle espressioni analoghe sono documentate anche nel milanese: Fa dànee sûla pèll d’on pioeucc ovvero ‘levare la pelle alle pulci per venderla’ o Ghe crôda nânca là pèll d’on pioeucc per ‘non gli scappa un quattrino, non se ne può sperare la croce di un centesimo, non darebbe fuoco a cencio’ (ANGIOLINI 1897: 602, s. v. pioeucc); e nel bergamasco: Fa di solč sö ’n d’öna pèl de piöc sta per ‘Scorticare il pidocchio, Vivere in sull’acqua, o Far quattrini sull’acqua, Essere avidissimo di guadagnare’ (TIRABOSCHI 1873: 1257).

34

CHERUBINI 1839-1856, 2: 173 (s.v. franzés) e 4: 256 (s.v. spagnoeù).

35

SALVIONI 1906: 316.

36

Cf. LURATI 1976: 32.

37

ORELLI 1991b: 103.

38

Connesse a questo immaginario, sulla base dell’aggettivo etnico francese si formano altre fraseologie largamente diffuse nelle lingue europee. Fra queste, per aggiungere un esempio, molto diffusa è andarsene alla francese con il significato di ‘andar senza dire nulla’ o ‘andarsene salutando solo la padrona di casa’ (DI, 2: 112). In area milanese, l’espressione assume sfumature di senso molto differenti fra loro: da un lato si attesta la connotazione negativa di ‘andarsene senza dire a Dio né al diavolo’ (CHERUBINI 1839-1856, 2: 172, s.v. franzés), legata alla presunta maleducazione e arroganza dei francesi; dall’altro è accolta una diversa prospettiva, che risente forse dello stereotipo delle bonnes manières di questi ultimi, per la quale la locuzione indica positivamente ‘il partirsi da una conversazione senza salutare altro che la padrona per non disturbar tutti’ (ANGIOLINI 1897: 332, s.v. fràncêsa). Come anticipato, questa locuzione si attesta nelle principali lingue europee: in inglese si usa take French leave, in spagnolo despedirse a la francesa mentre in lingua francese, come intuibile, l’espressione varia il riferimento, che passa a una presunta abitudine inglese filer à la anglaise: da qui, l’oscillazione dell’etnico nell’espressione anche in altre lingue, fra cui l’italiano.

39

FALOPPA 2009: 528.

40

Ibidem.

41

TOMASIN 2011: 119.

42

CERUTTI, MOOS 2016.

43

Più in generale, su tale dinamica si veda MIGLIORINI 1968.

44

Cf. LURATI 1976: 75.

45

Benché tale materiale non si presti alla fabbricazione di comuni reti metalliche, l’origine del termine va probabilmente ricondotta alla lega di rame: si pensi agli analoghi ramaiuolo, ramata eccetera.

46

MARTINI 1970: 80.

47

Lo spregiativo sciüsciagera va relazionato ad analoghe fraseologie, come: «non sai distinguere il pane dai sassi» (MORRI 1840: 542 s. v. pan: «Chnossar e pän dal prë [mattone, cf. ivi: 600], conoscere il pesco dalla mela, o il pan dai sassi»; CASACCIA 1851: 475, s. v. sascio: «No distingue o pan dai sasci, ovvero o c… da corda; Non conoscere il pan dai sassi, […]. Modi che si usano dire a chicchessia per fargli intendere che non sa far distinzione da cosa a cosa, e discernere il buono ed utile dal cattivo e nocevole, e simili»).