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Il nome e la lingua

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Z serii: Romanica Helvetica #142
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3.2.1. La struttura del lemmario

1

Cf. DANZI 2001: 83.

2

CHERUBINI 1814, 1: VIII.

3

CHERUBINI 1839-1856, 1: XXXIII.

4

Si veda FRANSCINI 1837-1840, 1: 312 e 310. In questo giro d’anni mi sembra lecito escludere un impiego diretto di questa fonte da parte di Cherubini, che pure era legato a Franscini da un rapporto di amicizia. Il lessicografo milanese, come osservato, nella breve descrizione del dialetto vergata sulla carta A cita inavvertitamente la Svizzera italiana riconducendola alla Corografia di Zuccagni-Orlandini: una svista che mi sembra certificare, quantomeno, che il paragrafo sul Linguaggio di Franscini non era sul tavolo di Cherubini mentre redigeva la prima stesura del Dizionariuccio.

5

FRANSCINI 1837-1840, 1: 312.

6

FRANSCINI 1969: 45. Sull’etimo del termine si vd. il secondo capitolo § 2.3.

7

La voce trasmessa da Rossi era Rol (in), seguita da ben più precisa chiosa: «Nel Canton Ticino ho sempre udito chiamare questo ruinoso giuoco Rolina. Fu abolito con legge del 1850».

8

Cf. PIOTTI 2016: 173.

9

CHERUBINI 1839-1856, 1: XX.

10

PACCAGNELLA 2015: 116.

11

DANZI 2001: 88.

12

Ivi: 87.

13

MARTINI 1904, 2: 537-538: «Questo vostro Cherubini al quale ho preso a rivedere le bucce, è un gran brodolone. N’infilzasse una ch’è una! Credi che se non fosse per te, a quest’ora l’avrei piantato lì da un pezzo. Voglio che l’accozzare di un Dizionario che abbia garbo non sia come bere un ovo; voglio che tutti noi che ci mescoliamo di queste faccende, abbiamo il nostro impiccato all’uscio; ma s’intende acqua e non tempesta. Mi burli! Ti farà una filastrocca di vocaboli per spiegartene uno che dice tal e quale, salvo qualche neo di pronuncia, e quando ti pensi d’avere avuto il tuo ti lascia con le mosche in mano. E quel mettere a sovvallo tutte le squisitezze stampate per istiracchiarle a rispondere a un dialetto, senza sapere e senza voler sapere un’acca di lingua viva?».

14

CHERUBINI 1827: XVI.

15

GHERARDINI 1814:1346.

16

TENCA 1853.

17

TENCA 1974: 322-323.

18

Ivi: 325n.

19

CHERUBINI 1839-1856, 1: XVII.

20

DANZI 2001: 99.

21

In questo caso, ad esempio, i traducenti sono ripresi alla lettera dalla voce Nabisso della terza edizione della Crusca (3: 1017), della quale conservano anche l’ordine: «E Nabisso: direbbono le nostre donne a Fanciullo, che mai non si fermi, e sempre procacci di far qualche male, che anche gli dicon Fistolo, e facimale. Gr. κακοεργός». Oltre a questa, anche ‘capassone’, ‘guascotto’ e ‘lellare’ sono lemmatizzati nella terza Crusca (2: 278, 2: 815 e 3: 948), mentre ‘mantrugiare’ si trova nella quarta edizione (3: 163). Più generalmente, Cherubini si serve con alta frequenza, nel Dizionariuccio come nelle altre opere lessicografiche, di tipici moduli cruscanti, ad esempio: «Bédora. Betulla, pianta nota».

22

Con le stesse accezioni, le voci desuete convocate ad esempio si leggono nel Dizionario universale: giobbia (3: 180) indicata come «voce antica rimasta a’ piemontesi»; guascotto (3: 251, s.v.); lellare (4: 35, s.v.); nabisso (4: 239, s.v.); fistolo (3: 76, s.v.); mantrugiare (4: 127, s.v.); capassone (1: 343, s.v.); vegnentoccio (6: 460, s.v.); lutulento (4: 83, s.v.); sagrare (6: 9, s.v. sacrare) e colleppolare (2: 71, s.v.).

23

DANZI 2001: 66.

24

Cf. POGGI SALANI 2000: 10, POGGI SALANI 2016: 140-141 e DANZI 2001: 100-102. Nell’Indice degli autori incluso nell’editio maior del Vocabolario milanese-italiano figura, a lato della Crusca menzionata, un esemplare della terza edizione postillato da un anonimo il quale, secondo l’autore, «per la natura medesima di esse note e per la maniera che usa così nel definire le voci che trae esclusivamente da alcune opere del Galileo, del Segueri, del Magalotti e dell’Allegri, come nello spiegare occasionalmente alcuni vocaboli toscani mancanti nel Dizionario, mi pare un Toscano e Accademico esso pure stato deputato a spogliar quelle opere per arricchirne la quarta impressione del Vocabolario» (CHERUBINI 1839-1856, 1: XLVI).

25

CHERUBINI 1839-1856, 1: XVI.

26

CESARI 1806-1811; COSTA, CARDINALI 1809; CARRER, FEDERICI 1827-1830; TRAMATER 1829-1840.

27

Cf. POGGI SALANI 2000: 10-11.

28

Sul quale si vd. CONSALES 2018: 219-230.

29

CHERUBINI 1839-1856, 1: XVI.

30

Sulle inchieste toscane di Cherubini e sui suoi rapporti con gli informatori toscani si vd. DANZI 2001: 65-74.

31

Sull’argomento si veda POGGI SALANI 2016: 140-151. L’eterogeneità delle fonti di Cherubini infastidì anche il Manzoni. Lo documenta un passo di una lettera al genero Giovan Battista Giorgini del 5 ottobre 1862: «Quello milanese del Cherubini che è [un vocabolario] dei più copiosi e più studiati, tu sai che quantità e qualità e varietà di roba ci sia affastellata e ammontata. Crusca, non so quant’altri vocabolari, scrittori d’ogni tempo e d’ogni parte d’Italia, e poi Lucca, Pisa, Arezzo etc. dove non è andato a frugare» (cito da MANZONI 1986: 252).

32

DANZI 2001: 311-312.

33

CHERUBINI 1814, 1: XI. Limitandoci all’ambito svizzero-italiano, la nota del Cherubini trova ampia conferma negli strumenti del Centro di etnografia e dialettologia della Svizzera italiana, in particolar modo nel RID. Ad esempio, per il termine ‘pera’ sono riportate 59 occorrenze (cf. la scheda Pere in RID, 2: 212) e altre 149 voci sono censite per quanto concerne il campo semantico dell’uva (cf. la scheda Uve e vitigni in RID, 2: 716-717).

34

A proposito si vd. GHIRLANDA 1956.

35

In CHERUBINI 1839-1856, 4: 78 s.v. rossignoeù si legge ‘usignolo’.

36

A riprova dell’interesse di Cherubini per l’argomento, nel codice M 67 suss. (c. 214) si trova una scheda intestata Nomenclatura d’uccelli e d’altro in Dialetto di Soma, cui segue (cc. 215-216rv) una Descrizione degli uccelli.

37

DANZI 2001: 85.

38

SALVIONI 1908: 24.

39

CHERUBINI 1839-1856, 1: XXXVIII.

40

PFISTER 2003: 310.

 

41

COLOMBO 2016: 157.

42

Cf. LSI, 5: 71 (s.v. smèsser) e ivi, 3: 358 (s.v. maṡéta).

43

DANZI 2001: 96.

44

Cf. VSI, 6: 139 (s.v. compónn).

45

CHERUBINI 1839-1856, 2: 37 (s.v. diavol): «La farinna dal diavol la va tutta in crusca. Quel che vien di ruffa in raffa se na va di buffa in baffa. Il mal acquisto non dura, diavol reca e diavol porta via».

46

Si vd. PETROLINI 2002: 260-262.

47

La voce crenca è registrata anche da FRANSCINI 1837-1840, 1: 241: «In val Blenio non è in uso, nemmen sull’alpe, il manipolare il latte di molte famiglie in un solo corpo: ivi non si ha che cacio magro (volg. bleniese crenca), che si consuma nella Valle, e una considerevole quantità di butirro eccellente, di cui una parte viene venduta fuori».

48

Cf. VSI, 7: 22-23 (s.v. cranca).

49

DELI (s.v. astore): 84; LEI, 1: 270-273 (s.v. acceptor).

50

VSI, 2: 699-701.

51

GHIRLANDA 1956: 61 e SALVIONI 1904: 646.

52

Cf. CORTELAZZO, MARCATO 1998: 432 e FORTIS 2006: 469-470.

53

Cf. LEI, 1: 194-195 (s.v. alnus).

54

Cf. BERTONI 1919: 108 e BERTONI 1917: 212. Per l’attestazione veneta si vd. BOERIO 1856: 309, s.v.

55

DANZI 2001: 91.

56

CORTELAZZO 1976: 93.

1.1 Il quadro storico-identitario del Ticino tra i secoli XIX e XX

1

Una ricostruzione storica del periodo di crisi e negoziazione identitaria tra fine Ottocento e inizio Novecento si legge in GILARDONI 1971. Ulteriori approfondimenti storico-identitari sono presenti in GILARDONI 2008, BIANCONI 2001: 164-169, MORETTI 2010: 28-29, CESCHI 1986: 17-31, CESCHI, DONATI 1990 e GHIRINGHELLI 1998. Una ricostruzione storica della questione linguistica ticinese dai primi del Novecento agli anni Settanta è proposta in TADDEI GHEILER 2004: 17-182.

2

Cf. GILARDONI 1971: 9 e SALTINI 2004: 174-178. Sulle “rivendicazioni ticinesi” si veda CODIROLI 1989: 33-35.

3

In anni più recenti, il dialetto di koinè ticinese fu assunto come elemento identitario in opposizione all’Italia, a proposito di vd. PETRINI 1988.

4

SALVIONI 1914b: 206.

5

Cf. SALTINI 2004: 45.

6

SALVIONI 1914b: 206.

7

SALVIONI 1920: 2.

8

Ibidem.

9

Cf. GILARDONI 1971; GILARDONI 1986: 163; GILARDONI 2008; e BIANCONI 2001: 164-167.

1.2. La Svizzera italiana nella prospettiva di Salvioni

1

SALVIONI 1914b: 206.

2

SALVIONI 1907: 151.

3

Ivi: 153-154.

4

SALVIONI 1917.

5

Sul concetto salvioniano di “Svizzera italiana” si vd. MASONI 2012: 62-85.

6

GILARDONI 1971: 32.

1.3. La posizione ideologica di Salvioni

1

A questo proposito si vd. BROGGINI 1971: 12 e sg., LOPORCARO 2011: 9 e SCHIRRU 2011: 98.

2

LOPORCARO 2011: 9 e BROGGINI 1971: 23, si vd. inoltre la lettera di Motteler a Salvioni a pagina 56 (d. 16a).

3

Cf. Ivi: 22.

4

BAKUNIN 2004: 42-43: «Come la Spagna, l’Italia ha perduto da molto tempo, e soprattutto irrevocabilmente, le antiche tradizioni centralizzatrici e unitarie di Roma, tradizioni conservate nelle opere di Dante, di Machiavelli e nella letteratura politica contemporanea, non certo nella vivente memoria popolare; l’Italia, dico, ha conservato una sola viva tradizione, quella dell’assoluta autonomia non solo delle province ma anche dei comuni. Si aggiunga inoltre a questa primordiale concezione politica realmente connaturata al popolo, la eterogeneità storica ed etnografica delle varie province nelle quali si parlano dialetti tanto diversi che gli abitanti di una provincia capiscono con difficoltà e spesso non capiscono affatto i dialetti delle altre. Si capirà allora quanto lontana sia l’Italia dalla realizzazione del nuovo ideale politico, quello dell’unità statale».

5

SALVIONI 1889b: 13.

6

Lettera di Ascoli a Salvioni, da Milano il 19 febbraio 1886, edita in ASCOLI, GUARNERIO, SALVIONI 1964: 11.

7

ASCOLI, GUARNERIO, SALVIONI 1964: 50.

8

Ivi: 59.

9

ASCOLI 1895: 34.

10

Cf. TIMPANARO 1980: 64.

11

MARCACCI 2018: 190.

12

Cf. MINA ZENI 2015: 45-48 e MINA ZENI 1998: 44-70.

13

Cf. BROGGINI 2008: 34-35.

14

BONALUMI 1970: s.i.p ma 282.

15

Lettera di Salvioni a Luigi Ressiga, da Menaggio il 16 ottobre 1919, edita in SALVIONI 1919.

16

PARODI 1957: 88.

17

BIANCONI 1956: 93.

18

GILARDONI 1971: 10.

19

DEVOTO 1974: 65-66.

20

MARTIGNONI 1914.

21

Cito dal congedo della lettera di C. Salvioni a R. Simen, da Milano il 30 dicembre 1904, edita in «Gazzetta ticinese», 5 maggio 1907: 1, poi in BROGGINI 1971: 70-72.

22

Edita in BROGGINI 1971: 74-75. Carlo Maggini era allora il Consigliere di Stato responsabile del Dipartimento della Pubblica educazione del Canton Ticino.

23

Cito da ivi: 75-76. Segnalo con le parentesi uncinate rovesciate le parole espunte.

24

BIANCONI 2001: 167.

1.4. La collaborazione con «L’Àdula» (1912-1920)

1

Cf. GILARDONI 1971: 34 e BERNARDI-SNOZZI 1983: 20-53. A questo proposito, e in merito ai legami di Francesco Chiesa con «L’Àdula», si veda un passo di una lettera dello stesso scritta il 5 aprile 1931 al cognato Brenno Bertoni: «Quando Salvioni fondo l’Àdula e mi pregò d’assumerne la direzione, gli risposi con un no reciso: né direttore né collaboratore. E in tale proposito sono sempre rimasto. E quando, nell’ottobre 1921, l’Àdula attaccò vivacemente il discorso da me tenuto a Roma, per incarico del Consiglio federale, per il centenario di Dante, risposi per le rime. E quando in Italia mi è capitato di parlare dell’Àdula, sempre espressi chiaramente il mio dissenso. A te io sembro un aduliano perché non ho voluto piegarmi alle tue sollecitazioni di sconfessare l’Àdula. Ma come avrei potuto? Si sconfessa un’istituzione, un giornale di cui si è stati parte. Del resto io non sono né il papa: quello che scomunica, né il boia: quello che taglia le teste» (cito da BERTONI, CHIESA 1994: 211).

2

Cf. BONALUMI 1970: 11.

3

Sull’argomento di vd. FORMENTIN 2011.

4

SALVIONI 1907: 158n.

5

SALVIONI 1899.

6

HUNZIKER 1898.

7

SALVIONI, RAJNA 1979: 96.

8

Cito da ivi: 110.

9

SALVIONI 1913b, l’articolo riproduce una parte della più ampia recensione SALVIONI 1913c.

10

SALVIONI, RAJNA 1979: 193. Gilardoni segnala che dell’opera, accolta con entusiasmo dagli elvetisti poiché sostenitrice dell’antichità dei legami del Ticino con la Svizzera d’oltralpe, fu proposta al governo da Brenno Bertoni un’immediata traduzione, che invece fu curata da Basilio Biucchi solo nel 1977. Cf. GILARDONI 1971: 74.

 

11

SALVIONI 1914c.

12

SALVIONI 1914.

13

SALVIONI 1916.

14

SALVIONI 1913.

1.4.1. Il ruolo della pubblica educazione

1

Cf. MORETTI 2010: 33. Le citazioni sono tratte da SALVIONI 1912.

2

SALVIONI 1914b: 211.

3

Salvioni 1913d.

4

SALVIONI 1914b: 212.

5

SALVIONI 1912b.

6

Cito da BROGGINI 1971: 75-76.

1.5. Sulla presunta arte svizzero-italiana

1

SALVIONI 1912.

2

Cf. SALTINI 2004: 43-44.

3

SALVIONI 1914c.

4

Cf. FONTANA 1974: 22.

5

APL, fondo de Haller-Chiesa, sc. 5, Corrispondenza relativa a Preludio, Salvioni a Chiesa, 31.10.1897.

6

APL, fondo de Haller-Chiesa, sc. 27, Corrispondenza relativa a Calliope, Salvioni a Chiesa, 21.4.1901.

7

APL, fondo de Haller-Chiesa, sc. 15, Corrispondenza, fascicolo Salvioni, 15.5.1903.

8

SALVIONI 1917.

2.1. L’italofilia di Chiesa

1

Cf. GILARDONI 1971: 10-25, FONTANA 1974: 26-27, SALTINI 2004: 46-47 e AGLIATI 1975: 169.

2

BIANCONI 1956: 90. È indicativo della sua visione delle cose il fatto che Chiesa impieghi, ancora a quest’altezza cronologica, l’espressione “italiani svizzeri”, in riferimento beninteso al piano culturale del Ticino, senza incidenze politiche.

3

CHIESA 1912: 141.

4

Cf. GILARDONI 1971: 47.

5

Ibidem, MASONI 2012: 109-110, SALTINI 2004: 43-44 e GSTEIGER 2003: 162.

6

DE CAPITANI 2007.

7

CLAVIEN 1993: 114.

8

REYNOLD 1909-1912.

9

REYNOLD 1960-63, 3: 664. Sulla storia e sul concetto di letteratura romanda si vd. MAGGETTI 1995.

10

BRIDEL 1782: IX.

11

Ivi: X-XI.

12

D’altronde, anche l’adesione all’elvetismo moderno era motivata in alcuni casi da un analogo obiettivo, a proposito si vd. CLAVIEN 1993: 283.

13

Cf. REYNOLD 1909-1912, 1: 10-11: «Enfin, le rôle de la nature, des Alpes, a été, est encore bien plus important que partout ailleurs. La Suisse a subi d’une manière plus apparente que le Français ou l’Allemand l’influence du sol natal; la configuration géographique de sa patrie a puissamment contribué à lui donner certains caractères d’autonomie, de traditionnalisme, de particularisme, qu’il faut expliquer. Le paysan, le montagnard, se retrouve sans cesse en lui; aussi, avons-nous fait appel à l’histoire, à la société, à la géographie même, pour pénétrer dans l’oeuvre de Bridel».

14

STAROBINSKI 1979: 172.

15

Sui letterati settecenteschi della Lombardia svizzera si vd. in particolare ORELLI 1989: 890-894.

16

Ne riferisce REYNOLD 1960-63: 169: «Parmi les mesures que je proposais, je portais l’accent sur les échanges intellectuels. C’est pour obtenir aussi la fondation d’un groupe tessinois que nous prîmes la décision d’appeler à Genève pour le fêter, le poète Francesco Chiesa».

17

Alcune notizie sul carteggio tra Chiesa e Reynold sono in PIATTINI 2004.

18

APL, Fondo Francesco Chiesa, Corrispondenza, fasciolo Gonzague de Reynold, n. 2.

2.1. L’italofilia di Chiesa

19

Cf. GILARDONI 1971: 48n e ERNE 2009. Sulla Società elvetica settecentesca si veda: REYNOLD 1913, ERNE 1988 e IM HOF, DE CAPITANI 1983.

20

ALS, Fondo Reynold, fascicolo Francesco Chiesa. Il documento è parzialmente e citato in PIATTINI 2004: 33.

21

CHIESA 1913b. Ne riferisce GILARDONI 1971: 69. La visita di Chiesa è descritta nelle memorie di Reynold, vale la pena citare il brano in questione: «Ce n’est pas le groupe genevois de la Nouvelle Société Helvétique – elle n’avait pas encore été baptisée – qui avait envoyé l’invitation à Francesco Chiesa, mais un comité dans lequel plusieurs autres associations étaient représentées, le groupe lui-même ne l’étant pas comme tel. Les appuis que nous avions trouvés sans peine étaient nombreux. Ils nous permirent de donner un grand éclat à la manifestation et surtout de lui donner un caractère suisse. Le grand poète tessinois passa trois jours à Genève. Brenno Bertoni et Arminio Janner l’accompagnaient. Il logea chez Alexis François. Il fit une visite à Hodler dans son atelier. Il en sortit avec un esquisse signée du maître: le Suisse de Marignan que nous avions demandé au grand peintre pour monter la garde sur la page de titre quand nous préparions l’impression du discours de Chiesa. Celui-ci fit aussi une promenade au Salève en compagnie d’Alexis et de Robert. Le 8 au soir, à l’aula de l’université, il donna lecture de ses Tre miracoli de San Francesco. Le dimanche 9 fut le grand jour. Nous avions profité de la circonstance pour convoquer un Conseil des délégués. Albert Picot le présidait. Brenno Bertoni vint y représenter pour la première fous la Suisse italienne» (REYNOLD 1960-63, 3: 170).

22

Cf. REYNOLD 1909-1912, 1: 454.

23

CHIESA 1914: 9. Lo stesso concetto è ribadito nel Discorso detto a Lugano, il 10 Settembre, a inaugurare la prima Esposizione d’arte della Svizzera italiana, in ivi: 18-19: «Al tempo in cui cessammo di essere sudditi, i grandi fatti della storia svizzera erano già compiuti; nulla noi vi partecipammo, nessun diretto conforto ci è quindi ritrarne».

24

BERTONI 1919: 1. Cf. l’apparato di note in BERTONI, CHIESA 1994: 45. Sul mito dell’“uomo alpino” si veda MARCHAL 1992.

25

BERTONI, CHIESA 1994: 42.

26

CHIESA 1914: 10.

27

Ivi: 9-10.

28

A tale proposito, un caso significativo è testimoniato dal volumetto CHIESA 1931 redatto per la collana «Visioni spirituali d’Italia» curata da Jolanda de Blasi per l’editore Nemi di Firenze, nel quale non è considerato in alcun modo il Grigioni di lingua italiana. Un approfondimento sul concetto di Svizzera italiana nell’opera di Chiesa è proposto da MASONI 2012: 108-139.

29

Si veda, ad esempio, «Forse meno agili e meno lucidi di noi vi ha foggiati la natura, ma più ricchi, per converso, di quell’ardore segreto che prosegue anche quando le nostre sùbite fiamme si sono estinte. Voci forse più pronte e pieghevoli possediamo noi e più facilità di mezzi e di strumenti: virtù vostra l’indomabile costanza che nelle stesse maggiori difficoltà sa trovare argomenti di maggiori vittorie» (cito da CHIESA 1914: 13).

30

Ibidem. La stessa opinione è condivisa anche da REYNOLD 1914-1937, 1: 25: «Le Tessin est en verité plus italien que nous ne sommes français, nous autres Romands: le Jura nous sépare de la France: il n’y a point de limites entre le pays de Bellinzone, de Locarno, de Lugano, et la vaste plaine lombarde; tandis que d’enormes montagnes noires, percées d’etroits passages les separent du Valais, d’Uri, des Grisons».

31

Cf. BIANCONI 2001: 168.

32

CHIESA 1914: 14. A tale proposito, si vedano i provvedimenti proposti nel breve articolo CHIESA 1926, nel quale sono riassunti in un elenco le contromisure necessarie alla difesa dell’italianità del Ticino, in testa al quale si leggono gli argomenti impiegati nel passo citato: «1. Tutte le scritte esposte al pubblico siano redatte in lingua italiana […]; 2. Nessuna nuova costruzione sia consentita senza un esame preventivo dei disegni, allo scopo di escludere le forme contrastanti con le nostre tradizioni architettoniche e con l’indole del nostro paesaggio […]». Per quanto concerne i rischi per l’identità regionale portati dall’influsso delle comunità giunte da oltralpe, è inoltre rappresentativa la polemica personificazione del borgo d’Ascona presentata nel già citato CHIESA 1931: 33-35: «Ascona: nome d’onesta villanella finita un po’ male. Era, a’ suoi tempi, una cara tranquilla borgata, né rustica né civile, seduta in atto casalingo presso il lago a friggere i pesci che i suoi pescatori le recavano ogni mattina. Un giorno, ecco che certi tipi esotici le ficcano gli occhi addosso; e altri sopravvengono, da vicino e da lontano, tutti dominati dalla stessa furiosa passione. Oh, stranieri molti si sono insediati anche sulle rive e sulle colline del lago di Lugano: tranquilli borghesi per lo più, i quali vivono una vita di famiglia nella villa o villetta che si sono costrutta. Gli stranieri di Ascona sono di un genere meno comune: venati più o meno di poesia, di filosofia o di qualche altra meno sacra follìa […] Bisogna supporre che quest’innocente popolana di Ascona possieda non solo la comune bellezza, ma anche qualche singolare attrattiva, se ha potuto allettare tutti codesti amatori d’eccezione: certo è che ha perduto, ahimè! la sua nativa ingenuità».

33

Le parole citate sono quelle di Reynold in una lettera inviata a Chiesa il 21 gennaio 1912, parzialmente trascritta più avanti. Il documento è conservato all’APL, Fondo Francesco Chiesa, Corrispondenza, fasciolo Gonzague de Reynold, n. 1.

34

CHIESA 1914: 15.

35

Cf. FONTANA 1974: 26.

36

PUSTERLA 1989: 56.

37

CHIESA 1913: 181. Si veda la prefazione di Lucini a LINATI 1912.

38

Cf. GILARDONI 1971: 71 e FONTANA 1972: 218-219.

39

CHIESA 1914: 22.

40

CHIESA 1913: 141. A tale riguardo, in un contributo all’opera collettiva La Suisse au XIX siècle, poi riedito l’anno successivo nel periodico «Piccola Rivista Ticinese», Chiesa sosteneva una posizione decisamente contraria a quanto documentato: «Il Cantone Ticino è […] una regione lombarda […]. La produzione artistica presenta, attraverso la storia ticinese, tratti uguali a quelli dell’arte della Lombardia; o, per esprimersi più esattamente, di quella regione lombarda superiore che fu, fino al principio del nostro secolo la culla dei maestri comacini […]. Nell’ultimo periodo, quello in cui viviamo, ogni tradizione comacina si è ormai spenta; gli artisti ticinesi si conformano alle condizioni ideali di tutta l’Italia, non a quelle solo di Lombardia» (ne riferisce GILARDONI 1971: 73n).

41

CHIESA 1913: 184.

42

Cf. PUSTERLA 1989: 56.

43

CHIESA 1934-1936.

44

KREIS 2010. Sulla fondazione Pro Helvetia, fondata nel 1939 per promuovere gli scambi culturali tra le regioni linguistiche della Svizzera e per promuovere la cultura elvetica all’estero si vd. HAUSER, TANNER 2010.

45

Cf. JANNER 1937: 40 e BIANCONI 2001: 168.

46

Cf. ORELLI 1989: 912.

47

CHIESA 1917: 245.

48

CHIESA 1916: 2. Il passo menzionato generò a sua volta delle reazioni nel Ticino. Si veda ad esempio la lettera di Bertoni a Chiesa, scritta lo stesso primo dicembre, nella quale a proposito della denominazione “Italia svizzera” si legge: «In un pubblico così prevenuto la conseguenza delle tue parole fa presto a trascendere il tuo intendimento e corre al concetto Olviettiano della necessaria tutela dell’Italia sulla Svizzera italiana; anzi come tu sembri suggerire sull’Italia Svizzera; sopra un paese cioè in cui il sostantivo è l’Italia e la Svizzera solo un aggettivo, un accidentalità della cosa». Con il consolidamento della locuzione “Svizzera italiana” l’alternativa “Italia svizzera” non è più praticata né accettata. Nel quadro culturale del tempo, l’impiego del sintagma “Italia svizzera” da parte di Chiesa era chiaramente provocatorio e intendeva sottolineare l’importanza dell’italianità nel territorio.

49

CHIESA 1919: 9.

50

Cito dalla lettera di Chiesa a Eligio Pometta del 22 novembre 1926, edita da TALAMONA 2004: 195.

51

Cf. MASONI 2012: 124.

52

Cf. CODIROLI 1989: 187 e MARCACCI 2018: 191. Sul “caso” Salvemini e sulla discussa Scuola ticinese di cultura italiana diretta da Chiesa si vd. VALSANGIACOMO 2011. Per quanto concerne la visione italofila di Chiesa è significativo, ad esempio, l’articolo Svizzera italiana e Italia pubblicato il 22 marzo 1941 sul «Corriere del Ticino» dopo un lungo silenzio, nel quale il poeta scrive: «Sì, noi dobbiamo amare l’Italia: perché italiani sono il nostro sangue, la nostra lingua, le nostre arti, il nostro modo d’intendere e di vivere la vita: perché l’Italia è non solo l’autrice, ma anche la perpetua nutrice della nostra cultura, la quale abbandonata a sé stessa non avrebbe forze sufficienti per sopravvivere» (CHIESA 1941: 2), su questo testo scrive CODIROLI 1988.

53

BERTONI, CHIESA 1994: 211. Parole analoghe si leggono in una lettera a Roedel, da lui pubblicata nell’articolo Francesco Chiesa. Lo scrittore e la sua italianità, raccolto in ROEDEL 1977: 126: «La Squilla italica riproduce il mio articolo con un preambolo in gran parte buono, ma non esatto dove parla di fascismo. Io non ho voluto scrivere né pro né contro il fascismo, ma solo tenendo presente l’Italia. Nel 1917, dopo la disfatta di Caporetto, scrissi un articolo ispirato dallo stesso sentimento che mi ha suggerito l’articolo recente. Noi dobbiamo, come Svizzeri italiani, amare l’Italia indipendentemente dal suo regime. Per conto mio, anche se non le camicie nere ma le camicie rosse reggessero l’Italia, amerei l’Italia e (pur a costo di qualche sforzo) lo direi».

54

CODIROLI 1989: 69-73. Oltre a ciò, segnala Codiroli, i riconoscimenti italiani erano tesi a controbilanciare le celebrazioni elvetiche del ’27 dedicate a Chiesa: un volume in suo onore pubblicato dal governo cantonale (CHIESA 1927), cui segue il conferimento del dottorato honoris causa da parte dell’Università di Losanna. E viceversa, l’attribuzione al ticinese del Premio Schiller nel 1928, il primo a uno scrittore di lingua italiana, benché legittimato dai suoi meriti, è assegnato in risposta alle celebrazioni organizzate poco prima dal regime per Chiesa.