Sangue Contaminato

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Z serii: Legami Di Sangue #7
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Capitolo 3

Damon incrociò le braccia sul petto e si appoggiò al deposito degli attrezzi dei custodi del cimitero. In quell’area non c’erano cacciatori perché era un angolo abbastanza appartato e remoto del cimitero. Sembrava anche il rifugio per parecchi Spinnan sopravvissuti, quasi come se stessero cercando di riunirsi e nascondersi.

Aveva promesso ad Alicia di farla combattere e, tutto sommato, quello era un posto eccellente per farlo… finché c’era lui a fare da arbitro. Quegli Spinnan erano deboli rispetto alla maggior parte delle creature che ora vagavano in città, tuttavia aveva consentito ad Alicia di combatterne soltanto uno per volta.

Quando uno Spinnan coraggioso cercava di sorprenderla alle spalle, lui lo annientava prima che si avvicinasse abbastanza da distrarla. Distruggere i mostri diretti verso Alicia gli dava un senso di soddisfazione e lo divertiva. Lei non era niente male per essere una principiante.

Aveva anche notato una drastica diminuzione delle creature dopo l’esplosione di qualche ora prima e concluse che qualcuno doveva aver trovato il nido e lo aveva distrutto. Personalmente non gli sarebbe dispiaciuto dare un’occhiata al demone che generava quegli esseri orrendi, ma non se ne preoccupò più di tanto… probabilmente era brutto quanto loro.

Sentendo dei passi e delle voci provenire dagli alberi ai piedi della collinetta su cui si trovava, Damon raggiunse l’angolo del capanno e andò ad indagare. Quel lato del cimitero era costeggiato da pini alti e maestosi che lo separavano da un quartiere suburbano.

Essendo così vicino alle case, Damon si chiese come mai nessuno avesse sentito niente durante la notte, né fosse venuto a controllare. Un paio di volte gli era sembrato di aver visto il luccichio di una barriera intorno all’area, ma pensava che fosse la sua immaginazione. Se c’era una barriera allora forse i cacciatori di demoni non erano così inutili come pensava.

Aveva quasi raggiunto gli alberi quando sopraggiunsero due uomini che si fermarono quando lo videro. Vedendo la sagoma bianca di un edificio attraverso gli alberi, dedusse che il capanno principale dei custodi era probabilmente dall’altro lato e che i due erano appena arrivati al lavoro.

Non avrebbero potuto usare nessuna delle strade principali per arrivarci perché erano state bloccate tutte. Aggiungendo il fatto di non aver sentito alcun veicolo avvicinarsi, immaginò che i due uomini vivessero nei pressi del cimitero.

“Buongiorno.” disse Damon, avvicinandosi per lanciare loro l’incantesimo addomesticante.

I due uomini si accigliarono. Nel cimitero erano successe molte cose strane negli ultimi giorni e ciò li aveva resi sospettosi verso chiunque sembrasse pericoloso… e Damon, per loro, corrispondeva a quella definizione.

Uno dei due, quello con l’uniforme sbottonata, parlò in modo autorevole “Serve aiuto? I visitatori non dovrebbero avvicinarsi ai capanni.”.

Damon annuì fissandoli con i suoi occhi ametista, quasi sorridendo quando le loro espressioni divennero confuse. “In realtà, sono qui per dirvi che il vostro turno è già finito per oggi. Il vostro datore di lavoro vi ha detto di tornare al capanno e rilassarvi finché il cambio turno non sarà finito. Voi non vi ricordate di me e, se qualcuno ve lo chiede, avete lavorato sodo tutto il giorno.”.

Il secondo operaio, che aveva un’aria più professionale, guardò il suo collega. “È ora di provare quel televisore che hai collegato nel capanno.”.

“Già, c’è il programma di Jerry Springer.” disse l’altro con stupore.

Damon sorrise e aspettò finché non furono lontani. Quando se ne andarono fece per tornare sulla collina quando vide un imponente nuvola di polvere in aria. Tornando da Alicia, la sua espressione si incupì.

Lei stava combattendo non uno, ma tre demoni, contemporaneamente e sembrava in difficoltà. Un ringhio profondo echeggiò nel petto di Damon quando uno di loro scaraventò Alicia a terra con un rumore di ossa rotte.

Alicia rimase lì a guardare. Era andato tutto bene finché gli altri due Spinnan non avevano deciso di unirsi alla lotta. Damon era lì per aiutarla e quando non lo vide intervenire si girò per cercarlo.

Non trovandolo da nessuna parte, si era sentita felice e frustrata allo stesso tempo. Felice perché pensava che le stesse dando via libera… e frustrata perché non era lì a vederla mentre sconfiggeva tre stupide creature. Alzando la testa da terra fece per mettersi in piedi quando gli Spinnan si bloccarono all’improvviso. Rimasero fermi per un secondo prima di frantumarsi come se fossero di vetro.

Alicia si coprì il viso con le braccia per non essere colpita dai detriti che, fortunatamente, volarono lontano da lei. Quando abbassò le braccia trovò Damon lì, in piedi davanti a lei, con la solita aria arrabbiata. Sussultò quando all’improvviso lui le porse la mano per aiutarla ad alzarsi.

“Dannazione Damon, avrei potuto finirli io se me ne avessi dato la possibilità.” disse afferrando la sua mano.

Damon la tirò dolcemente e la strinse a sé. Alicia stava per protestare quando vide la sua mascella indurirsi e i suoi occhi incupirsi. La sua rabbia svanì, consapevole di averlo spaventato involontariamente.

“La regola era un mostro alla volta.” ringhiò Damon, preparandosi ad una discussione che intendeva vincere. Rimase sorpreso quando Alicia gli mise le mani dietro la nuca, intrecciando le dita tra i suoi capelli prima di attirarlo a sé in un bacio sconvolgente.

Quando si separarono, Damon ringhiò di nuovo e spinse Alicia verso il capanno dov’era appoggiato lui prima. Il ringhio poteva sembrare minaccioso, ma per Alicia era dannatamente sexy.

“Non puoi farlo.” disse Damon.

Alicia lo guardò con una finta innocenza che le brillava negli occhi. “Fare cosa?”

Damon strofinò una guancia sulla sua, sfiorandole la pelle con le labbra fino all’orecchio. “Non puoi distrarmi.”.

“Oh.” sussurrò Alicia con tono seducente. “Intendi questo?”

Si alzò sulle punte e lo baciò di nuovo, questa volta facendo intrecciare intimamente le loro lingue. Quando Damon spinse una coscia tra le sue gambe, lei le aprì e poi le strinse. Godendo di quella sensazione, iniziò a muoversi avanti e indietro contro di lui. Chiuse gli occhi quando Damon alzò ancora di più la gamba, sollevandola un po’ da terra.

“Questo è l’inizio.” Alicia ansimò quando le loro bocche si separarono.

Damon sorrise “Hai cominciato tu.” poi il suo sorriso svanì e i suoi occhi divennero più scuri “Ma adesso finisco io.”.

Alicia non poté fare a meno di gemere e avvolgergli le gambe intorno alla vita, strofinandosi contro l’erezione che sentiva crescere sotto la cerniera.

Damon la spinse contro la parete del capanno e le strappò la maglietta con impudenza. Le afferrò i seni con le mani, provocando i capezzoli turgidi sotto il pizzo, prima di sbottonarle i jeans.

Alicia abbassò le gambe e lasciò che Damon le sfilasse lentamente i jeans. Se ne liberò e gli avvolse di nuovo le gambe intorno alla vita. Damon sorrise mentre si toglieva i pantaloni.

Scambiandosi di posizione, espirò profondamente quando spinse i fianchi in alto, portando allo stesso tempo Alicia giù sulla propria erezione. Alicia gemette e poggiò la testa alla parete. Damon muoveva i fianchi ad un ritmo violento, assicurandosi di farle capire cosa intendeva lui per ‘distrazione’.

Alicia aprì gli occhi e afferrò le spalle di Damon, tirandolo più vicino. Lui abbassò la testa e le catturò un capezzolo in bocca. Alicia ansimò per quelle sensazioni e inarcò il proprio corpo. Sentendolo così in profondità dentro di sé le sembrava di avere le convulsioni ad ogni spinta.

Un rumore dietro Damon le fece alzare lo sguardo e lei socchiuse gli occhi quando vide un demone correre verso di loro. A quanto pare il demone pensava che fossero vulnerabili e voleva approfittare della situazione.

“Nemico a ore dodici.” sussurrò Alicia senza fiato.

Vide la creatura frantumarsi con il potere di Damon e gridò quando lui iniziò a spingere più forte. Era come posseduto… forte, veloce, le faceva quasi male e a lei piaceva da morire.

“A destra.” lo avvertì Alicia.

Un’altra creatura andò incontro al suo destino e Damon allontanò la testa dal seno di Alicia. Prendendole i polsi, li bloccò alla parete e le mostrò i canini.

“E adesso arriva, fallo per me.” Lui ringhiò quando sentì le pareti intime di Alicia iniziare a pulsare attorno al suo membro allo stesso ritmo con cui lui spingeva.

Alicia ignorò la sua richiesta e girò la testa per non guardarlo negli occhi. Stava cercando di resistere il più a lungo possibile perché, a differenza di ciò che gli altri potessero pensare, fare l’amore in un cimitero era davvero eccitante e con il rischio di essere scoperti da chiunque in qualsiasi momento era ancora meglio.

“Fallo.” mormorò Damon con voce roca.

Riusciva a trattenersi a stento ma anche lui voleva che il loro orgasmo avvenisse contemporaneamente. Erano entrambi così eccitati all’idea di uccidere i demoni mentre lo facevano, e di essere scoperti, che nessuno dei due avrebbe potuto resistere oltre.

Alicia gridò e alla fine cedette, incrociando lo sguardo infuocato di Damon. La molla nel suo ventre era scattata così forte che lei si sentì esplodere. Sentendo altri movimenti dietro Damon, alzò lo sguardo e sussultò.

“Dietro di te.” disse col fiato rotto.

Damon sorrise ed estese il suo potere verso la creatura. Nel momento in cui essa si frantumò, il corpo di Alicia si strinse attorno al suo membro come una morsa e lei gridò per la liberazione. Damon arrivò dopo un paio di forti spinte, riempiendola con il proprio seme e reclamando il suo corpo e la sua anima ancora una volta.

Rimasero stretti l’uno all’altra, respirando affannosamente mentre i loro battiti cardiaci iniziavano a rallentare. Damon era così orgoglioso della sua piccola gattina, era malata quanto lui in fatto di sesso… e la cosa era dannatamente eccitante.

 

Alla fine Damon si scostò un po’ e le sorrise. Entrambi gemettero quando lui si allontanò del tutto e le abbassò le gambe a terra. Guardandola da capo a piedi dovette ammettere che era sexy da morire.

La sua maglietta era strappata sul davanti, con il reggiseno di pizzo abbassato, che esponeva il suo seno nudo alla luce dell’alba. Si accorse che lei non indossava le mutandine e che non erano neanche aggrovigliate tra i jeans.

“Come spiegheremo la maglietta strappata?” chiese Alicia guardandosi.

“Non lo spiegheremo.” rispose Damon con un sorriso.

*****

Warren e Devon accerchiarono il demone in cui si erano imbattuti e che sibilava in modo sinistro, graffiando con gli artigli. Con uno sguardo d’intesa, i giaguari lo attaccarono in sincrono. Devon riuscì ad afferrargli un braccio con le zanne, mentre Warren gli afferrò una gamba. La creatura iniziò a urlare quando i due cominciarono a tirarla in direzioni opposte.

Sforzandosi, Devon girò la testa di scatto, rimanendo con il braccio staccato in bocca. Warren lasciò cadere la gamba e fece qualche passo indietro quando Devon saltò e affondò le zanne nel collo del demone.

Warren si sedette e iniziò a ripulirsi quando sentì il verso inconfondibile di un altro demone proprio dietro gli alberi. Guardando Devon che stava finendo l’altro, decise di andare a controllare.

Devon vide Warren allontanarsi e finì la creatura prima di girarsi di scatto. Lasciando cadere la testa mozzata, guardò nella direzione in cui era andato Warren. Avevano fatto un buon lavoro di squadra e si stava divertendo da matti.

Fece pochi passi quando un altro demone scese da un albero di fronte a lui. Un ringhio profondo irruppe dalla sua gola e lui si accucciò a terra, preparandosi a saltare. I suoi occhi felini si strinsero quando notò che il demone sembrava molto agitato.

Si guardarono a vicenda prima che la creatura si accucciasse imitando il giaguaro. Devon ringhiò e saltò verso il demone, intenzionato a finirlo subito. La creatura saltò nello stesso istante e i due si scontrarono a mezz’aria.

Devon scattò gli artigli verso la creatura ma la mancò, mentre il colpo diretto a lui lo prese in pieno alla testa. Il demone atterrò illeso a quattro zampe mentre Devon, privo di sensi, atterrò con un duro tonfo.

La creatura sibilò con aria vittoriosa, si avvicinò al giaguaro e lo prese per una zampa. Trascinandolo attraverso il cimitero, la creatura raggiunse una piccola cripta e, aprendo la porta, portò dentro il giaguaro prima di uscire, fermandosi a guardarlo per un attimo.

Inclinò la testa di lato come se stesse pensando al modo migliore per uccidere la sua preda ma poi uscì dalla cripta. La creatura tornò poco dopo, trascinando sull’erba umida due dei suoi fratelli morti. Lasciandoli accanto al giaguaro, uscì di nuovo e chiuse la porta, bloccando la serratura.

Senza guardarsi indietro, il demone corse a tutta velocità attraverso il cimitero, evitando i cacciatori di demoni sparsi in tutta la zona. Proseguendo lungo una strada secondaria, si fermò e sembrò che facesse un profondo respiro prima di iniziare a trasformarsi.

Nel giro di pochi secondi la creatura svanì e al suo posto apparve Trevor.

Roteando il collo e le spalle, si abbassò per raccogliere i vestiti che si era tolto prima e tornò con calma alla sua auto. Era tornato e aveva parcheggiato lì prima di rientrare nel cimitero con la scusa di controllare i progressi dei combattimenti. Una volta lontano dalla sua auto si era trasformato in una creatura viscida e aveva messo in atto il suo piano. Ora tutto quello che doveva fare era vestirsi e portare a termine la sua missione personale.

Trevor si passò le dita tra i capelli… non gli piaceva quello che aveva fatto, ma ciò non gli impedì di sorridere. Quando Evey aprì la portiera si avvicinò, poi si fermò quando la sentì fischiare.

Guardando il proprio corpo nudo si chiese a cosa accidenti stesse pensando Ren quando aveva dato a Evey una personalità umana. Era un bene che l’auto non sapesse cos’aveva fatto, altrimenti sarebbe finito nella merda.

“Che magnifico esemplare…” disse Evey.

“Oh, ti prego.” ringhiò Trevor, e si vestì rapidamente. Si affrettò, sapendo che avrebbe avuto solo un paio d’ore prima che Devon si svegliasse. Doveva sbrigarsi se voleva portare a termine il suo piano.

Era rimasto in silenzio mentre guidava verso un altro luogo appartato. Si fermò e rimase seduto per qualche minuto con gli occhi chiusi, chiedendosi se stesse facendo la cosa giusta.

“Va tutto bene, Trevor?” chiese Evey.

“Sì, sto bene.” disse Trevor. “Ho bisogno che tu faccia una cosa molto importante per me. Ho una missione segreta da portare a termine, nessun altro del PIT deve saperlo… è top secret.” Si sentì rimpicciolire per quello che stava per dire “Storm non vuole che vengano presentati rapporti a riguardo e non puoi dirlo a nessuno.”.

Evey rimase in silenzio per un attimo “Quanto tempo starai via?” gli chiese.

“Solo un paio d’ore.” rispose Trevor. “Non ci metterò molto.”.

“Fa’ attenzione.” disse Evey, poi i fari si spensero.

Trevor scese dalla macchina e iniziò a camminare lungo la strada. Quando fu lontano dalla vista di Evey si trasformò di nuovo, questa volta in Devon Santos, e corse verso casa di Chad. Entrando con la chiave di riserva che Envy aveva dimenticato di farsi restituire, si fece strada nell’appartamento silenzioso.

Sapeva che Chad stava dormendo superò la stanza dell’amico, diretto verso quella di Envy. Aprendo la porta, entrò e guardò la ragazza. La sua espressione si rattristò quando sentì l’odore delle sue lacrime nella stanza. Si sentiva male per averla fatta piangere, ma stava gestendo la sua gelosia nel miglior modo possibile.

Quando era tornato al cimitero c’era stato un momento in cui aveva pensato di uccidere Devon. Senza il giaguaro sarebbe stato lui la consolazione di Envy? Si era sforzato per scacciare via quel pensiero allettante, ma rimase sconvolto dalla velocità con cui gli venne in mente Non avrebbe mai potuto ferire Envy in quel modo ed era spaventato per averlo preso in considerazione anche solo per un attimo. D’altra parte, vederla innamorata di un altro uomo o affranta per la sua morte sarebbe stato doloroso comunque. Anche se gli faceva male, Trevor sapeva che Envy amava entrambi… non le aveva mentito quando glielo aveva detto qualche ora prima.

Muovendosi in silenzio, Trevor si tolse lentamente i vestiti e s’infilò nel letto con Envy. Se era questo ciò che doveva fare per avere pochi attimi da solo con lei allora… poi improvvisamente interruppe quel pensiero. Era d’accordo sul fatto che in amore e in guerra non ci sono regole, e adesso si sentiva in mezzo alle due cose.

Envy sentì un movimento sul materasso dietro di lei e si girò subito verso Devon, stringendolo forte e nascondendo il viso sul suo petto. Aveva pensato soltanto a Trevor nell’ultima ora e si sentiva in colpa per questo.

Vedendo il PIT in azione si era resa conto che Trevor le aveva nascosto dei segreti perché non aveva scelta. Era stata così insensibile da lasciarlo per colpa di qualcosa che non dipendeva da lui, lo aveva addirittura aggredito con il taser. Come aveva potuto essere così crudele?

Adesso lui soffriva per colpa sua e lei non lo avrebbe di certo punito… poteva almeno provare ad essere di nuovo sua amica e magari il suo cuore sarebbe guarito. Strofinò la testa contro la mano di Devon quando lui le accarezzò i capelli.

“Sei tornato.” sussurrò, augurandosi che il peso nel suo petto svanisse.

“Cosa c’è, Envy?” chiese lui.

“Niente.” Envy mentì e si scostò per sorridergli.

“Allora perché hai pianto?” Lui vide Envy accigliarsi confusa. Prima che lei potesse negarlo le ricordò “Posso sentire l’odore delle tue lacrime. Non puoi nascondermi i tuoi stati d’animo.” Doveva sapere se avrebbe raccontato a Devon quello che era successo quando l’aveva portata lì.

Envy spalancò gli occhi. Era la stessa cosa che le aveva detto Trevor. Sapevano entrambi meglio di lei come si sentiva? La consapevolezza che tutti e due potessero leggere dentro di lei la fece sentire un po’ esposta.

Lui la sentì irrigidirsi ma, prima che riuscisse a cogliere l’espressione sul suo viso, lei gli premette di nuovo la guancia sul petto. “Trevor ha detto o fatto qualcosa di sbagliato in macchina? Perché se è così giuro che…”.

Envy si scostò all’istante e guardò Devon quasi con rabbia “No, mi hai promesso che non gli farai mai del male a prescindere da ogni cosa.” Il cuore le sbatteva contro il petto, non voleva vederli mai più combattere tra loro. Se uno dei due fosse rimasto ferito avrebbe odiato l’altro, adesso ne era consapevole.

Trevor smise quasi di respirare quando la sentì prendere le sue difese. Aveva fatto promettere a Devon di non fargli del male… e Devon aveva acconsentito per la stessa ragione per cui lui non lo aveva ucciso poco fa nel cimitero.

“A proposito delle lacrime…” Envy abbassò la voce, controllando le sue emozioni “… ho sognato che uno di quei mostri ti ha preso e mi sono svegliata piangendo.” Beh… era vero anche quello.

“Era solo un sogno.” sussurrò lui e la abbracciò. Trevor chiuse gli occhi, chiedendosi se il legame che lei condivideva con entrambi le avesse provocato quel sogno così realistico. Non volendo pensarci, la fece girare sulla schiena e la guardò, prima di abbassare lentamente le labbra sulle sue.

Envy gemette e inarcò la schiena, spingendo il seno contro il suo petto. Gli avvolse le braccia intorno al collo, ma lui le prese i polsi e li bloccò sul materasso.

Le loro bocche si separarono ed Envy piegò la testa all’indietro quando le labbra di Devon iniziarono a tracciare un lungo e tortuoso percorso lungo il collo fino alle clavicole. Sorridendo per quella sensazione, gli avvolse le gambe attorno alla vita per avvicinarlo fin quando non sentì la sua erezione.

Trevor si fermò e la guardò per un attimo prima di spingersi in lei. Non gli importava di quali sembianze avesse, quello era il suo corpo ed esattamente dove voleva che fosse. Fece l’amore con lei come un uomo perso nella sua stessa follia.

Envy si morse il labbro per non gridare e svegliare suo fratello. Si aggrappò a Devon cercando di seguire il suo ritmo, ma si rese conto di non riuscire a stargli dietro stavolta. Tutto quello che poteva fare era resistere mentre lui la portava al culmine.

Trevor catturò subito le sue labbra quando lei dimenticò che non erano soli in casa, e non aveva comunque intenzione di farla arrivare così presto. Lui si trattenne in pieno controllo e non cedette finché non fu passata più di un’ora.

La osservò per qualche minuto mentre dormiva, prima di darle un tenero bacio sulle labbra e scivolare giù dal letto.

*****

Warren stava iniziando a preoccuparsi, cercava l’odore di Devon da un’ora. Quando prima si era allontanato da suo fratello pensava che lui lo avrebbe seguito, ma aveva ucciso altri tre demoni prima di accorgersi che Devon non era lì.

Aveva anche emesso un ringhio acuto, il segnale con cui i giaguari si tenevano in contatto, ma non ci fu un ringhio in risposta. Tornando nel punto in cui aveva visto Devon l’ultima volta, Warren vide i segni della lotta ma nessuna traccia di suo fratello. Dopo alcuni minuti percepì finalmente l’odore di Devon e lo seguì fino ad una vecchia cripta.

Avvicinandosi con cautela, fiutò tutto il perimetro prima di toccare la porta. Ringhiò trovando la serratura bloccata e pensò a due possibilità, o Devon era stato portato lì da qualcuno o in qualche modo la porta si era chiusa e bloccata da sola durante la lotta.

Tornando alla sua forma umana, Warren aprì la porta staccandola dalle cerniere con uno stridio, e spalancò gli occhi quando vide Devon a terra con due demoni accanto a lui.

Devon aprì leggermente gli occhi quando la porta si spalancò, ma li richiuse subito quando la luce del mattino invase la cripta, accecandolo. Si sentiva come se avesse bevuto tutte le scorte di Heat e fosse finito in una rissa.

“Che cavolo è successo?” chiese Warren.

Devon ringhiò e si trasformò nella sua forma umana. Portandosi una mano sulla testa, si mise a sedere lentamente con l’aiuto di Warren e si guardò intorno.

“L’ultima cosa che ricordo è di aver combattuto con un demone dopo che ti sei allontanato.” rispose Devon. “Devo averlo intrappolato qui dentro e l’ho ucciso…” guardò le due creature e si accigliò “… li ho uccisi. Uno deve avermi colpito alla testa prima di finire k.o.”.

“Penso che abbiamo combattuto abbastanza, per oggi.” dichiarò Warren. “Abbiamo bisogno di dormire.”.

 

Devon annuì e si fece aiutare ad alzarsi. “Fantastico, siamo nudi.” borbottò.

“Ci toccherà correre.” sorrise Warren. “Vuoi passeggiare lentamente e vedere quanti fischi riceviamo, o preferisci correre?”

“Al mio tre.” rispose Devon.

Quando tornarono al veicolo indossarono gli abiti di ricambio che avevano portato con sé per sicurezza.

“Lasciami a casa di Chad. Envy è lì, dormo con lei.” disse Devon appoggiandosi al sedile. “Ah, fammi un favore.”.

Warren lo guardò mentre guidava. “Non lo dirò a nessuno così Envy non verrà a saperlo.”.

Devon sorrise per l’incredibile capacità che aveva suo fratello maggiore di sapere sempre cosa pensava la gente, evitava l’imbarazzo a volte.

“Grazie.” disse Devon. “Odio quando si preoccupa.”.

Pochi minuti dopo, Warren si fermò davanti all’appartamento di Chad e guardò Devon. “Vai a dormire e poi chiamami quando siete pronti per tornare a casa.”.

Devon scosse la testa “Non ti preoccupare, ci darà un passaggio Chad o chiamerò un taxi.”.

Warren aspettò che Devon aprisse la porta ed entrasse prima di andarsene. Non voleva dirglielo ma trovarlo in quello stato lo aveva fatto imbestialire. Il modo in cui la porta era stata bloccata dall’esterno sembrava intenzionale e si chiese se qualcuno o qualcosa l’avesse fatto di proposito. Scuotendo la testa decise di non pensarci più… era esausto.

Devon si mosse in silenzio verso la stanza di Envy. Aprì la porta e sorrise vedendo il suo viso angelico rilassato nel sonno. Togliendosi i vestiti si infilò nel letto e le si avvicinò, avvolgendole un braccio attorno alla vita.

Lei si rannicchiò nel suo abbraccio prima di rilassarsi contro il suo petto e piegare la testa all’indietro. Riprese a respirare profondamente nel sonno e Devon si rilassò. Decise di lasciarla dormire invece di svegliarla per farle sapere che era tornato… doveva ricordarsi di fare più attenzione alle sue abitudini d’ora in poi.

*****

Il settimo piano dell’ospedale era tranquillo, era stato un turno lungo e noioso per le infermiere che facevano i loro giri tra i vari pazienti. I respiratori artificiali emettevano un segnale acustico costante, creando un rumore di sottofondo grazie al quale il reparto non sembrava silenzioso.

“Sono state dieci lunghissime ore, eh?” chiese il vigilante ad una delle infermiere.

“Lunghissime è dire poco.” rispose lei con un sorriso “Vai in rosticceria per la pausa pranzo?”

“Sì.” rispose la guardia. “Vi porto qualcosa?”

L’infermiera annuì “Ne stavamo parlando prima, chiedo alle altre e ti faccio sapere.”.

Il sistema di monitoraggio dei pazienti iniziò a lampeggiare all’improvviso e l’infermiera scattò in piedi. Le spie blu lampeggiavano qua e là e lei prese il telefono.

“Il Dottor Gordon e il Dottor Harris sono desiderati al settimo piano.” disse, prima di riappendere il telefono e correre fuori.

Sopraggiunsero altre infermiere da tutto il reparto per controllare quanti più pazienti possibili. Il vigilante prese la sua radio e chiamò la base al piano terra. Non ci volle molto prima che i due medici arrivassero insieme ad altre dieci infermiere per dare una mano.

Si scatenò il panico tra il personale quando i pazienti iniziarono a morire uno dopo l’altro come mosche stecchite. Restavano accanto ad ognuno di loro il più a lungo possibile prima di passare al successivo dopo averne accertato la morte.

Mentre si muovevano lungo il corridoio si resero conto che qualsiasi cosa stesse provocando la morte dei pazienti sembrava avvicinarsi sempre di più al reparto di terapia intensiva. Anche se tutti stavano pensando la stessa cosa nessuno espresse quella paura… era solo una coincidenza.

Il vigilante era all’ascensore quando arrivò la polizia. Fu deluso quando vide che soltanto due agenti avevano risposto alla chiamata, ma meglio di niente. Con il terremoto della settimana prima e tutte le persone trovate morte e smembrate finora, comprendeva la mancanza di forze disponibili.

Si udirono delle urla nel corridoio e gli agenti puntarono le pistole mentre correvano. Videro due infermiere sbalzate via e colpire duramente una parete con un rumore di ossa rotte. Esse caddero a terra lasciando lunghe strie di sangue sulla pittura bianca.

“Ma che diavolo succede?” mormorò il vigilante.

Gli agenti impugnarono saldamente le armi e si mossero lentamente. Altri membri del personale furono scagliati fuori dalle stanze, mentre altri cercavano di scappare.

Il vigilante osservò sconvolto una sagoma scura uscita dalla stanza accanto all’ingresso del reparto di terapia intensiva. Appariva e scompariva mentre si muoveva. Il suo volto non era visibile sotto il mantello nero strappato, ma si vedeva chiaramente una lunga falce stretta da lunghe dita.

La figura si muoveva verso di loro, sbalzando via le infermiere come bambole di pezza e gli agenti aprirono il fuoco mentre si allontanavano dallo spettro. La falce tracciò un lungo arco, tagliando in due un agente. Il sangue schizzò ovunque e la creatura proseguì verso l’altro agente che stava ancora sparando.

Schizzò altro sangue quando il secondo agente fu ferito al viso. Sentì a malapena il campanello dell’ascensore, segno che stava arrivando qualcuno, ma era bloccato dalla paura e non riusciva a muoversi.

Vide un uomo con la coda dell’occhio… giovane, con un lungo soprabito e capelli neri in stile punk. L’uomo alzò una mano verso la creatura, che finì in fondo al corridoio. Essa gridò, usando la falce per fermare il suo volo, e sembrò fissare il nuovo arrivato prima di svanire.

“Stai bene?” chiese Ren all’agente traumatizzato.

L’uomo svenne di colpo, Ren sospirò e prese il cellulare. Era un bene che nei pressi di quell’ospedale avesse percepito degli esseri paranormali, altrimenti non avrebbe avuto il potere per spaventare quella creatura.

“Ci serve un’impresa di pulizie e il miglior cacciatore di demoni che abbiamo.”.

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