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Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II

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Abu-Bekr-Atîk-ibn-Ali-ibn-Dâwûd del villaggio di Sementara in Sicilia,1273 discendente, chi sa? dei coloni che possedeavi un tempo San Gregorio, fu uomo infaticabile di corpo e d'intelletto. Di quei devoti Siciliani, scrive Ibn-Kattâ', che faceano autorità in giurisprudenza;1274 degli asceti dell'isola, chiarissimi per sapere: ed usò degnamente la vita di quaggiù, sciolto dalle cure mondane, tutto intento e fitto nell'altra vita. Partì per l'Hegiâz, compiè il pellegrinaggio; percorse poi tante regioni, Iemen, Siria, Persia, Khorasân; praticò quivi coi servi di Dio, tradizionisti ed asceti; raccolse lor detti e notizie e con eleganza le dettò. Scrisse a mo' di dizionario suoi viaggi e il frutto del conversare con que' dotti stranieri; e sul dritto e la tradizione varie opere pregiate per ordine e lucidità; ed un gran trattato, che niuno agguagliò mai in bellezza di stile, su la perfezione spirituale1275 e su gli esempii degli uomini virtuosi. Così lo giudicava Ibn-Kattâ.1276 L'ultima delle opere ricordate s'intitolava: Guida dei Cercatori (della perfezione spirituale), e prendea dieci volumi.1277 Un componimento di Sementari su l'ascestismo musulmano, dai pochi versi che ne abbiamo, sembra anch'oggi nobile sfogo d'intelletto sdegnoso della viltà e tristizia del secolo, invaghito d'una immagine del giusto e del sublime, ch'uom abbozzi nella propria coscienza e la dipinga su l'oscura tela dell'infinito.1278 Morì costui il ventuno di rebi' secondo del quattrocento sessantaquattro (15 gennaio 1072).1279 Contemporaneo di Sementari, e sembrano usciti entrambi al crollo della dinastia kelbita, Abu-Hasan Ali-ibn-Hamza, andato in Spagna innanzi il quattrocento quaranta (1048), al dir d'Homaidi che il conobbe e ascoltò; sufita, scolastico,1280 dotto in ogni ramo di teologia e d'altre scienze;1281 discepolo del moralista sciafeita Abu-Tâher-Mohammed-ibn-Ali da Bagdad.1282

I Sufiti, non contenti all'abnegazione delle cose mondane, si provarono a distruggere ogni idea di realità, spegnere il senso, concentrare l'uomo nella coscienza dell'essere, e farlovi con ostinata volontà sprofondare a grado, a grado, tanto che gli paresse toccar nel nocciolo dell'animo la Divinità, immedesimarsi con quella, togliersi dagli occhi i veli che occultano la scienza e l'avvenire. La qual monomania artifiziale appresterebbe bell'argomento di studio psicologico e patologico se si giugnesse a scernere l'allucinazione dalle ciurmerie e linguaggio allegorico con che si è mescolata in ogni età e paese. La setta par abbia preso nome e, forme verso la metà del nono secolo, quando ne pullularono tante nell'islamismo; quando i devoti, incalzati dalla filosofia greca che li sforzava a ragionar sulla missione di Maometto, si rifuggirono nel misticismo indiano. Qualche rampollo brahmanico o buddista, che vegetasse ab antico in Persia, s'innestò con l'ascetismo dei compagni di Maometto, e ne spuntò questo frutto. Il nome deriva da Sûf “lana,” perchè gli adetti ne vestivano secondo l'uso dei primi Musulmani; e quando la setta divenne quasi ordine religioso, il superiore iniziava il neofito con porgli sulle spalle la Khirka, mantello o straccio di lana. Durano fin oggi i Sufiti insieme con gli ordini plebei, dervis e simili che copiarono le sembianze più goffe della setta. In origine fu onesto ritrovo d'animi nauseati di quello scompiglio politico del califato; teste inquiete, fors'anco intelletti sani, non soddisfatti dall'islamismo, se non che lor parea peggio mutar di religione o starne senza; e panteisti o scettici, si gittarono sovente in quelle ombre mistiche per dare un ganghero ai devoti. Infatti gli ortodossi formalisti li chiamavan empii tutti in un fascio. Gâzeli, il terribile teologo, sentenziò atto più meritorio l'accoppare un sufita che campar dieci uomini dalla morte.1283

 

Se si risguardi all'età del sufita Abu-Bekr-Mohammed,1284 al quale tennero dietro Ali-ibn-Hamza e Sementari,1285 si vedrà che l'ascetismo primitivo dei Musulmani durato in Sicilia sino alla metà del decimo secolo,1286 non tardava guari a prender la novella foggia mistica. Dai dotti scendea già nel volgo, e la devota commedia era in voga nella prima metà del l'undecimo secolo, poichè Ibn-Tazi la riprende con questi versi:

“Non istà il sufismo, no, a vestir lane che rattoppi tu stesso; non ad intenerire gli sciocchi;

Nè a stridere, saltare, scontorcerti, cadere in deliquio, come se tu fossi impazzato.

Sta il sufismo nell'animo schietto, immacolato; nel seguir là verità, il Corano, la fede;

Nel mostrare che temi Iddio, che ti penti di tue colpe, che ne sei trafitto di rammarico eterno.1287

Tra gli asceti che non trascorressero a così fatte allucinazioni, si ricorda un Abu-l-Kâsim-ibn-Hâkim, dottissimo, come dicono, il quale nella prima metà del duodecimo secolo vivea a Bagdad in casa, non più corte, del califo.1288 Mohammed-ibn-Sâbik ed Abd-er-Rahman-ibn-Abd-el-Ghani, nominati di sopra, furono l'un teologo, l'altro moralista.1289 Musa-ibn-Abd-Allah da Cufa, della schiatta d'Ali, teologo, poeta ed erudito, verso la metà dell'undecimo secolo elesse a dimora la Sicilia; donde poi passò a combattere i Cristiani in Spagna; ed alfine fu ucciso in

. Affrica (1094).1290 Lasciò un trattato di teologia Abu-Mohammed-Abd-er-Rahman-ibn-Mohammed il Siciliano, del quale ignoriamo l'età, se non che il manoscritto unico in Europa è copiato in Antiochia il seicentoquarantanove dell'egira (1251). Compilazione scolastica ed ortodossa, partita in quattro capitoli: teologia naturale, teologia musulmana, natura e potenza del demonio, condizioni e doveri degli uomini in società.1291 Mi sembra nitida ed ordinata; logica, quel poco che si poteva. Il capitolo sul Tentatore, assai più particolareggiato che non soglia incontrarsi negli scolastici musulmani, par si rannodi a quella fissazione dei devoti siciliani ed affricani sulla fine del nono o principio del decimo secolo.1292

Ad un tempo, col progresso dalla cieca divozione al misticismo, si notò in Sicilia, sì come in ogni altra provincia musulmana, novello fervore per le lettere, soprattutto gli studii filologici, come s'intendeano da ciascuno fino al decimottavo secolo; i quali non fecero rinascere in Oriente quegli antichi poeti arabi nè quel vivo e conciso parlare dei compagni di Maometto; nè altro produssero che una mediocrità più generale, uno stile luccicante, ondulante e ridondante; quel che ammiran da otto secoli in Hariri, e che da nove o dieci secoli avviluppa presso que' popoli il pensiero e sovente ne tien luogo. Ma tant'è, che il lungo secento degli Arabi non mancò di pregi, come nè anco il secento europeo del decimosettimo secolo o del decimonono. Al par che gli Spagnuoli, Affricani, Egiziani e Sirii, i Musulmani di Sicilia non poteano giugnere a segno più alto; ma ben toccaron quello nell'undecimo secolo, nè furon da meno degli Spagnuoli; superarono forse le altre province dette, nelle quali la natura non sorrideva sì dolcemente, e le schiatte antiche, Semiti, Copti, Berberi, non eran metallo suscettivo di tempra sì fina.

Dopo Ibn-Khorasân, grammatico siciliano della prima metà del decimo secolo,1293 ne comparisce un altro per nome Hasan-ibn-Ali, il quale, andato, in pellegrinaggio, morì alla Mecca, allo scorcio del trecentonovantuno (novembre 1001) lasciando onorata memoria di sè nelle scuole d'Oriente.1294 Qualche mezzo secolo innanzi, era venuto a stare in Sicilia Musa-ibn-Asbagh-Morâdi, da Cordova, al ritorno d'un viaggio in Oriente: linguista, grammatico e, dicono, elegante poeta; ma fece in ottomila versi una parafrasi del Mobtedâ,1295 ossia “Primordii;” forse i Primordii del mondo e racconti dei Profeti d'Abu-Hodseifa il Coreiscita.1296 All'entrar dello undecimo secolo, visse in Sicilia il rifuggito spagnuolo Sa'id-ibn-Fethûn che ricordammo di sopra: il quale fu insieme linguista e compose un trattato di versificazione.1297

Le guerre civili della Spagna balestrarono anco in Sicilia Abu-l-'Ala-Sâ'id da Mosûl, esercitatosi con lode negli studii di filologia ed erudizione a Bagdad, buon poeta, argutissimo e pronto di motti, piacevole al conversare, ma cortigiano, menzognero, scroccone, scialacquatore, beone; il quale, andato a cercare ventura in Ispagna, si rimpannucciò appo Almansor (990), e lui mancato, venne a provare se i Kelbiti di Sicilia fossero que' mecenati che portava la fama, e morì il quattrocento diciassette (1026) o quattrocento diciannove.1298 Torna alla stessa età il Siciliano Abu-Iakûb-Iûsuf-ibn-Ahmed-ibn-Debbâgh, buon poeta, autor di versi didascalici sulla grammatica, il quale, a giudizio d'Ibn-Kattâ', avanzò ogni contemporaneo in quel che noi diremmo studio di storia letteraria.1299 Tornano alla metà dell'undecimo secolo, Kolûf-ibn-Abd-Allah da Barca, domiciliato in Sicilia, lettor del Corano, dotto nei due rami della grammatica,1300 ornato di varia erudizione e poeta;1301 Abu-Hasan-Ali-ibn-Abd-er-Rahman il Siciliano, che diè studio di grammatica, come sembra, a Susa;1302 ed Abu-Hafs-Omar-ibn-Hasan, grammatico di conto, linguista e poeta.1303

 

Più che mai genuino comparisce l'innesto di rampollo arabo su ceppo siciliano in persona di Abu-Abd-Allah-Mohammed-ibn-abi-Fereg-ibn-Fereg-ibn-abi-l-Kasim, Kattâni o vogliam dire “il Linaiolo,” soprannominato il “Sottil Grammatico,” nato in Sicilia il quattrocenventisette (1035-6); dove fece tutti gli studii e ne uscì armato da capo a piè in giurisprudenza malekita, grammatica, lingua ed erudizione d'ogni maniera; e nelle due prime fu tenuto uom sommo, se non che attaccandosi ad appuntar gli errori di questo e di quello, tutti gli si volser contro e tagliarongli i passi.1304 Lasciata la Sicilia, com'e' pare alla caduta di Palermo, andò a Bagdad nel Korasân, e a Gazna; donde passò, su le orme dei conquistatori turchi, in India: e per ogni luogo rifaceva il verso ai dottori ed appiccava battaglia. Avvenne un dì ch'egli entrasse in una scuola, credo a Mêrw in Khorasân e di teologia,1305 tenuta da Mohammed-ibn-Mansûr, Sem'âni; il quale cominciato a dettar la lezione, il Sottil Grammatico lo interruppe: “Non è com'ei dice; va scritto così e così.” E Sem'âni ai discepoli: “Correggete a sua posta, ch'ei ne sa più di me:” i quali obbedirono. Non guari dopo il Siciliano, rivolto a Sem'âni, “Signor mio,” disse, “ho sbagliato, chè menda non v'era nel tuo dettato:” e quegli pacatamente: “Si rifaccia dunque come stava:” e finita la lezione, trovandosi solo con gli amici, ripigliò: “Il Magrebino1306 mi sfidava per dirmene un sacco delle sue, com'ha fatto con gli altri; ma gli uscii di sotto; ed ecco che s'è condannato di bocca propria.” Kattâni morì a Ispahan, il cinquecento dodici (1148-9.) Ebbe a maestro in dritto il celebre siciliano Mohammed-ibn-Iûnis, e in grammatica un Ali-Haiûli, siciliano o dimorante nell'isola.1307

Nella gioventù di Kattâni era trapassato in Sicilia un valente filologo secondo que' tempi, per nome, Abu-Ali-Hasan-ibn-Rescîk. Nacque l'anno mille a Msila d'Affrica, d'un liberto di schiatta greca o italica:1308 il quale apparando al figlio la propria arte d'orafo, il mandò insieme a scuola; e visto il pronto ingegno alla poesia ed alle lettere, gli assentì d'andare a quindici anni, a Kairewân, antico emporio della cultura arabica. Dove Ibn-Rescîk guadagnò dottrina, fama e stato. Un poema in lode di Moezz-ibn-Badîs lo fece entrare al servigio del principe;1309 tenuto poscia tra i poeti di corte,1310 e fatto segretario di guerra.1311 Sino al limitare della vecchiezza, visse prosperamente a corte, tra gli studii, tra le amistà e nimistà letterarie ed alcun brutto costume, svelatoci dal Siciliano Abu-Abd-Allah-ibn-Seffâr, erudito dabbene, il quale trovandosi al Kairewân, tutto lieto d'esser fatto intimo di Ibn-Rescîk, si trovò terzo personaggio in una strana commedia.1312

Ma al conquisto degli Arabi d'oltre Nilo, quando Moezz era costretto a chiudersi in Mehdia (1057) e il poeta ve l'accompagnava1313, la mala fortuna, come pur suole, accese discordia tra i due vecchi amici. Un'armata cristiana, di Pisa forse o di Genova, s'era appressata nottetempo a Mehdia; il principe affaccendato in sul far dell'alba a provvedere al pericolo, leggea gli spacci a lume d'un doppiere, quand'ecco Ibn-Rescîk entrare nella stanza, e porgergli un poema che incominciava: “Fa' cuore; non ti s'offuschino i pensieri nel cimento: chè già alla tua possanza ognun piega il collo.” – “E come far cuore,” proruppe Moezz, “quando tu mi vieni tra i piedi ad aiutarmi così? Perchè mo non stai zitto!” E stracciò il poema, e bruciollo al doppiere. Ibn-Rescîk, voltate incontanente le spalle, s'imbarcò per la Sicilia,1314 dove avea amici; sapendosi di due poeti siciliani che si carteggiavano con esso, e rimanendoci fino i versi ch'ei scrisse all'uno arrivando a Mazara e la risposta per le rime.1315 Raccolto a grande onore dai principali della terra, lo rappattumarono con Ibn-Scerf, poeta del Kairewân e della corte di Moezz e però suo mortal nemico; il quale, avendo riparato in Sicilia prima di lui, s'era messo subito a lacerarlo.1316 L'ospitalità siciliana non tolse che venuto per cagion di mercatare un legno di Mo'tadhed, principe Abbadida di Siviglia, Ibn-Rescîk si mettesse ai panni al padrone, pregando di menarlo seco a corte; il quale gliene promesse e poi lo piantò. Rimaso parecchi anni tra sì e no di far il viaggio di Spagna, venne a morte in Mazara verso il millesettanta.1317

Il cui soggiorno tra il romor delle armi cristiane, non promosse, credo io, le lettere, nè ad altro giovò che a tramandarci qualche aneddoto dell'antica corte kelbita e qualche barlume su la cultura contemporanea. Lasciando addietro le opere perdute d'Ibn-Rescîk, in giurisprudenza,1318 lingua,1319 storia letteraria,1320 fatti memorabili della storia,1321 ed una Cronica del Kairewân;1322 lasciando addietro le poesie, facili, vivaci e talvolta oscene,1323 noterò un trattato di poetica denominato La Colonna, nel quale la ragion dell'arte è considerata al modo che noi abbiamo appreso dai maestri greci; e si accenna ad alcun precetto di quelli.1324 Onde direi cotest'opera compiuta in Sicilia da Ibn-Rescîk, con que' pochi lumi di greche lettere che vi rimanessero: un anonimo Siciliano ne fece poi un compendio col titolo di Preparamenti.1325 Più chiara apparisce la sorgente in due versi d'Ibn-Rescîk, coi quali il poeta esortando, com'e' parmi, alcun regolo dell'isola a lasciarsi menare a guinzaglio dai dotti, ricorda forse il nome d'Atene, e v'appicca quel della Sicilia, con una etimologia che allor correa tra gli Arabi del paese.1326

La falsa etimologia, dico, da due vocaboli greci che significan fico ed olivo, ripetuta dai cronisti latini di Sicilia del decimoterzo secolo,1327 scritta per lo primo da un filologo arabo che visse fino al millecinquantotto e fu maestro d'Ibn-Kattâ'. Ebbe nome Abu-Bekr-Mohammed-ibn-Ali-ibn-Hasan-ibn-Abd-el-Berr, della tribù di Temîm; il quale uscito di Sicilia per proseguire gli studii di tradizioni, grammatica e lessicografia, soggiornò in Oriente, forse a Bagdad; e tornando in patria, recò il celebre dizionario di Gewhari; fu accolto e messo in alto stato da Ibn-Menkûd che regnava allor in Mazara, principe d'austerissima pietà al dir del biografo.1328 Che Ibn-Abd-el-Berr abbia tolto da Ibn-Rescîk quella falsa etimologia e la erudizione che pur vi si richiedeva, non mi par punto verosimile. Un secolo innanti gli Arabi Siciliani avevano aiutato alla interpretazione d'opere scientifiche dei Greci; notaron poscia gli avanzi d'antichi monumenti; raccolsero qualche favola delle colonie greco-sicole;1329 vissero con Greci di Sicilia culti tanto o quanto. V'ha cagione dunque di presumere che si fosse tentato dai Musulmani dell'isola nella prima metà dell'undecimo secolo qualche studio su la letteratura greca, rozzo sì, ma da poter mostrare agli scrittori arabi un altro campo come quello delle scienze filosofiche e matematiche coltivato al tempo di Mamûn. E la Sicilia offriva ottimo terreno all'esperimento. Se non che molto più agevole torna a trapiantare da schiatta a schiatta le scienze che le lettere; ed ormai la virtù degli Arabi mancava da per tutto; la colonia siciliana era lì lì per cadere sotto il dominio straniero.

Quel soprannome d'Ibn-Kàttâ (Figliuolo del picconiere) si dètte ad una famiglia del ceppo modharita di Temîm, ramo di Sa'd-ibn-Zeid-Monat, la quale par venuta in Sicilia da Santarem di Portogallo verso la metà del decimo secolo.1330 Gia'far-ibn-Ali di tal gente, filologo di molta dottrina, rinomato nello stile epistolare, lodato per proprietà di linguaggio e delicato gusto in poesia, vivea fino al millecinquantotto,1331 forse in un villaggio a poche miglia di Palermo.1332 Da lui nacque, il dieci sefer del quattrocentotrentatrè dell'egira (8 ottobre 1041), illustre figliuol d'uomo illustre, scrivono i biografi, Ali-ibn-Gia'far, detto similmente Ibn-Kattâ', il quale ebbe a maestri in lettere e tradizioni Ibn-Abd-el-Berr ed i primi eruditi del paese; fece versi a tredici anni, a andò crescendo di dottrina e fama, finchè, abbattuto l'ultimo vessillo mussulmano in Sicilia, emigrò in Egitto: dove non fu onoranza che non gli fosse resa; anzi il tennero come dittatore nelle lettere; e giuravano su l'Ei così disse. Il ministro Afdhal, sì benigno agli usciti siciliani, lo volle maestro dei proprii figliuoli;1333 scriveasi a vanto nelle biografie chi gli fosse stato amico o discepolo:1334 da lui appresero gli Arabi d'Egitto, e studiaronlo con le sue glose, il dizionario di Gewhari; a dispetto di qualche saccente che accusavalo di non tenerne il testo autentico, ma una copia con licenze posticce:1335 che par calunnia, poichè Ibn-Abd-el-Berr gli avea potuto insegnare quel libro in Sicilia. Morto del mese di sefer cinquecentoquindici (aprile e maggio 1121) al Cairo vecchio,1336 lo seppellirono accanto al legislatore Sciafe'i.1337

Com'egli primeggiò tra i letterati arabi della Sicilia, Ibn-Kattâ' così fu quel che più scrisse delle cose patrie. Dettò una storia di Sicilia ch'è perduta;1338 sparse qua e là cenni biografici, geografici e di varia erudizione sul paese;1339 compilò un'antologia siciliana intitolata La nobile Perla e l'eletta dei poeti dell'isola: della quale ci rimangono gli squarci che piacquero a Imâd-ed-dîn d'Ispahan; e son di quarantatrè poeti,1340 tra i censettanta che ne avea trascelti Ibn-Kattâ',1341 e di ciascuno par abbia data la biografia, poichè vi messe la sua propria.1342 Sortirono maggior fama in Levante e Spagna le opere di filologia e storia letteraria. Il Libro dei Verbi, che al dire d'Ibn-Khallikân tolse il primato a quel dello spagnuolo Ibn-Kûtîa;1343 la Fabbrica dei nomi, verbi e infiniti, cioè un quadro generale delle forme grammaticali, lodato anche da Ibn-Khallikân, dove l'autore aggiunse forse un centinaio di nuove forme spigolate nei glossarii e scrittori; e sembra l'ultimo suo lavoro.1344 In lessicografia lasciò il comento al Gewhari;1345 la Correzione della lingua;1346 il Libro della Spada, glossario de' nomi e predicati che usano dar gli Arabi a quell'arme;1347 il Libro dell'Andare e del Viaggiare anche esso in ordine alfabetico, il quale par lista dei verbi che significan l'uno o l'altro;1348 e il Libro delle Interiezioni.1349 Scrisse due trattati di versificazione1350 ed un comentario su le poesie di Motenebbi.1351 Il compendio intitolato Kitab-el-Kisár, sembra dizionario biografico di una classe di scrittori;1352 è trattato di storia letteraria il libro dei Sali contemporanei;1353 quel dei Luccicanti Sali, è Antologia de' poeti Spagnuoli.1354 Le quali opere quanto fossero tenute in conto appo gli eruditi musulmani, lo mostrano la lode d'Ibn-Khallikân che lo chiama “principe delle lettere, massime in fatto di lingua” e le notizie che tolgono spesso da lui Ibn-Khallikân medesimo, Imâd-ed-dîn, Iakût, Ibn-Sa'îd lo storico, l'enciclopedista Scehâb-ed-dîn-Omari, Firuzabadi nel Kamûs,1355 e varii biografi. Da questi squarci, in vero, Ibn-Kattâ' sembra accurato e sottile filologo, ed elegante scrittore, più sobrio che non portassero i tempi. Mediocre poeta comparisce dai frammenti rimastici delle molte poesie ch'ei dettò; e pur talvolta, dimenticati i bisticci e le arguzie, si fa a ritrarre le immagini con semplicità graziosa.1356 Che se guardiamo ai precetti più che alle opere, lo diremmo iniziato a que' primi studii delle lettere greche: qua par che condanni il tipo della Kasîda arabica;1357 qua rende espresso omaggio alle bellezze dell'antichità.1358

Segnalaronsi in varii rami di filologia i già nominati: Ibn-Kuni linguista,1359 Abu-Bekr-Mohammed grammatico e linguista;1360 Ibn-Tazi grammatico, scrittore di epistole e poeta;1361 Ibn-Fehhâm autore d'un commentario su i Prolegomeni Grammaticali d'Ibn-Babesciâd;1362 ed Omar ovvero Othman-ibn-Ali da Siracusa discepolo d'Ibn-Fehhâm, autore di opere su la lingua, la grammatica e la versificazione, professore al Cairo vecchio, maestro del filologo egiziano Abd-allah-ibn-Bera.1363 Dsehebi, senza notarne l'età, ricorda un Tâher-ibn-Mohammed-ibn-Rokbâni, della tribù di Taghleb, siciliano, soprannominato il vizir, l'uom più dotto del tempo suo in lingua arabica, rettorica ed arte di scrivere in prosa e in verso, al quale riverenti accorreano, per apprendere, i letterati d'ogni paese e trovavano un mar di scienza:1364 ma non ne rimane altro vestigio che que' quattro righi datigli dal biografo, e due che ne serba al figliuolo Ali, poeta, erudito in lingua, nelle antiche istorie degli Arabi e in ogni altro studio che appartenga alle lettere.1365 Con lode anco troviamo i nomi di Ia'kûb-ibn-Ali-Roneidi filologo e poeta,1366 Abu-Mohammed, detto Dami'a grammatico, poeta e ottimo pedagogo;1367 Abu-Abd-Allah-Mohammed-ibn-Sados, grammatico, segretario e facilissimo scrittore in prosa e in rima;1368 Abu-Fadhl-Ali-ibn-Hasan-ibn-Habîb, gran linguista e buon poeta;1369 ed Abd-Allah-ibn-abi-Malek-Mosîb della tribù di Kais, cima di linguista, al dir di Sefedi, poeta nato e dotto di più in prosodia e versificazione;1370 Abu-Hasan-Ali-ibn-Mohammed di Kerkûda erudito;1371 Ali-ibn-Abd-Allah di Giattini,1372 Siciliani tutti e d'epoca ignota. Avvi tra i molti comentatori di Motenebbi nell'undecimo o duodecimo secolo un Ibn-Fûregia e un Abu-Hasan-ibn-abi-Abd-er-Rahman, entrambi Siciliani.1373

Nel passar dalla didattica e critica al proprio effetto dell'arte, troviamo, filologo insieme ed oratore, Abu-Hafs-Omar-ibn-Khelef-ibn-Mekki, ricordato dianzi nei tradizionisti e giuristi.1374 Il quale, rifuggito in Affrica quando le continue vittorie dei Normanni, forse la espugnazione di Palermo, toglieano ogni speranza di salute, conseguì il magistrato di cadi a Tunis1375 che allora si governava a repubblica. È attribuita ad Ibn-Mekki la Correzione della lingua che altri riferisce ad Ibn-Kattâ',1376 e potrebbero supporsi due opere col medesimo titolo, che Ibn-Kattâ' avesse imitato per gareggiare con quel sommo, “il cui valore, dice egli, celebravano e ripeteano tutte le lingue per ogni luogo; quel che in eloquenza non cedette il vanto ad Ibn-Nobâta, e lasciò modelli di poesia.1377” Dsehebi anzi lo antepone al Cicerone degli Arabi, e come raro esempio aggiugne ch'ei solea porgere dal pulpito un sermone novello ogni venerdì.1378 Ma gli squarci dei versi d'Ibn-Mekki san troppo di predica; ritraggono della natura umana i soli vizii, consigliano la solitudine e l'egoismo, nè escon di vena poetica;1379 ond'io dubito ch'ei n'abbia avuta d'oratore.

All'agrume ascetico d'Ibn-Mekki va contrapposta la spensieratezza cavalleresca del segretario Hâscem, che argomentiamo al paro dai versi: i quali due tipi si alternano con poco divario nei poeti arabi di Sicilia. Abu-l-Kâsim-Hascem-ibn-Iûnis, al dir d'Ibn-Kattâ', fu lodatissimo scrittore di epistole, motti arguti, racconti e mekâme:1380 quella maniera di componimento accademico che ha dato rinomanza ad Harîri. Perdute le prose d'Hascem e la più parte delle poesie, ci rimangono varii tagli di due e tre versi, e bastano pure a mostrarlo seguace della scuola classica degli Arabi. Vi cogliamo anco una bravura, credo io, di guerra civile: il poeta vedendo i suoi sgomentati senza consiglio, fa testa egli solo ad un fier nemico Abu-Nasr, e il rinfaccia agli ingrati concittadini. Altrove accenna ad avventure d'amore, millantandosi che una notte negra come vaga chioma, viaggiò tutto solo al ritrovo, toltosi per ciambellano il brando tagliente, e per segretario la lancia rodeinita; e somiglianti freddure.1381 Citammo già il nome d'Ibn-Tazi, lodato scrittore d'epistole.1382 Porremo in lista coi prosatori i Kâtib, o vogliamo dir Segretarii in oficio pubblico, richiedendosi a questo appo gli Arabi non comune erudizione letteraria, per compilare quei rescritti tramezzati di prosa rimata, sì peregrini, sì lambiccati di lingua e stile, da parer d'altro popolo o d'altra età che gli scritti di storia o scienze. Levaron grido, com'ei sembra, il segretario Abu-Sewâb da Castrogiovanni, ricordato da Iakût nella notizia geografica di quella città;1383 Abu-Hasan-Ali-ibn-abi-Isâk-Ibrahim-ibn-Waddâni preposto ad un officio pubblico in Sicilia.1384 E dei poeti d'Ibn-Kattâ' son detti Segretarii Abu-Ali-Ahmed-ibn-Mohammed-ibn-Kâf;1385 Abu-Ali-ibn-Hosein-ibn-Kalid,1386 Abu-Bekr-Mohammed-ibn-Sahl detto Rozaik;1387 Abu-Abd-Allah-Mohammed-ibn-Ali-ibn – Sebbâgh amico d'Ibn-Rescîk;1388 Abu-Feth-Mohammed-ibn-Hosein-ibn-Kerkûdi, copioso scrittore in rima e in prosa;1389 Ibn-Kereni l'astronomo e computista;1390 Abd-el-Gebbar-ibn-Abd-er-Rahman-ibn-Sir'în;1391 Ibn-Kûni filologo, astronomo e geometra;1392 Abu-Hafs-Omar-ibn-Abd-Allah;1393 il cadi Abu-Abd-Allah-Mohammed-ibn-Kâsim-ibn-Zeid della tribù di Lakhm;1394 Abu-Abd-Allah-Mohammed-ibn-'Attâr;1395 ed Abu-Hasan-Ali-ibn-Hasan-ibn-Tûbi, elegantissimo prosatore e poeta.1396

Tra tanti ingegni che onorarono la Sicilia musulmana, pochi si volsero alla Storia. La cronica sola che ci rimanga è scritta in arabico sì, ma pensata in altra lingua da un cristiano o figliuol di cristiano di Palermo, che visse alla metà del decimo secolo, famigliare forse dei principi kelbiti; chè le date costantinopolitane, lo stile timido, la lingua scarsa, la grammatica volgare, la reticenza dei sentimenti religiosi, la prudenza cortigiana, la brevità in principio (827) e la diligenza in sul fine (964), ci svelano tutte le condizioni dell'autore, fuorchè il nome.1397 La storia di Sicilia d'Ibn-Kattâ' è perduta.1398 Corse per le mani di pochi eruditi fino al decimoterzo secolo quella del giurista Abu-Ali-Hasan-ibn-Iehia, della quale abbiamo frammenti che illustrano la geografia,1399 e sembra tolto anco da quella il caso di Malta nella guerra di Maniace; onde l'autore tornerebbe alla metà dell'undecimo secolo:1400 siciliano è da dirsi, per nascita o soggiorno, all'argomento ch'elesse ed alla precisione delle notizie locali. L'età nè la patria non si scorge d'Abu-Zeid-Gomari, d'origine berbera, autore d'un'altra storia di Sicilia.1401 Ali-ibn-Tâher, mentovato di sopra, si versò nell'antica storia degli Arabi, senza la quale mal si poteano comprendere lor poeti classici.1402 Scrisse la Storia d'Algeziras Ibn-Hamdîs da Siracusa.1403

Ma venendo ai poeti, il numero e la monotonia ci distoglie dal trattar di ciascuno partitamente; se non che i maggiori nell'arte o che svelino le condizioni e costumi del paese. E pria diremo di cui si esercitò nel componimento eroico degli Arabi, la Kasîda, che suona “Trovata:” adoperata con altro nome negli epicedii ed elegie d'amore; poemetto sopra una sola rima, ove il poeta intesse le lodi proprie, o di sua gente o del mecenate, con digressioni erotiche, descrizioni, apostrofe e macchina ritraente la vita dell'avventuroso cavaliere nomade, sì come la macchina di nostra epopea s'adatta alle prime imprese nazionali. Nè l'effimero accentramento del califato generò appo di loro l'epopea, quando popol arabico propriamente non v'era. La Kasîda antislamitica pervenne tal quale a quel brulichío di stati musulmani del decimo e undecimo secolo; e la si udì in Palermo a corte di Iûsuf (990-8) in bocca di poeti africani.1404

La generazione seguente s'illustrò in Sicilia per parecchi autori di Kasîde, tra i quali va innanzi per età e virtù poetica Abu-Hasan-Ali-ibn-Hasan-ibn-Tûbi,1405 lodato altresì per eloquenti scritti in prosa, come notammo.1406 Viaggiò in Oriente nei principii dell'undecimo secolo, si versò in faccende politiche,1407 e fors'anco di amministrazione, e fu chiaro a corte di Moezz-ibn-Badîs,1408 le cui lodi si leggono in una sua Kasîda.1409 Altre, e soprattutto i versi d'amore, danno una fragranza direi quasi della poesia di Grecia e d'Italia; v'ha un piglio di passione, una naturalezza d'immagini che non sembrano tolti in prestito dalle muse arabiche.1410 Suol cantare la gioventù, le donne, il vino, le stelle, i fiori; piange i diletti perduti nell'età matura, senza mai trascorrere alla schifa licenza di tanti altri poeti arabi; poichè un suo epigramma, sì fino da parer de' tempi d'Orazio o di Giovenale, è satira al certo, non confessione di vizio.1411 Gli argomenti, lo stile, fin qualche concetto e qualche parola d'Ibn-Tûbi, si ravvisano nelle rime d'Ibn-Hamdîs, che di certo il prese a modello e l'avanzò.

Fioriva in quel torno o qualche dieci anni appresso, Ibn-Sebbâgh il segretario, amico d'Ibn-Rescîk, forse palermitano, ed intinto nelle pratiche con Moezz-ibn-Badîs, al certo seguace di parte siciliana nella rivoluzione d'Akhal, poichè con robusti versi, e talvolta gonfii, loda il valor di sua gente contro i Bizantini e i Kelbiti.1412 Armoniose e gentili le rime d'amore d'un Abu-Fadhl-Mosceref-ibn-Râscid, autore di tre o quattro Kasîde e altri componimenti; e pur non gli manca vigor di parola nè altezza di pensieri quand'ei tocca la guerra civile, forse i principii della normanna, e sospira la unione della Sicilia sotto un sol capo.1413

Non guari dopo, il grammatico siciliano Abu-Hasan-Ali-ibn-Abd-er-Rahman-ibn-Biscir, dettava una Kasîda ad onore di Nâsir-ed-dawla-Ibn-Hamadân, capitano anzi padrone del califo d'Egitto,1414 e un'altra a lode del vizir Ibn-Modebbir,1415 la prima delle quali sembrò un capo lavoro a Malek-Mansûr, principe erudito del secolo seguente.1416 Un altro Abu-Hasan-Ali-ibn-Abd-er-Rahman, segretario e grammatico, chiamato Bellanobi dalla patria, Ansâri dal lignaggio,1417 uscito di Sicilia nella seconda metà dell'undecimo secolo, rifuggissi al Cairo; ove perduta la madre, piansela con una elegia piena d'affetto e d'immagini poetiche. V'hanno inoltre componimenti, brevi e cinque Kasîde, due delle quali a lode d'una casa di Beni-Mawkifi, non sappiamo se di Sicilia o d'Egitto,1418 onde nasceva un mecenate del Bellanobi: versi studiati, puliti e mediocri.1419 Nè passò questo segno in poesia il filologo Ibn-Kattâ', del quale abbiamo detto.1420 Par fosse uscito di Sicilia nell'adolescenza Megber-ibn-Mohammed-ibn-Megber che studiò in Egitto e vi fece soggiorno, tenuto in gran pregio dai critici arabi, autore di varie Kasîde, una delle quali al Kâid-Abu-Abd-Allah, soprannominato Mamûn, ma nol credo dei regoli siciliani. Con altri versi, mordendo un poeta bisognoso o avaro, ci ragguaglia del sussidio di cinque dînar al mese che porgea la corte fatemita agli uomini di lettere. Morì costui pria della metà del duodecimo secolo:1421 l'ultimo forse dei Siciliani che dopo il conquisto s'erano affidati alla carità fatemita.

1273Si vegga il cap. XIII di questo Libro, p. 433, nota 6.
1274Mogtehid, come si è detto altrove, significa “dottore che cava dall'analogia e dalla ragione novelli assiomi o corollarii dì giurisprudenza.”
1275Così traduco rekâik, plurale di rekîka, litteralmente “sottilità.” Il significato tecnico è: “virtù di intelletto, di studio e di costumi che innalza l'uomo sì che s'avvicini alla divinità.”
1276Citato da Iakût, nel Mo'gem, articolo Sementâr che si vegga nella Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 113, 114. Oltre Ibn-Kattâ', l'autore del Mo'gem si riferisce ad un Mohibb-ed-dîn-ibn-Niggiâr, che alla sua volta allegava Abn-Hasan da Gerusalemme.
1277Mo'gem, l.c.
1278“Discordie civili incalzanti; popolo dimentico (di sè stesso); secolo che infierisce sul genere umano: “Quelle soggiornano in questo a lor agio; nè accennano d'andar via: coprono (il mondo) tutto d'iniquità e d'errore. “O sconsigliato procacciator di male, seguace d'ogni colpa, che mi dirai tu? “Hai venduto la tua casa dell'eternità a vilissimo prezzo, di ben mondano che svanirà quanto prima.” Si vegga il testo di Oxford nella Bibl. Arabo-Sicula, p. 36 della Introd.
1279Mo'gem, nella Biblioteca Arabo-Sicula, p. 114.
1280Il biografo scrive che costui ietekallam, cioè litteralmente “ragionava;” ma il significato proprio è “ragionava secondo la scuola teologica detta degli Arabi Kelâm, che torna quasi alla nostra teologia scolastica.” Si vegga Renan, Averroës et l'Averroïsme, p. 79-80.
1281Homaidi aggiugne ch'ei “trattava anche le scienze” (olûm): si deve intendere dunque d'altre scienze che la teologia, e però legge, o matematiche o filosofia.
1282Il breve cenno biografico di costui si legge nel Gedswet-el-Moktabis di Homaidi, MS. della Bodlejana, estratto, nella Biblioteca Arabo-Sicula, p. 578. Ibn-Besckowâl, Ms. della Società Asiatica di Parigi; al nome di Alî-ibn-Hamza, copia il cenno di Homaîdi.
1283Si vegga la bella prefazione di M. De Sacy agli estratti delle Vite de' Sufiti di Giâmi, dei quali diè il testo persiano e la traduzione francese, aggiungendovi il testo arabico e versione d'un capitolo dei Prolegomeni d'Ibn-Khaldûn, Notices et Extraits des MSS., tomo XII, p. 287, segg. Ibn-Khaldûn sembra molto proclive alla dottrina sufita, di che riferisce l'origine ai compagni di Maometto; e si sforza a spiegare l'estasi sufita con la doppia sorgente delle percezioni umane dalle sensazioni esteriori e da disposizioni interne che gli parea non dipendessero da quelle, come gioia, tristezza ec. M. De Sacy nota la somiglianza con alcuna setta indiana, e la probabilità che i Musulmani avessero conosciuta questa in Persia, li primo che abbia preso nome di Sufita si crede un Abu-Hâscim, verso la metà del secondo secolo dell'egira ed ottavo dell'èra cristiana; ma la dottrina si sviluppò più tardi, l'ordine forse nel X secolo, e la vestizione della Khirka alla fine, com'ei pare, dell'XI. Argomento ciò dal trattato sufita di Sadr-ed-dîn-Kunewi, morto il 673 (1274), MS. di Parigi, Ancien Fonds, 426, poichè il mistico mantello era pervenuto a costui, per una seguenza di nove superiori, da un Mohammed Scîli, dal quale in su non si ricordava vestizione, ma soltanto “Sodalizio e insegnamento;” e questo risaliva ad Ali. Giâmi, che visse nel XV secolo, riferiva la vestizione ad Ali stesso: ed è naturale che con l'andar del tempo crescessero le imposture della setta.
1284Si vegga la p. 480.
1285Il titolo del Dalîl-el-Mokâsidin “Guida dei Cercatori” sa di sufismo; poichè “cercare”, nel gergo della setta, accennava alla perfezione spirituale, allo spirito divino che si dovea trovare in fondo dell'anima.
1286Si vegga il Lib. III, cap. XI, p. 228 e segg. di questo volume.
1287Nella Biblioteca Arabo-Sicula, p. 590 del testo, tolti dalla Kharîda d'Imâd-ed-dîn, il quale alla sua volta li avea presi da Ibn-Kattâ'. Questo ibn-Tazî è tra i primi nella raccolta d'Ibn-Kattâ'.
1288Abu-Hâmid da Granata, nella Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 74; e Pseudo-Wakidi, op. cit., p. 199. Abu-Hâmid si trovò a Bagdad il 1122, come notammo nel Lib. I, cap. IX, p. 85 del primo volume.
1289Pag. 477 e 482
1290Ibn-Besckowâl, MS. della Società Asiatica di Parigi, al nome: Musa.
1291MS. di Leyde, Nº 366 dell'antico catalogo arabico. Ho pubblicato la prefazione nella Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 698, 699.
1292Lib. III, cap. XI, p. 229 di questo volume.
1293Si vegga il Lib. III, cap. XI, p. 223 di questo volume.
1294Soiuti, Tabakât-el-Loghewîn, nella Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 674. Tralascio i nomi dei maestri e discepoli di questo Hasan-ibn-Ali, ricordati dal biografo.
1295Op. cit., nella Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 678. Il biografo dice senz'altro il Mobtedâ.
1296Quest'opera si trova ad Oxford, nei MSS. arabici, nº DCCCXLI. Catalogo, tomo I, p. 182. Si vegga anche D'Herbelot, Bibliothèque Orientale, all'articolo Mobteda.
1297Si vegga la citazione a p. 472.
1298Si confrontino: ibn-Khallikân, versione inglese di M. De Slane, tomo I, p. 632; Dsehebi, Anbâ-en-Nohâ; Sefedi, Wafi-fil-Wefîât; e Soiuti, Tabakât-el-Loghewîn nella Biblioteca Arabo-Sicula, testo, pagine 644, 659, 675.
1299Si confrontino: Dsehebi, Anbâ-en-Nohâ, e Soiuti, op. cit., nella Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 648, 678. Il secondo lo chiama Ibn-Debbâgh (il figlio del Conciatore). Ibn-Kattâ, citato da Soiuti, dice che “costui osservava con molta cura i libri degli antichi, e indagava ogni più riposta notizia degli scrittori.”
1300Si vegga la p. 475, nota 3.
1301Si vegga la citazione a p. 477.
1302Soiuti, Tabakât-el-Loghewîn, nella biografia di Omar-ibn-Ieîsc da Susa, Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 678. Omar, che fu discepolo del Siciliano, dava a sua volta lezioni nel 498 (1104); la qual data mi serve di guida. V'ebbe in Oriente al medesimo tempo un poeta siciliano dello stesso nome, del quale diremo innanzi.
1303Dsehebi, Anbâ-en-Nohâ, nella Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 646. Potrebbe essere lo stesso che il Segretario Ibn-Kûni, che ebbe il medesimo nome, soprannome e nome patronimico. Si vegga la p. 464.
1304Lascio indeterminato il male che gli abbian fatto. Il testo dice: “Gridarono contro di lui, e indi non prosperò.”
1305Il primo, perchè il padre e il figlio di Sem'âni, entrambi scrittori conosciuti, soggiornavano in Mêrw. Si vegga Reinaud, Introduzione alla Géographie d'Aboulfeda, p. CX; e d'Herbelot, Bibliothèque Orientale, all'articolo: Samaani. Suppongo la cattedra di teologia, perchè Soiuti in progresso del racconto usa la voce Kelâm.
1306Cioè: “di Ponente:” Africa, Sicilia e Spagna.
1307Soiuti, Tabakât-el-Loghewîn, nella Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 673.
1308Rûmi.
1309Ibn-Khallikân e Dsehebi, i quali aggiungono che altri il dicea nato a Mehdia. Fu nominato anche Azdi, dalla tribù di Azd, dalla quale nasceva il padrone del padre divenuto dopo l'affrancamento patrono della famiglia; ed anche Kairewâni dalla città dove fece soggiorno.
1310Ibn-Abbâr, Hollet-es-siarâ, MS. della Società Asiatica di Parigi, fog. 108 verso.
1311Diwân di Bellanobi, nella Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 681. Ecco i due versi d'Ibn-Rescîk, scritti probabilmente in Sicilia, che attestano questo fatto e insieme l'orgoglio dei liberti delle corti musulmane. “Segretario io già fui dell'esercito dell'emir; e condussi le faccende (pubbliche) dirittamente: “Non tenni bottega, no, in un mercato d'arti, il cui nome conviene alla (viltà della) cosa.” Qui si scherza sulle voci sûk “mercato e plebe” e Mihâl “arte ed astuzia.”
1312Scehab-ed-dîn-Omari, dà quest'aneddoto in tre o quattro pagine, notando ch'ei l'abbrevia dal testo d'Ibn-Bassâm. Io l'ho pubblicato nella Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 651, 652, stralciandone molte lamentazioni erotiche, se tali possan dirsi, in prosa e in verso. Ibn-Seffâr autore del racconto afferma che in realità non c'era stato nulla di male: e ciò scolpi non Ibn-Rescîk, ma l'opinione pubblica che condannava, come ognun vede, quelle sozzure.
1313Ibn-Khallikân e Scehâb-ed-dîn-Omari. La data ch'essi non notano si legge in Ibn-Khaldûn, Histoire des Berbères, versione di M. De Slane, tomo II, p. 21, 22, e più precisamente in Ibn-el-Athîr, MS. C, tomo V, fog. 81 verso, e seg., sotto l'anno 442; il quale pone in ramadhan 449 (novembre 1057), il saccheggio di Kairewân, che seguì poco dopo la partenza di Moezz.
1314Ibn-Bassâm, squarcio inserito da Scehâb-ed-dîn-Omari nel Mesâlik-el-Absâr, Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 650, 651. Il testo ch'è in prosa rimata, gonfio e voto, dice: “Non andò guari che venne un'armata di Rûm, ed all'alba il mare apparve tutto colline minaccianti estremi fati e poggi carichi di morte repentina ec.;” ma non aggiugne il successo dell'impresa, nè dice appunto la nazione che avea messo a galla le terribili colline. I Bizantini da tanto tempo non comparivano nel bacino occidentale del Mediterraneo. All'incontro i Pisani il 1034 aveano assalito Bona e Cartagine, e nella seconda metà del secolo osteggiarono Palermo; poi Mehdia insieme coi Genovesi ec.
1315Imad-ed-dîn, Kharîda nella Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 591. Il nome dell'uno è: Abu-Hasan-Ali-ibn-Ibrahîm-ibn-Waddâni, e dell'altro Abu-Adb-Allah-Mohammed-ibn-Ali-ibn-Sebbâgh, il Segretario. I tre versi si leggono nel MS. di Parigi, fog. 35 recto; e sembrano scritti dal Maggi o dallo Zappi.
1316Ibn-Bassâm, op. cit., p. 651.
1317Si confrontino: Ibn-Khallikân, Dizionario Biografico, versione inglese di M. De Slane, tomo I, p. 384; Dsehebid, Anbâ-en-Nohâ, nella Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 644; Scehâb-ed-dîn-Omari, op. cit., p. 649 a 653. I due primi riferiscono come meno autorevoli altre tradizioni che recavano la morte d'Ibn-Rescîk nel 450 o nel 456. Si vegga anche il Baiân, edizione del Dozy, testo, vol. I, p. 307. Abbad-ibn-Mohammed soprannominato Mo'tadhed-billah, regnò dal 433 al 461 (1041-1069).
1318Si vegga sopra a p. 490.
1319Le Pagliucce d'oro, Ibn-Khallikan ed Hagi-Khalfa, op. cit., tomo IV, p. 509, nº 9394, ed i “Neologismi;” Ibn-Kallikan, l. c.
1320Il Tipo, Hagi-Khalfa, op. cit., tomo I, p. 468, nº 1302. È citato anche da Ibn-Kallikân, nella detta biografia, e in un altro luogo relativo all'aneddoto dell'emiro kelbita Iusuf raccontato da noi nel cap. VII di questo Libro, p. 333 del volume. Si vegga anche Makkari, Analectes de l'histoire d'Espagne, testo arabico, tomo I, p. 904, e il Mesâlik-el-Absâr, MS. di Parigi, fog. 77 recto.
1321La bilancia delle geste, Hagi-Khalfa, op. cit., tomo VI, p. 285, Nº 13,497.
1322Hagi-Khalfa, Dizionario Bibliografico, edizione di Flüegel, tomo II, p. 142, Nº 2285.
1323Spesso occorrono versi d'Ibn-Rescîk nelle antologie, biografie ec. Molti se ne trovano nel Diwân di Bellanobi, che sembrano raccolti in Sicilia, come diremo trattando di quel poeta. E quivi ho letto i versi d'Ibn-Rescîk, ai quali alludo, nei quali le parole sono brutte quanto l'argomento.
1324Di quest'opera, che citano Ibn-Khallikân, ibid., ed Hagi-Khalfa, edizione Flüegel, tomo IV, p. 263, nº 8338, abbiamo due MSS. in Europa, l'uno a Leyde (22 Golius, catalogo del Dozy, tomo I, p. 121, nº CCXXXVII), e l'altro al British Museum, (nº 9661, Catalogo CCXXXIX E). Io ho percorso il MS. di Londra. In principio, chè non notai il numero del foglio, Ibn-Rescîk dice che la ragione poetica dei Iunân (Greci antichi), era fondata tutta “su gli obbietti morali o fisici; poichè i Greci non pensarono mai a ciò che fa il principale vanto dei poeti arabi;” con che vuol significare gli scherzi di parole, gli enigmi, le tumide metafore ec. Non ho tradotto letteralmente, perchè non son certo della lezione di alcune voci. Il MS., in parte è di moderna e pessima scrittura africana, e in parte di buon neskbi del 644 dell'egira.
1325Hagi-Khalfa, l. c.
1326Questi due versi sono dati da Ibn-Scebbât, a proposito della supposta etimologia della voce Sicilia, e da Soiuti, nella biografia del Siciliano Ibn-Abd-el-Berr, Biblioteca Arabo-Sicula, p. 212 e 672. “Sorella di 'Adîna in un nome del quale non partecipò altro paese (del mondo), e cerca (se ne trovi), “Nome cui Dio illustrò, accennandovi in forma di giuramento; – segui (dunque o principe) gli avvisi dei dotti; e, se nol vuoi, va pure a tentoni.” Soiuti aggiugne che le parole “cui Dio illustrò ec.” si riferiscano a quel verso del Corano (Sura XCV, vers. I), “(Giuro) per l'olivo e pel fico” deve, al dir di alcuni comentatori, quei due alberi sono nominati per eccellenza tra tutti i vegetabili; e secondo altri il primo allude a Gerusalemme, e il secondo a Damasco. Quanto a 'Adîna, parmi si debba intendere Atene. Egli è vero che gli eruditi arabi sogliono scrivere altrimenti questo nome; egli è vero che la prima lettera del nostro testo, cioè l'ain, sia esclusivamente semitica e non soglia adoperarsi dagli Arabi nelle voci straniere. Ma la geografia arabica non offre altro nome che soddisfaccia al caso; ed Atene vi si adatta appuntino: nome dato ad onore di Minerva che recò l'olivo, onde quest'albero, in greco, si dice anco Αθηναις. Debbo qui avvertire che nel tradurre î due versi ho seguito la felice interpretazione del professore Fleischer e la correzione sua al testo della Biblioteca Arabo-Sicula, p. 212. Non così la lezione “Medina” ch'egli propone in vece di 'Adîna; parendomi che le condizioni supposte dal poeta non convengano punto all'antica Jathrib, poi detta Medinet-en-Nebi, ossia la città del Profeta.
1327Græce Sîcalea quod latine est ficum el olivam, leggesi nell'Anonymi Chronicon Siculum, presso Di Gregorio, Biblioteca Aragonese, tomo II, p. 121, e in Bartolomeo de Neocastro, op. cit., l, 115. Questa etimologia di Σικελία da συκῆ ed ἐλαία, non si trova negli scrittori greci nè anco dei bassi tempi. Mostra grande ignoranza non solo della storia ma anche della lingua confondendo il ι e l'υ l'ή e l'ε, come l'orecchio le rendea simili a chi non le avesse mai lette nei libri. E però si può supporre trovato dei liberti siciliani che sapessero dall'infanzia il greco volgare e non avessero studiato profondamente altra letteratura che l'arabica.
1328Si confrontino: Ibn-Scebbat, di Dsehebi e Soiuti, nella Biblioteca Arabo-Sicula, p. 212, 648, e 671, 672. L'ultimo cita a proposito della detta etimologia un passo di Ibn-abd-el-Berr, non sappiamo di quale opera, trascritto da Ibn-Dehia, autore spagnuolo (1153-1235) nelle storie del poeti Maghrebini intitolata il Matreb. Il primo dà l'etimologia sul Tethkîf-el-lisân, opera d'Ibn-Kattâ', che naturalmente l'avea tolta dal maestro Ibn-Abd el-Berr. Il nome d'Ibn-Menkût, data dal solo Dsehebi, è scritto Medkûd; su di che si vegga il cap. XII di questo Libro, p. 420 del volume.
1329Si vegga il Lib. III, cap. XI, e il cap. XIII di questo Libro, p. 219 e 439 del volume.
1330La voce Kattâ', che non è nei dizionarii, si trova nella continuazione di Bekri, ove significa i picconieri di zolfo in Sicilia; squarcio dato da Ibn-Scebbât, Biblioteca Araba-Sicula, p. 210. L'ho trovata anche col significato di “tagliator di pietra” in una leggenda cristiana, MS. arabo di Parigi, Ancien Fonds, 66, fog. 175 recto. Ibn-Khallikân, comincia la vita di Ali-ibn-Gia'far Ibn-Kattâ' con una genealogia che si rannoda a quella degli Aghlabiti, risalendo fino ai primi progenitori della tribù di Temîm. Egli dice averia scritta così nella bozza del suo dizionario biografico senza sovvenirgli onde fosse tolta; ma aver sotto gli occhi altro albero di parentela di propria mano d'Ibn-Kattâ' nel quale non entrano punto gli Aghlabiti. Noi ci appigliamo, com'è naturale, a questo, che porta: Abu-l-Kasem-Ali-ibn-Gia'far-ibn-Ali-ibn-Mohammed-ibn-Abd-Allah-ibn-Hosein, Sciantareni, Sa'di; onde si vede che corsero quattro generazioni tra l'emigrato di Santarem, e il nato in Sicilia il 1041. Si corregga conforme a ciò la notizia data nella Introduzione, vol. I, p. XXXVII. nº I.
1331Dsehebi, Anbâ-en-Nokâ nella Biblioteca Arabo Sicula, testo, p. 643.
1332Kasr-Sa'd. Si vegga il viaggio d'Ibn-Giobaîr, nel Journal Asiatique, serie IV, tomo VII (1846), p. 42. La conghiettura è fondata su l'identità di nome della tribù e del villaggio. D'altronde Ibn-Kattâ' essendo detto meramente Sikilli era cittadino della capitale.
1333Si confrontino: Imad-ed-dîn, Ibn-Khallikân, Dsehebi e Soiuti.
1334Lo Dsehebi, nella vita di Nasrûn-ibn-Fotûh-ibn-Hosein Kherezi, e 'l Soiuti in quella d'Isma'il-ibn-Ali-ibn-Miksciar, Biblioteca Arabo-Sicula, p. 618 e 674, notano di quei due grammatici che fossero stati compagni d'Ibn-Kattâ'; e del secondo si dice essere divenuto celebre la mercè del letterato siciliano. Soiuti nelle biografie di Ased-ibn-Ali-ibn-Mo'mir, Hoseini, lo ricorda discepolo in tradizione d'Ibn-Kattâ'; e lo stesso in quella di Ali-ibn-Abd-el-Gebbâr-ibn-Abdûn, gran filologo e tradizionista, Biblioteca Arabo-Sicula, p. 673, 677.
1335Soluti, l. c. Ogni libro si leggea in pubblica scuola con licenza scritta dall'autore o di chi il tenesse da lui; e così successivamente. Or i letterati d'Egitto, a proposito del Dizionario di Gewhari, spacciarono che Ibn-Kattâ', vedendolo mal noto e molto desiderato nel paese, avesse fabbricato la serie della licenza: onde le sentenziarono nom di coscienza “troppo sciolta” in questa materia. Così Soiuti; il che spiega quell'accusa di “troppa scioltezza nel riferire” che leggiamo più vagamente in Ibn-Khalikân. Il Dizionario di Gewhari era stato pubblicato a Nisapûr in Khorasân il 390 (1000), e l'autore morto il 393 o 398.
1336La biografia di Ali-ibn-Kattâ' è data da: Ibn-Khallikân, Dizionario biografico, versione inglese di M. De Slane, tomo II, p. 265, 266; Dsehebi, Anbâ-en-Nohâ, nella Biblioteca Arabo-Sicula, p. 646; Soluti, Tabakât-el-Loghewîn, op. cit., p. 676. Imad-ed-dîn, nella Kharîda, op. cit., p. 589, ne fa anche un breve cenno, aggiugnendo aver conosciuto in Egitto chi lo avea veduto vivente; e aver trovato una tavoletta scritta da lui il 509. Si vegga anche Abulfeda, Annales Moslemici, anno 515, tomo III, p. 462.
1337Soluti, op. cit., p. 677.
1338Hagi-Khalfa, Dizionario Bibliografico, edizione Flüegel, tomo II, p, 135, nº 2243; e Soluti, op. cit., nella Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 677. L'autografo par che fosse venuto alle mani di Iakût. Si vegga la Biblioteca Arabo-Sicula, p. 115.
1339Si veggano nel capitolo precedente, la pag. 430; e in questo capitolo, p. 490 ec. Ibn-Kattâ' par che abbia dato l'ortografia di tutti i nomi topografici dell'isola. Oltre quel di Sicilia citato dianzi, v'ha quel di Kosîra (Pantellaria), nella, Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 124.
1340Kharîda, nella Biblioteca Arabo-Sicula, cap. LXIII, § 3, p. 589 a 598.
1341Hagi-Khalfa, op. cit., tomo II, p. 135, nº 2243. Ne fa menzione lo stesso autore, tomo III, p. 203, nº 4935, e Ibn-Khallikân, e Soiuti, ll. cc.
1342Makkari, Analectes sur l'histoire d'Espagne, tomo I, p. 634 del testo arabico, trascrive un passo dello storico Ibn-Sa'id, il quale dando l'autobiografia si scusava con l'esempio di tre scrittori, tra i quali nomina Ibn-Kattâ'.
1343Ibn-Khallikân e Soiuti, ll. cc., Hagi-Khalfa, op, cit., tomo I, p. 373. Nº 1025. Par che sia esemplare di quest'opera il MS. dell'Escuriale DLXXIII, che Casiri tradusse “Liber Verborum tripartitumque”, ma si tratta forse dei “verbi triliteri”; e quivi afferma essere stato Ibn-Kattâ', Domicilio Cordubensis. Notando poi l'opera di versificazione, della quale or or faremo parola, Casiri lo spaccia origine siculus patria Hispalensis, ed anche trascrive male il nome. Indi gli Ebn-al-Kattaa ed Ebn-Cataa del Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 239. Il Casiri non avea punto fatto equivoco tra il padre e il figliuolo, ma avea reso con lettere diverse lo stesso nome. Io non so, non avendo veduto i due MSS., se vi sia qualche parola da far supporre il soggiorno d'Ibn-Kattâ' a Cordova e Siviglia; nè sarebbe impossibile che prima d'Egitto ei fosse andato in Ispagna. Ma Casiri suol troppo facilmente far dono alla Spagna di scrittori che non le appartengano per niun conto.
1344Ricordato da Ibn-Khallikân e da Soiuti. Hagi-Khalfa ebbe alle mani quest'opera, poichè ne trascrive le prime parole, com'ei suole. Dà anche uno squarcio della introduzione, dove Ibn-Kattâ' ricorda le 308 forme di nomi, tra sostantivi e aggettivi, date dal celebre grammatico Sibûweih, le aggiunte d'altri, e in fine le sue proprie. Dei masdar, ossia infiniti adoperati sostantivamente come noi diciamo l'andare., il fare ec., si erano notate 36 forme, e Ibn-Kattâ' le condusse a 100. Compi questo trattato in regeb del 513. Hagi-Khalfa, op. cit., tomo I, p. 146, nº 31.
1345Soiuti, l. c. Hagi-Khalfa, op. cit., tomo IV, p. 94, nº 7714.
1346Hagi-Khalfa, op. cit., tomo II, p. 190, nº 2429. Nondimeno Nawawi, The Biographical Dictionary, testo arabico, pubblicato dal Wüstenfeld, p. 126, attribuisce quest'opera all'altro siciliano Abu-Hafs-Omar-ibn-Khelef-ibn-Mekki. Ibn-Scebbat la cita a proposito della Sicilia, Biblioteca Arabo-Sicula, p. 212, senza dar il nome dell'autore.
1347Hagi-Khalfa, op. cit., tomo V, p. 102, nº 10, 207.
1348Op. cit., tomo V, p. 151, nº 10, 492.
1349Op. cit., tomo V, p. 44, nº 9853.
1350L'uno intitolato: Il Salutifero nella scienza della versificazione, si trova in Hagi-Khalfa, op. cit., tomo IV, p. 7, nº 7384. L'altro è all'Escuriale col titolo di: Eloquente prosodia in compendio che (tutto) abbraccia. Si vegga Casiri, Biblioteca Arabo-Hispanica, tomo I, p. 82, cod. CCCXXIX.
1351Catalogo dei MSS. arabi del British Museum, Parte II, p. 281, nº DXCVII.
1352Hagi-Khalfa, op. cit., tomo V, p. 136, nº 10,395. Il dotto editore traduce “Liber de Palatiis eorum nominibus et naturæ descriptione, alphabetice dispositus,” supponendo così un errore nel pronome loro ch'è replicato due volte nel testo, e che non si può dire se non di persone; e tenendo Kisâr come plurale di “palagio,” la qual forma se pur si può ammettere, è inusitata. Inoltre una descrizione di palagi, senza dire di qual paese, mi sembra opera troppo aliena dagli studii d'Ibn-Kattâ'. Però mi è avviso di ritenere la lezione loro, che trovo altresì nel MS. di Parigi, e di considerare Kisâr, come plurale di Kasîr, “breve, corto, nom corto d'ingegno e di qualità, imperfetto” che si legge nel Dizionario di Meninski. Sarebbe allora un dizionario biografico di “Scrittori minori,” come noi diremmo. Del resto avverto che il più delle volte è impossibile di tradurre con certezza i titoli dei libri arabi, quando non si sappia l'argomento, o non si abbia alle mani tutta l'opera, per comprendere quegli enimmi.
1353Hagi-Khalfa, op. cit., tomo IV, p. 145, nº 7901, e tomo VI, p. 109, nº 12,867. Lo cita anche l'autore del Mesâlik-el-Absâr, nella Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 656. Mi è parse bene rendere la prima voce col significato proprio di Sali. Gli Arabi l'adoperarono a un dipresso come noi al traslato, per significare “bellezze letterarie, espressioni vivaci ec.”
1354Ibn-Khallikân, l. cit., e tomo III, p. 190 della medesima versione inglese. Ma Hagi-Khalfa attribuisce ad altri l'opera così intitolata, e nelle altre notizie biografiche di Ibn-Kattâ' non se ne fa parola.
1355Si vegga il Dizionario arabico di Freytag, tomo III, p. 170.
1356Ibn-Khallikân, l. c., afferma che Ibn-Kattâ' lasciò molte poesie; e ne dà per saggio tre squarci, un dei quali non si trova negli estratti che ce ne serba. Imâd-ed-dîn nella Kharîda, MS. di Parigi, Ancien Fonds, 1375, fog. 20 verso a 22 recto, e MS. del British Museum, Rich. 7593. Il Soiuti, nel Tabakât-el-Loghewîn, in fin della biografia d'Ibn-Kattâ', dà altri 13 versi, che ho copiati dal MS. del Dottor John Lee, ma non si trovano in quel di Parigi. Abbiamo nella Kharîda il primo verso d'una sua Kasîda a lode di Afdhal, e frammenti di cinque altre.
1357A ciò parmi che alludano i tre versi trascritti da Ibn-Khallikân, op. cit., “Consume not this life ec.” nella versione inglese di M. De Slane, tomo II, p. 266.
1358Dalla Kharîda, MS. citato di Parigi, fog. 21 verso. “Somigliante a cotesta nostra, l'età degli antichi popoli che perirono, sfoggiava di colori e sembianti (affé) non spregevoli. “La diresti scatola d'oro, piena di rubini, così alla rinfusa, non legati.” A comprender meglio l'allusione, è da sapere che le due voci che ho tradotto “alla rinfusa” e “legato” sono Nethr e Mensûm, le quali hanno anche il significato, l'una di “prosa” e l'altra di “poesia.”
1359La citazione a p. 464.
1360Id., p. 477, 478.
1361Dsehebi, Anbâ-en-Nohâ, nella Biblioteca Arabo-Sicula, p. 647. Si vegga per costui l'altra citazione qui innanzi a p. 471.
1362Id. 474.
1363Id. 476. Il nome di Omar con la stessa genealogia e condizioni è dato da Dsehebi, Biblioteca Arabo-Sicula, 647; quello di Othman da Makrîzi e Soiuti, p. 663, 676.
1364Dsehebi, op. cit., p. 645.
1365Id. p. 646.
1366Id. p. 648.
1367Ibid.; e Soiuti, p. 673, citando Iakût.
1368Dsehebi, op. cit., p. 647.
1369Id. p. 646; e Soiuti, p. 677. Ho corretto il nome secondo Soiuti.
1370Soiuti, p. 675.
1371Mo'gem, nella Bibl. Ar. Sic. p. 124.
1372Mo'gem, op. cit. p. 110.
1373In un Diwan di Motenebbi, copiato il 1184 dell'èra volgare, si notano in appendice i comentatori, e tra quelli si legge il nome d'un Sikilli-ibn-Fûregia, (Mines de l'Orient, tomo IV, p. 112.) Una delle copie di quel diwano con simile appendice che possiede il British Museum (Catalogo orientale, parte II, p. 281, nº DXCVII) dà tra i comentatori. Abu-Hasan ec. Seîkillî (corr. Sikîlli) ed Ibn-Fûregia, senza aggiugnere il nome di Siciliano. Costui scrisse a difesa di Motenebbi due opere: L'accusa contro Ibn-Ginni, e La vittoria sopra Abu-l-Feth. Abu-Hasan-Abd-er-Rahman, potrebbe essere il medesimo ricordato a p. 497, col nome proprio di Ali.
1374Pag. 482 e 488.
1375Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, versione de M. Des Vergers, p. 183.
1376Si vegga la p. 509. La Correzione della lingua, d'Ibn-Mekki è citata da Nawawi, Biographical Dictionary, testo arabico, p. 126, a proposito delle varianti del nome proprio Abraham, Ibrahim ec. È attribuita anche ad Ibn-Mekki da Ibn-Khallikân, versione di M. De Slane, tomo I, p. 435, e da Soiuti; e con una variante da Hagi-Khalfa, edizione Flüegel, tomo III, p. 604, nº 7189.
1377Kharîda, nella Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 597. Imad-ed-dîn non solamente cita Ibn-Kattâ', ma par che trascriva da lui questo squarcio di prosa rimata. Abd-er-Rahîm-ibn-Mohammed-ibn-Nobâta, fiorì in Mesopotamia nella seconda metà del decimo secolo. Gli Arabi citano il vescovo Kos e questo Ibn-Nobâta, come noi faremmo di Demostene e Cicerone: e in vero, serbate le proporzioni tra l'eloquenza arabica e la greca e latina, Ibn-Nobâta si può dir felicissimo oratore. Così parmi dalle sue khotbe, che ho percorso nel MS. della Biblioteca Parigina, Ancien Fonds, 451. Si vegga la biografia d'Ibn-Nobâta in Ibn-Khallikan, versione inglese, di M. De Slane, tomo I, p. 396.
1378Dsehebi, Anbâ-en-Nohâ, nella Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 646, 647. A' cenni biografici di Dsehebi e della Kharîda, si aggiunga quello di Soiuti, Biblioteca Arabo-Sicula, p. 677.
1379Nella Kharîda, MS. di Parigi, Ancien Fonds, 1375, fog. 45 recto e seg., v'hanno dodici epigrammi d'Ibn-Mekki; su i quali è fondato il mio giudizio.
1380Kharîda, nella Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 595. Ho tradotto “racconti” la voce riwâiât. Credo che già nell'XI secolo prevalesse appo gli Arabi l'uso dei finti racconti in prosa, chiamati riwâiât al par dei racconti di fatti veri.
1381Kharîda, MS. citato, fog. 40 verso, seg. Sono nove d'una Kassida; undici d'un'altra, spezzati a due o tre versi, una stanza di sette versi brevi, e l'epigramma che fè incidere in un pugnale.
1382Si vegga sopra, p. 471 e 494.
1383Mo'gem-Boldân, nella Biblioteca Arabo-Sicula, Correzioni ed aggiunte che fan seguito alla Prefazione, p. 43.
1384Iakût-Moscterik, edizione del Wüstenfeld all'articolo Waddân; Kharîda nella Biblioteca Arabo-Sicula, p. 591.
1385Kharîda, estratti dalla Dorra d'Ibn-Kattâ', nella Biblioteca Arabo-Sicula, p. 592.
1386Ibid.
1387Ibid.
1388Op. cit., p. 591.
1389Karîda, ecc. nella Biblioteca Arabo-Sicula, p. 595.
1390Ibid. Si vegga il presente capitolo, p. 464.
1391Op. cit., p. 595.
1392Op. cit., p. 596. Si vegga il presente capitolo, l. c.
1393Op. cit., p. 598.
1394Ibid.
1395Ibid.
1396Op. cit., p. 590.
1397Cronica di Cambridge. Si vegga l'Introduzione mia nel primo volume, p. XL, nº VII; e il cap. X del Lib. III, p. 210 dei presente volume.
1398Pag. 507.
1399Si veggano i particolari nel Capitolo XIII di questo libro, p. 429, seg.
1400Capitolo XII di questo Libro, p. 422. Kazwini, che dà questo fatto senza citazione, allega in altro luogo (Agiâib-el-Mekhlûkât, edizione del Wüstenfeld, testo, p. 166) la Storia di Sicilia di Abu-Ali-Hasan-ibn-Iehia; nè par n'abbia conosciuta alcun'altra. Si potrebbero anzi supporre entrambi que' passi tolti di peso da Iakût, il quale allega sovente quella istoria nel Mo'gem-el-Boldân, Biblioteca Arabo-Sicula, p. 109, 111, 115, 118. Nelle tre copie a me note del Mo'gem, manca in vero l'articolo di Malta; ma si dee supporre che Kazwini l'abbia avuto sotto gli occhi in esemplari migliori. A prima vista parrebbe che Abu-Ali-Hasân potesse identificarsi con Ibn-Rescîk, il quale portò quei due primi nomi. Ma distruggono tal supposto il nome patronimico Ibn-Iehia, la qualità di giureconsulto e la celebrità stessa d'Ibn-Rescîk, poichè tra le sue opere notissime niuno annovera la storia di Sicilia. Abu-Ali-Hasan-ibn-Iehia, s'egli è, come sembra, il narratore del caso di Malta, scrisse tra il 1049 e il 1091, come notai a suo luogo.
1401Hagi-Khalfa, ediz. di Flüegel, tomo II, p. 135, nº 2243.
1402Si vegga qui innanzi a p. 511, 512.
1403Hagi-Khalfa, ediz. di Flüegel, tomo II, p. 124, nº 2196.
1404Cap. VII di questo Libro, p. 333 e seg. del volume.
1405Nome derivato dal castello Tûb nell'Africa propria, del quale fosse stato oriundo il padre, alcuno degli avi. Questo nome di luogo si trova nel Riâdh-en-Nofûs, p. 191 della Biblioteca Arabo-Sicula, ed anche nel Lobb-el-Lobâb di Soiuti, edizione di Leyde.
1406Pag. 516.
1407Nel cenno d'Imad-ed-dîd, tolto probabilmente da Ibn-Kattâ', è detto, tra le altre lodi, “Sostegno di sultani.”
1408Luogo citato.
1409Kharîda, MS. di Parigi, Ancien Fonds, 1375, fog. 30 recto.
1410Kharîda, MS. citato, fog. 30 verso. “L'incantesimo non sforza altrimenti che le grazie di costei; l'ambra grigia non (olezza) altrimenti che l'alito suo. “Ignoravamo il suo soggiorno, quando ne venne fuori una fragranza che ci fe dire: ella è qui ec.” “La morte, oh bramo la morte, s'io non debba mai stringerla al seno: chè la virtù, onde ho vita, è il suo sembiante. “Se mai sitibondo bevesti dell'acqua a lunghi sorsi, (sappi) che ciò è nulla al (paragone del) mio (contento a) baciarla in bocca.”
1411Non potendo lasciare addietro le accuse contro la società di cui ricerchiamo la storia, ho pubblicato nella Biblioteca Arabo-Sicula, p. 590, quest'epigramma; e qui, a malgrado mio, lo traduco. Ma non si può affermare che Ibn-Tûbi lo avesse scritto piuttosto in Sicilia, che in Oriente o in Affrica. “Con questi versi descrisse un r… eccellente in suo mestiere: “Quel dai grandi occhi negri che torcea lo sguardo da me, mandaigli a dire l'intento mio per un mezzano; “Ed ecco che questi il mena seco sotto mano, cheto cheto, come flamma (di lampada) si tira l'olio.”
1412Si vegga qui sopra a p. 515. Ecco i versi che troviamo nella Kharîda, tolti probabilmente da una Kasîda, dei quali ho dato il testo nella Biblioteca Arabo-Sicula, p. 591. “I miei son tal gente, che, quando l'unghia di destrieri leva sotto le nubi (del cielo) nubi di polvere, “I brandi loro lampeggiano e mandano sangue dal taglio, come scroscio di pioggia. “Terribili altrui, difficili a maneggiare, or s'avventano ad Himiar ed or a Cesare: “Difendono lor terra, ch'altri non entri a pascervi; troncano ogni mal che sopravvenga.” Himiar, come ognun sa, è il supposto progenitore della schiatta del Iemen, alla quale appartengono i Kelbiti. La gente del poeta sono i suoi partigiani o i concittadini. Lo credo palermitano, perchè è chiamato Sikilli senz'altro e perchè Ibn-Rescîk, sbarcando a Mazara, gli scrisse una breve epistola in versi che abbiamo nella Kharîda, MS. di Parigi, Ancien Fonds, 1375, fog. 34 verso.
1413Kharîda nella Biblioteca Arabo-Sicula, p. 593, 594. Lasciando il principio di una Kasida data da Imâd-ed-dîn, ch'è pur bello, tradurrò i soli versi che alludono ad avvenimenti politici. Il poeta, dopo la finzione obbligata del viaggio d'una bella (se fosse Meimuna?) e dell'arrivo di lei alla collina, ov'era forte proteggitore un bel cavaliero, continua così: “Un da' grandi occhi negri, tinto le palpebre di kohl: il quale mi strappa dalla paziente (rassegnazione) poich'è caduto in dure strette: “Che Dio guardi le piagge dell'isola, se il principe d'un alto monte avrà in guardia gli armenti scabbiosi che pascono in quella! “(Principe) i cui nemici edificano castella inaccesse. Ma forse i baluardi di Babek respinsero Ifscîn? “Io reco la verità in mie parole, nè oso penetrare i segreti di Dio; “Io il vidi che già s'era recata in mano la somma delle cose, il vidi un dì bersaglio a una furia di sassi, ed ei sorrideva. “Lioni in una guerra che faceva ardere nel loro costato una fiamma accesa già dagli (antichi) odii.” Qui finisce inopportunamente lo squarcio della Kasîda, della quale ci si dà, in grazia delle antitesi, quest'altro verso che descrive, dice Imâd-ed-dîn, i morti in battaglia. “Redhwân li sospingea lungi dal dolce soffio del Paradiso, e Malek li avvicinava al fiato del fuoco (infernale).” Non ho bisogno di avvertire che questi ultimi sono dei ministri dell'eterna giustizia, a credere dei Musulmani. Il Babek nominato nel primo squarcio è il ribelle comunista al quale accennai nel Lib. III, cap. V, p. 113 di questo volume; e Ifscîn, il capitano turco che il vinse. La lezione “un alto mente” è la sola che mi par si possa sostituire ad una voce del testo che non dà significato (Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 593, nota 8), e si adatterebbe al signore di Castrogiovanni. Infine i guerrieri caduti nelle mani di Redhwân e Malek, dovrebbero essere i Cristiani.
1414Akhbâr-el-Molûk, di Malek-Mansûr principe di Hama, nella Biblioteca Arabo-Sicula, p. 612, 613. Il nome compiuto di questo poeta si ha da Nowairi. Il Nâsir-ed-dawla, citato qui è il secondo della casa di Hamadân, che portò quel titolo; il quale, costretto a fare il capitano di ventura in Egitto, rinnovò al Cairo gli esempii degli emir el-Omrâ di Bagdad, e d'Al-mansor a Cordova, e in fine fu ucciso il 465 (1072).
1415Nowairi, Storia d'Egitto, nella Biblioteca Arabo-Sicula, l. c., in nota. Ibn-Modebbir entrò in officio il 453 (1061). Il riscontro del nome e del tempo mi fan supporre che il poeta sia il grammatico del quale parla Soiuti, e il dice maestro dello egiziano Omar-Ibn-Ie'isc, il quale alla sua volta diè lezioni in Alessandria il 498 (1104). Biblioteca Arabo-Sicula, p. 678.
1416Akhbâr-el-Molûk, l. c.
1417Cioè degli Arabi di Medina.
1418Mawkifi, vuol dire oriundo di Mawkif borgata di Bassora. Delle due Kasîde, ove si ricorda questa famiglia, la prima fa le lodi d'un Mohammed, (fog. 2 recto), e la seconda d'un Abu-l-Fereg (fog. 10 recto), che ben potrebbe essere la stessa persona. Cito la copia del MS. dell'Escuriale che mi fu donata dal conte di Siracusa.
1419Degli eruditi Arabi, i soli che faccian parola di Bellanobi, sono Iakût, Mo'gem nella Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 108, all'articolo Billanoba, e l'editore dei dugentotrentasei versi di questo poeta che si trovano nel codice dell'Escuriale, CCCCLV del catalogo di Casiri. Questi lesse il nome etnico Albalbuni, e suppose scritti i versi a lode di principi siciliani e in particolare d'Ibn-Hamûd. Si vegga il di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 237, e la nota scritta a capo del codice dell'Escuriale, ch'io ho pubblicato nella Biblioteca Arabo-Sicula, p. 680, dove il detto nome è dato con tutti i segni ortografici, Bellanobi. Quivi anche si legge che il giurista Abu-Mohammed-Abd-Allah-ibn-Iehia-ibn-Hamûd, Hazîmi, avea recitato in Alessandria all'editore, l'anno 513 (1119), que' versi di Bellanobi sentiti di sua propria bocca, e varii squarci d'Ibn-Rescîk e d'altri poeti non siciliani. Questo Ibn-Hamûd non era della famiglia Alida di tal nome che regnò in Spagna e ne venne un ramo in Sicilia, ma della tribù d'Hazîma ch'apparteneva a quella di Nahd, e però alla schiatta di Kahtân. Ecco alcuni versi della citata elegia: “Ottima e santissima delle madri, m'hai gittato in seno un'arsura, che il fuoco non l'agguaglia. “Tra noi si frappone la distanza dell'Oriente all'Occidente; e pure giaci qui accanto, la casa non è lungi da te! “Oh che s'irrighi la tua zolla, ad irrigarla scendanvi perennemente nubi gravide di pioggia, “E mentr'esse spargeranvi stille di pianto, sorridan lì i più vaghi fiori. “Dite all'Austro: Costei mori musulmana; accompagnaronla le preci della sera e della mattina; “Sosta tu dunque su la moschea Akdâm, e tira su a settentrione senza torcere a manca ec.“ La moschea Akdâm a Karâfa presso il Cairo, è ricordata da Makrîzi nella Descrizione dell'Egitto, testo arabico, stampato di recente a Bulâk, tomo II, p. 445, dove si fa parola del cimitero di Karâfa, della incerta etimologia di quella denominazione d'Akdâm, ec.
1420Pag. 510.
1421Kharîda, capitolo dei poeti egiziani, nella Biblioteca Arabo-Sicula, p. 605 e seg. Secondo Imad-ed-dîn, questo poeta morì avanti il 544 (1149-50); onde mal reggerebbe il supposto che il Kâid-Mamûn fosse alcuno dei regoli di Sicilia, i quali si intitolavano Kâid, come s'è detto. Che che ne fosse, io ho pubblicato nella Biblioteca Arabo-Sicula tutto lo squarcio di questa Kasîda, serbatoci da Imâd-ed-dîn. Similmente si leggono nel luogo citato e nella prefazione, p. 77, i versi contro il poeta Moslim, il quale, non contento dei cinque dînar, domandò un'altra pensione in merito della poesia; e gli accrebbero il sussidio di mezzo dînar al mese. Imad-ed-dîn dà quasi un centinaio di versi di Megber.