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Fra Tommaso Campanella, Vol. 2

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L'indomani 10 novembre fu ripigliato l'esame di fra Pietro di Stilo. Ed egli continuò sull'articolo delle minacce fatte in Calabria a ciascuno de' frati inquisiti, esponendo anche a lungo gli eccitamenti avuti da fra Gio. Battista di Polistina unito con fra Cornelio, poco prima di montare sulle galere in partenza per Napoli, perchè deponesse contro fra Dionisio, onde giudicò che in questa faccenda si trattasse di una vendetta particolare del Polistina. Confermò l'inimicizia del Lauriana con fra Dionisio, avendolo costui perseguitato per le pessime relazioni tra lui e fra Fabio Pizzoni: attestò di aver veduto la lettera scritta dal Lauriana a Ferrante Ponzio, di avere udito più di quaranta volte dal Lauriana che era stato sedotto dal Pizzoni e da fra Cornelio, esponendo tutti i particolari del modo di procedere tenuto per gli esami in Calabria, la lettura dell'esame del Pizzoni agli altri che dovevano esaminarsi, la presenza de' laici che interrogavano anche in materia di eresia perfino in Gerace, facendosi gli esami innanzi al Vescovo. Così mano mano confermò ciascuno articolo su cui venne interrogato, sempre di scienza propria: e nel parlare del mulo rubato dal Pizzoni ad un uomo di Stilo, dichiarò che egli, insieme col Campanella e col Sig.r Francesco Petrillo, s'interpose per accomodare la faccenda; nel parlare degli eccitamenti del Visitatore perchè si deponesse contro fra Dionisio, aggiunse di essere stato eccitato a deporre anche contro il Campanella. Così pure, nel parlare della conferma dell'esame di Calabria fatta in Napoli dal Pizzoni a consiglio del Lauriana, aggiunse che egualmente il Petrolo (accusatore del Campanella) confermò l'esame a consiglio del Lauriana datogli allo stesso modo; nel parlare poi dell'inimicizia tra Dionisio e il Petrolo, dichiarò che non ne sapeva nulla, ma che sapeva bene esservi inimicizia tra il Petrolo e il Campanella, «perche si disse che una sorella di frà Dominico era innamorata di frà Thomaso, et che havevano peccato insiemi, et per questo si disse che frà Dominico cercò di fare ammazzare il Campanella dal Mauritio, mà Mauritio non lo volse fare; quando poi si suscitorno questi rumori di ribellione il Mauritio cercò di ammazzare il Campanella, è fra Dominico, mà non potè si ben li sequitò per alcune miglia»! Finalmente, nel parlare del motivo per cui il Pizzoni e il Petrolo dicevano aver dovuto confermare i rispettivi esami, cioè l'insistenza minacciosa del fisco, non solo dichiarò averlo udito da que' frati mentre discorrevano tra loro di notte, ma soggiunse averlo udito particolarmente dal Petrolo mentre lo diceva al Campanella per iscusarsi (e ben si vede che il povero fra Pietro si spingeva quanto più poteva, certamente un po' troppo, per giovare al suo disgraziato amico). – Dopo di lui fu esaminato il Petrolo, ma sopra un numero di articoli assai limitato. Egli attestò aver saputo direttamente dal Lauriana che avea deposto contro il Campanella, fra Dionisio e il Pizzoni, che vi era stato colto da fra Cornelio e dal Visitatore mentre non sapeva nulla di quanto depose, che voleva ritrattarsi almeno relativamente al Pizzoni suo maestro, ma non già che avesse deposto il falso ad istigazione del Pizzoni; e spiegò le confidenze fattegli, dicendo essere stato assistito dal Lauriana dopochè ebbe due ore di corda (naturalmente per la congiura). Attestò essere il Lauriana ritenuto pubblicamente falsario, persistente nel falso a consiglio di un dottore «furbo e mariolo», riluttante a dire le parole a falsis testibus nelle litanie per quanto avea saputo da fra Pietro di Stilo. Attestò aver veduto il Lauriana e fra Dionisio parlare insieme, sibbene fuori la carcere; aver udito il Soldaniero bestemmiare santo diavolo217 e borbottare minacce contro i Polistina, ciò che il Bitonto gli spiegò col dire che i Polistina lo avevano costretto a deporre ciò che depose; inoltre aver veduto il Soldaniero visitare fra Dionisio dentro la carcere e prestargli danaro, come pure aver veduto nella carcere di fra Dionisio Valerio Bruno servitore del Soldaniero. Dichiarò di avere non solo udito il Soldaniero lamentarsi dei Polistina, ma ricevute lui stesso in Bivona raccomandazioni dirette da fra Gio. Battista di Polistina perchè non risparmiasse fra Dionisio, e nella medesima occasione veduto anche il Polistina riscaldarsi con fra Pietro di Stilo. Dichiarò di aver udito il Soldaniero dire che in Calabria avea dovuto fare il birro per salvarsi la vita; di sapere che il Pizzoni era stato in relazioni molto strette col Campanella; di avere udito dal Pizzoni che le cose dettegli da fra Dionisio erano state dette recitative e poi egli l'aveva accomodate nella sua deposizione a modo di disputa; di avere avuto preghiera dal Pizzoni, perchè raccomandasse al Lauriana di persistere nella discolpa conoscendo che l'aveva discolpato; di sapere che il Campanella non era stato a Pizzoni quando vi fu fra Dionisio, perchè il Pizzoni e il Lauriana glie l'aveano detto, ed anzi il Lauriana, preoccupato di aver detto il contrario, lo pregò di raccomandare a fra Paolo che non lo scovrisse su questo punto. Infine dichiarò di sapere che il Pizzoni e il Lauriana erano stati più mesi insieme nelle carceri civili, e di credere che si fossero là messi d'accordo a voce dopochè aveano cercato di farlo in iscritto; (così oramai il Petrolo, col contatto de' frati, si era modificato di molto, ed avea capito che la causa di ognuno rifletteva quella di tutti; ma si era troppo spinto innanzi per tornare francamente indietro). – Fu interrogato da ultimo il Bitonto, e costui dichiarò di aver saputo dal Lauriana in Gerace, che si era esaminato contro fra Dionisio e il Campanella a persuasione del Pizzoni, che non si era ritrattato per timore di Carlo Spinelli, ma che si sarebbe ritrattato in Napoli, dimandando ad esso Bitonto se si dovesse o no ritrattare. Attestò di aver veduto un giorno fra Dionisio e il Lauriana quistionare insieme ed aver poi saputo dallo stesso Lauriana che la sera era andato a cercare perdono a fra Dionisio per le falsità deposte contro di lui; aver veduto il Soldaniero visitare fra Dionisio nella carcere e portargli cose da mangiare, ed aver veduto egualmente presso fra Dionisio Valerio Bruno servitore del Soldaniero. Attestò aver udito dal Soldaniero che non gli si teneva conto del guidatico, e che i Polistina e fra Cornelio lo avevano consigliato e costretto a deporre le cose di eresie. Attestò che il Pizzoni avea fatto fuggire fra Gio. Battista di Polistina quando fra Dionisio cercava farlo carcerare, che in Calabria era reputato un cattivo soggetto, avea rubati scritti a fra Dionisio e commessi altri furti, aveva avuto il mal francese e fatto udire molte cose in materia di donne. Attestò egualmente di propria scienza la pessima condotta del Lauriana in materia di costumi, e per detto altrui le lettere che avea scritte a Ferrante Ponzio revocando le cose affermate contro fra Dionisio e il Campanella. Infine attestò l'amicizia di fra Pietro di Stilo per fra Gio. Battista di Polistina nemico di fra Dionisio (come si vede, nulla di nuovo, e d'altronde il testimone era troppo ligato a fra Dionisio per potergli accordare molta fede).

Il 16 novembre si tenne l'ultima seduta, e furono interrogati il Barone di Cropani e Geronimo di Francesco, fatti venire dal Castello dell'ovo. Il Barone di Cropani, Antonino Sersale218, narrò come egli si fosse adoperato per far perdonare dal Provinciale fra Dionisio quando costui ebbe grave punizione per aver bastonato un frate, come inutilmente avesse in tale circostanza procurato i buoni ufficii del Vescovo di Catanzaro e dell'Auditore De Lega presso il Visitatore, con la conseguenza rincrescevole per lui di essere ritenuto a motivo di queste trattative con fra Dionisio, «sospetto come li altri calabresi carcerati». Attestò per scienza propria le ottime qualità di fra Dionisio, e per detto altrui l'ostilità del Visitatore verso questo frate dietro antichi dissensi circa le controversie de' frati Riformati, come pure l'amicizia del Visitatore per fra Gio. Battista di Polistina nemicissimo di fra Dionisio. Attestò aver saputo da due Padri Gesuiti, mentre si trovava nelle carceri di Monteleone, che il Mileri e il Crispo, quando vennero giustiziati, dicevano con alte grida aver tutto deposto in materia di ribellione per forza di tormenti avuti dallo Sciarava; e la cosa medesima essersi detta di altri tre che vennero giustiziati sulla galera in cui egli si trovava, sebbene non l'avesse udito di persona poichè soffriva il mal di mare, specialmente di Gio. Battista di Nicastro (il Bonazza), che per questo motivo non voleva nemmeno riconciliarsi con Dio ma poi si piegò. Aggiunse essere anche in materia di fede fra Dionisio «da tutti tenuto per bonissimo Catholico». – Geronimo di Francesco disse di avere appena conosciuto fra Dionisio, e di poter attestare che tutte le accuse fatte a questi frati erano falsità, come aveva in parte udito e in parte saputo dal Pizzoni, aggiungendo che i due giustiziati in Catanzaro (Mileri e Crispo) avevano confessato di aver tutto deposto per forza di tormenti e persuasione dello Sciarava; (e così entrambi i testimoni confondevano troppo la materia della ribellione e quella dell'eresia).

Abbiamo già avuta occasione di dire che in questo stesso periodo di tempo, oltre gli esami difensivi per fra Dionisio, si fecero anche quelli pel Pizzoni. Costui presentò in sua difesa 34 articoli, e poi ne diede in supplemento pure qualche altro nell'ultima ora scrivendolo di suo pugno (sicchè a quel tempo dovè la lesione della spalla dargli un po' di tregua), ma i Giudici non vi badarono nemmeno219. Secondo il solito volle provare che fin dal suo ingresso nella vita monastica avea vissuto religiosamente, e poi predicato ed insegnato ne' conventi principali, aggiungendo di avere strettamente digiunato ogni sabato e di non essere stato mai inquisito nè processato. Che il processo fatto da fra Marco e fra Cornelio era falso, avendo ricevuto danari e donativi da diverse persone per fare un processo tale da guadagnarsi un premio. Che que' frati eccitavano gl'inquisiti l'uno contro l'altro dicendo che l'uno avea deposto contro l'altro, leggevano in precedenza all'uno l'esame raccolto dall'altro, facevano co' tormenti dire quanto loro piaceva. Che senza precedente denunzia, inquisizione o querela, aveano fatto carcerare esso Pizzoni, dicendolo pubblicamente nemico di Cristo e del Re. Che il fisco e gli ufficiali Regii promettevano premii e diedero indulti per far deporre contro la propria coscienza. Che un testimone del fisco, il Caccia, aveva in punto di morte dichiarato di aver deposto il falso e se n'era fatta fede che esso Pizzoni riproduceva; inoltre questo Caccia era stato sottoposto alla tortura mentre aveva la febbre e in tale condizione era stato sedotto da que' frati a nominare esso Pizzoni! Che i due Polistina erano suoi nemici, essendo lui stato a Roma contro di loro quando concorrevano al Provincialato. Che Giulio Soldaniero gli era nemico capitale e l'avea più volte minacciato, pretendendo che avesse nascosto Eusebio Soldaniero; e poi era stato eccitato da' Polistina a deporre contro di lui. Che Valerio Bruno era compagno di delitti e servo stipendiato del Soldaniero, e quindi non meritava fede; e poi egli medesimo confuso per le sue falsità avea detto a' Giudici, «misericordia signore, che sono ignorante». Che esso Pizzoni non era stato mai cacciato dal convento di Soriano, ma sempre accoltovi con affetto, e vi avea pure cantata la messa in presenza del Visitatore nel giorno di S.to Agostino (vale a dire il 28 agosto). Che il Campanella e fra Dionisio non aveano mai parlato di quelle cose che esso Pizzoni avea deposte, se non separatamente e fuori la presenza di alcuno; e il libro del Campanella stampato in Napoli non era scritto contro S. Tommaso ma contro Antonio Marta napoletano, e S. Tommaso vi si trovava nominato sempre colla massima riverenza (in questo contradiceva al Lauriana, col quale oramai il disaccordo era completo). Che avea sempre letto e predicato dottrine approvate dalla Chiesa. Che fra Dionisio gli era divenuto nemico mortalissimo da che esso Pizzoni avea deposto contro di lui molte cose intorno alla congiura e alla fede; fra Domenico Petrolo era stato eccitato a deporre contro esso Pizzoni da fra Cornelio, il quale glie ne lesse pure l'esame, oltrechè non avea potuto vederlo ammalato in Pizzoni due anni prima, perchè allora esso Pizzoni si trovava in altri posti. Che mai vi era stata tra lui e il Campanella corrispondenza in cifra, che non era mai il Campanella venuto altre volte a Pizzoni, che quando ci venne fu perchè volea vedere i Vescovi di Mileto e di Nicotera i quali dovevano là venire, che dopo di averlo esso Pizzoni cacciato dal convento, non gli scrisse mai più. Che se esso Pizzoni lo vide in Stilo, ciò fu per certo danaro che dovea restituire a un fra Marcello Basile, e per certo altro danaro che doveva esigere andò a vederlo presso il Marchese di Arena. Che avvertì il P.e Generale facendo scrivere la lettera al Lauriana e mandandola egualmente per costui alla posta di Monteleone, non appena seppe le cose delittuose del Campanella e di fra Dionisio. Che tutte le deposizioni de' frati furono fatte innanzi ad ufficiali Regii, ed anche innanzi a D. Carlo Ruffo, il quale era speciale nemico di esso Pizzoni per controversie passate tra loro. Che nel convento di Pizzoni egli non era stato se non durante tre mesi prima della sua carcerazione, mandatovi a forza da' Superiori suoi nemici, ed avea supplicato inutilmente di poter lasciare quel posto, solito ad essere frequentato da fuorusciti protetti dal Vescovo di Mileto, onde due Vicarii suoi predecessori aveano dovuto scapparne di soppiatto.

 

A questi articoli, redatti con un po' di disordine e con diversi errori di nomi, attestanti la poca cura dell'Avvocato e l'affievolimento del Pizzoni pur sempre infermo, venne aggiunto un elenco di testimoni rappresentati da tutti i frati inquisiti all'infuori di fra Dionisio (oltrechè del Campanella come ben s'intende), da molti frati de' conventi di Calabria, e da taluni de' conventi di Napoli, dal Contestabile e dal di Francesco carcerati per la ribellione, dallo Spinola e dal Castiglia ed anche da un D. Francesco di Genova carcerati per altre cause, da Fabio Pisano disgraziato padre di Cesare dimorante in Calabria. E con una fiacchezza di accorgimento sempre più notevole, vennero tutti i frati inquisiti indicati come testimoni su tutti gli articoli indifferentemente, sicchè p. es. il Petrolo ed il Lauriana doveano provare anche le affermazioni contenute negli articoli addotti contro di loro; e può dirsi senza esitazione, che la difesa del Pizzoni, già essenzialmente scabrosa, fu mal condotta davvero. – Il fiscale Sebastiano diede dal canto suo appena 6 interrogatorii, contenenti le solite ammonizioni e generalità rutinarie, senza brigarsi menomamente de' fatti affermati negli articoli, tanto dovea sentirsi sicuro che non ve n'era bisogno. I Giudici poi chiamarono all'esame soltanto i frati inquisiti, lo Spinola e il Castiglia, il Contestabile e il Di Francesco, e in due sedute successive, il 14 e 15 novembre, esaurirono le difese del Pizzoni220.

Il 14 novembre fu interrogato dapprima fra Paolo della Grotteria, il quale disse di conoscere da poco tempo il Pizzoni e non poter dare testimonianze sulla vita di lui; avere udito con molti altri carcerati in Monteleone Cesare Pisano affermare, che da suo padre era stato dato danaro ed altro al Visitatore e compagno, per passarlo dalla Corte temporale all'ecclesiastica; esser vero che il Visitatore e compagno, presenti Spinelli, Sciarava e il Vescovo di Gerace, minacciarono esso testimone se non avesse deposto contro il Pizzoni intorno al mangiar carne in tempo proibito; che D. Carlo Ruffo con suoi famigli era venuto nelle carceri a sedurlo e così pure fra Cornelio; che avea veduto minacce di pugni e di consegna alla Curia secolare, la quale procedeva a modo di campagna, fatte al Petrolo e a fra Pietro di Stilo. Avere udito parlare della fede fatta dal Caccia a tempo della sua morte, ma non averla veduta; poter attestare che il Caccia fu tormentato mentre avea la febbre, ma non sapere se il Visitatore e compagno fossero stati presenti. Avere udito da un birro che i due Polistina coll'intervento di un secolare, il quale doveva essere Giulio Soldaniero, avevano fatta una lista di accuse, non sapere se il Campanella e fra Dionisio avessero parlato o no di eresia, ma poter attestare che il Pizzoni si era con lui lamentato del Visitatore e compagno, perchè con buone parole e promesse di liberazione, al pari di D. Carlo Ruffo, l'aveano indotto a deporre contro que' due frati, ed egli l'avea fatto tanto più perchè pensava di non avere a nuocere a fra Dionisio che era fuggito; potere inoltre attestare che nella Chiesa di Pizzoni fra Dionisio avea parlato al Pizzoni con sdegno. Su tutto il resto disse non saper nulla (la difesa del Pizzoni già cominciava a risultare ben altro che difesa, e se venivano a galla tutte le infamie del Visitatore e di fra Cornelio, non per questo il Pizzoni se ne giovava). – In sèguito il Petrolo disse del pari aver conosciuto poco il Pizzoni, avendolo veduto appena una volta in Stilo e poi nel carcere; sapere che era buon predicatore e letterato ma assai maledico, e che avea cominciato a digiunare il sabato da sole tre o quattro settimane! Aver udito in Gerace che il Mesuraca avea dato 100 scudi a fra Cornelio per far processare mortalmente i frati inquisiti, a fine di guadagnarsi il taglione sopra il Campanella ed esso Petrolo; aver udito in Monteleone da Cesare Pisano ed anche dal padre di costui, presenti altri frati, che erano stati dati 100 scudi e robe di tela a fra Cornelio, convenendo di far dire cose di eresie per passare al foro ecclesiastico. Essergli stato da fra Cornelio letto in gran parte l'esame del Pizzoni, ma non detto che dovesse deporre contro il Pizzoni. Essergli stato detto dal Pizzoni che fra Cornelio, presente Geronimo di Francesco, l'istruiva nella carcere su quanto avrebbe dovuto deporre; poter assicurare che esso testimone medesimo era stato visitato nella carcere da fra Cornelio, il quale voleva fargli sottoscrivere un verbale che egli non voleva sottoscrivere, «e disse con giuramento, dicendo per queste mani, monstrando le mani sue, che tu non hai da uscire da questo Castello se non in pezzi, et io mi humiliai, et esso col visitatore mi sputavano in faccia con dire non basta questo, ma volevano che io dicesse delle cose che non sapeva… et il Sciarava mi pigliò una volta per il petto, è mi condusse alla banca sotto la corda, et voleva che confirmasse lo mio esamine quale io non voleva confirmare per le falsità che contineva». Dichiarò inoltre che tutti i frati di S. Domenico erano chiamati ribelli, che ognuno de' persecutori si aspettava un premio, e di fra Cornelio si diceva che sarebbe stato fatto Arcivescovo di Toledo! Avere udito che il Caccìa avea fatto fare una fede per ismentire le falsità deposte, e che era stato tormentato mentre avea la febbre; aver saputo da lui medesimo, in Squillace e poi in Monteleone, che era stato esaminato contro il Pizzoni e avea deposto il falso; ma i Giudici gli fecero osservare d'officio che dal processo si rilevava essersi le deposizioni del Caccìa avute senza tormento, e il Petrolo ripetè che in Gerace aveva avuta la corda (erano state confuse negli articoli le deposizioni sulla congiura e quelle sull'eresia, e i testimoni continuavano in tale confusione). Avere udito che il Pizzoni non era nemico ma amico del Polistina (confusione di due periodi diversi); aver saputo dal Pizzoni medesimo che fra Dionisio non gli avea dette tante eresie; e che glie le avea dette recitativamente; nulla poi aver saputo intorno al Campanella. Poter assicurare che il Pizzoni era stato esaminato innanzi al Visitatore e compagno, allo Spinelli e allo Sciarava, come esso medesimo era stato esaminato; che anzi lo Spinelli e lo Sciarava volevano esaminarlo soli ed egli si rifiutò di rispondere dicendo che era ecclesiastico, ma Sciarava gli disse che non lo era più, perchè aveva allora lasciato l'abito, e finirono per interrogarlo (ma questo era accaduto in Gerace, e il Pizzoni avea già deposte tante cose propriamente in Monteleone, fuori la presenza dello Spinelli e dello Sciarava). Sugli articoli che concernevano direttamente la persona sua, confermò essergli stato da fra Cornelio letto in gran parte l'esame del Pizzoni ma non fatto eccitamento a deporre contro il Pizzoni; confermò inoltre aver veduta una lettera in cifra che il Campanella gli disse essere stata scritta dal Pizzoni. Su tutto il resto dichiarò non saper nulla. – Venne poi la volta del Lauriana, il quale disse aver conosciuto il Pizzoni da molto tempo, non essergli amico nè nemico, sapere che era buon predicatore ma non che digiunasse o no. Aver udito dal Pisano e dal padre di costui il pagamento e regalo fatto a fra Cornelio; aver saputo dal Caccia essere stato spinto a deporre contro il Pizzoni dietro assicurazione che il Pizzoni avea deposto contro di lui. Avere lui medesimo avuta dal Visitatore e compagno la minaccia di essere consegnato allo Sciarava, il quale diceva volergli dare la corda. Avere udito dal Caccia che molte cose erano state da lui deposte contro il Pizzoni e che venendo in Napoli si sarebbe ritrattato; sapere che il Caccia era stato sottoposto alla corda mentre aveva la febbre, ma non sapere se il Visitatore e compagno vi fossero intervenuti. Avere il Soldaniero scritto a Claudio Crispo lamentandosi che in Pizzoni si desse ricetto ad Eusebio suo nemico, la qual cosa non era vera. Riferirsi al suo esame circa la presenza contemporanea del Campanella e fra Dionisio in Pizzoni quando si parlò di eresia, e così pure circa la lettura del libro stampato dal Campanella. Esser vero che il Pizzoni leggeva la dottrina di S. Tommaso, che era stato Teologo del Vescovo di Nicotera, che era andato presso il Campanella per le ragioni da lui addotte. Avere scritto realmente la lettera al Generale, con cui il Pizzoni rivelava le cose del Campanella e di fra Dionisio, ed averla lui medesimo portata alla posta. Nel suo primo esame non esservi stati altri esaminatori che il Visitatore e fra Cornelio, senza intervento di persone laiche. Esser vero che il Pizzoni si lamentava sempre del Provinciale e del Polistina i quali l'avevano mandato nel convento di Pizzoni, e che in questo convento erano stati sempre ricoverati banditi, da' quali una volta il Vicario predecessore del Pizzoni aveva avuto minaccia di essere buttato dalla finestra.

 

Il 15 novembre si venne agli esami di tutti gli altri testimoni. E dapprima fu esaminato fra Pietro di Stilo, il quale, come sempre, ebbe di mira principalmente la difesa del Campanella, sicchè il Pizzoni non potè punto giovarsene. Egli disse aver conosciuto il Pizzoni da otto anni, averlo avuto a lettore in Briatico, essergli amico, essere rimasto con lui una volta che gli altri scolari gli si ribellarono; sapere che era buon lettore e buon predicatore, ma di vita scandalosa. Confermò di avere udito da alcuni preti in Gerace che a fra Cornelio erano stati dati danari da Misuraca, perchè aggravasse la condizione de' frati e così egli guadagnasse la taglia; si diffuse sull'argomento de' premii e quindi della falsità del processo, dicendo, «chi pretendeva per questa causa di voler essere vescovo, chi cardinale, chi conte, chi una cosa, et chi un'altra, et comunemente fra Cornelio et il visitatore si tenevano vescovi, et quelli preti dissero con pietà, la causa di questi monaci non può andare bene perchè li istessi monaci li cacciano, et altro non mi racordo per ora, Et poi si il processo sia falso, dico che frà Gio. Battista da Pizzone et frà Silvestro de Lauriana separatamente l'uno dall'altro mi hanno detto che hanno detto la falsità, et per questo bisogna che il processo sia falso, quanto poi alli Giudici ciò e, Visitatore, et compagno, facevano, è dicevano tante cose, come saria pigliavano me, è mi conducevano avanti li giudici secolari, et dicevano, ve lo consegno per tre hore, facciati quel che vi piace, è se partivano… di più dicevano si tu confessi non morirai, è sarai libero, et haverai premio, et altre parole simili, et l'istesso anco mi è stato fatto da don Carlo Ruffo è da quello di casa guagliardo (intend. Ottavio Gagliardo) à Monteleone…; fra Cornelio si monstrava non amico, mà servitore deli giudici secolari, et l'istesso visitatore pareva che dependesse da frà Cornelio, et per tutte queste cose, et altre, hò anco sospetto che per mali modi tenuti dal visitatore, è compagno che il processo sia falso». Disse poi non sapere che si leggessero prima a' testimoni gli esami raccolti contro di loro, ma saper bene che i giudici «fingevano et dicevano parecchie cose contra il Campanella, frà Dionisio, et il Mauritio, che erano tristi, et scelerati, et heretici, è che fra thomaso Campanella havea predicato publicamente le heresie, Et io facendo instantia di vedere le cose che mi dicevano non me le volevano monstrare, è poi mi dicevano hor su tu vuoi morire…». Ed inoltre: «fra Cornelio con belle parole, è lusinghe mi voleva persuadere à dire quel che lui voleva, ciò e, che io accettasse l'esamina deli altri, dicendomi tu solo non puoi portare il carro et si tu solo sarai pertinace, tu solo morirai, monstrando certe pietà, è forfanterie con me, et ultimamente sempre mi lassava con bravarie… Facevano gran cose per fare confessare, e massime frà Cornelio, il quale mi minacciava la morte, et io risposi pacientia, più presto la morte che offendere Dio». Dichiarò non conoscere che il Caccia avesse fatta una carta di ritrattazione, ma conoscere che fu tormentato mentre avea la febbre senza essere informato se v'intervenisse o no il Visitatore ovvero fra Cornelio; poter poi attestare, avendolo udito dal Caccia medesimo, che si lamentava di fra Cornelio perchè l'avea sedotto a dire la falsità con l'assicurazione che avrebbe così evitata la corda, onde diceva aver deposto la falsità per la corda (evidente ripiego per profittare in qualche modo di un articolo scioccamente redatto). Disse di sapere che il Soldaniero si era lamentato di fra Dionisio (anche di fra Dionisio), del Pizzoni e del Lauriana, perchè ospitavano Eusebio fuoruscito suo nemico; sapere per detto di fra Paolo che il Soldaniero si era concertato col Polistina in questa faccenda, e che a lui parea vero, mentre il Polistina avea tentato di sedurre lui medesimo perchè deponesse contro fra Dionisio (ma non si pronunziò sulla inimicizia sorta tra il Pizzoni e i Polistina). Dichiarò non potere esser vero che fra Dionisio avesse dette eresie al Pizzoni, mentre nel principio di luglio, essendo in Stilo e sapendo che vi era venuto il Pizzoni, corse a prendere un candeliere dall'altar maggiore per ucciderlo, a motivo di certi scritti rubatigli da lui; ed esso testimone col Campanella doverono quietarli, promettendo il Pizzoni che avrebbe restituiti gli scritti e mandatili ad Arena (mezzo di difesa venuto in campo negli ultimi tempi). Dichiarò non sapere che il Pizzoni avesse accusato fra Dionisio a' superiori; potere invece attestare, che il Pizzoni voleva persuadere esso testimone a dire che avea veduta una lettera da lui scritta allo Sciarava e che costui glie l'avea mostrata, la qual cosa era «bugia tremendissima»; potere attestare ancora che il Lauriana avea detto ad esso testimone non esser vero che avesse portato alla posta una lettera del Pizzoni al P.e Generale (troppe confidenze ricevute). Quanto a fra Domenico Petrolo, dichiarò non sapere che costui avesse avuto terrori da fra Cornelio perchè deponesse contro il Pizzoni, ma avere udito dal Petrolo medesimo che aveva avuto terrori per deporre contro il Campanella e fra Dionisio (sempre confidenze da tutti costoro, che pure lo conoscevano amico intimo del Campanella). Quanto al non avere più il Pizzoni trattato col Campanella dopo di averlo cacciato dal suo convento, dichiarò constargli il contrario, mentre essendo il Campanella in Pizzoni verso la fine di luglio, fu pregato di volervi rimanere ulteriormente, e vi rimase tre giorni più di quanto si era proposto; aver sempre il Pizzoni pregato il Campanella che si recasse al convento di Pizzoni, averlo anche in Arena pregato in tal senso, sicchè per queste falsità non avrebbe dovuto farlo esaminare come testimone! Esser vero che quando il Pizzoni venne a Stilo portò certi danari a M.o Marcello Basile, come «ne portò anche al speciale che li curò il mal francese»! Sapere che fra Gio. Battista di Polistina l'avea processato per i suoi delitti; sapere che in Pizzoni vi erano banditi, ma non sapere che vi fossero prima che ci andasse per Vicario il Pizzoni (altro che difesa; il Pizzoni amico infedele, doveva essere trattato come un deciso nemico, oltrechè dimostrato testimonio falso per le seduzioni e il terrore incussogli da fra Cornelio). – Venne di poi il Bitonto, il quale disse aver conosciuto il Pizzoni da dodici anni, averlo saputo di mala vita, essere stato tenuto per scandaloso e maligno. Avere udito da Fabio Pisano la faccenda de' danari e regali dati a fra Cornelio per far liberare il figlio dalla morte, e da' carcerati la faccenda de' danari pagati allo stesso fra Cornelio dal Mesuraca, per far processare mortalmente il Petrolo e il Campanella. Avere fra Cornelio detto a lui medesimo che il Pizzoni gli si era esaminato contro, eccitandolo così a deporre contro il Pizzoni; e dicendo lui che non sapeva nulla, avere avuto da fra Cornelio minaccia di consegna a' Giudici secolari. Sui cattivi modi di esame, e sulle speranze de' premii da parte de' Giudici e persecutori, disse: «usorno milli stracie verso di noi il fra Cornelio, et l'Avocato fiscale, et Carlo Spinello, acciò per le stracie dicessimo quello che volevano loro… quello che pigliò à me pretendeva di acquistare una baronia, è don Carlo Ruffo, pretendeva essere Prencipe de Stilo, è frà Cornelio per quanto disse l'Avocato fiscale se li saria procurato un vescovato, et io udì quando che il fiscale disse questo in risposta che diceva non haveria mancato di fare tutto quello che havesse possuto in servitio del Re Catholico al quale era devoto». Intorno al Caccìa disse sapere che gli fu data la corda mentre aveva la febbre e che in particolare gli fu dimandato del Pizzoni, ma non sapere chi ci fosse presente e se vi fosse intervenuto il Commissario e compagno. Intorno alle relazioni tra il Pizzoni e il Polistina, disse sapere che il Pizzoni era andato a Roma per mostrare che l'elezione del Polistina al Provincialato non era valida. Confermò che il libro del Campanella era scritto contro un certo Marta napoletano (egli solo tra' testi si trovò in possesso di tale notizia). Confermò che il Petrolo era stato eccitato da fra Cornelio a deporre il falso contro il Pizzoni, dicendo averlo saputo dallo stesso Petrolo ed aggiungendo essere stato lui medesimo presente alle bravate di fra Cornelio verso il Petrolo. Su molti altri articoli, sulla condotta del Soldaniero messosi di accordo co' Polistina, su' fatti del convento di Soriano, sulle relazioni del Pizzoni con fra Dionisio e il Campanella disse non saper nulla; sulla presenza di banditi nel convento di Pizzoni disse aver saputo dal Lauriana che c'erano già prima che il Pizzoni ci andasse per Vicario (e ben si vede che le testimonianze del Bitonto furono pel Pizzoni assai migliori di quanto si poteva attendere).

217Esclamazione comunissima tra' calabresi.
218Ved. Doc. 373, pag. 381.
219Ved. Doc. 384, pag. 397.
220Ved. Doc. 385 a 391, pag. 402 a 414.