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Czytaj książkę: «La principessa romanzo», strona 17

Czcionka:

XVII

Enrica non vedeva più il principe da circa una settimana.

Suo marito la schivava, poichè non avea ancora potuto risolvere qual contegno doveva seguire verso di essa.

Era pur martoriato da un’altra idea: far cessare le calunnie, tanto divulgate, sopra di lui. Chiese subito le sue dimissioni da ambasciatore: e cercò che un tal atto fosse propalato.

La pubblica voce ne portò notizia alla principessa, che fu colpita di questa subita determinazione, e, più, ch’egli l’avesse presa senza fargliene motto.

Ma un’altra cosa gli stava sul cuore: punire l’insolenza di alcuni fra i suoi amici: metter termine alle mormorazioni degli oziosi: uscire da quel riserbo, che vedea nuocere alla sua dignità di gentiluomo.

La principessa continuava a far impazzire il Venosa. Egli era stato veduto una mattina passeggiare a piedi con lei le strade più frequentate di Napoli, accompagnarla ne’ magazzini: gli era stato visto all’occhiello uno de’ fiori ch’essa portava in petto.

Due giorni dopo, in una sala del Circolo più aristocratico di Napoli, ove abbiam già condotto il lettore, scherzavano su queste frivolezze il d’Antella, il duca della Pandura, il Latania ed altri. In mezzo ad essi era Adolfo Venosa, bersaglio ai loro motteggi.

– Puoi pigliar un numero, – diceva il Latania, – chiamarti Adolfo decimo.... almeno, poichè succedi ad un re.

– Anche duodecimo.... forse! – borbottò, battendo gli occhi maliziosamente, il vecchio duca della Pandura.

– Il principe Gorreso ha servito il suo paese, e la moglie più di lui! – replicò un giovane signore, notissimo maligno. – Certo il principe è arrivato a un posto cui non si arriva agevolmente, ma la moglie gli ha risparmiato molta fatica, ha fatto lei metà del lavoro....

– Sebbene non le sien mancati i collaboratori! – aggiunse un altro.

– Si è data a tempo un gran movimento!

– Circe cambiava gli uomini in bestie.... essa li converte in ambasciatori.

– Qualche volta è la medesima cosa.....

– Si è data a molti?

– No, si è lasciata prendere....

– Ma il nostro Venosa vuol anch’egli destinarsi alla carriera diplomatica?

– Intanto, entra supplente.... il titolare c’è!

– Povero Gorreso! – esclamò il D’Antella.

Il principe in quell’istante arrivava nel corridoio e udì pronunziare fra le risa il suo nome.

– Fortunato, Venosa: egli è ora l’amante felice della principessa Enrica: una bella donna, Venosa, puoi vantartene.... e il marito partirà presto, lasciando la sede vacante....

– Credo che Gorreso sia stato, anche senza imporgli l’obbligo di partire, un marito sempre troppo buono....

Nessuno sapeva della vita intima fra il principe e la moglie; nessuno immaginava quanto egli fosse stato severo, spietato anzi, specialmente un tempo, verso di lei. Ma poteva egli prevedere, o immaginare certe infamie, di cui nessuno lo voleva avvertire? I suoi amici stessi non gli celavano a tutto potere ciò di cui lo proverbiavano amaramente, crudelmente quando si trovavano insieme, lontani da lui?

Il Venosa aveva detto le sue parole, senz’alcun intendimento ingiurioso, anzi volendo scusare il principe, senza troppo appassionarsi, ma tutti ridevano: e anch’egli fece coro.

Il principe avea udito benissimo e avea notato la voce del Venosa.

Entrò, mentre sghignazzavano: erano almeno una quindicina.

Andò diritto verso il Venosa, che guardava, insieme con gli altri, la tetra fisonomia del principe ed era rimasto un po’ scosso dal suo improvviso arrivo.

– Voi siete un vile, signore! – disse il principe al Venosa con molta calma. – E vili tutti coloro.... e fra essi alcuni, che si mostrarono sin ad oggi tra i miei amici migliori.... – posava gli occhi sul D’Antella, sul duca della Pandura, su altri, – i quali mi calunniano, mi colpiscono, nell’oscurità, alle spalle, mi fanno una reputazione d’infamia.... E non c’è uno tra voi, – continuò il principe con molta veemenza, – che m’abbia mai difeso! Vili, vili, vili!… Vilissimi anzi!… E siete voi la buona società, come vi chiamate: e avete scrupolo di ammettere in queste sale un onesto negoziante, un uomo glorioso per gli studi, o per l’ingegno, perchè avete paura di derogare, di venir meno a voi stessi, ricevendo nella vostra compagnia un semplice galantuomo. Ridicoli, grotteschi, che non comprendete come sia vicino un tempo in cui saranno calpestati, annientati tutti i vostri pregiudizi.... Qui, dove si riunisce la buona società, – sottolineava con sdegno le sue parole, – si condanna un uomo, o, meglio, si assassina, senza concedergli il diritto della più piccola difesa.... Che ragioni v’ho io dato per sospettare di me?… Tu, Latania, – il piccolo principe divenne pallidissimo, – uomo dissoluto, disonorato, senza dignità, parassita infetto, che vivi alle spese de’ tuoi amici, fosti sempre de’ più accaniti, lo so, nel vituperarmi.... Non ti posso chieder ragione: ti farei troppo onore inalzando un aristocratico mariuolo, par tuo, sino a me.... Il nome di principe ti starebbe meglio, con qualche giunta; se ti si chiamasse principe dei bari e degli sfrontati.... Tutti questi signori sanno chi tu sei e te lo dissimulano: ti tollerano.... non sanno il perchè.... per un’antica abitudine; un giorno ti allontaneranno da sè col piede, come si fa quando si incontra una cosa immonda.... Non impallidire di più: non hai nulla a temere da me.

E, voltosi al duca della Pandura, senza acquietarsi un istante:

– Voi, – -gli disse, – presidente del Circolo, non avete il dovere di tutelar l’onore de’ soci? Che avete fatto per me? non avete prestato un orecchio compiacente alle più nefande calunnie? E che dovranno far gli uomini.... che voi dite grossolani… se i gentiluomini, di cui avete fatto sì meritamente una categoria a parte dal resto del genere umano.... si comportano così? Di dov’è nato quest’odio contro di me?

Alto della persona, tanto che soprastava a tutti con la testa, bello, di modi graziosi e veramente signorili, di una voce tonante, quando scoteva la sua languidezza, egli produceva in quanti gli stavano attorno il massimo effetto.

Già avea riacquistato tutte le simpatie.

Dopo l’atroce insulto che avea indirizzato, il Venosa lo guardava impavido, sereno.

– Voi siete giovane, – gli disse il principe con calma terribile, – siete valoroso; mi insultavate nel punto in cui sono entrato; mi renderete subito ragione....

– Due amici.... – interruppe il duca.

– Ed egli è anche amico di mia moglie! – ribattè il principe con fiera ironia.

– Signore, – rispose con voce ferma, e mentre il suo cuore non dava neppur un palpito, il Venosa, – io sono agli ordini vostri!

Il principe tornò a casa e trovò un biglietto di visita su cui era scritto: Ingegnere Amoretti.

Egli ne aveva udito parlare come del salvatore di Diana. Quest’uomo coraggioso, pensò, vorrà essere mio padrino! Ma a che dovea egli attribuir l’onore d’una sua visita?

Non appena il principe Gorreso, tornato nel suo palazzo, ebbe ricevuto il biglietto da visita dell’Amoretti, un servitore venne ad annunziargli che una donna, la quale soleva essere spesso ricevuta dalla principessa, domandava di parlargli.

– Chi è questa donna? – domandò il principe distratto.

– È una antica serva della principessa: Cristina Braco.

Il principe impallidì. Si rammentava della lettera, che aveva letto la sera in cui era andato a frugare tra i gioielli di sua moglie. Quella donna gli avrebbe potuto dar molti schiarimenti. Fece un gesto d’impazienza, come se il ricever Cristina l’annoiasse, mentre egli ardeva di parlarle.

A tali espedienti si vedea giunto per cercar di salvare il suo onore; per aver tutte le prove di cui, nella integra sua coscienza, sentiva il bisogno, prima d’infliggere alla moglie il castigo, ch’essa avea meritato.

Cristina entrò tutta umile, strisciante, rasentando le mura, quasi avesse onta di avvicinarsi a un sì gran personaggio.

Il principe in piedi, e senza dir a lei che sedesse, le domandò freddamente:

– Che desiderate?…

– Desidero rendere un servizio a Vostra Eccellenza!

– Parlate.

Cristina avea avuto una delle solite idee, a lei ispirate dalla cupidità. Volea, senza badar a tradire la principessa, vender al marito il segreto, per custodir il quale già avea ricevuto tanto denaro dalla moglie. Era un bel segreto, e bisognava farselo pagar caro!

– Prima di parlare, debbo cominciar a esporre a V. E. lo stato penoso in cui mi trovo.... Ho bisogno di un aiuto, che non può darmi, se non un signore ricco e generoso, come....

– Basta, basta! – interruppe il principe, – Voi volete, insomma, vendermi una rivelazione....

– Non ho detto questo....

– Io l’indovino....

– E bene, V. E. ha indovinato con giustezza! – esclamò Cristina, a cui tornava il suo consueto ardimento, ma teneva gli occhi bassi e simulava.

– Che cosa chiedete?

– Questa piccola somma, ch’io devo.

E Cristina mise sotto gli occhi del principe l’obbligazione a pagare una grossa somma a Emilio, il guardacaccia: obbligazione, che aveano simulata fra loro.

– Di questa obbligazione ve ne sono due copie: una l’ha il mio creditore....

– Andate, andate, – disse il principe, sono già sdegnato di ascoltarvi, – io non voglio subire un tale ricatto....

– Ma io vi provo, Eccellenza, che vostra moglie la principessa Enrica ha avuto un marito prima di voi.... un marito, che essa ha sposato con tutte le formalità volute dalla Chiesa....

– Stupide menzogne! – disse il principe, che voleva irritarla per pungerla a parlare.

– Può darsi ch’io sia stupida e menzognera, Eccellenza.... ma ho i documenti, e i documenti autentici di quello che asserisco.... L’atto di matrimonio, scritto e registrato dal parroco di Mondrone....

– Non credo alle vostre affermazioni....

– Ed ho anche un altro documento.... L’atto di nascita della bambina....

– E questa bambina?… – sfuggì detto al principe, come se credesse a ciò che Cristina asseriva.

– Morì quasi appena nata.... mentre era condotta da una balia....

– E dove sono i documenti?…

– Oh, non li ho certo con me, Eccellenza.... S’invecchia e s’impara il viver del mondo. Io non mi fido di alcuno, neppure d’un gentiluomo come voi.... Quei documenti vi saranno restituiti, se degnate soccorrere una povera donna.... infelice, quando verrete a prenderli.... in casa mia.... e mi porterete la somma, che m’è necessaria per non trovarmi a mal partito.

– E, se io non so che farmi de’ vostri documenti? – rispondeva il principe, che non si commoveva alle ingiurie di Cristina, poichè l’occupavano ben altri pensieri.

– Se voi non sapete che farne, io li porterò ad altri.... troverò chi può annetter loro qualche prezzo.

– Miserabile! – esclamò il principe, – e voi avete servito mia moglie, e chi sa quanto essa vi ha beneficata?

– Non abbastanza, Eccellenza, poichè mi trovo in grande bisogno.... La principessa, anzi, mi scacciò, dopo un lungo servizio, quando credette io non le potessi esser più utile.... È forse questa la mia vendetta.

Il principe rifletteva.

– Io – continuò Cristina, mentre lo vedeva torturato dalle sue meditazioni – non intendo vender a V. E. un segreto: intendo darle occasione di far un’opera di carità.... V. E. non ha molti amici nel mondo.... tutti la scherniscono, nessuno le parla il vero.... Ci sarebbe ben altro da dire.

– E che altro? – chiese il principe in un momento di suprema angoscia.

– V. E. è stato non solo disonorato, ma reso ridicolo dalla principessa.... Tutta Napoli sa che la principessa di Gorreso è la favorita del Re: e il popolo crede che V. E. abbia uno stipendio come ambasciatore, altre larghezze in compenso....

Il principe non avea mai compreso come allora l’atroce strazio, che si dovea far del suo nome, e di quante infamie lo avessero sopraccaricato.

La sua reputazione era in balìa della gente ignobile, che è lieta d’insozzare tutto quello che, per un certo tempo, le ha ispirato rispetto: il rispetto per certe superiorità sociali e certe virtù è ad alcuni animi bassi il massimo tormento: è un giogo, a scuoter il quale è lor buono ogni pretesto.

Ma il principe, dopo alcuni istanti di silenzio, durante i quali Cristina s’era occupata a ravviar le pieghe del suo abito, sedette e fece cenno alla donna che sedesse innanzi a lui. Egli avea ripreso il suo sangue freddo; voleva ormai assumere la sua parte di giudice; giudice, non crudele ma inesorabile.

– Voi volete un soccorso? – disse a Cristina. – Siete povera, secondo affermate. Vi soccorrerò. Non intendo pagarvi un segreto: non voglio crediate che io vi abbia negato quella piccola somma.... come voi la chiamate.... per sordidezza.... Rispondetemi....

– Dirò a V. E. tutta la verità.

– Chi fu il primo marito di mia moglie?

– Sarei grata a V. E. se volesse darmi subito, almeno un terzo di quella somma.... debbo provvedere a bisogni urgenti....

Il principe aprì un cassetto: le gettò dinanzi una certa quantità di denaro.

– Dunque? – riprese.

– Il primo marito di vostra moglie fu Roberto Jannacone.

– Colui che fu condannato per l’assassinio del conte di Squirace?

– Appunto.

– Ma egli è morto, come è morta la figlia nata dal loro matrimonio!…

Il principe sembrò provasse un gran sollievo.

– E allora, – riprese, – verrò io stesso a cercar in casa vostra que’ documenti.

– Aspetterò.... oggi stesso, – ripeteva Cristina. – Ma – ella aggiunse con molta malignità – mi ha lasciato parlar ben poco.... Le persone come Vostra Eccellenza hanno subito un certo modo di capire!… – Pareva che Cristina non sapesse trovar il verso d’andarsene. Camminava a piccoli passi verso la porta, e avresti detto che tornasse indietro anzi che avviarsi per uscire. – È – disse a un tratto senza voltarsi – in un grande errore, errore che le può cagionare molti pericoli.... C’è in Napoli una persona, in cui può incontrarsi da un istante all’altro, che può venir qui.... in questo palazzo.... e dalla quale è esposta ad avere le più sgradevoli sorprese.... – E si avvicinava più frettolosa alla porta.

– Che intrigo è cotesto? – domandò il principe.

Cristina tornò indietro di scatto. Avea già adocchiato su la tavola un bell’anello. Lo prese in mano, e disse:

– Non potrebbe donarmi questo piccolo oggetto?… In cambio, le farei una rivelazione più preziosa, di quella che ho fatto sin ad ora.... Sin la vita sua in questo momento è gravemente minacciata....

Il principe pensò a tutt’altro che a ciò a cui Cristina mirava. Immaginò, nella commovibilità d’animo, di cui soffriva in quel punto, un pericolo molto immediato, e che gli venisse da persona a lui vicina. Cristina vedeva quanto egli era turbato. Si era intanto messa in tasca l’anello.

– Fuori la vostra rivelazione! – esclamava il principe.

Un sudore freddo inumidiva le sue tempie.

– Eccellenza, – replicò Cristina in tuono drammatico, – il primo marito di vostra moglie.... è vivo

– Roberto Jannacone?

– Sì.

– E dove si trova?

– Difficile il trovarlo.... Ma credo verrà presto da voi!…

Cristina adocchiava il biglietto di visita, che era su la tavola.

– Vedete l’interesse di far sparire i documenti ch’io conservo....

– Ma non è stato egli ucciso a colpi di fucile, mentre tentava fuggir dall’ergastolo?

– Tutti credono egli sia stato ucciso....

– Fosse pur vivo, non è egli condannato a una pena, che non può cessare, se non con la sua morte?… Lo denunzieremo.... sarà arrestato.

– Oh, no, V. E. non lo denunzierà; egli potrebbe chiedere una revisione del suo processo, mostrare i documenti, ch’io posso rendergli, o cedergli magari in ventiquattr’ore.... se voi non li acquistate.... Vostra moglie lo ha calunniato, per sbarazzarsi d’un uomo, che era d’ostacolo alla sua ambizione.... Nei giorni d’ebbrezza in cui l’avete sposata, ella forse paragonava, nel suo segreto, i vostri abbracci a quelli dell’uomo che, per essere stato strumento de’ suoi piaceri, ella avea condannato a espiare sì atroci torture.... Voi siete tanto umano, tanto cavalleresco, che non denunzierete mai un uomo, vittima già di sì profonda ingiustizia.... e che ha già per un tempo sì lungo sofferto, senz’altra colpa che quella di aver pazzamente amato una donna bellissima e sleale. Egli ha taciuto per salvar l’onore di vostra moglie; si è immolato perchè essa potesse diventar vostra sposa.... Vedete quanto una tal donna è corrotta....

– E chi vi dà il diritto di giudicarla? Voi siete, tutt’al più, degna di lei, una creatura senza pudore, senza cuore, ingolfata ne’ vizi più immondi, infame.... Siete anzi peggiore di lei, poichè vi manca l’educazione.... – Il principe s’interruppe; avea capito che l’educazione rendeva sempre più gravi i falli, i delitti di sua moglie: ella dovea aver più forte la percezione del bene: il suo traviamento era meno scusabile. – Dunque, ho bisogno di sapere dove è quest’uomo; come può trovarsi....

– Avevo detto a V. E. che la mia visita le sarebbe stata utile....

– Ditemi....

– Costui è in Napoli con finto nome.... – E Cristina allungava le sue dita ossute, che parevano artigli, verso il biglietto di visita.

– Sotto qual nome? – insisteva il principe.

– Eccolo! – e Cristina pose il biglietto sotto gli occhi del principe.

– Roberto Jannacone è colui che si fa chiamare l’ingegnere Amoretti?… Ma mi dite il vero?

– È stato da me....

– E che intende di fare?…

– Non so: egli è cupo, minaccioso: mi ha chiesto notizie della sua figliuola: sembrava incredulo, quando gli dissi ch’era morta....

– Ne siete però sicura?

– Oh, questo è positivo....

– E avete trattato anche con lui la vendita dei documenti?

– Non ho bisogno di dire qui tutti i miei affari..... Vi basti ch’io sono venuta a offrir a voi i documenti.... Li metto, naturalmente, all’incanto.... E pensate che io odio vostra moglie, e che, da un istante all’altro, potrei consentire anche a ceder gratuitamente quei documenti, potrei contribuire a far aprir un processo contro di essa, per sfogare un mio capriccio.... – Il principe si era coperto il volto con le palme delle mani. – Pensi V. E. che poteva esser di lei, senza questo colloquio.... quante cose sin ora ignorava; che fitto mistero circondava tutta la sua vita.... non dava un passo senza rischiar di cadere in un’insidia e senza non abbattersi in un tradimento sicuro.

– E ora andate: vi sono grato di tutto, poichè a voi piace ch’io debba esservi anche riconoscente! – continuò. – Verrò a casa vostra a prender i documenti.... Serbateli per me! – Parlava con una calma spaventosa. Rimasto solo, soffrì orribilmente. Non avrebbe mai pensato sin allora che nella vita vi potessero essere sì acerbi, pungenti dolori. – Ma qui bisogna farsi cuore – pensò. – Mia moglie ha abusato di tutto: creatura simulatrice! È venuto il tempo della giustizia! – Sentì un rumore di passi. Era rimasto circa un’ora solo, fra le angoscie più strazianti, dacchè Cristina lo aveva lasciato. Un servitore venne ad annunziargli che era tornato quel signore, di cui gli avea rimesso il biglietto di visita. – L’ingegnere Amoretti? – disse il principe, che avea ripreso in mano il biglietto, quasi non ricordasse più il nome; nè il servitore si accorse che la mano di lui tremava, come se fosse colto da paralisi. – Fatelo entrare nel salottino rosso, – disse il principe. – E avvertitelo ch’io sarò subito da lui. – Voleva riconcentrarsi un istante, munirsi di tutta la forza di cui aveva bisogno. Due minuti dopo, il principe entrava nel salotto da una porta, di cui un servitore gli apriva i due battenti. Trovò l’Amoretti in piedi, estatico dinanzi a un gran quadro: il ritratto di Enrica a quindici anni. Non è a dire se il cuore di Roberto batteva dinanzi a quell’immagine, che richiamava alla sua mente tutto un passato. Per quel sorriso, per quegli sguardi, egli avea tutto perduto: l’onore, la libertà: ogni bene dell’esistenza: per quegli occhi suo padre era morto di crepacuore: egli avea subito sedici anni della più dura prigionia.

– Mi costa ben cara questa fanciulla! – pensava, allorchè si aprì la porta del salotto.

– Lei è l’ingegnere Amoretti? – disse il principe entrando, e studiava l’effetto di tali parole sulla fisonomia di Roberto, che si era volto verso di lui.

Roberto non sapea resistere al desiderio di osservar da vicino, con ogni attenzione, l’uomo che avea saputo, egli credeva, dominar il cuore di Enrica, farsi amare da lei: l’uomo nelle cui braccia ella si era gettata, proprio nel punto in cui avea condannato lui al più crudele e più lungo martirio.

– Sono io, Eccellenza, – ripetè Roberto, – l’ingegnere Amoretti!

Il principe volea valersi di ciò che già sapeva: confondere il suo visitatore.

– Io ho conosciuto un ingegnere Amoretti.... molti anni or sono.... prima che fosse condannato a una pena infamante.... Mi sembrava molto diverso da lei....

– C’intenderemo subito, Eccellenza, – disse Roberto cui stava a cuore finir pacificamente quella conversazione. – Io vengo qui per un affare molto grave....

Il principe, a sua volta, l’osservava con molta curiosità. I ritratti di Enrica pendevano alle pareti; per tutto ove i due posavano l’occhio incontravano la fisonomia di lei; provocatrice, sorridente, la vedevano in varie età e in vari atteggiamenti: sembrava ad essi che ella assistesse terza al loro colloquio; che ella aggiungesse nuovi strazi a quelli onde già li avea entrambi torturati. – Ho una sola speranza, una sola consolazione nel mondo, – riprese il finto Amoretti, – un solo affetto, che mi fa vivere.... l’affetto per un’unica figlia....

Il principe fu subito tutto turbato.

– Questa giovinetta è minacciata da una grande sventura.... Essa è ardentemente innamorata di un giovane bello, di altissimo cuore, ma inesperto.... Egli corrisponde all’amore della giovinetta: le avea promesso sposarla.... A un tratto fu sviato da una di quelle donne pericolose.... – Gli occhi di Roberto brillavano e si fissavano, suo malgrado, sopra un ritratto di Enrica.

– Non so capire.... – disse il principe.

– La felicità, la vita di quella giovinetta è nelle vostre mani, signore!

– Che dite? – esclamò il principe, come se fra i due si fosse stabilita di un subito una certa intimità: mentre egli non riusciva davvero a comprendere ove l’altro volesse andar a parare.

– Tocca a voi, signore, – continuò impavido Roberto, – a far allontanare, e per sempre, da Napoli la donna, che con le sue male arti mette in pericolo i giorni di una cara, innocente giovinetta....

– E chi mi può dar questo potere?

– La legge, signore: la legge, che concede al marito un assoluto dominio su la moglie....

– Si tratta, dunque, di mia moglie?

– Sì, Eccellenza, di.... vostra.... moglie; – e Roberto proferì quel vostra con accento molto peculiare.

– E voi.... ch’io non conosco.... che non so chi siate.... che vedo per la prima volta, osate farmi una tale intimazione.... e pensate ch’io la subisca?… Osate venir a parlarmi in tal modo, della principessa.... di mia.... moglie – e insistè anch’egli su quel mia – e vi figurate che io lo tolleri?

– Eccellenza, io sono un padre amantissimo, e che il desiderio di render sua figlia felice, di restituirle la vita, può far capace di tutto.

– Ma non sarete mai capace d’incutermi terrore! – disse il principe di rimando e con un certo ostentato piglio d’insolenza.

– Signore, esauditemi.... io non son venuto qui a perdermi in parole o a far mostra della mia forza.... sono venuto a supplicarvi.... Pigliate in buona parte ciò ch’io dico.... non m’irritate.... sarà forse meglio per voi.... per tutti!

Il principe era travagliato da un’idea. Forse la figlia, che Roberto Jannacone avea avuto da Enrica, come gli era stato riferito da Cristina, e ch’essa avea affermato esser morta, viveva sempre. Gl’importava appurarlo; ciò potea cambiare, da un istante all’altro, i disegni che già rivolgeva per l’animo.

– E dov’è questa vostra figliuola? – domandò il principe. – Che nome ella porta? perchè io vi credo uomo, che abbia a sua disposizione varii nomi!

– Permettete, signore, che, almeno per adesso, non risponda.... alla vostra insolenza!

– Mi direte almeno il nome del giovane che mia moglie, secondo voi dite, ha attirato a sè? È bene – seguitò il principe con amara ironia – ch’io sappia donde mi viene una sì grande offesa, poichè voi, un ex-galeotto, vi siete costituito tutore dell’onor mio.

Roberto non rispose. Il principe vedeva in quale imbarazzo lo ponevano le sue parole; pensava com’egli si sarebbe trovato inferiore a lui senza le rivelazioni di Cristina, e se avesse invece dovuto aspettar da esso, a grado a grado, tali rivelazioni.

– Vostra Eccellenza ha torto – riprese Roberto, che facea sforzi ben palesi per contenersi – d’abusare in tal modo della mia longanimità. – Si drizzò in piedi, come se volesse mostrarglisi in tutta la potenza della sua persona, e soggiunse: – Vi sembro uno di quegli uomini, con cui è facile e vantaggioso scherzare? Può V. E. credermi uno di quegli uomini, atti a servir ad altri di trastullo e di ludibrio?… Non sono venuto qui per scherzare! – E, ad un gesto del principe, continuò: – Sono venuto per domandare umilmente, come un favore, ciò che avrei il diritto di esigere.... ciò che potrei domandarvi come padrone.... Vi prego, signore, di nuovo.... ascoltatemi.... Promettetemi di partir da Napoli, e per sempre, allontanando di qui vostra moglie, stabilendovi in uno di que’ paesi forestieri, ove dovete pur esercitare la vostra carica d’ambasciatore....

– Mia moglie non vuol partire, e non partirà mai da Napoli.... anche se volesse; cioè se voi riusciste a vederla, a indurla a questo.

– Chi glielo impedirà?

– Io.

– Voi siete un pazzo! – esclamò Roberto incollerito, – voi mi spingete a perdere ogni moderazione, a uscire da ogni ritegno. – E febbrilmente Roberto toccava un acuminato tagliacarte, con impugnatura d’oro e lama d’acciaio, che era sul tavolino. Gli sguardi coruscanti, la fisonomia stravolta, promettevano poco di buono. – Ho avuto torto di venir qui – esclamò con voce soffocata dalla collera – sono in casa vostra.... debbo, fin che sia possibile, contenermi.... Non mi eccitate ad estremi.... Voi avete il fare sprezzante, provocante di certi uomini della vostra razza.... razza odiata, che si crede tutto permesso, e non ha la virtù di riparare onestamente, nobilmente a un’ingiustizia, a mali che ha cagionato e che sarebbe in suo potere di terminare.... Avrei dovuto farvi venir altrove.... E mi sarebbe bastata una parola per costringervi a recarvi da me, a umiliarvi innanzi a me.... Ma io sono generoso, e volevo risparmiarvi molto dolore.... Voi non sapete comprendere la grande bontà umana ch’è in certi animi, e che vi resta, malgrado le atroci sofferenze subite senz’averle meritate, malgrado i tradimenti, le viltà da cui furono angosciati.... Come vostra moglie, voi appartenete alla perfida genia di coloro, che non intendono e non ascoltano se non il proprio orgoglio, la propria sensualità: e non possono esser persuasi, convinti da una parola di giustizia, dalla forza di un affetto, dal merito di una pura intenzione....

– A udirvi parlare, si supporrebbe voi foste il modello degli uomini....

– Non proseguite negli scherni; se non volete cedere a me, ordinate alla principessa di venir qui dinanzi a me; ella potrà darvi qualche spiegazione.... Potrò a lei rivelare il segreto, che voi mi domandate, circa mia figlia.... V’ordino che facciate venir qui Enrica, colei che chiamate da anni vostra moglie, ma io ho diritti su di essa al pari di voi.... più legittimamente di voi!

Il principe lo guardava, in atto di chi ode una cosa nuova, anzi meravigliosa, e ne domanda, nel suo muto stupore, la spiegazione. Credeva opportuno fingere a quel modo. Roberto, dopo la sua eccitazione, si era accasciato sopra una sedia e sembrava aver perduto ogni energia.

– Sicchè, se mia moglie venisse qui, – continuava il principe, con sarcasmo che gli faceva sanguinar il cuore, – si troverebbe innanzi a due mariti; uno di cui s’è creduta vedova, che non ha pianto per morto.... questo non può dirsi.... ma s’è rallegrata fosse morto ed è sempre vivo.... l’altro sposato anche prima ch’ella potesse credersi vedova; e solo perchè avea l’idea d’essere riuscita a allontanare da sè il primo per sempre, a porre fra sè e lui una barriera insormontabile. La nostra situazione è strana.... molto strana.... Se ci fosse qui un commediografo!… Due uomini, che hanno sposato legittimamente una bella donna, e se la disputano: uno contro l’altro i due mariti, vivi, di una delle donne più seducenti che il mondo abbia visto: un principe rivale d’un assassino fuggito dal carcere.... Ah! ah! ah!

E il principe rideva, d’un riso secco, stridente, nervoso.