Czytaj książkę: «Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3»
LIBRO OTTAVO
Mentre l'Italia sotto la tirannide dell'ultimo Berengario e di Adalberto suo figliuolo gemeva, gl'Italiani ridotti nell'ultime miserie, pensarono di ricorrere ai soccorsi di Ottone figliuolo d'Errico Re di Germania, il quale avendo domati i Sassoni ed i Schiavoni, aveasi per le sue gloriose gesta acquistata fama non minore di quella di Carlo M., e s'era renduto per tutta Europa celebre e rinomato. Accelerò l'invito Adelaide vedova di Lotario, la quale possedendo la città di Pavia assegnata a lei per dote dal marito Lotario1; ed essendo ancor giovane e d'avvenenti maniere, fu fatta dimandare da Berengario per isposa di suo figliuolo Adelberto: ma ricusando ella lo sposo, sopra il suo rifiuto, Berengario la assediò in Pavia, la prese e la mandò prigione nel castello di Garda: ella ebbe talento di fuggirsene, ed implorò il soccorso del Re Ottone, offerendogli di prenderselo in isposo e di cedergli le sue ragioni sopra il Regno d'Italia. Adelaide, Porfirogenito2, Luitprando3 ed altri comunemente la riputano figliuola di Berta e di Rodolfo Re della Borgogna; ma Lione Ostiense4 dice esser discesa da' Proceri della Toscana, ed il nostro Anonimo Salernitano5 la fa sorella di Gisulfo Principe di Salerno: checchè ne sia, Ottone, a cui non erano ignote le sue virtù ed avvenenza, tosto venne in suo soccorso, calò in Italia con potente esercito, la liberò dall'oppressione di Berengario, ed invaghitosi della di lei grazia e venustà, la sposò in moglie, e seco in Alemagna la condusse, lasciando Corrado Duca di Lorena a perseguitar Berengario e suo figliuolo, i quali furon costretti ad andare a ritrovar Ottone in Alemagna e sottomettersi alla sua volontà6. Ottone avendo ricevuto da essi il giuramento e l'omaggio, gli restituì ne' loro Stati, eccettuato il Veronese e 'l Friuli, che furono da esso dati a suo fratello Errico Duca di Baviera. Ma Berengario ed Adelberto appena restituiti ne' loro Stati, cominciarono a cospirare contro Ottone, e malmenare i suoi sudditi: affliggevano l'Italia con inudite oppressioni, e maltrattavano il Papa, e tutti gli altri Vescovi e Signori d'Italia. Portarono perciò eglino le loro querele e' lamenti ad Ottone, e lo pregarono della sua protezione, invitandolo a calar di nuovo in Italia per discacciarne questi tiranni. Il Papa ed i Romani gli offerirono il Regno e la Corona imperiale: Valperto Arcivescovo di Milano gli offerì parimente di volerlo incoronare ed ungerlo Re d'Italia; e gli spedirono perciò una magnifica legazione.
Ottone assicurato del concorde animo di tutti gli Italiani, non volle trascurare occasione così opportuna: ed avendo tenuta una Dieta in Vormes, fece coronare in Aquisgrana Re di Germania Ottone II suo figliuolo, che non avea più di sette anni; ed egli, stabilite le cose d'Alemagna, avendo raunato un numeroso esercito, tosto traversando la Baviera, per la via di Trento, insieme con Adelaide sua moglie, in Italia portossi. Fu ricevuto dagl'Italiani con universale applauso, e quantunque Adelberto avesse proccurato d'opporsegli con considerabili forze, nulladimanco abbandonato da' suoi, abbandonò anch'egli l'impresa, e fuggendo, non ebbe altro scampo, se non di ricovrarsi nell'isola di Corsica7. Entrato per tanto Ottone senza contrasto in Pavia, costrinse Berengario a fuggirsene con Villa sua moglie e con tutta la sua famiglia: indi passando in Milano fu ricevuto con incredibile giubilo da tutti i Milanesi. Allora l'Arcivescovo Valperto memore della promessa fattagli, avendo convocato un Concilio di Vescovi, al cospetto di tutta la città, ed in presenza di tutti, fu Berengario con Adelberto privato del Regno, ed Ottone per Re d'Italia proclamato: indi condotto nella chiesa di S. Ambrogio con grande apparato e con solenne cerimonia, concorrendovi tutto il Popolo, lo unse, e così consecrato sopra il suo capo pose la Corona del ferro: così Ottone, che ora lo diremo Re di Germania insieme e d'Italia, avendo in quest'anno 961 con tanta prosperità acquistato un tanto Regno, con solenni giuramenti promise di voler difendere Italia con tutti i suoi sforzi contro l'invasione di qualunque tiranno. Indi tornato in Pavia si condusse nel seguente anno 962 coll'Arcivescovo Valperto in Roma e con fioritissimo esercito, per ricevere dal Papa la Corona imperiale: portò anche seco Adelaide, e fu da' Romani ricevuto con non minore applauso ed allegrezza, che fu Carlo M. in quella città introdotto. Pari fu il giubilo ed il concorso e l'ardente desiderio de' Popoli di acclamarlo Imperadore d'Occidente: siccome eguali furono le solenni cerimonie che Papa Giovanni XII volle usar con Ottone, niente dissimili da quelle che praticò Lione con Carlo M. Egli incontrato da Giovanni entrò nella chiesa del Vaticano, ove essendo pronto ed apparecchiato tutto ciò che a sì augusta cerimonia richiedevasi, fu dall'Arcivescovo Valperto presentato al Pontefice, il quale tosto lo unse, e finalmente gli pose il diadema imperiale, gridando intanto tutto il Popolo ivi accorso felicità e vittoria ad Ottone Augusto Imperador Romano8: da poi avendo egli solennemente giurato difender l'Italia contro i sforzi di Berengario, e di chi avesse tentato perturbarla, in Pavia fece ritorno. Carlo Sigonio narra, che Ottone fece ancora restituire al Papa alcune terre della Chiesa, che nelle precedenti rivoluzioni d'Italia gli erano state occupate; rapportando appresso, che Ottone III confermò le donazioni, che da Carlo M. e da Lodovico Pio erano state fatte alla Chiesa di Roma; onde mal fa il Chioccarelli9, attribuendo questo privilegio di confermazione ad Ottone I non al III, come fece il Sigonio.
Ecco ciò che si dice traslazione d'Imperio dagl'Italiani a' Germani, della quale pure i romani Pontefici vogliono esserne riputati autori, non altrimenti che lo pretesero di quella nella persona di Carlo M.10. Così l'Imperio d'Occidente essendo prima passato da' Franzesi negl'Italiani, fu poi trasportato negli Alemani in persona d'Ottone, che l'ebbe per li diritti della sua conquista e per l'elezion libera de' Popoli oppressi, i quali non potevano trovare allora altro protettore, che lui per liberarsi dalla tirannia di Berengario. Comunemente da' nostri Scrittori11 Ottone vien chiamato il primo Imperadore tedesco, ancorchè prima di lui fosse stato, come s'è detto, Arnolfo; perchè dicono, che da Lione VIII, R. P. nell'anno 974, col consenso di tutti i Romani fu l'Imperio aggiudicato ad Ottone ed a tutti i suoi successori in perpetuo, e fu l'Imperio romano con indissolubil nodo unito col Regno germanico12, ciò che non può dirsi d'Arnolfo, il quale in quella rivoluzione di cose in mezzo a tante fazioni fu più per istudio delle parti, che per libera ed universale acclamazione eletto Imperadore.
CAPITOLO I
Ottone riordina il Regno d'Italia: sue spedizioni contra i Greci; ed innalzamento del contado di Capua in Principato
Stabilito Ottone nel regno d'Italia, furono rivolti tutti i suoi pensieri a riordinarlo con migliori leggi ed istituti, non altrimente che fece Carlo M. proccurò, calcando le sue pedate, ristabilirlo dopo tante rivoluzioni in miglior forma: molte leggi di lui perciò si leggono, e Goldasto13 ne inserì molte ne' suoi volumi, per le quali non meno il Regno germanico, che l'Italico fu riordinato. Non è però, come per l'autorità del Sigonio credette l'Abate della Noce14, che Ottone avesse più distintamente di quello che fece Carlo M. stabilite leggi sopra i Feudi; poichè il primo facitor di leggi feudali fu Corrado il Salico, come diremo. Ma sopra queste nostre province assai maggiore autorità acquistossi Ottone, che Carlo M. istesso, e la sovranità, che vi esercitò fu di colui assai maggiore. Non erano i nostri Principi longobardi, come il Principe di Benevento, quello di Salerno ed il conte di Capua, in istato di opporsi alla sua dominazione, siccome fecero Arechi e Grimoaldo Principi di Benevento con Carlo M. e Pipino suo figliuolo; anzi dichiararonsi di lui ligi e feudatarj, sottoponendo a lui i loro Stati, e riconoscendolo Re d'Italia con quella medesima sovranità, che i loro maggiori riconobbero gli antichi Re longobardi; e ciascuno di loro a gara mostravasi tutto a lui ossequioso e riverente, per acquistarsi la sua grazia e protezione.
Reggeva in questi tempi, come s'è detto, il principato di Benevento ed il Contado di Capua Pandulfo Capo di ferro insieme con Landulfo III, suo fratello, il quale tosto, che seppe che Ottone s'incamminava verso Capua per assicurarsi maggiormente della fedeltà di questi Principi, e di Gisulfo precisamente (il quale se bene, al creder dell'Anonimo, era suo cognato, dava però di se qualche sospetto di dipendere da' Greci, da' quali avea ricevuto l'onore del Patriziato) e che seco conduceva Adelaide sua moglie, uscì loro incontro con grande apparecchio, ed in Capua ove avea sua residenza condottigli, furono da questo Principe splendidamente e con sommo onore trattati15. Quivi, correndo l'anno 963, fermandosi, spedirono una Legazione in Salerno al Principe Gisulfo, invitandolo con molti doni di venire in Capua a riveder sua sorella. Gisulfo ancorchè dubbioso sospettasse di qualche sinistro incontro, finalmente accompagnato da' suoi verso quella città incamminossi, ed incontrato da Pandulfo e Landulfo lo presentarono all'Imperador Ottone, il quale con molta allegrezza surto dal Trono scese ad incontrarlo, ed abbracciatisi, si baciarono con molti segni d'allegrezza. L'Imperadrice Adelaide (se dee prestarsi fede all'Anonimo) veduto suo fratello corse ad abbracciarlo, e strettasi al suo collo baciollo più volte, rimproverandogli come senza lor invito non era venuto tosto a riveder sua sorella: Gisulfo dopo abbracciamenti sì cari di sua sorella e di suo cognato con grande sua allegrezza e di tutti i suoi ritornossene in Salerno.
Allora fu, che Pandulfo Capo di ferro entrato in somma grazia d'Ottone ottenne per imperial autorità, che il Contado di Capua fosse innalzato ad esser Principato, e ad esser egli nomato Principe di Capua, siccome da poi furono gli altri, che a lui succedettero in Capua, e da questo tempo, non da Atenulfo I, cominciarono i Principi di Capua, come dimostra il nostro Pellegrino. Al quale onore successe da poi che Capua nell'anno 988 fosse stata parimente innalzata ad esser metropoli, e che Giovanni fratello di Landulfo da Vescovo ch'era di questa città, fosse stato sublimato in Arcivescovo da Gio. XIII, come diremo più diffusamente quando della politia ecclesiastica di questo secolo farem parola.
Così i nostri Principi riconobbero per lor Sovrano Ottone Imperadore come Re d'Italia, il quale per quest'istesse ragioni intraprese di scacciare dalla Puglia e dalla Calabria i Greci, che possedevano queste province, e di ridurre anche il Ducato napoletano sotto la sua dominazione.
Era in quest'anno 964 succeduto nell'Imperio di Oriente Niceforo Foca, il quale mal sofferendo che Ottone avesse in Italia acquistata tanta autorità, e che pensasse discacciar i Greci dalla Puglia e dalla Calabria, aveva munite queste province con forti presidj. Erano governate le città delle medesime da Straticò, magistrato, che lungamente durovvi sino a' Catapani; ed in Bari città metropoli della Puglia avea unito il maggior nerbo delle sue forze; nè meno poteva soffrire, che non si dasse a lui altro, che il titolo d'Imperador de' Greci, e che all'incontro Ottone prendesse quello d'Imperador de' Romani.
Ma Luitprando Vescovo di Cremona suo intimo familiare consigliò ad Ottone, che prima di sperimentar le armi contro Niceforo, volesse tentare, se per mezzo d'una stretta parentela potesse da lui ottener ciò che sarebbe stato incerto di ottenere per mezzo d'una dubbia e crudel guerra; a questo effetto riputò mezzo assai pronto ed efficace, se Niceforo volesse dare in moglie la Principessa Anna, ovvero Teofania ad Ottone suo figliuolo, e per titolo di dote gli concedesse le due province Puglia e la Calabria. Era questa Principessa figliuola dell'Imperador romano Argiro e dell'Imperadrice Teofania, la quale per un esecrabile parricidio avea avvelenato Argiro, affinch'ella potesse sposarsi Niceforo. Allora fu, che Ottone spedì in Costantinopoli una magnifica Legazione a Niceforo, mandandovi per Ambasciadore il famoso Luitprando Vescovo di Cremona a dimandarla: quegli che si rendè celebre al mondo non meno per questa legazione, che per le molte sue opere, che ci ha lasciate.
Riuscì però inutile l'ambasceria di Luitprando presso Niceforo, il quale mal potendo ancora celare col medesimo l'astio, che covava internamente contro Ottone, lo trattò indegnamente, e dopo averlo fatto trattenere inutilmente quattro mesi in Costantinopoli, ne lo rimandò senza conchiusione alcuna.
Intanto Ottone lusingato, che dovrebbero aver effetto i suoi disegni, avea a se richiamato Ottone suo figliuolo, il quale fermatosi col padre in Roma, fu associato in quest'anno 968 all'Imperio e dal Pontefice era stato unto ed incoronato colla Corona imperiale. E Niceforo in quest'istesso tempo, per ingannar maggiormente Ottone, e perchè potesse riuscirgli il disegno, prima che ne rimandasse Luitprando, gli mandò Ambasciadori offerendogli la sua parentela, che avrebbe mandata la Principessa Teofania in Calabria; e che perciò mandasse egli all'incontro gente quanto più tosto potesse in Calabria per riceverla.
Ottone, a cui non era nota a bastanza la fede greca, il credè, e ne scrisse anche a' Duchi di Sassonia, dando loro speranza, che in breve avrebbe ricuperata la Puglia e la Calabria, e riportato in Germania Ottone suo figliuolo già casato, e mandò tosto gente in Calabria per questo fine; ma giunti a pena, furono improvisamente colti per un'imboscata, che Niceforo fece lor preparare, ove molti restarono morti e gli altri presi, furono in Costantinopoli fatti portar prigionieri.
Allora Ottone detestando i Greci, fieramente sdegnato invase i confini della Calabria depredandola e ponendo sossopra tutta quella provincia. In questa congiuntura s'unirono con lui i nostri Principi longobardi, i quali come suoi Feudatarj erano obbligati seguirlo in Guerra; e Pandulfo Capo di ferro si portò anche in Calabria contro i Greci e contro i Saraceni, i quali erano stati da' Greci chiamati in lor ajuto: e Gisulfo Principe di Salerno, ancorchè di sospetta fede per l'aderenza, che teneva co' Greci, mostrò nondimeno in quest'occasione (essendosi poco prima rimesso sotto la protezione e clientela d'Ottone) di volerlo soccorrere in quest'impresa.
Fu pertanto ostinatamente combattuto co' Greci e Saraceni; e mentre Pandulfo con Ottone era in Calabria, gli venne l'avviso, che il Principe Landulfo suo germano era morto. Aveva costui tenuto il principato di Benevento anni otto; e se bene di se avesse lasciato Pandulfo suo figliuolo, nulladimanco Pandulfo tosto che seppe la di lui morte, lasciando l'Imperadore in Calabria, si portò in Benevento ed avendo escluso suo nipote, sublimò il Principe Landulfo suo figliuolo, che perciò Landulfo IV fu detto16.
Indi, essendosene Ottone ritornato in Ravenna, ottenne dal medesimo nell'anno 969, molti ajuti per invadere la Puglia, siccome con gli ajuti ricevuti da Ottone, e con alquanti giovani beneventani e capuani, l'invase, e presso Bovino col suo esercito accampossi. Ma i Greci usciti furiosamente dalla città, gli combatterono, e dopo una dubbia pugna, finalmente restò Pandulfo vinto e fatto prigione da' Greci. Erano questi sotto il comando d'Eugenio Patrizio, ch'era lo Straticò, il quale tosto lo fece condurre prigioniero in Costantinopoli. Intanto Gisulfo Principe di Salerno erasi avviato per soccorrere Pandulfo; ma tardi giungendo o fosse stato per impedimenti avuti o pure artificiosa malizia di moversi intempestivamente, tosto ritornossene in Salerno.
I Greci spinti dal furor della vittoria invasero i confini di Benevento, prendono Avellino e verso Capua s'inoltrano: e depredando tutto il paese, cingono la città istessa, e per quaranta giorni la tennero strettamente assediata.
Allora i Napoletani vedendo la fortuna de' Greci andar molto prospera s'unirono presso Capua con Eugenio Patrizio. Presedeva in questi tempi per Duca in Napoli Marino, la notizia del quale noi la dobbiamo all'Anonimo Salernitano, poichè presso gli altri Scrittori niuna memoria abbiamo, dopo Giovanni, de' Duchi di Napoli, che fiorirono in questi tempi; e quella carta rapportata dal Summonte e creduta per vera dal novello Istorico Giannettasio traduttor del Summonte, dove si fa menzione di Oligamo Stella Duca, che 'l Giannettasio lo fa successore di Giovanni e di Ginello Capece, Baldassare Giovanne e Sarro Brancaccio Consoli, fu grossamente supposta, così perchè in questi tempi l'uso de' cognomi non erasi ancora ripigliato; come perchè il Capaccio17 ed altri testificano quella carta non essersi mai trovata fra le scritture delle Monache di S. Sebastiano, ove fu finto conservarsi. Tanto che il nostro Pellegrino18 dice assai bene, che non è da sperare una interrotta serie de' Duchi di Napoli, come d'Amalfi: nel che nè meno ci possono giovare alcune antiche carte date in Napoli, non esprimendo altro che i nomi ed i tempi de' greci Imperadori, alla dominazione de' quali era questo Ducato sottoposto.
Marino co' suoi Napoletani presso Capua accampossi, nè si impiegò ad altro, che a devastare il paese d'intorno con incendj e rapine; Eugenio vedendo che inutilmente si raggiravano intorno Capua, e temendo d'Ottone, di cui erasi sparsa voce, che con esercito numerosissimo di Alemanni, Sassoni e Spoletini verso Capua s'incamminava per soccorrerla, perchè non fossero colti in mezzo, pensò d'abbandonar l'assedio ed in Salerno ritirossi, accolto da Gisulfo, che lo trattò, sin che ivi si trattenne, con molta splendidezza, avverando per questo fatto il concetto, che di lui aveasi di non essersi mai distaccato da' Greci, e che simulatamente mostrasse aderire alle parti d'Ottone, e che perciò così tardi mandasse il soccorso a Pandulfo. Eugenio dopo essersi trattenuto in Salerno alquanti giorni fece ritorno in Puglia19: nè passarono molti giorni che sopraggiunse in Capua l'esercito numerosissimo d'Ottone, e non trovati ivi i Greci, si mise a porre sossopra, ed a devastare tutto il territorio dei Napoletani, ed unito co' Capuani cinse di stretto assedio la città di Napoli. Ma non potendo espugnarla, ritornarono in dietro, e sopra Avellino, che era in poter de' Greci, a' quali poco prima s'era reso, s'accamparono, nè si travagliò molto, che tosto fu dai Beneventani ricuperata, indi in Benevento se ne tornarono, con proposito di passar in Puglia per discacciarne da questa provincia i Greci, ove tenevano raccolte tutte le loro forze, e che in Bari s'erano con numerosi presidj fortificati.
Non è da tralasciarsi in questo luogo, ciò che trattando della politia ecclesiastica in appresso più diffusamente diremo, che fermato l'esercito d'Ottone in Benevento in quest'anno 969, prima d'accingersi a sì dubbia impresa, e di muovere l'armi terrene, parve ad Ottone cominciare di là onde conviensi, cioè di ricorrere agli ajuti del Cielo. Era stato fin qui la Chiesa di Benevento governata da' Vescovi; ma ora Giovanni XIII, ciò che aveva fatto un anno prima di Capua, volle, a contemplazion d'Ottone e de' Principi Pandulfo e Landulfo, far il medesimo di Benevento; l'innalzò perciò a metropoli, e per suffraganee le assegnò molte Chiese, ed il primo Arcivescovo, che vi constituì in quest'anno 969, fu Landulfo, a cui concedette l'uso del Pallio, e confermogli le Chiese sipontina e garganica. Mentre adunque l'esercito d'Ottone accingevasi a quest'impresa, Landulfo Arcivescovo con sacra cerimonia celebrò solennemente la messa, che fu da tutti intesa, e dopo questo furono dal medesimo Arcivescovo comunicati del Corpo e del Sangue del Signor Nostro Gesù Cristo: indi ricevuta la benedizione dallo stesso Prelato, s'avviarono con grande allegrezza verso la Puglia20. Ove è da notare che in questi tempi era ancora ritenuta in queste nostre parti ed in Italia la Comunione sotto l'una e l'altra specie, ed ammettevansi tutti alla participazione così del Corpo, come del Sangue, nè presso noi, se non in tempi più bassi, fu quella tolta.
L'esercito d'Ottone, che si componeva di Beneventani, Alemanni, Sassoni e Spoletini, giunto in Ascoli fu incontrato da Abdila Patrizio, che con buon numero di Greci pretese attaccarlo, poichè Eugenio per la sua estrema crudeltà era stato da' suoi preso e mandato in Costantinopoli prigione. Fu combattuto ferocemente presso Ascoli, e finalmente furono i Greci vinti e, fatto un gran bottino, se ne ritornarono i Beneventani trionfanti in Avellino21.
Intanto Ottone indrizzò le sue genti verso Napoli, le quali nel contorno depredaron tutto il bestiame, e mentre Ottone se ne ritornava, fu tutta dolente ad incontrarlo Aloara moglie del Principe Pandulfo, con un suo figliuolo, pregandolo della liberazione di suo marito, che in Costantinopoli era da Niceforo crudelmente trattato in oscura prigione22. Ottone tosto ritornò in Puglia, nella quale diede guasti grandissimi, cinse di stretto assedio Bovino, e molti luoghi d'intorno fece brugiare; ma mentre queste cose succedevano in Puglia, Niceforo in quest'anno 970, fu di morte violenta tolto al Mondo; poichè Teofania sua moglie insieme con Giovanni Zimisce crudelmente lo fecero ammazzare, ed in questo istesso anno Giovanni fu eletto Imperadore d'Oriente. Giovanni rivocando ciò che il suo predecessore aveva fatto, tosto sprigionò Pandulfo, l'assolvè e lo mandò in Puglia, raccomandandolo anche ad Ottone, che nei suoi Stati lo riponesse. Zimisce volle aver amicizia con Ottone, e (ciò che avevagli negato Niceforo) gli mandò Teofania, perchè si sposasse con Ottone suo figliuolo, la quale fu condotta in Roma, ove con molta splendidezza fu da Ottone sposata, ed Augusta proclamata23. Giunto Pandulfo in Bari, fu tosto chiamato da Ottone: Abdila glielo mandò assai onorificamente, e ricevuto da Ottone fu restituito ne' suoi Stati e nella pristina dignità: laonde Pandulfo per gratificare Giovanni della libertà donatagli, tanto si adoperò con Ottone che gli fece abbandonar l'impresa: onde fatta la pace, Ottone si ritenne d'invadere la Puglia e la Calabria, e queste province perciò non furon mai da Ottone conquistate, come si diedero a credere molti Scrittori contro ciò che narra l'Anonimo, scrittore contemporaneo. Partì Ottone, ed in Francia fece ritorno, nè più potè rivedere queste nostre regioni; poichè sopraggiunto poco da poi dalla morte, nell'anno 973, finì i giorni suoi, ed acquistatosi per le cose maravigliose adoperate il soprannome di Magno, meritò esser comparato a Carlo il Grande.