(entra, recando, con ostentazione, i suoi grossi libri. È pallidetto, d'un pallore di noia e di svogliatezza mal superata. Si avanza mentre Don Giacinto si sprofonda ancora in inchini sulla soglia.) Sono qua, professore. (A traverso il suo contegno reverente e untuoso traspare una certa vivacità contenuta.)
(girando su sè stesso) Finalmente, vi siete compiaciuto!
(fa per baciargli la mano.)
(la ritira con modestia) Meno baciamani, e più studio, figliuolo! Svelto sveltino, al lavoro, al lavoro! (Gli prende i libri e li depone sul tavolino.)
… E la mamma?
L'ottima signora mamma è uscita in questo momento con l'ottimo signor Corrado.
(correndo verso il parco) Mamma! Mamma!..
(correndo dietro di lui e afferrandolo per la sottana) Ma dove andate, adesso?
La mamma mi aveva promesso di raccomandarvi…
(tenendolo pel braccio e avvicinandolo al tavolino) So bene. So bene. So benissimo. Avete bisogno di riposo. Mettetevi a sedere, e riposatevi. Parlerò io, lavorerò io, mi affaticherò io. Ma poi sarete bocciato voi.
(con umiltà artificiosa) È interesse mio, professore, di sbrigarmi. Non vedo l'ora di dedicarmi alla missione che m'è stata assegnata.
(soddisfatto) Questo è parlar da senno, questo è parlar da senno. Concentriamoci, dunque, mio ottimo Enricuccio, e procediamo.
(Siedono, dirimpetto, presso il tavolino.)
(si concentra.)
Continueremo, oggi, a lumeggiare il concetto substanziale del razionalismo e dell'idealismo nella dottrina di San Tommaso, che sarà sempre la nostra guida superna nell'immensurabile cammino che dobbiamo percorrere. Dicemmo ieri ciò che, per Lui, sono le «idee». Idea in Deo nihil aliud est quam Dei essentia. Ma… a questo punto soffermiamoci per non incorrere nelle confusioni del vulgo. Per hoc excluditur quorundam error qui dicebant omnia ex simplici divina voluntate pendere absque aliqua ratione. È chiaro?
(che non ha capito nulla) … Non molto.
(paziente – con una intenzione che vorrebbe essere persuasiva) Voluntas intellectum sequitur. Bonitatem suam ex necessitate…
(animandosi a un tratto e spezzandogli la frase) Un'automobile, professore!..
(Si ode, infatti, di lontano, il fragore d'un'automobile a tutta velocità.)
Cerchiamo di non distrarci, figliuolo! Bonitatem suam…
(tendendo gli orecchi) Si sta fermando!
Lasciatelo fermare. Non m'interrompete. Bonitatem suam…
Pare che si fermi dal lato superiore della villa. Chi sarà?
Che volete che ne sappia, io?
Ecco: avete sentito?.. S'è fermata. (Scatta in piedi.)
(grida) Ma state cheto, Enricuccio!
Vado a vedere dal terrazzino.
Io vi proibisco di muovervi!
Non arriva mai nessuna automobile fin qui. Un po' di curiosità, professore! (Salta via, precipitosamente, per la porta a sinistra.)
(si alza, urla, si congestiona) Enricuccio, dico!.. Voi trattate il vostro maestro come se fosse un citrullo vestito! Non è questo il modo di comportarvi!.. E che San Tommaso vi potete imparare, così? (Poi, tra sè, agitandosi) Io mi vedo perduto. Io mi vedo perduto. Il tempo stringe. La materia è ampia! E fa caldo, per giunta… Fa caldo! (Si soffia col suo cappelletto.)
(di fuori, vociando) Zia Clotilde!.. Zia Clotilde!.. (Indi, più velocemente) Zia Clotilde! Zia Clotilde! Zia Clotilde! Zia Clotilde!
Oh Oh! Che carrucola!
(entra a passi rapidi, ripetendo:) Zia Clotilde! Zia Clotilde! Zia Clotilde! (Vede Don Giacinto e, senza badargli, senza fermarsi, lo saluta appena) Buon giorno, signore! (Fa un giro per la stanza continuando vertiginosamente) Zia Clotilde, zia Clotilde, zia Clotilde, (infila la porta a destra) zia Clotilde, zia Clotilde… (La sua voce si allontana.)
(l'ha seguìta con lo sguardo, intontito.)
(tornando) Ho visto slanciarsi dal cancello superiore del parco una signora; ma non ho capito chi è.
Io, invece, l'ho capito. È una maniaca. Sicuro! Una maniaca che ripete cento volte in un minuto «zia Clotilde».
Una maniaca?!.. Ma no… Dov'è?!..
Sta perlustrando liberamente tutta la casa. Eccola qui!..
(di dentro) Zia Clotilde, zia Clotilde, zia Clotilde… (Venendo diritta, s'incontra, di faccia, con Enrico e gli si ferma davanti) Oh oh!.. Il cuginetto prete, forse?.. (Vivacissima) Io so d'avere un cuginetto prete, o quasi prete. Siete voi?
(guarda impastoiato.)
Se è certo che siete mio cugino, vi do subito del tu e vi abbraccio.
(sempre più impastoiato) … Io sono Enrico.
Io sono Nanetta.
Ma sì… Ora vi riconosco. Da che sono entrato in seminario non ho avuto più l'occasione di vedervi. Là per là, non potevo riconoscervi.
E io, ugualmente. Mi ti ricordavo un puttino, ti ritrovo uomo. Cioè… cioè: uomo non è la parola esatta. Vestito in cotesta maniera!..
È vero.
(preso da una specie di spavento, si agita più che mai, tentando di appartarsi. Sembra un pappagallo che, in allarme, si rabbuffi.)
(a Enrico, con brio crescente) Intanto, non ti ho abbracciato. (Fa per abbracciarlo.)
(evitando, arrossendo) No, no… Grazie…
Guarda lì. Sempre lo stesso!.. Nemmeno quando eri un mocciosetto ti lasciavi abbracciare da me. (Si scioglie il fitto e abbondante velo che le avvolge la testa.) E ricordo che me ne arrabbiavo, perchè i bambini erano la mia adorazione e la mia aspirazione. Avevo poco più di vent'anni e già avrei voluto esser madre di tre o quattro marmocchi. (Con capricciosa mutevolezza, indicando Don Giacinto, abbassa la voce, ma non tanto che egli possa non udire.) E dimmi: quel signore, che è più prete di te, chi sarebbe?
(sulle spine – presentandolo) Il mio maestro di teologia: il professor Tabarra.
(affrettandosi a presentarsi da sè e a stringergli la mano) Nanetta d'Altuna, felicissima di conoscerla! Io non so bene di che si tratti, ma deve essere interessante la teologia…
(con una gran voglia di svignarsela) Sì… È probabile.
Assisterò volentieri a qualche lezione. Purchè sia roba per signorine, beninteso… come, per esempio… Il padrone delle Ferriere, Il romanzo d'un giovane povero…
(storce il viso, fa gli occhi d'un bue.)
(gettando, a molta distanza, sul canapè, il velo che s'è tolto e la borsetta di viaggio) A scanso d'equivoci, professore, io sono ancora una signorina. Forse lei ne ha dubitato vedendomi giungere qui, tutta sola, in automobile. Ma io, oramai, americaneggio, sa. Ho fatto per troppo tempo la signorina italiana. N'ero stufa! Due piedi in una scarpa… Capirà!.. E poi ce l'ho nel sangue un po' d'America. Mia madre – la moglie dello zio di Enrico – è un'americana. A lei, professore, evidentemente, non piacciono le signorine americaneggianti come me.
Se non ho aperto bocca!..
Scusi: perchè non le piacciono?..
Chiedo licenza… I miei rispetti, i miei rispetti, i miei omaggi, i miei ossequi… (Se la svigna verso il parco, tenendosi con una mano la pancia, mettendosi con l'altra il cappelletto sul cocuzzolo.)
E la lezione, professore?!
(allungando le gambe e uscendo) Tornerò! Tornerò, figliuolo! Tornerò. Tornerò.
È buffo il tuo professor Tabarra!
(timido) E voi… voi siete… piuttosto allegra, mi pare.
Altrochè… (Effimera) Allegrissima! E sin dalla nascita sono allegrissima! Di solito, si nasce piangendo?.. Mi è stato assicurato che io, viceversa, nacqui ridendo. (Col pensiero saltellante) Ma, dunque, che n'è di questa zia Clotilde? Dove si cela?
La mamma è uscita insieme col signor Liberti.
Ahi… Col signor Corrado?
Lo conoscete molto?
(con una particolare intonazione) Sì, abbastanza!.. Che siano andati alla stazione per ricevermi?.. È possibile, perchè io avevo annunziato alla zia il mio arrivo senza avvertirla che sarei venuta in automobile.
Mi duole che la mamma non sia in casa…
Mentre sto ad aspettarla, mi terrai compagnia tu, spero.
Come volete.
E sarai, certamente, molto cortese, molto galante. Ti è proibito di essere galante?
(confuso) Non credo.
Se non ti è proibito, comincia col togliermi questa spolverina. (Svoltandosela già sulle spalle) Articolo primo della galanteria: «L'uomo deve togliere la spolverina alla donna».
(preoccupato) Mi proverò.
Animo, cuginetto, chè pericoli non ce ne sono!
(goffamente, cerca di eseguire.)
Aspetta, che mi laceri qualche cosa. Ciò non è prescritto dal codice della galanteria. Anzi! Divieto assoluto di lacerare!.. Pianino pianino… Bravo!.. Così!..
(soddisfatto) Devo togliere altro?
Ah, no!.. Togliere altro, no! E adesso, tu mi inviti a sedere, e io seggo: io t'invito a sedere, e tu siedi.
(resta lì, immobile, attento, a guardarla, tenendo la spolverina, delicatissimamente, come se fosse una preziosa ragnatela, con la punta delle dita.)
Non hai inteso?
(scotendosi) Ho inteso, sì! Ecco… (D'urgenza, pone la spolverina sul canapè, afferra una sedia e gliela offre.)
(siede) Benissimo. (Indi, con i gesti, gli dice di pigliare un'altra sedia e di sedere presso di lei, dirimpetto.)
(obbedisce.)
Benissimo! (Pausa. E, d'un subito, assillata da un'impellente curiosità, vivamente comincia) Sicchè… (Ma s'interrompe e si trattiene per non rivelarsi.)
Sicchè?..
Di che cosa vogliamo discorrere, cuginetto?
A vostro piacere.
Discorriamo un po'… discorriamo un po'… del signor Corrado. Eh?
Discorriamo un po' del signor Corrado.
Qui, in campagna, lo vedete spesso, voialtri?
Assai spesso lo vediamo. Egli è di casa. E poi il villino suo è attaccato alla nostra villa. I due parchi ne formano quasi uno solo. Non li divide nemmeno una siepe.
(arzigogolando per conto suo, tace.)
(per prolungare il discorso) Se non m'inganno, una volta, anche quel villino apparteneva a noi: alla famiglia Carmineti… E, una ventina d'anni fa, egli deve averlo comprato dal mio babbo, di cui era intimo amico… Perciò i due parchi…
No, vedi, di tutto questo non me ne importa niente.
(con semplicità) Discorrevo del signor Corrado per accontentarvi.
(irrequieta, bisbetica) Te ne ringrazio, ma… passiamo oltre. Basta di lui! Sì, basta, basta! Perchè non ci occupiamo di te, invece? Ne so così poco! Desidero saperne un tantino di più.
(con una certa emozione) Non ne vale la pena…
(canzonandolo graziosamente) O cielo! Com'è modesta Sua Eminenza!.. (Mutando) Ma sai che quanto più ti guardo più mi sembri diverso da tuo fratello primogenito? Siamo stati insieme, a Napoli, parecchie ore, di recente. Posso far bene il raffronto. Nessuna rassomiglianza tra voi due. Nessuna! E io preferisco te. Egli, si capisce, ha i vantaggi che gli dànno l'uniforme d'ufficiale di marina e il suo tenore di vita brillante. In complesso, intendiamoci, è un amore di giovanotto. Ma in te c'è più fondo: c'è un non so che di più intrinseco. Ho l'occhio esperto, io!.. È proprio un peccato che ti sei fatto prete!
Cioè… cioè… mi farò prete. Non lo sono ancora.
A vederti si direbbe di sì.
Ce ne vuole del tempo prima ch'io sia in grado d'ordinarmi in sacris. Per ora, sto chiuso in seminario.
Io t'ho trovato qui. Hai l'ubiquità di Sant'Antonio?!
Ho avuto una licenza per ragioni di salute.
Per ragioni di salute!.. Povero figliuolo!.. Di che sei malato?
Non saprei… Lì, in seminario, avevo dei turbamenti, dei capogiri, degl'incubi…
Oh, che brutta storia è questa!.. Ma di' a Nanetta, ragazzo: in sostanza, te la senti o non te la senti la vocazione?
Quale?
Dio benedetto, la vocazione del sacerdote!
Me la sento, me la sento.
In coscienza?
In coscienza.
La mia impressione è che quella non sia una faccia di sacerdote.
A poco a poco, lo diventerà.
Lo diventerà se ti truccherai, come fanno gli attori. Ma, sotto la truccatura, ci resterà sempre una faccia destinata… a tutt'altro.
A che?
Auff!.. Che domanda oziosa!
Io non capisco.
Neanche approssimativamente?
(abbassando gli occhi) E come potrei capire, cugina?
(con un lieve sgarbo, alzandosi) Vai, vai!.. Vedo che in seminario ti hanno già inoculati… i semi della finzione!
(mostrando un improvviso rammarico) Non dovete, per un nonnulla, formarvi un cattivo concetto di me.
È inutile. La finzione non mi garba, non mi piace. È inconciliabile col mio temperamento. Guarda: io ero felice del nostro incontro come se avessi ritrovato, dopo una lunga lontananza, un fratellino fatto grande; e quel tuo contegno di monacella al confessionale mi guasta tutto.
(per giustificarsi) Eppure, cugina… se voi vi metteste nei miei panni…
Sarei un seminarista alquanto sospetto in seminario!
No, non scherzate su questo!.. Se vi metteste nei miei panni, intendereste voi stessa che qui dentro (accenna agli abiti che porta) si finge un po', è vero, ma si finge inconsciamente…
E, per giunta, ti ostini a darmi del voi, il che mi riesce opprimente!.. Come si fa a dare del voi a una cugina?.. E poi, è così bello il tu! È così buono! Aiuta a diventare schietti, a diventare leali…
Ma non è rispettoso e il dover mio è di rispettarvi.
Obbligatissima! Non voglio essere rispettata. Il rispetto mi accresce gli anni. Ne ho già abbastanza.
Vorrei averli io gli anni che avete voi!
Perchè tu, con gli anni che ho io, saresti per lo meno vescovo; ma io non lo sono. (Con burlesca imperiosità) Insomma, poche chiacchiere: se da oggi innanzi non mi dai del tu, ti abolisco come fratello!
(animandosi, levandosi) «Da oggi innanzi» avete detto?.. (Correggendosi e ripetendo per abituarsi:) «hai, hai detto», «hai detto».
Da oggi innanzi: precisamente.
(giubilante) Ciò significa che resterai un pezzo con noi!
Chi lo sa! (Sospirando) Io lo spero!.. Dipenderà da un affaraccio!
Da un affaraccio?!..
Purtroppo, cuginetto! Tutta la mia vita dipende, oramai, da uno di quegli affaracci che càpitano addosso, quando il diavolo ci mette la coda. Lo conosci personalmente, tu, il diavolo?
(sorridendo con riservatezza) Personalmente, no.
Io, sì. Tu vedessi che po' po' di coda!.. Ci si inciampa e non c'è più modo di trovare l'equilibrio. (Con una scherzosa aria di mistero) Sono innamorata, pretino mio!.. Accidenti all'amore e a chi lo inventò!.. Non furono mica Adamo ed Eva, sai. Quei due lì inventarono una faccenda più pratica.
(di nuovo imbarazzatissimo, riabbassa gli occhi.)
Vieni qua! Vieni qua! (Espansiva, quasi gioconda, tirandolo per la tonaca, lo fa risedere, accanto a lei, sul canapè ingombrato dal velo, dalla borsa, dalla spolverina.) Ora che siamo intimi, possiamo tornare utilmente al nostro degno signor Corrado. Raccontami tutto! Mettimi al corrente!.. Come impiega il suo tempo?.. Sempre attorno alle donne, immagino! Sempre in cerca d'avventure! E, in mancanza di meglio, si arrangia coi prodotti campestri! Non ho indovinato?
(col fiato corto, arrossendo) Sono cose che io ignoro.
No, cuginetto bello! Se ricominci a fare l'ingenuo, mi casca il pane di bocca!.. Tu devi secondarmi. Devi agevolarmi anche!
In quello che mi è permesso…
Santa pazienza! Questa tua futura mitria è un castigo di Dio… Be', mi darai, almeno, delle informazioni d'altro genere. (Tutta accesa, le pupille sfavillanti) Per esempio, dimmi, dimmi: parla mai di me, lui, con la zia? E, se ne parla, come ne parla?.. Mi loda? Mi ammira? Mi biasima? Mi disprezza?
In verità, non mi consta che con lei parli di voi… Uh! m'è scappato il voi per isbaglio.
Vile!
Chi?
Lui.
(genuinamente) Il signor Corrado è vile?!
Vilissimo. Già, tutti gli uomini sono vili. E quando, eccezionalmente, non sono vili, sono uomini per metà.
Forse, cugina, è per l'inconveniente della viltà che sinora non ti sei voluta maritare?
(con un clamoroso slancio di sincerità) Non mi son voluta maritare io? Dio degli dei, io ne ho avuta costantemente la buona intenzione! Sull'inconveniente della viltà sarei stata prontissima a chiudere gli occhi! Che diamine!
E allora?..
Ti pare strano ch'io sia rimasta a terra? Hai ragione! Si vede che sei un ragazzo molto intelligente. E bada che sono stata amata da un'enorme quantità di uomini… Un esercito!.. Senonchè, quei pochi ch'erano disposti a sposarmi mi disgustavano tanto ch'io non me li sarei presi per marito neppure con la certezza d'avere un regno, e tutti gli altri poi mi amavano svisceratamente… a condizione di non sposarmi.
(sbigottito) Oh!.. E perchè?
T'interessa di saperlo?
Sicuro che m'interessa!
Ma, caro il mio pretino, tu sei un tesoro!.. Finalmente trovo qualcuno che mi autorizza a parlare dei miei guai! Mi sembra di togliermi un bavaglio!.. Una disgraziata fanciulla matura, tra gli altri suoi tormenti, ha quello di dover serbare un disinvolto silenzio sulle sue disgrazie antimatrimoniali! C'è da morirne!.. Tu mi domandi perchè mi hanno amata a condizione di non sposarmi? Te lo dico subito: perchè io ho i connotati della donna poco sposabile.
(protestando) Ma che!
È così. Dev'essere così, pretino mio. È la sola spiegazione logica. Io riconosco che mi si debba credere disadatta al matrimonio da quando, per dispetto, faccio il comodo mio; ma se non mi fossi persuasa d'avere dei connotati speciali io non potrei spiegarmi quel che mi è accaduto anche prima, quel che mi è accaduto sempre! Appena giovinetta, già sentii intorno a me qualche cosa di molesto, qualche cosa di offensivo. E al primo uomo da cui ebbi una dichiarazione d'amore parve naturalissimo di slanciarsi per darmi un bacio.
(quasi interrogandola con gli occhi pieni d'ira) Ma non te lo diede!..
Ah, no! Fui più svelta io a dargli uno schiaffo.
(con fiera soddisfazione) Perbacco!
E quanti altri ho dovuto darne fino a oggi!
(esaltandosi di ammirazione e cercando le parole) Ma, dunque… tu sei… tu sei…
Io sono, nè più nè meno, come dovrai essere tu se ti metterai sul serio a fare il sacerdote.
Già!
A ogni donna che vorrà regalarti un bacio, ttà, un ceffone.
(ostenta una risatella) Eh eh eh eh!
Ci ridi?.. Meglio non riderci, caro. Se ne danno magari cento con un gusto matto, ma è probabile che il centunesimo si dia di mala voglia, perchè… a lungo andare… So io quello che dico! (Infervorandosi e infervorandolo) Vuoi un consiglio da Nanetta, pretino?.. Giacchè sei ancora in tempo, smettila! smettila!
(emozionatissimo, continua a ridere ostentatamente) Sì, smetterla!.. Come se fosse niente!.. A consigliare si fa presto!..
Chi ti obbliga?.. Fammi capire. Chi ti obbliga?.. La mamma, forse, soffiata da quel pappagallone del professor Tabarra?
(che, attratto dall'argomento, si è avanzato fino alla soglia, trasalisce allungando il naso e, sulla punta dei piedi, tutta la persona.)
Nessuno mi obbliga, ma io so che ci teneva molto la buon'anima del babbo.
(con crescente animazione) Non importa! La buon'anima del babbo ti assolverà. Mandagli delle scuse all'altro mondo, e getta al vento il collarino! Hai avuto il piacere di nascere uomo, perdinci, e vai a cacciarti nella medesima galera, nei medesimi ceppi da cui sono martirizzate le povere donne senza marito!
Enrico
(ride più di prima, ma il suo riso è divenuto nervoso) Non dire così, cugina, che mi spaventi con le tue parole…
(presa da una bizzarra giocondità aspra e chiassosa) Viva la libertà, pretino mio! Io lo grido come dal fondo di una prigione, tu puoi gridarlo all'aperto, con l'impeto d'una locomotiva in partenza!
Enrico
(in una repentina ebbrezza d'eroismo bambinesco) Orbene, cosa credi? Che io abbia paura di gridarlo?.. T'inganni a partito. Io so averne del coraggio, se voglio. Viva la libertà!
(che, in questo momento, con la coda dell'occhio ha scorto Don Giacinto) E abbasso il professor Tabarra!
Eeeh?!.. (Fa un salto e, all'istante, se la dà a gambe.)
(voltandosi, spaurito) Chi è?
(dissimulando) Nessuno.
Io ho udita una voce.
Io non ho udito niente.
(corre alla porta e allibisce.) Era proprio il professore!
(raggiunge Enrico, battendo le mani, schiamazzando) L'avevo visto, sai! Faceva la spia… L'avevo visto!.. Guarda, guarda come l'ho messo in fuga!.. (E, mentre si diverte a guardarlo fuggire, ha una forte scossa e cessa di schiamazzare.) Cugino!.. È lui o non è lui?
È il professore: te l'accerto.
Ma no! Non parlo più di quel coso. Dico: laggiù, nell'altro viale…
Ah, nell'altro viale è il signor Corrado. Si avvia appunto da questa parte.
(assalita da un orgasmo folle, va di qua e di là per la stanza) Poveretta me! Sono tutta devastata dalla polvere… Sono tutta scarruffata… Avresti potuto condurmi nella stanza di toilette della zia, piuttosto che chiacchierare di tante sciocchezze!
Sei stata tu a volerne chiacchierare!
Non so perchè, io non mi aspettavo che venisse adesso! Pretino mio, che sbattimento di cuore! Vuoi sentire?..
Non è necessario: me l'immagino…
E che gli accade a quel vilissimo uomo che non arriva ancora?
Ha i dolori articolari alle gambe.
Non è vero! Non può averli, lui, i dolori articolari! (Torna, febbrile, alla porta in fondo) È lì! S'è fermato nell'aiuola e coglie dei fiori. (Rientra rapidamente) Tanto meglio! Avrò il tempo di riparare un po' alle avarie. Devo avere una faccia pallida, gialla, verde… In questo salotto non c'è neppure uno specchio!.. Ma fortunatamente ho io tutto quel che mi occorre… (Si dà da fare con una prodigiosa celerità. Cava dalla sua borsa uno specchietto col manico e due scatolini) Presto, a te: tienimi bene il mio specchietto: il più crudele, ma il più sincero dei miei amici.
(piglia lo specchietto e lo regge a due mani, pel manico, come i sacerdoti reggono il calice della messa.)
(apre i due scatolini: uno contiene la cipria, l'altro il rossetto.) E qui dentro c'è la gioventù e c'è la bellezza. Vedrai! (Si mette davanti allo specchietto.) Più su!
(lo alza troppo.)
Più giù!
(lo abbassa troppo.)
(si curva, si raccorcia per guardarsi.) Misericordia, come sono mostruosa, oggi!
Non mi pare, cugina…
(dandosi il rossetto e la cipria) Più su!.. Più giù!.. Più su!.. (Irritata, imbizzita, sconfortata) Ma già, è lo stesso. O più su, o più giù, questa roba mi fa anche più mostruosa!..
(con semplicità) Che ti faccia meno bella è certo.
(ha una nuova scossa: il sangue le dà un tuffo alla testa) Se non mi sbaglio, un rumore di passi!.. Io mi nascondo.
Ti nascondi?!..
Sì, mi nascondo, mi nascondo, perchè non voglio che mi veda così orrida. Non voglio! (Raccoglie in un attimo la borsa, il velo, la spolverina, gli scatolini) E bisogna ch'egli non sappia che sono già arrivata. Hai capito?.. Hai capito?.. Bisogna che non lo sappia!
(andandole dietro e porgendole lo specchietto) E quest'arnese, cugina?..
(senza ascoltarlo) Io mi nascondo! Addio, addio, addio… (Esce difilato per la porta a destra e gliela chiude sul viso.)
(voltando le spalle alla porta, resta in asso, interdetto, col piccolo specchio tra le mani.)
(Proprio in questo momento entra, dal parco, Corrado – recando un fascio di rose.)