Vittoria, vittoria, signora Teresa! Vittoria!
(ha un soprassalto di gioia, ma subito si reprime e si turba per l'imprudenza di Valentino.)
Ma è Valentino che strepita così?
Vittoria! Vittoria! (Giunge precipitosamente tutto scalmanato e, vedendo Stefano, si ferma, comprende d'aver fatto male a gridare, s'imbarazza.)
(a Valentino) E poi?.. Ci dirai qual'è l'azione eroica che hai compiuta.
(alle spalle di Stefano, fa segno a Valentino di tacere.)
(a Stefano) Perchè?.. A che proposito?
Andavi urlando a squarciagola: «vittoria, vittoria!».
Io andavo urlando a squarciagola «vittoria, vittoria»? Ah! è verissimo. Hai ragione. Ero ancora eccitato per i discorsi fatti… con un coso… come si chiama?.. con un ex sottufficiale di cavalleria… Un bravissimo giovane… un mio amico intimo…
Quello ch'era qui nel parco?
(di nuovo, con un cenno raccomanda a Valentino di tacere.)
Già, quello ch'era qui… Avevamo parlato… di prodezze guerresche!
Di prodezze guerresche?!
Tu mi hai comunicata la passione per le grandi imprese militari, e io non parlo oramai che di armi, di battaglie, di sconfitte, di vittorie…
Ma che frottole racconti, Rigoletto in sessantaquattresimo? Ti eserciti nell'arte della buffoneria?
Si fa quel che si può per ingraziarci l'animo di Vostra Maestà.
Bada però che hai un concorrente. (Indicando il Vecchio) Questo tuo collega pocanzi mi esilarava di più.
Collega mio in qualità di pezzente e di buffone, ma in qualità di poeta è collega tuo.
(celiando) Non essere impertinente che ti piglio come un agnello e dall'altezza di trenta metri ti mando in acqua a nudrire i pesci cani.
(celiando come lui) Chi lo sa! Oggi ho la vena bellicosa e potrebbe accadere invece che io ci mandassi te.
(con crescente buonumore) E tu saresti capace di mettere un dito addosso al tuo padrone?!
Un dito no, ma tutte e due le mani sì.
Ah, canaglia d'un segretario! Pèntiti della tua baldanza!
Domani, forse: oggi è impossibile!
E aspetta che voglio sperimentare il tuo ribelle ardimento.
(atteggiandosi a gladiatore) Sono pronto!
(corre in fondo, e siede sul parapetto con le spalle al mare.)
Sta attento, Stefano! Che fai?!
(piega le braccia con spavalderia comica mista di sincerità) Avanti, millantatore!.. Vieni a mandarmi giù, se ne hai il coraggio!
Sei spacciato! (Egli si slancia con apparente energia per continuare il giuoco.)
(getta un alto grido di terrore.)
(arrestandosi e voltandosi) Signora Teresa?!
(correndo a lei) Che è stato?!
(tramortita) No… no… Non li fate più questi scherzi. (Sentendosi mancare il respiro e impallidendo) Oh Dio… Che paura ho avuta!.. Che cosa orribile!..
Ma sul serio?
(desolato) Io vi domando scusa, signora Teresa… Vi domando mille volte scusa… (Dandosi un pugno sulla testa) Sono l'ultimo dei cretini, ecco!
Ho ragione sì o no di darti della sciocchina?
(rivolge a Stefano gli sguardi pieni di tenerezza e si aggrappa a lui allacciandogli strettamente le braccia al collo.)
(vedendo la coppia dei mendicanti, lì, stupidamente impalati, si sfoga un po' con loro) Ma, insomma, che state a fare qui? Volete onorarci per tutta la giornata? Volete accomodarvi in salotto? Volete stabilirvi con noi?.. Fuori, fuori dai piedi!.. Sgombrate! Sgombrate!
(I due mendicanti, senza rispondere nemmeno con un gesto, stringendosi tra loro, conducendosi a vicenda, risalgono il viale e si perdono tra gli alberi.)
(a Teresa, carezzandole i capelli) E se io corressi davvero un pericolo, che faresti?
Morirei.
(discretamente, entra in casa e sparisce.)
E, intanto, perchè tremi ancora? Si direbbe che ancora hai paura. E di che, poi…? Sono qui… Mi abbracci… Mi tieni…
Ho paura di annoiarti… Ho paura di averti già disturbato con la mia fanciullaggine.
(affettuosamente) No, Teresa, questa volta non mi hai disturbato. (Con orgogliosa esultanza) E non mi disturbi mai quando riesci a darmi la misura di quello che valgo, di quello che sono, di quello che posso!..
Oh! Stefano! Stefano!.. Che buone parole mi hai dette! (Lo bacia in una infrenabile ebrezza di gratitudine.)
(ricomparendo dalla sua finestra con la pipetta in bocca e rianimandosi simpaticamente) Ohè, ohè… Che roba è questa?
(alzando gli occhi) Ah! sei lì, briccone?
Fumo… sugli allori. (E mostra la pipetta.)
Giù quella pipa dinanzi al trionfo dell'amore!
Giù l'amore innanzi al trionfo della pipa!
A tuo marcio dispetto!.. (Egli copre di baci la testa di Teresa.)
E io vi fulmino con le mie rose! (Gettandole su loro a due, a tre, a quattro, con rapida violenza, come se fossero pietre, si sbraccia e sbraita:) Arrendetevi! Arrendetevi! Arrendetevi!
(sotto la crescente pioggia dei fiori, ridono, ridono e continuano a baciarsi.)
(ridendo anche lui) Arrendetevi!..
Lo studio di Stefano Baldi: d'una eleganza sopraffina e severa. Ha qualche cosa di solenne e di mistico. Una porta alla parete laterale sinistra: due porte alla parete laterale destra, di cui la seconda, presso l'angolo della stanza, è «la comune». Nel centro della parete in fondo, una molto più grande porta a due battenti che si aprono in dentro, la quale dà sul terrazzino del parco. (È quella che si vedeva al primo atto.) Dalla soglia, si entra discendendo un gradino 1 . La camera è fatta per il silenzio e per il raccoglimento. Ci sono degli austeri ampii scaffali pieni di libri. Parecchi altri libri ben rilegati sono disordinatamente sparsi su alcune sedie. Verso il lato sinistro, un'immensa scrivania finemente intarsiata. Quasi nel mezzo, un divano. Qua e là, qualche pianta pregevole, qualche snella statuina simbolica, qualche ninnolo prezioso.
È sera. Una sola lampada elettrica è accesa.
(Si apre la porta che dà sul parco e comparisce Valentino.)
(in giubba e cravatta bianca, con un paltoncino leggero e miserello e in testa un vecchio gibus, affaccendatissimo chiama a destra e a sinistra:) Romolo! Romolino!.. Romolone!.. (Toccando reiteratamente il bottone del campanello) Vil servitore dall'augusto nome!.. Signora Teresa!.. Signora Teresa!..
(dalla comune, con la sua aria indolente ed importante) Se la signora Teresa non risponde, è chiaro che non c'è.
Non è possibile.
È uscita, è uscita.
Quando?
Dopo un'oretta ch'era andato via il signor Stefano.
Oh, questa è curiosa!
Perchè? Doveva domandare il permesso a te?
Non fare lo spiritoso, e non darmi del tu. Ti proibisco di darmi del tu, e t'impongo di rispettare in me il segretario capo del sommo poeta.
Buuum!
Al tuo posto!
Va bene.
Infilati la tua livrea di gala, mammalucco, apri la porta principale del villino, accendi tutti i fanali del parco e illumina il salotto. Son gli ordini del tuo padrone, che tra poco tornerà a casa con un personaggio della più alta importanza.
E tu non te la metti la tua livrea?
Continui a darmi del tu?!
(dandogli le spalle per uscire) Ammàzzati!
Questo non te lo posso promettere, perchè ho una paura matta della morte.
(va via dalla comune.)
(tra sè togliendosi il gibus, – caricatamente) Nel santuario, faccio luce io. (Volta una chiavetta della luce elettrica. Molte lampadine scintillano.)
(entra dal fondo, emozionata, col cappello un po' a sghimbescio, con un aspetto stralunato. Vedendo Valentino, va a lui premurosamente.) Dunque?.. Dunque?.. Raccontatemi… raccontatemi il successo…
(un po' colpito dallo strano aspetto di lei) Che ne sapete che era proprio entusiasmo?
Ne sono sicura come se io fossi stata lì.
Ma, a proposito!.. La principessa Heller non vi aveva invitata?
Direttamente no, perchè non ci conosciamo. Ma Stefano mi aveva avvertita che lei, gentilmente, aspettava anche me.
Ebbene?
All'ultimo momento, quando ero già vestita, egli non ha voluto condurmi.
Non ha voluto?!
La mia toletta non era abbastanza elegante, non era abbastanza alla moda. Gli sembravo una serva.
Vi ha detto che gli sembravate una serva?
Me l'ha detto, sì.
Quel benedettissimo uomo è verso di voi d'una indelicatezza imperdonabile.
No, Valentino. Avete torto. Già, premettiamo che nessuno di noi ha il diritto d'essere severo con lui, perchè nessuno di noi è al caso di giudicarlo. Ma poi, come si potrebbe rimproverargli d'avermi impedito di fare una cattiva figura? La principessa, per rendergli omaggio, aveva dovuto riunire nel suo salone la gente più fine che lo frequenta. Che avrebbero detto di me e di lui se io avessi fatta la mia apparizione così mal vestita?
Ma allora non state a lesinare il centesimo per tutto ciò che riguarda voi. Fatevi dare da Stefano dei biglietti da mille e ordinatevi delle tolette a Parigi.
A Parigi, no. Ma da una buona sarta, sì. E ho già provveduto. Mi sono ordinata una magnifica toletta! Ora che Stefano è lanciato nell'alta società, voglio essere preparata. Io non lo seccherò mai; ma se qualche volta mi condurrà con lui, capirete, ne avrò molto piacere.
E quando ve la siete ordinata questa toletta?
Stasera.
Come, come?! Perciò siete uscita stasera?!
Sì.
E non potevate aspettare domani? Siete corsa dalla sarta con l'urgenza con cui si corre dal dentista per farsi cavare un dente che dà degli spasimi?
(mortificata, quasi volendo giustificarsi) Quando sono rimasta sola, mi son sentita così oppressa, così avvilita!.. Quel brutto abito, che mi aveva vietata la gioia immensa di veder festeggiare il mio Stefano, mi pesava addosso, mi soffocava, mi faceva pensare alla mia pochezza, alla mia inettitudine… Io me lo sono tolto rabbiosamente, stracciandolo, facendolo a brandelli, e poi… e poi, non so… credo di aver pianto. Credo anche d'essere stata presa da un capogiro… da un deliquio… Non ricordo. Il certo è che mi son trovata distesa a terra, diritta, supina, come stanno i morti sul cataletto. Avevo un gran peso alla testa, un gran dolore qui… (Si tocca l'occipite.) Provavo una sensazione di curiosità confusa nel rivedere intorno a me le stesse cose di prima… Mi pareva di tornare alla vita dopo una lunga assenza. E appena mi son potuta sollevare… ho avuto l'idea d'andare da una sarta. (Come intontita) Ci sono andata, ecco. Perchè ve ne meravigliate tanto?
Più che meravigliarmene, me ne impensierisco. Da parecchi giorni, siete così eccitabile, così eccessiva in tutto quello che fate… Gli è che vi accendete troppo per questi primi successi di Stefano, e anche soffrite troppo per il contegno che egli ha con voi.
(dissimulando) Chi ve lo dice che io soffra?
Lo vedo, perchè la vostra salute deperisce; e senza volerlo voi stessa me l'avete detto col racconto di ciò che vi è occorso.
Ma vi raccomando, veh! Che Stefano non sappia…
State tranquilla. Vi pare che oserei di richiamare la sua attenzione sugli episodi di questa bassa terra dopo che la principessa Heller lo ha battezzato gran poeta?
(togliendosi il cappello) E intanto non mi avete ancora raccontato nulla. Dite, dite: è… soddisfatto?.. è felice?..
Lo credo bene. È stata un'apoteosi. Che cosa poteva volere di più?
Un'apoteosi meritata!
Non è improbabile. Io come io, i suoi versi non li ho capiti mai; e stasera, recitati da lui, li ho capiti anche meno del solito. Ma questo non significa niente!
Non è nè da voi nè da me che Stefano vuole essere compreso. Se scrivesse per noi altri miserelli, non avrebbe quel genio che ha.
Ma stasera, dalla principessa, ohè!, ce n'erano dei pezzi grossi! Perfino un ministro!
Il ministro della Pubblica Istruzione?
Nossignora. Era il ministro della Guerra.
Com'è possibile!?
Vi assicuro ch'era il ministro della Guerra. Quando Stefano ha finito di leggere il primo canto del poema che ora ha cominciato a scrivere e che s'intitola, mi pare, Il poema della forza, il ministro ha pronunziate queste precise parole: «Per una nazione civile, il vostro canto vale un esercito di cinquecentomila uomini!» Dunque, era il ministro della Guerra, che diamine!
E raccontate il resto, Valentino. Molta gente, non è vero?
Un pubblico straordinario. Questa principessa, venuta non si sa da dove, in due o tre anni, ha conquistato mezzo mondo. C'erano giornalisti, scrittori, artisti d'ogni sorta, un editore venuto apposta da Milano, parecchie dozzine di principi e marchesi, un gruppo di giovani soprannominati esteti, che con le faccine sbiadite tirate a pulimento e gli occhi rivolti al cielo parevano delle fanciulle sedicenni, e poi un numero enorme di signore stupende, di signore scollacciate sin qui… (segna la scollacciatura esagerandola) che facevano venire le vertigini. E bisognava vedere come tutta questa gente farneticava intorno a Stefano…
(inebriandosi al racconto e interrompendo) E lei, lei, la principessa?
Figuratevi una regina inchinata al cospetto d'un imperatore!
In fondo, dev'essere un angelo!
Molto in fondo.
Una grande bellezza, dicono.
O Dio, non c'è malaccio… Del resto, giudicherete voi stessa, perchè tra poco (con importanza) la vedrete qui.
Essa verrà qui stasera?! (Battendo le mani infantilmente) Che fortuna, che fortuna, Valentino!.. (Mutando tono) Ma no, voi mi prendete in giro.
Signora Teresa! Come vi salta in testa che io mi possa permettere di prendervi in giro? La cosa è semplicissima. La principessa Heller ha espresso il desiderio di ricondurre a casa nella sua carrozza il poeta e di visitarne lo studio in questa serata memorabile: egli ha acconsentito… e non c'è altro.
Dunque, è proprio certo che verrà?
Certissimo.
E non gioite? Non gioite anche voi?
(di mala voglia) Sì, sì gioisco. (Battendo le mani come ha fatto lei) Che fortuna! che fortuna!..
(animandosi sempre più e dandosi da fare agitatamente) Sicchè, bisogna prepararsi?
Io ho preso apposta il coupé di Stefano per venire a disporre il ricevimento.
(guarda alla porta a destra e verso il parco, dove, tra il fogliame, una grossa lampada biancheggia.) Ah, bravo, avete già fatto illuminare…
Triplicata illuminazione!
(affaccendatissima) Un po' d'ordine sulla scrivania. (Esegue) E questi libri… questi libri sulle sedie…
Lasciate, lasciate… Dànno più carattere.
Avete avvertito Romolo?
Gli ho imposta la livrea di gala.
Qualche mazzo di fiori ci vorrebbe.
Ma che è? Uno sposalizio?
Ed io?.. Con quest'abito dimesso!..
Voi siete in casa vostra.
Che importa! Così non sono presentabile.
Secondo me, state benissimo.
Ricordatevi, Valentino, ch'io sono la moglie di Stefano Baldi!
È un bel posto, ma io non lo accetterei.
Voi non siete che il suo segretario, eppure stasera avete indossato il vostro frac.
Se lo volete indossare voi, ve lo cedo volentieri.
Non scherziamo ora. Io devo mutarmi l'abito, vi dico.
E mutatevelo.
(in fretta per uscire) Un momentino, un momentino solamente, e sarò pronta.
Ma non fate a tempo, sapete. Sento nel parco uno scalpitìo di cavalli. (Corre all'uscio in fondo) Ecco: è la carrozza della principessa.
Poveretta me!.. Come faccio?..
Ma niente. Andate a riceverli alla porta principale, e siate cortese con lei senza preoccuparvi d'altro.
A riceverli, poi, non ci vado.
Ma è vostro dovere.
No! No!.. Stefano potrebbe sgridarmi… Non ci vado, non ci vado.
Siete peggio d'una bambina!
(spiando alla comune, in preda a una viva emozione) Che splendore di donna, Valentino mio!
Ve l'ho detto che non è mica brutta. Per me, però, ha il difetto di odorar troppo. È una profumeria ambulante!
E a lui, come gli sorridono gli occhi!.. E sembra, che so?, più snello, più alto…
Precisamente. In queste tre ore è dimagrato e si è allungato.
Vengono da questa parte… (allontanandosi) Io mi nascondo.
Finitela, Signora Teresa!
Allora… restate anche voi. Avrò più coraggio. (Istintivamente si ritrae indietro e insieme con Valentino resta di là dalla porta in fondo.)